Overland Stilo. Ritorno a casa: Coimbra-Lecce

di Francesco Orlandi Barbano –
E’ la notte tra 10 e 11 agosto,San Lorenzo, le stelle cadono e a Lecce i miei amici saranno andati a fare il classico falò sulla spiaggia, Porto Cesareo probabilmente, per alzare lo sguardo al cielo. C’ è la pioggia di stelle, a chuva de estrelas, così chiamano questo giorno qui a Coimbra, in Portogallo, dove ho passato quest’anno grazie alla borsa di studio Socrates/Erasmus. Ed è arrivato il momento di partire, è finita una lunga parentesi della mia vita un’esperienza che mi ha dato tanto e che mi ha aiutato tanto, é riuscita a farmi porre domande importanti, a farmi capire un po’ di più come va il mondo dentro e fuori d’ italia, mi ha fatto crescere e mi ha lasciato quei segreti che porterò con me nella vita, come dice la celebre canzone, un fado che segnava la chiusura del bar dell’ Associaçao Accademica, principale ritrovo delle notti coimbresi. 

É finito un viaggio, ne incomincia un altro.
Ho sempre inteso il viaggio come un’ esperienza staccata dalla normale vita, un attimo di libertà in cui puoi davvero scegliere quello che vuoi, per conoscere altri posti, altre persone, altri modi di vida e anche e soprattutto se stessi relazionati con tutto questo.
Stando a Coimbra quest’anno, ho imparato alla fine da “straniero residente” che ogni occasione è buona per fare questo viaggio, che si traduce in un esperienza più interiore che esteriore, perchè ogni persona di per sé è un mondo a sé, quando si conosce qualcuno si scopre un nuovo mondo da esplorare, ti può piacere più o meno quella persona, ti può piacere più o meno il viaggio che hai intrapreso per conoscere il suo mondo. E non è necessario che parli un’altra lingua, avrà sempre un mondo sconosciuto da esplorare e quindi un altro viaggio da incominciare.
Quindi si può sempre viaggiare, si possono sempre provare quelle sensazioni che solo scoprendo qualcosa di nuovo si hanno.
Domani si parte quindi, si lascia la “bella vita” Erasmus e si torna a casa più forti, più consapevoli, ci si conosce di più. Finito un viaggio ce n’è un altro da ricominciare. E poi ancora un altro e ancora un altro. Qualche settimana fa mi sono potuto finalmente togliere la soddisfazione di rispondere alla domanda “qual’è il viaggio più bello che hai fatto?” con un fiero “quello che devo ancora fare!”, mi sono sentito un po’ Bart-Libero De Rienzo in Santamaradona che risponde orgoglioso alla domanda sul perchè non fumava.
Lascio Coimbra con il cielo nuvoloso, non si vedono le stelle cadenti. E non poteva essere altrimenti nella città in cui ho preso più acqua in mezzo la strada che in qualsiasai altro posto!
La Stilo è pronta e carica di valigie, borse,coperte mie e non mie e di ricordi di un anno intero, conservati sia fuori che dentro.
Prima tappa domani sarà Oviedo, Asturias Spagna, città natale di Fernando Alonso. Ho appuntamento lì con quello che sarà il mio compagno di strada per un pezzo di cammino, Melf mio collega d’ Erasmus a Coimbra.
Da lì si andrà a Barcelona o vicinanze per incontrare dei miei amici che sono lì a scavare, anche loro come me studiano archeologia.E’ in fase di studio anche una possibile precedente sosta a Bilbao, vedremo come si farà.
Dopo il ferragosto nella città catalana si entra costa costa in territorio francese per fermare in un posto ancora da decidere. Può essere sulla costa o anche più su, se avete consigli fatemi sapere!
Mi vorrei fermare a Ginevra, mi ha sempre inspirato e questa dovrebbe essere la volta buona per fare un giro.
Qui in Svizzera dovrei lasciare Melf, che proseguirà il viaggio verso la sua isola nel Mar Baltico in treno.
Attraversate le Alpi iniziano le tappe obbligate. Appena in Italia non faccio molta strada dal confine e mi fermo a Como da Chiara, per lasciarle varie borse e scatole che avevo in custodia.
Faccio un altro po’ di strada e mi aspetta la Festa della Radio a Brescia. Sarà una sorta di raduno di un pezzo di quella che è stata la mia “famiglia” a Coimbra, ci saranno le bresciane Federica e Luisa,dalla Capitale arriva anche Silvia e se ce la farà a raggiungerci anche Francesco da Bologna.
Lasciata la festa, prossima destinazione è il Buskers Festival di Ferrara. Finalmente.
Sono tre anni che voglio andare e per un motivo o per un altro non ci sono ancora stato, due anni fa sono stato “abbandonato” proprio la mattina in cui stavo preparando la borsa per partire…
A Ferrara spero mi raggiungano un po’ di amici da Lecce, sarebbe bello ritrovarsi dopo tanto tempo e festeggiare in una città già di per sé in festa!
Dopo gli artisti di strada il cammino fila dritto verso casa, no calcanhão da bota(nel tacco dello stivale),così spiego dove si trova Lecce a chi non la conosce proprio o a chi ne conosce solo il nome a causa del futbol.
Il tutto dovrebbe andar bene per arrivare in “patria” in tempo per il 25, giorno della Notte della Taranta, che ho eletto ultima tappa di questa grande traversata che è lunga 3737km,secondo un po’ di calcoli che ho fatto, dura 14 giorni e attraversa 5 nazioni.
Vediamo che accadrà questo è il copione adesso sta agli attori riuscire a interpretatre una buona parte e a improvvisare.
La Stilo riposa carica come non mai, sorvegliata dal “milagre do André” di fronte casa. Domani ultimo saluto e ultima tosta mista al Couraça Café e poi si parte in direzione Oviedo.
Si parte.Buona notte.



