Costa Rica

di Cristiana –
Il gruppo è composto da 6 persone, oltre a me ci sono, Simone, Andrea, Mauro, Cristiana e Cinzia. La partenza è per il 12 settembre da Firenze via Parigi, Miami e finalmente San Josè. La notte prima Simone è venuto a dormire da me e tutto è andato come sempre. Ho dormito combattendo con lui che cercava di conquistare tutto il letto… Una vera battaglia. La mattina alle 7.30 l’aereo parte regolare e in due ore siamo a Parigi. Qui, abbiamo perso un sacco di tempo per sbrigare le formalità doganali per entrare, anche solo come transito, negli Stati Uniti. Arrivati davanti alla polizia doganale, ci siamo sentiti fare delle domande senza alcun senso, ai confini del surreale, talmente stupide da pensare di averle capite male nella nostra limitata dimestichezza con la lingua inglese. Alcuni esempi: Hai fatto te la valigia? Chi ha comprato il biglietto aereo? Qualche amico ti ha chiesto di portare qualcosa per suo conto nella tua valigia? Insomma, se fossi un vero terrorista mi sarei dovuto preparare molto bene per resistere ad un interrogatorio così intelligente.. Comunque le cose cominciano ad andare meglio una volta saliti sull’aereo per Miami. Ci sono un sacco di posti liberi ed ognuno di noi si può impossessare di un’intera fila centrale per potersi stendere e affrontare le 11 ore di volo più comodamente. Arrivati a Miami, dobbiamo organizzarci per trascorrere le 5 ore di attesa che ci separano dal volo per San Jose. L’idea di tutti era di passare più tempo possibile a zonzo nei Duty Free, il problema è che, l’aeroporto di Miami, è completamente in ristrutturazione e quindi molte parti non sono accessibili, comunque siamo tutti galvanizzati e le ore trascorrono piuttosto tranquillamente. Superata anche questa piccola prova di resistenza, ci imbarchiamo e dopo circa 2 ore atterriamo nella capitale. Anche qui ci aspettano formalità doganali piuttosto lente e una volta fuori, ci facciamo venire a prendere dal furgone dell’Hotel Riviera, fissato dall’Italia. L’albergo si trova ad Alajuela, cittadina più vicina di San Josè e quindi più comoda da raggiungere dall’aeroporto.

