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 La situazione di Oaxaca e del Messico
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markos
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Inserito il - 11 dicembre 2006 : 13:11:00  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di markos  Modifica Messaggio  Rispondi Quotando  Visualizza l'indirizzo IP dell'Utente  Elimina Messaggio
Dalla fine del mese di maggio il sindacato degli insegnanti dello stato di Oaxaca, composto almeno da 70.000 docenti, è sceso per le strade scioperando e chiedendo al governatore Ulisse Ruiz un sostanzioso aumento di stipendio e migliori condizioni lavorative. Il governo ha risposto con una violenta repressione che ha convinto diversi strati della popolazione ad aderire alla protesta degli insegnanti e a chiedere le dimissioni del governatore Ulisse Ruiz, accusato dalle classi lavoratrici, oltre che di corruzione e abuso di potere, di aver ‘truccato’ a proprio favore le elezioni del 2004.
I mezzi di informazione italiani hanno dato e danno pochissimo spazio alla Rivolta di Oacaxa: per conoscere meglio la vicenda e seguire gli aggiornamenti consiglio un articolo di Fabrizio Lorusso pubblicato su "Viaggiare Liberi" all' indirizzo: http://www.viaggiareliberi.it/oaxaca_situazione_politica.htm

markos
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Inserito il - 20 marzo 2007 : 16:43:44  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di markos  Modifica Messaggio  Rispondi Quotando  Visulaizza l'indirizzo IP dell'Utente  Elimina Messaggio
Aggiornamento 19 marzo 2007:
SGOMBERATO L’ACCAMPAMENTO DELLA APPO DI FRONTE ALL’EDIFICIO DEL SENATO.
Di Fabrizio Lorusso, corrispondente dal Messico
Città del Messico, 19 marzo 2007. Alle ore 23 e 45 della notte di ieri, 18 marzo, durante i festeggiamenti del Festival della Primavera nel centro storico, un gruppo di granaderos e di poliziotti locali, per ordine del Capo del Governo della città, Marcelo Ebrard, è arrivato nei pressi dell’accampamento della APPO. Da sei mesi almeno 200 integranti della Asamblea Popular di Oaxaca mantenevano un avamposto presso il Senato della Repubblica messicana per chiedere la destituzione del governatore Ulises Ruiz e la liberazione dei detenuti politici di un conflitto che, in circa 10 mesi, ha causato oltre 20 morti, decine di detenzioni illegali e ripetute violazioni dei diritti umani e politici fondamentali (per informazioni consultare il sito ora in italiano della CCIODU: http://cciodh.pangea.org/quinta/070120_inf_conclusiones_recomendaciones_ita.shtml ).

Sgombero notturno e repliche
Da fonti extraufficiali e secondo quanto riportato dalla APPO, (http://www.asambleapopulardeoaxaca.com/boletines/?p=263)
un commando di poliziotti e funzionari del Governo del Distretto Federale, preceduti da bande di infiltrati, ha sgomberato con la violenza e non senza scontri i manifestanti accampati nella Plaza dedicata all’architetto Manuel Tolsà. Il materiale e le strutture dei manifestanti (computer, bancarelle, coperte, tende, ecc.) sono state sequestrate o distrutte. Verso le 2 del mattino i circa 50 picchiatori e infiltrati si sarebbero ritirati per permettere il completamento dello sgombero da parte del corpo dei granaderos. Contrariamente a quanto affermato dalle autorità locali, decine di accampati sono risultati feriti, compreso Gustavo Sosa Villavicencio, fratello dell’ormai noto Flavio Sosa, uno dei portavoce dell’assemblea arrestato lo scorso 4 dicembre. Le transenne sistemate dai granaderos proteggono la piazza e impediscono agli integranti della APPO di rioccupare la zona. Questi si sono comunque mantenuti uniti e si stanno riorganizzando, anche grazie alla solidarietà cittadina, a pochi isolati di distanza. La risposta della APPO non s’è fatta attendere e questa ha organizzato per la giornata di martedì 20 marzo una marcia di protesta nel centro della capitale contro lo sgombero. Il portavoce dell’organizzazione, Florentino López, ha ribadito altresì la sua posizione critica nei confronti del governo del DF ed il sindaco Marcelo Ebrard che, sostiene, ha realizzato una discutibile politica di connivenza con il Governo Federale del Presidente Felipe Calderon.

Implicazioni politiche
Circa sei mesi fa, quando l’accampamento è stato impiantato nel centro cittadino, il Governo locale lo aveva tollerato in quanto vi era un certo consenso ed un relativo appoggio politico dell’amministrazione del Partito della Rivoluzione Democratica (PRD) verso il movimento di Oaxaca che lottava contro il PRI, partito nemico alleato del PAN anche nel parlamento nazionale. Anche se attualmente il PRD continua, a parole, ad appoggiare la causa della APPO, in vista delle elezioni che si terranno quest’anno nello stato di Oaxaca, sembra che il governo di Ebrard nel D.F. stia applicando una politica di mano dura che mette sullo stesso piano i venditori ambulanti, di solito abusivi, operanti nel centro storico, i centri di smistamento della droga e della pirateria, concentrati nel quartiere isola di Tepito, ed i cittadini che reclamano pacificamente il rispetto e la riparazione per i diritti violati a Oaxaca. Se da una parte si adduce che il blocco delle vie pubbliche costituisce un “delitto contro la comunità” ovvero uno sfregio allo stato di diritto, dall’altra viene negata la possibilità di riconoscere degnamente e in modo istituzionalizzato le richieste e le vessazioni di una parte sostanziale della società oaxaqueña.
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markos
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Inserito il - 12 aprile 2007 : 11:59:48  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di markos  Modifica Messaggio  Rispondi Quotando  Visulaizza l'indirizzo IP dell'Utente  Elimina Messaggio
Diritti umani e cultura dell’impunita’ in Messico e in America Latina: dalla ‘‘guerra sucia’’ al conflitto di Oaxaca (di Fabrizio Lorusso).
Direttamente da Washington, e’ arrivata a rompere l’amenita’ delle vacanze pasquali la denuncia di Human Right Watch (HRW) per gli scarsi risultati ottenuti dalla procura speciale creata nel 2002 dall’ex-presidente messicano Vicente Fox (2000 – 2006) con lo scopo di investigare i casi di tortura, sparizione, esecuzioni sommarie e altre gravi e sistematiche violazioni commesse durante la cosiddetta ‘‘guerra sucia’’ (guerra sporca) degli anni 60, 70 e 80. Come segnala l’organizzazione umanitaria, il primo sforzo serio del Messico per ottenere giustizia e’ risultato un palese insuccesso visto che non s’e’ avuta nessuna condanna e i responsabili non sono stati nemmeno identificati. Lo smantellamento della Procura Speciale per i Movimenti Sociali e Politici del Passato, come si chiamava l’organo preposto all’indagine della guerra di bassa intensita’ condotta dal governo messicano contro numerosi gruppi che rappresentavano forse l’unica forma reale d’opposizione e dissidenza politica, e’ stato concluso formalmente poco prima della Pasqua, dopo la destituzione, gia’ avvenuta il 30 novembre scorso, del procuratore generale Daniel Cabeza de Vaca.
Forse l’unico riconoscimento che e’ doveroso attribuire all’agenzia creata da Fox e’ l’elaborazione del rapporto su 18 anni di guerra sporca in Messico che si puo’ scaricare alla pagina http://www.gwu.edu/~nsarchiv/NSAEBB/NSAEBB180/index.htm e che descrive minuziosamente uno dei capitoli piu’ oscuri e drammatici, oltre che poco conosciuti all’estero, della storia della falsa democrazia messicana durante la fase discendente del regime a partito unico (il PRI, Partido Revolucionario Institucional). In effetti non esiste una pagina web dell’organismo governativo da poco cancellato e non si trova traccia del suo rapporto finale in siti ufficiali messicani e questi sono elementi che testimoniano la scarsa volonta’ di diffusione delle informazioni al di la’ degli annunci altisonanti in favore dei diritti umani che si sono succeduti negli anni del governo Fox. Ad ogni modo, se da una parte e’ stato fatto un primo sforzo di chiarezza e sistematizzazione di tipo storico, dall’altra non s’e’ proceduto ne’ alla necessaria riparazione del danno ne’ all’ammissione pubblica dei delitti commessi da parte dello Stato e dei suoi rappresentanti attuali e passati. Rimane, quindi, l’amaro sapore dell’impunita’ e dell’impotenza, reso ancora piu’ pungente dalla conoscenza e l’apprendimento sofferto dei crimini, che alla fine saranno imputati a fantasmi fuggiti tra documenti bruciati e archivi sotterrati dai terremoti della non giustizia messicana.