13 settembre
La prima notte è stata un po’ tormentata, sarà stato il fuso orario, ma nessuno di noi è riuscito a dormire. Andrea e Mauro, si svegliavano a vicenda russando, Cristiana e Cinzia alle cinque erano già vestite e pronte per fare colazione, senza considerare che il desajuno sarebbe stato servito dalle sette, infine io e simone, non abbiamo fatto altro che rigirarci per tutta la notte. Fortuna che avevamo due letti separati così ero proprietario del 100% del mio. Dopo colazione ci facciamo venire a prendere in albergo dal furgone della Dollar che ci accompagna alla sede dove abbiamo noleggiato l’auto. La cosa è un po’ lunga. Inizialmente, essendo in sei più bagagli, avevamo noleggiato un furgone, poi, mentre riempiamo i moduli, vediamo che è disponibile una Mitsubishi Montero a sette posti. Il tipo dell’autonoleggio dice che ce la può dare allo stesso prezzo e che per affrontare le strade del paese è certamente il mezzo migliore. Piccolo summit e la decisione è presa, noleggiamo il fuoristrada!! Resta da risolvere il problema della sistemazione, persone/bagagli. La decisione va in direzione di mettere quattro persone dietro e due davanti. Ben presto però, ci accorgiamo che questa soluzione non è praticabile. In quattro sul sedile posteriore non possono resistere a viaggi pieni di sobbalzi e decidiamo quindi, di tornare alla Dollar, per farci mettere anche l’ultimo seggiolino posteriore, come aveva suggerito l’omino fin dall’inizio. Appena accennato il problema, il tipo ha fatto una faccia interrogativa e più andavamo avanti più era perplesso, come se non capisse cosa chiedevamo. Noi insistiamo con le spiegazioni e alla fine scoppia a ridere..ha capito. Il seggiolino non andava montato, ma solo estratto dal pianale della macchina. Risolto questo, dovevamo capire come sistemare i bagagli. Seguendo i suggerimenti del Guru della Dollar, oramai per noi una sorta di profeta, andiamo in una ferramenta lì accanto a comprare una corda e un “toldo”, e cioè un telo, con il quale coprire i bagagli che sistemeremo sul portapacchi sul tetto del fuoristrada. Dopo uno studio approfondito di misure e tecniche di nodi marinari, riusciamo ad ancorare al portapacchi tre dei sei zaini. Altra mossa risolutiva della vacanza è l’aver noleggiato un navigatore satellitare, che ci ha permesso di trovare le strade in un posto quasi totalmente privo di segnaletica. A questo punto partiamo per il vulcano Poas, a circa trenta chilometri da Alajuela. Dopo un’oretta arriviamo al parco e affrontiamo la passeggiata per raggiungere il cratere. Arrivati sul posto, la vista è spettacolare, un cratere tondo pieno d’acqua, dal quale si alza un fumo denso. Il tutto reso più affascinante da una serie di nuvole basse che contribuiscono a rendere il quadro più grigio. Dopo averlo fotografato da tutti gli angoli, decidiamo di incamminarci sull’anello superiore. Anche qui lo spettacolo è bellissimo ma siamo dentro il bosco. Ritorniamo alla macchina, mangiamo quello che avevamo comprato la mattina al supermercato e ci rimettiamo in moto, destinazione La Fortuna. Dopo circa tre ore arriviamo, ma a prima vista non sembra un granchè come cittadina, è buio e si vedono solo tour operator e alberghi. Prendiamo uno dei tanti alberghi più o meno anonimi che si trovano, il Paraiso Tropical. Ci riposiamo un po’ e poi andiamo a cena. Scegliamo il Lave Lounge, senza infamia e senza lode. Rientrando in albergo ci facciamo un’idea dei prezzi dei vari tour. In genere, quelli più abbordabili, vanno dai 35 a 50 $ e quasi tutti ti offrono, oltre alla gita alle pendici del vulcano per vedere la colata di lava, anche il biglietto di ingresso per le terme, Tabacones o Baldi. A noi sono toccate le seconde. E tutto per 35 euro.

14 Settembre
La mattina, con il sole e il vulcano che si staglia sullo sfondo, la città assume un carattere più affascinante. Decidiamo di andare alla Catarata de la Fortuna, una cascata spettacolare, poco fuori il paese.
Facciamo il breve tratto di strada sterrata che divide il paese dalle cascate, paghiamo il biglietto, circa 7 $ a testa e scendiamo a valle lungo un sentiero ripido ma piuttosto facile. Arrivati a metà strada, si apre una terrazza panoramica con la cascata a poche decine di metri e in fondo la grande pozza dove si getta con un fragore notevole. La cosa ci mette ancora più voglia di correre a tuffarci in quella cornice da brividi. Passiamo un paio d’ore in relax, bagni, sole e tante foto. Verso l’ora di pranzo comincia la risalita del sentiero, più faticosa della discesa poiché il caldo a quest’ora si fa sentire parecchio. Ci fermiamo a pranzo in una soda, ci riposiamo e alle 15 andiamo al negozio del tour operator. Partiamo con la guida Giovanni (traduzione italiana del suo vero nome), sarà lui che ci farà vedere la fauna locale. L’antipasto ce lo da un bradipo aggrappato a un albero lungo la strada di avvicinamento al luogo dove inizierà il piccolo trekking. Il giro è divertente, si cammina a piedi per la strada in mezzo al bosco alla ricerca di animali, avvistiamo una coppia di tucani, ma solo grazie al binocolo di Giovanni. Poi insetti, scimmie urlatrici, esserini di 50 cm ma con una voce talmente potente da sembrare emessa da poderosi gorilla, uccelli e tantissimi fiori.
Il percorso termina alle pendici del vulcano Arenal, sul versante interessato alle piccole eruzioni laviche. E’ ancora giorno e le nuvole coprono ancora la sua parte superiore, Giovanni dice che dobbiamo aspettare il buio, in quel momento le nuvole in genere si diradano e il piccolo fiume di lava si riesce a distinguere nitidamente grazie al buio. Alla fine ci dirigiamo alle terme Baldi. Un complesso costituito da svariate vasche d’acqua a temperature diverse, con cascate, scivoli e un bar in mezzo ad una vasca dove puoi bere standotene tranquillamente seduto in mezzo all’acqua. Diciamo pure che un posto così sfarzoso stona un po’ con l’ambiente circostante, ma dopo una giornata passata a camminare è un vero toccasana. Dopo 2 ore a mollo, riprendiamo il pulmino e torniamo in paese. Mangiamo
(male) alla soda Parada, sulla via principale e a questo punto scatta la genialata. Ritornare al vulcano da soli in macchina per fare un po’ di foto.