Nell’altro estremo della regione latino americana, nell’Argentina post – crisi del presidente peronista Nestor Kirchner, e’ in corso, invece, un profondo revisionismo e stanno tornando a galla le colpe legate ai crimini efferati commessi durante l’ultima dittatura militare (1976 – 1983). La cancellazione delle Leyes de Amnistia, una serie di provvedimenti legali approvati all’inizio della nuova tappa democratica per proteggere militari e criminali di Stato, e’ stata formalizzata, infatti, da una decisione della Corte Suprema argentina nel giugno del 2005. Il provvedimento e’ stato accolto con giubilo dalla societa’ civile e dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani ed ha favorito la riapertura di importanti processi nei confronti dei principali responsabili di un regime che ha scandalizzato il mondo intero con oltre 15.000 (ma si arriva a parlare anche di 30.000) oppositori desaparecidos. L’attitudine bellicosa e nazionalista dei militari, elevatisi a estremi difensori di un atollo di patria perduta oltre 100 anni prima, si autodistrusse in seguito alla Guerra delle Isole Malvine o Falklands, che tra l’aprile ed il giugno del 1982 causo’ oltre 600 vittime tra i militari argentini sconfitti dalle truppe del Regno Unito. Anche in Uruguay, paese insanguinato da una crudele dittatura militare tra il 1973 e il 1985, si sta muovendo qualcosa e il governo del Frente Amplio guidato da Tabare’ Vazquez sta mettendo in discussione la Ley de Caducidad che impedisce qualunque processo dei crimini perpetrati in quegli anni.
Il caso argentino e quello uruguaiano, purtroppo, rappresentano una rara eccezione se osserviamo globalmente la situazione dell’America Latina che, dopo il ritorno della democrazia formale o elettorale negli anni 80, ha mantenuto gli apparati giudiziari relativamente deboli costruiti durante le dittature. D’altronde lo stesso ex dittatore cileno (1973 – 1990) Augusto Pinochet, e’ morto senza essere stato condannato e si procede ora contro alcuni membri della sua famiglia e del suo clan per cercare almeno di recuperare gli avanzi del patrimonio defraudato alla societa’ cilena. La cultura dell’illegalita’ ereditata dai regimi di fine secolo scorso ha creato a sua volta una dannosa cultura dell’impunita’: in America Latina il 95% dei delitti comuni non viene punito mentre in Messico e in Guatemala la media e’ del 98%. In quest’ultimo paese, il conflitto armato ha prodotto oltre 200.000 vittime dal 1962 al 1996 ma sembra che non ci sia possibilita’ alcuna per i magistrati spagnoli che si occupano del caso, primo fra tutti il giudice Santiago Pedraz, di ottenere l’estradizione, tra gli altri, dell’ex-Presidente de facto Efrain Rios Montt (1982 – 1983) che aspira invece all’immunita’ dato che s’e’ candidato a un seggio come deputato nel prossimo parlamento. Sempre in Guatemala, nel febbraio scorso sono stati assassinati a colpi di pistola tre deputati salvadoregni appartenenti al Parlamento Centroamericano e, poco dopo, i tre poliziotti accusati del delitto sono stati freddati in carcere senza che fossero accertate responsabilita’. La speranza di risolvere questi casi cosi’ eclatanti sta lasciando lentamente spazio all’oblio da parte della stampa e degli stessi governi coinvolti.
Per quanto riguarda El Salvador, paese che insieme alla Colombia guida la triste classifica del numero di morti violente per capita nella regione, si puo’ affermare che, dopo la fine della guerra civile nel 1992, e’ sprofondato in un’ininterrotta scalata di violenza dovuta alla poverta’ estrema e all’esclusione sociale. Questo ha portato a una progressiva militarizzazione degli apparati statali e ad un incremento delle forze di polizia. Proprio i corpi speciali, l’esercito e la polizia sono i principali responsabili dell’incremento nelle violazioni dei diritti umani. Bisogna sottolineare che la Colombia e El Salvador sono tra i pochi paesi latinoamericani che continuano a inviare massicciamente i loro ufficiali e soldati a ‘‘istruirsi’’ nella celebre Escuela de las Americas di Fort Benning, in Georgia, Stati Uniti. Nato negli anni 40, questo sinistro centro di addestramento militare ha incrementato la sua influenza anche grazie alla costruzione di una sede nella selva di Panama’ ed ha visto passare nei suoi campi oltre 70.000 soldati latinoamericani. Almeno 11 dittatori sono usciti dalla scuola, tra di loro gli argentini Leopoldo Galtieri (1981-82) e Roberto Viola (1981), i boliviani Hugo Bánzer Suárez (1971-78) e Luis García Meza (1980-81), il guatemalteco Efraín Ríos Montt (1982-83) e il cileno Augusto Pinochet (1973-90). Un altro allievo eccellente della Scuola e’ stato il maggiore dell’esercito salvadoregno Roberto D’Aubuisson, creatore degli squadroni della morte in El Salvador e autore morale dell’assassinio dell’arcivescovo Oscar Romero nel 1980. Altri personaggi in posizione di secondo piano imposero la tortura e l’assassinio come una routine militare: Vladimiro Montesinos, numero due di Fujimori in Peru’ (1990-2000), era un allievo eccellente della Scuola, cosi’ come Manuel Contreras, capo dei servizi segreti della dittatura cilena e responsabile degli assassinii del cancelliere Orlando Letelier nel 1976 e dell’ex capo dell’Esercito Carlos Prats nel 1974.