Decidiamo di andare io, Simone e Cristiana, e in 15 minuti raggiungiamo un ponte, sulla strada che conduce al vulcano da cui si gode una vista spettacolare. Purtroppo non siamo gli unici ad avere questa idea, il posto è pieno di macchine e di gente, tutte intente a puntare le macchine fotografiche sull’Arenal per immortalare la prossima piccola eruzione. Passiamo lì una mezz’ora e la macchinetta scatta in continuazione. Al ritorno siamo cotti e voliamo a letto.

15 settembre
Come sempre ci svegliamo presto, gli orari variano dalle 5.30 alle 7. Facciamo colazione e partiamo per Monteverde. La strada è lunga, dobbiamo costeggiare tutta la laguna dell’Arenal e in più sembra che il secondo tratto di strada, da Tilaran a Monteverde sia completamente sterrato. La prima parte assomiglia a un panorama svizzero, talmente tanto che a un certo punto si trovano piccole baite e addirittura un trenino. Il secondo tratto è più impegnativo, sterrato con buche gigantesche che ci fanno procedere lentamente anche se disponiamo di un fuoristrada. La cosa non ci preoccupa, il panorama è bellissimo. Intere colline coltivate a caffè e minuscoli paesini persi e in mezzo al nulla. Verso l’ora di pranzo arriviamo a Monteverde/Sant’Elena scegliamo il Quetzal Inn, una struttura bassa in legno abbastanza carina a 35 $ per una camera a 3 letti. Posiamo i bagagli e andiamo in cerca di un’agenzia per fissare le escursioni. La scelta cade sulla pensione Santa Elena gestita da Shannon una ragazza texana della quale si dice un gran bene come organizzatrice di gite. Scegliamo un calendario piuttosto fitto. La sera stessa dalle 17.30 per due ore, piccolo trekking notturno nel Bosque Eternos De Los Ninos, una riserva naturale senza fini di lucro creata e gestita con i fondi raccolti da bambini di tutto il mondo. Dico notturno perché qui alle 17.30 è buio pesto.

16 settembre
Questa mattina dopo tocca al famigerato Canopy. Il pulmino ci viene a prendere alle 8 e ci porta alla sede di Selvanatura. Qui ci vestono e ci danno le informazioni base su cosa andremo a fare e soprattutto come farlo. Si tratta di percorrere la foresta sopra la volta degli alberi, anche a 150 mt di altezza, attaccati, con imbracatura tipo alpinista, ad una carrucola che scorre su un cavo d’acciaio. La lunghezza del cavo e di conseguenza la durata del tragitto varia da qualche decina di metri a diverse centinaia. Detto cosi non sembra molto eccitante, ma garantisco che una volta sopra l’adrenalina scorrerà a fiumi. Non contenti a metà dei 9 cavi da percorrere, ci viene offerto di fare il cosiddetto Tarzan Swing. Una piattaforma alta una decina di metri da dove ci si lancia a peso morto, legati a un cavo. Una sorta di mega altalena da dove si stagliano le urla dei partecipanti. Adesso capisco perché Tarzan urlava.. Finita l’avventura, ne affrontiamo subito un’altra, lo Sky Walk (per Mauro era lo Sky Walker). Passeggiata sulla cima della foresta attraverso ponti sospesi lunghi un centinaio di metri. Da qui, molto più rilassati che sul canopy, si può ammirare tranquillamente la maestosità della foresta.
Una volta finita questa mattinata alla Indiana Jones torniamo a valle, mangiamo, carichiamo la macchina e partiamo alla volta di Montezuma, sulla penisola di Nicoya. Probabilmente è il tragitto più lungo che abbiamo affrontato fino ad ora, anche a causa dell’obbligo di imbarcarsi a Puntarenas con il traghetto per Paquera. Arrivati alle 18.00, abbiamo dovuto aspettare fino alle 20.00 per poter iniziare la traversata che durerà un’oretta. Una volta sbarcati occorre ancora un’altra ora per arrivare a Montezuma. Arriviamo in paese stanchi e con il buio, e non rimane che cercare una sistemazione anche provvisoria per la prima notte. Il sonno non scorre tranquillo, le scimmie urlatrici ci fanno compagnia e alcuni di noi, specialmente le ragazze, ne risentono notevolmente.

17 settembre
Stamani cambiamo albergo con uno meno costoso, scegliamo La Cascade, 30 $ a notte per una camera senza aria condizionata. Sistemiamo i bagagli e andiamo a fare colazione anche per chiedere informazioni sulle varie spiagge. In un bar facciamo conoscenza con Albert, un newyorkese che alla vita della metropoli preferisce quella piuttosto tranquilla del Costa Rica. Sarà lui che ci spiegherà quali sono i posti più interessanti del luogo. La spiaggia di Montezuma è carina ma tengo a precisare che siamo sul Pacifico e non ai Caraibi, quindi la spiaggia è orlata di palme ma di colore più scuro e l’acqua non è cristallina. Per giunta può essere anche pericolosa per le correnti. Un’altra spiaggia molto carina è Cedro’s beach a circa 15 minuti da Montezuma in direzione della Riserva di Capo Blanco. Passiamo un paio d’ore in questa spiaggia, chi a dormire, chi a costruire una capanna e chi a cercare di tirare giù i cocchi dalle palme, dopodiché siamo andati a pranzo in paese al Monctezuma Restaurant. Ancora frullati e piatti di frutta mista, casadi e petti di pollo alla plancha. Il mangiare è uno degli argomenti su cui ci troviamo sempre tutti d’accordo. Sì, magari le donne criticano un po’ il nostro continuo appetito, però, al momento di sedersi al desco, mangiano e anche parecchio. Comunque il posto è veramente valido e si mangia bene. Il pomeriggio lo passiamo a ciondolare sulle amache della pensione dove dormiamo.
Verso le 16.30 Simone ed io decidiamo di dare retta ad Albert e affrontiamo il percorso per arrivare alle cascate di Montezuma. Sicuramente sbagliamo subito strada. Albert ha parlato di una passeggiata tranquilla mentre noi stiamo facendo un trekking a metà, tra le acque del fiume e un sentiero piuttosto difficile che lo costeggia. Dopo circa mezz’ora, arriviamo alla prima cascata, carina ma non eccezionale, purtroppo sta salendo il buio e dobbiamo assolutamente tornare indietro per non rischiare di rimanere a mezzo. Le altre 2 rimarranno nella nostra fantasia. Il percorso di rientro è piuttosto impegnativo, l’oscurità che avanza rende difficile individuare i passaggi migliori e decidiamo quindi di percorrere un tratto dentro il fiume. L’acqua arriva al ginocchio e la corrente tira abbastanza. Decidiamo di tornare sulla riva e mentre lo facciamo, vedo una specie di sentiero che sale verso la strada. Fortunatamente la scelta di prenderlo è stata felice, nel giro di pochi minuti siamo fuori dal bosco. Cena al solito Monctezuma Restaurant, proprio sulla spiaggia. Veramente carino.



18 Settembre
Partenza da Montezuma per Quepos/Manuel Antonio per la vista dell’omonimo parco. Il viaggio si svolge tranquillo, abbiamo la fortuna di prendere il traghetto di rientro al volo, il che ci farà risparmiare un sacco di tempo. Arrivati a destinazione decidiamo di dormire su uno degli alberghi che popolano la collina fra Quepos e Manuel Antonio, l’hotel Coco Beach. Questo perché a Quepos non abbiamo trovato una sistemazione carina, mentre a Manuel Antonio, essendo vicinissima al parco, costano parecchio. Quepos è una cittadina piuttosto anonima, pullula di gente di giorno com’è deserta di notte. Manuel Antonio si riduce invece, a una strada che costeggia la spiaggia. Ci sono alcuni locali, un mercatino sul lungomare e poco altro. Anche qui la sera spariscono tutti e il paese assume un aspetto piuttosto sinistro. Cena a Quepos in ristorante messicano.