Tornando di nuovo sul fronte messicano, il direttore per le Americhe di Human Right Watch ha condannato l’immobilismo istituzionale dichiarando perentoriamente che ‘‘l’ufficio del procuratore speciale puo’ anche essere smantellato, ma la necessita’ di risanare l’eredita’ di abusi passati rimane’’ e, quindi, ‘‘il Messico deve ancora trovare una strada per adempiere al suo obbligo di ricercare e giudicare questi casi’’. Senza dubbio il 2006 e’ stato un anno da dimenticare per le fragili istituzioni messicane che, incapaci di canalizzare il malcontento dei quasi 50 milioni di poveri che vivono di migrazione e precarieta’, hanno dovuto ricorrere a metodi repressivi in ripetute occasioni ad Atenco, a Citta’ del Messico, nello Stato del Michoacan ed infine nella splendida citta’ di Oaxaca dove, dal maggio scorso, imperversa un grave conflitto sociale che e’ costato oltre 20 morti. Alla fine di marzo e’ stato reiterato lo stato di allerta e di pericolosita’ riguardante Oaxaca da parte dell’ambasciata statunitense in Messico che cerca tiepidamente di fare pressione affinche’ le ricerche giudiziarie sull’omicidio del giornalista indipendente Brad Will, ucciso durante gli scontri che alcuni infiltrati del PRI hanno provocato contro integranti della APPO (Asamblea Popular de los Pueblos de Oaxaca) il 27 ottobre 2006, possano condurre ai colpevoli. D’altro canto, il governo messicano ha mostrato la sua cattiva disposizione nei confronti di un’analisi trasparente dei fatti e, anche grazie alla connivenza di mass – media antidemocratici, ha sempre privilegiato la colpevolizzazione dei membri della APPO piuttosto che ricercare i responsabili nelle file del corrotto governo dello Stato presieduto dal governatore Ulises Ruiz. La verita’ sul caso Brad Will potrebbe risultare decisamente scomoda per il governo del PAN e del suo alleato PRI visto che un’eventuale accertamento delle responsabilita’ porterebbe alla luce le strategie repressive, basate anche sulla contrattazione di sgherri e pistoleros per rompere marce e assemblee, che sono state usate dal governo di Oaxaca non solo in questo conflitto ma in oltre trent’anni di lotte.
Nella sua prima visita a Oaxaca il 29 marzo 2007, il Presidente messicano, Felipe Calderon, del Partido Accion Nacional (PAN, formazione politica di netto stampo conservatore), ha incontrato il governatore Ulises Ruiz che lo ha salutato come ‘‘presidente legittimo’’ sottolineando l’alleanza politica che il PRI e il PAN mantengono a livello locale e nazionale contro i partiti di opposizione che formano il Frente Amplio Progresista (Partido Revolucion Democratica, Convergencia e Partido Trabajadores). Le parole del governatore, orientate a riconfermare il dogma della legittimita’ presidenziale, assumono evidentemente delle tinte grottesche e inquietanti dato che tanto il signor Ulises Ruiz come il presidente Calderon sono stati eletti con un margine strettissimo di voti e hanno scatenato le proteste delle opposizioni a causa di accertate irregolarita’ elettorali, in un paese che possiede una lunga tradizione fatta di frodi e brogli di ogni tipo. Il presidente Calderon ha ribadito la necessita’ di superare i problemi di corruzione, abuso, impunita’ e violenza nella zona per cercare di cicatrizzare le ferite di una lotta senza vincitori, ma non ha specificato di fronte a Ruiz quali sarebbero le modalita’ precise per uscire dal baratro in cui questo s’e’ rinchiuso dopo lo scoppio del conflitto. Calderon ha propugnato in tutto il paese una politica di militarizzazione per lottare contro il narcotraffico ma la sua iniziativa non ha brillato per efficacia nonostante la campagna propagandistica che pretende di dimostrare il contrario a colpi di cifre sugli arresti e sui chili di cocaina sequestrati. In oltre quattro mesi di governo le iniziative del tandem PAN – PRI non si sono pronunciate a favore delle necessarie riforme del sistema fiscale, per renderlo piu’ progressivo, e delle istituzioni sempre piu’ prive di legittimita’.