19 Settembre
Oggi affrontiamo il parco ma per il momento la cosa più dura sono le varie guide dislocate lungo la strada del paese che, appena arrivi, ti assalgono in maniera abbastanza assillante per offrirti i loro servigi. Dopo averne scacciate un paio anche un po’ duramente, facciamo colazione e ci dirigiamo con la macchina verso l’ingresso del parco. Il parcheggio costa 2000 colones, all’incirca 4$, il parco 10$. Nel parco ci sono vari percorsi, i più interessanti sono quelli che dall’interno della foresta giungono sulle spiagge. In questo modo si possono alternare piccoli trekking con bagni ristoratori. Il primo che affrontiamo è quello che conduce alla spiaggia di Manuel Antonio. I sentieri sono facili, bastano sandali o scarpe basse da trekking. In ordine avvistiamo un bradipo avvinghiato a un albero proprio sopra le nostre teste, un paio di farfalle Morpho, dalle ali di un azzurro intenso, una specie di daino che si lascia avvicinare e persino accarezzare. Lo spettacolo più grande lo offre però la spiaggia. Un’insenatura bellissima, spiaggia chiara, palme e acqua limpida e calda. Prima cosa, bagno!! Fatto questo, inizia l’esplorazione. Prima che iniziassimo, due procioni si fanno largo sulla spiaggia puntando diritti a uno zaino incustodito. Le persone intorno non capiscono bene cosa stia succedendo e per un po’ di tempo le due bestiole riescono a rigirare per bene lo zaino sperando di fare uscire qualcosa. Appena le persone intorno realizzano su cosa sta succedendo comincia la rincorsa al procione. Lui con la forza delle sue gambine corte prova a portare letteralmente via lo zaino, ma l’inseguimento della folla lo fa desistere. La nostra ingenuità ci fa credere che sia un episodio isolato, invece dovremo stare tutta la mattina con gli occhi aperti per arginare le continue incursioni di questi simpatici ladruncoli. Durante il giro sulla spiaggia vediamo svariate iguana rilassate al sole, ancora scimmie urlatrici, che più che vedere si fanno sentire. La mattina scorre anche qui fra sole, mare e foto. Dopo pranzo, anche qui combattendo con i procioni, decidiamo di fare un altro percorso. In questo vediamo per la prima volta da vicino le scimmie Cebo Cappuccino. Piccole scimmiette simpaticissime con espressioni talmente intense da sembrare umane. Purtroppo il giro ci tocca farlo tutto sotto l’acqua e alla fine non vediamo l’ora di tornare in albergo per fare una doccia. La sera cena sulla collina al Barbeque restaurant.

20 settembre
Decidiamo di passare al parco un altro giorno. Tutto si svolge come il giorno prima, colazione e sentiero più difficile per raggiungere la spiaggia di Puerto Escondido. Meno animali ma anche qui spiaggia da brividi. La sera cena al solito ristorante del giorno prima.

21 Settembre
Stamani partenza per il Parco Nazionale del Tortuguero. La strada è abbastanza lunga, il satellitare ci indica un tempo di 3 ore per arrivare a destinazione. La meta è il paese di Cariari e, sempre sulla stessa strada, a circa 30 km si raggiunge Pavona, dove c’è il parcheggio custodito per la macchina e il molo da dove partono le barche per arrivare al paese di Tortuguero. Appena arrivati al parcheggio Simone incontra una ragazza che si offre di accompagnarci alla nostra destinazione per consigliarci sulle scelte dell’albergo, della guida e di tutto quello che serve per la visita al parco. Arrivati a qualche centinaio di metri dal paese, la ragazza fa fermare la barca in prossimità del molo di un albergo. Alcuni di noi scendono lo guardano, sentono il prezzo e decidiamo di prenderlo. La cifra è di 55 $ a persona, comprese cena e colazione. Il posto è bellissimo, al centro c’è una bellissima piscina, e nel mezzo della foresta ci sono vari bungalow completamente in legno. L’unico problema era che per andare al paese di Tortuguero, il fulcro di tutte le attività della zona, ci volevano 4 $ a persona per farci accompagnare con la barca. Posiamo i bagagli, ci rilassiamo un’oretta e partiamo in barca per il paese a fissare le escursioni. La prima sarà alle ore 20.00 per andare sulla spiaggia a vedere le tartarughe che depongono le uova. La seconda, alle 6.00 della mattina per andare a fare un giro in barca sui canali alla ricerca di animali. Per le tartarughe 15 $ alla guida, per il giro mattutino, 15 $ alla guida e 10 $ per l’ingresso al parco. Dopo aver fissato con la guida, ci mettiamo a fare un giretto per il paese. Sicuramente, a dispetto della posizione sperduta in mezzo ai canali, il paese è pieno di turisti che gironzolano senza meta visitando i numerosi negozi di souvenir. Anche se la zona è bellissima dal punto di vista naturalistico, si percepisce facilmente che tutti qui sono venuti per le tartarughe. Non so se sia un bene o un male sfruttare in maniera così intensiva un qualcosa che dall’oggi al domani potrebbe svanire. Basta che le tartarughe scelgano, per qualsiasi motivo, di cambiare spiaggia e molto del traffico che c’è oggi, svanirebbe. Comunque l’ora si avvicina, torniamo all’albergo per la cena e a prepararci alla spedizione. Alle 20.00 ci troviamo con la guida che ci istruisce su come si svolgerà la serata e sul mondo delle tartarughe. In pratica sulla spiaggia ci sono dei biologi che aspettano che le tartarughe escano dall’acqua e preparino la buca che conterrà le uova. Solo nella fase di deposizione, avviserà la nostra guida che a gran velocità ci condurrà sul posto. Il motivo per cui siamo chiamati in quel preciso momento è perché nella fase di deposizione, le tartarughe vanno in una specie di trance e quindi non si accorgono delle persone che stanno intorno. Sbagliare questo momento equivarrebbe a dire di spaventare la tartaruga facendola tornare di nuovo in acqua. Vi ricordo che il posto è completamente al buio, non è permesso portare né torce né macchine fotografiche, l’unica luce permessa è una lampadina rossa in dotazione alla guida. E’ stata una bellissima esperienza. Il rientro in albergo con la barca ci riserva un altro spezzone di avventura. Andrea, sceso dalla barca, non si rende conto di camminare spedito verso un attracco parallelo al nostro e SPLASH!!! Infila diritto nell’acqua melmosa del canale. Riemerge come chi non si rende conto di quello che sta succedendo, tenendo in mano la bottiglia d’acqua e gli occhiali. Purtroppo si fa una distorsione alla caviglia che lo condizionerà per tutto il resto del viaggio.