In questo contesto, Iñaki García, portavoce della ‘‘Comisión Civil Internacional de Observación de los Derechos Humanos’’ (CCIODH), ha affermato che e’ ‘‘un’ingenuita’ pensare che il conflitto sia risolto’’ e ha avvertito che ‘‘ritardare le misure di giustizia puo’ far esplodere di nuovo la violenza’’. Sulla stessa linea e’ intervenuta la sezione 22 del sindacato dei docenti di Oaxaca che ha chiesto il rispetto degli accordi che, in pieno conflitto, erano stati comunque sottoscritti dalla precedente amministrazione ma che oggi sembrano essere ancora lettera morta e rischiano di riattivare gli scontri. Nel documento che la Commissione ha consegnato al Ministero degli Interni messicani si raccolgono le drammatiche testimonianze di tutte la parti coinvolte nel conflitto e si analizzano le innumerevoli violazioni dei diritti umani dei cittadini di Oaxaca. Il resoconto presenta una situazione riprovevole e decisamente preoccupante che gli abitanti di questa regione, tra le piu’ povere del Messico insieme al Chiapas, Guerrero e Veracruz, sopportano da decenni e alla quale non s’e’ voluto porre rimedio alcuno. La logica istituzionale basata sull’autoritarismo applicata in pieno ventunesimo secolo ha prodotto l’inevitabile radicalizzazione dei movimenti sociali a cui e’ stata sbarrata ogni via ragionevole di dialogo mentre le autorita’ competenti si dimostravano incapaci di trovare soluzioni accettabili. Le radio gestite dal governo di Oaxaca, come la ormai tristemente nota Radio Ciudadana 99.1 FM e i siti internet (si veda l’allarmante pagina web http://www.oaxacaenpaz.org.mx/ ) costruiti ad hoc per stroncare il movimento oppositore ricorrono a subdoli proclami che incitano ‘‘i cittadini lavoratori onesti’’ alla violenza e al ristabilimento ‘‘dell’ordine’’ ad ogni costo. Morti, sparizioni, manipolazione dei mezzi informativi, sequestri lampo, maltrattamenti, violenze sessuali e psicologiche, violazione delle garanzie individuali, giudiziarie e della liberta’ d’espressione, repressione fisica e tortura sono solo alcune delle accuse rivolte alle autorita’ locali e centrali tanto dalla CCIODH quanto dalla commissione governativa ufficiale, la controversa Comision Nacional de los Derechos Humanos (CNDH), che s’e’ espressa ufficialmente sui fatti di Oaxaca solo nel mese di marzo. In realta’, come segnala lo stesso rapporto della commissione internazionale, queste pratiche, nello Stato di Oaxaca e nel resto del Messico, vengono da molto lontano e sono state denunciate durante almeno tre decenni da una parte minoritaria della societa’ civile e dal movimento dei docenti che e’ nato piu’ di 25 anni fa. E’ a partire dalla sterile inflessibilita’ dell’ultimo governatore, eletto senza l’adeguata legittimazione democratica, e dall’inasprimento delle pratiche repressive contro l’opposizione e i giornali liberi, come il quotidiano Noticias de Oaxaca, che i docenti e poi il resto della societa’ oaxaquegna hanno intrapreso una lotta che ha cominciato a sensibilizzare l’opinione pubblica nazionale e internazionale aprendo un cammino nuovo per la riforma dello stato e il riconoscimento delle pratiche democratiche e condivise che gia’ si realizzano nelle comunita’ locali.

DI FABRIZIO LORUSSO
fabriziolorusso@yahoo.it


Modificato da - markos in data 12 aprile 2007 12:01:06
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