22 Settembre
Dopo aver dormito circa 5 ore ci alziamo per trovarci alle 6.00 dalla guida per iniziare il giro dei canali all’interno del parco. Siamo solo in 3, io, la Cinzia e Mauro. Andrea ha sofferto tutta la notte per la caviglia, Cristiana e Simone dormivano come ghiri. Affrontiamo il giro su una piccola barchetta a remi, non molto stabile ma perlomeno silenziosa, il mezzo più adatto per entrare nei piccoli canali senza far rumore nella speranza di vedere molti animali. Lo spettacolo che si presenta durante il percorso è immenso. Una natura incontrollabile, maestosa, a perdita d’occhio. Scimmie, uccelli bellissimi, una lontra dei piccoli coccodrilli e iguane ci accompagnano lungo il percorso. Più di 2 ore di una calma irreale interrotta soltanto dai discorsi delle scimmie urlatrici e dal motore di qualche barca. Al ritorno colazione, preparazione dei bagagli e partenza con le barche per Pavona. Durante il ritorno con la barca facciamo un altro incontro, un coccodrillo enorme languidamente adagiato su grosso tronco d’albero a prendere il sole. Appena comprende che la barca si sta avvicinando troppo, si getta in acqua e sparisce di colpo. Arrivati a Pavona, carichiamo di nuovo la macchina e partiamo per Puerto Viejo. La strada è buona e in poche ore arriviamo a Puerto Viejo. La prima impressione è di aver cambiato completamente ambiente. Il clima più mite, ci diranno poi che Settembre è la stagione migliore sul versante caraibico, le persone diverse, ovunque rasta e musica reggae. Dopo un’ accuratissima scelta, scegliamo un albergo che a prima vista sembra fantastico. 3 camere, più un miniappartamento tutto per noi. Il problema è che il miniappartamento è staccato dall’albergo e quando lo vediamo, ci prende un colpo. Una rete alta più di 2 metri ne percorre tutto il profilo. Non contenti in cima hanno arrotolato del filo spinato tipo quelle delle carceri o delle basi militari. A dire la verità mi viene in mente più un carcere. Mentre portiamo i bagagli e stiamo per aprire il cancello, completamente al buio, si avvicina un tipo poco raccomandabile che biascica qualcosa e mi mette la mano sulla spalla. Dopo averlo allontanato con modi abbastanza decisi, discutiamo sull’opportunità di cambiare albergo la mattina dopo. La discussione va avanti 2 secondi. Domattina si cambia. Gli altri erano sistemati in 3 camere ma senza bagno. All’inizio non sembrava un problema ma durante la notte le necessità di ognuno hanno fatto decidere anche a loro per il cambio.

23 Settembre
Di buonora io e Cristiana andiamo in uno degli alberghi che avevamo visto la sera prima, il Tropical e qui devo dire che le cose hanno preso un’altra piega. Camera spaziosa, con bagno e un patio dove dondolarsi paciosamente sull’amaca a 38 $ a notte. Mentre eravamo a parlare con la ragazza dell’albergo vediamo arrivare Simone e Mauro, anche loro decisi a cambiare. Nel giro di un’ora ci ritroviamo di nuovo tutti insieme e tutti contenti delle nuove sistemazioni. A questo punto colazione e partenza per l’esplorazione delle spiagge della zona. Scegliamo Punta Uva, una delle spiagge più belle in assoluto della vacanza. Sabbia chiarissima, palme che lambiscono il mare e acqua cristallina. L’acqua è caldissima e passiamo più tempo dentro che fuori. A pranzo andiamo in un piccolo ristorante sulla spiaggia a 2 minuti da dove eravamo noi. Pranzetto leggero e partenza con la jeep alla scoperta di altre spiagge, punto di arrivo Manzanillo. L’omonima spiaggia non è un granché, ma si può fare una breve passeggiata per raggiungere l’estremità della costa, da dove si gode un discreto panorama. La sera a cena siamo andati a portare i saluti di un amico di Simone, ad un ragazzo di Livorno che ha aperto un ristorante (La Pecora Nera) ed una trattoria (Gatta ci Cova), poco fuori del paese. Il proprietario si chiama Ilario e la cucina è veramente spettacolare. Vivamente consigliato!! Andiamo a letto con la pancia veramente piena.

24 Settembre
Stamani dopo una colazione lentissima, a causa del metabolismo da bradipo delle cameriere, partiamo alla ricerca di altre spiagge. Si comincia da Playa Negra di Puerto Viejo e arriviamo fino a Westfalia, nei pressi di Limon. Non sono molto belle. Tornando indietro e ci dirigiamo all’inizio del parco di Cahuita e alla sua prima spiaggia, Playa Blanca. Si entra lasciando nome cognome e facendo una donazione all’ufficio del guardaparco. Questa spiaggia è bellissima, anche qui palme, acqua cristallina e sabbia finissima. Passiamo qui il resto della giornata e nel primo pomeriggio vengono a farci visita del Cebi Cappuccino. La sera, probabilmente più per errore che per voglia, ci ritroviamo a sedere in altro ristorante italiano (2 sere di fila sono forse un po’ troppo). Stasera comunque, pizza.

25 Settembre
Colazione in un posto nuovo. Stranamente ci servono in un tempo ragionevole. Ripresa la macchina, siamo andati alla spiaggia Arrecife, poco più avanti di quella di Punta Uva. Giornata splendida e un sole caldissimo ci costringono a stare in acqua il più a lungo possibile. Dato interessante, abbiamo fatto snorkeling e abbiamo visto una serie di pesci bellissimi.
La sera, cena in una soda nelle vie interne del paese, da dimenticare.

26 settembre
Giornata praticamente identica alla precedente, colazione nello stesso posto e stessa spiaggia. Anche stamani, snorkeling con vista di pesci bellissimi.

27 Settembre
Giornata triste. Partenza da Puerto Viejo per raggiungere Alajuela, solito albergo della prima notte. Arriviamo nel pomeriggio, posiamo le valige e andiamo alla scoperta di San Josè, destinazione, la zona del Mercado Central. Da quello che avevamo letto, sembrava che dovesse essere decrepita e pericolosa. Noi invece l’abbiamo trovata, perlomeno la zona centrale, carina e piena di gente. La sera, cena in un ristorante davanti alla pista dell’aeroporto di Alajuela. Sport preferito dagli astanti, vedere atterraggi e decolli degli aerei da una posizione privilegiata. Il problema è che ci siamo arrivati tardi e siamo riusciti solo a vedere la partenza di un aereo. 28 Settembre Partenza dal Costa Rica destinazione Miami. Qui comincia un’altra piccola avventura. Siamo arrivati all’aeroporto di Miami nel pieno di una tempesta talmente forte da far chiudere completamente l’aeroporto, costringendoci a rimanere dentro l’aereo per oltre un’ora. La nostra preoccupazione consisteva nella possibilità di perdere l’aereo per Parigi, ma, una volta sbarcati, mentre eravamo in coda alla dogana, una solerte addetta all’aeroporto ci rassicurava sul fatto che ci avrebbe aspettato. Finite le pratiche doganali, siamo corsi a riprendere le valige per poi cercare di riconsegnarle a mano ai varchi della sicurezza. Qui succede una cosa inspiegabile, di sei valige che avevamo ne prendono solo 3, quella di Mauro, di Andrea e della Cinzia. A questo punto le strade si dividono, i tre senza valigia vanno direttamente all’imbarco, noi invece al banco dell’American Airlines per capire a chi dare i bagagli. Qui ci informano che l’aereo è partito e che la ragazza ci avrebbe prenotato un nuovo piano volo fino a Firenze per il giorno dopo. Mentre aspettiamo, ci chiediamo che fine avranno fatto gli altri. Partiti o no? Alla fine li vediamo arrivare. Anche loro partiranno il giorno dopo. Finita la trafila per le nuove prenotazioni, ci portano all’albergo. Cena e a letto.

29 Settembre
Colazione e partenza in taxi per Miami downtown. Giro sulla monorotaia per rendersi conto senza fatica di com’è fatta la città. Fa un caldo asfissiante e girare a piedi diventa un’impresa. Decidiamo di circoscrivere la visita fra un centro commerciale e il molo. Dopo pranzo prendiamo il taxi per rientrare in albergo e da qui, con il pulmino, all’aeroporto. Questa volta va tutto bene, si parte.

30 Settembre
Arriviamo a Parigi e dopo un paio d’ore partiamo per Firenze. Alle 14, siamo a Peretola. Ciliegina sulla torta di questo rientro, manca il bagaglio mio, di Mauro e della Cristiana. Arriveranno tutti la mattina dopo.

Considerazioni utili.
– Se decidete per fare la vacanza con la macchina a noleggio, prendete una jeep. Alcune strade sono veramente messe male. Ad esempio, nella zona di Montezuma e Puerto Viejo è tutto sterrato, perfino in paese
– Se prendete un veicolo a noleggio fatevi dare un navigatore satellitare. Alla Dollar ne abbiamo preso uno per 8 dollari al giorno. Vi tirerà fuori da situazioni veramente esasperanti. In giro ci sono pochissimi cartelli e nelle città/paese non ci sono i nomi delle strade. Risparmierete tempo ed energie.
– Tenete 26 $ da dare alla dogana dell’aeroporto per uscire
dal paese.

Il Viaggio Fai da Te – Autonoleggio low cost in Costa Rica

 

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