E qui siamo a raccontare la prima parte di questo viaggio che piano piano mi sta riportando a casa. E’ il 15 agosto, Ferragosto, ed è un po’ strano passarlo in montagna, per me che di solito passo questo giorno a fare un ennesimo falò sulla spiaggia. Vediamo di ripercorrere piano piano i passi che mi hanno portato a Canillo, Principato d’ Andorra, nel bel mezzo dei Pirenei.
Sabato tutto era pronto per la partenza, ho caricato le ultime cose nella Stilo, ho salutato tutto il personale del Cafè Couraça (il bar che per una anno mi ha sfamato), prendo un ultimo caffè al Tropical e poi sono pronto per cominciare il viaggio. Non prima però di fare una foto, io e la mia Stilo, nel bel mezzo di Praça da Republica, sotto lo sguardo stupefatto dei turisti che affollavano il Cartola.
E quindi si parte, inizia l’avventura. Il contakilometri segna 82868, adesso ne segna già 2000 in più!
Prima tappa stabilita e obbligatoria è la stazione dei bus di Oviedo, dove Melf giungeva direttamente dalla Galizia.
Tutto corre liscio fino alla frontiera con la Spagna. Mi fermo per mangiare qualcosa nell’ultimo paesino portoghese prima del confine, Vila Verde de Raia, in un bar dal nome evocativo “Cafè Snack-Bar Fronteira”. Passo un piccolo e stretto ponticello e mi trovo in Spagna. E mi ritrovo anche con un ora in più essendo il Portogallo un’ora indietro alla Spagna. Questo piccolo particolare, di cui sempre mi sono dimenticato tutte le volte che ho varcato quella frontiera, fa sì che Melf sia già arrivato alla stazione di Oviedo e che mi stia aspettando già da una buona mezz’ora mentre a me mancano ancora 350km da percorrere e vedo accumularsi sulle montagne all’orizzonte un’ imponente massa di nuvole grigie, di quelle proprio cariche di pioggia.
In effetti si scatena il diluvio e questo rallenta ancora di più il mio cammino verso Oviedo. Sotto pioggia e fulmini incessanti arrivo nella capitale dell’ Asturia con 2ore di ritardo rispetto all’appuntamento preso.
Trovo Melf completamente zuppo perchè per ingannare l’attesa aveva deciso, giustamente, di fare un giro per la città, ma il temporale l’aveva colto di sorpresa.
Dopo un caffè rigeneratore, carichiamo le cose del “tedesco dell’isola”(Melf é di Amrum isola tedesca al largo della Danimarca) nel risicato spazio a dispozione della Stilo e lasciamo Oviedo perchè non valeva la pena girare la città con quel temporale.
Prendiamo la strada in direzione Santander, con l’idea di fermarci a dormire nel primo paesino che ci ispirava. Questo paesino si rivela essere Ribadecella a causa di un festival di rock alternativo, che però non aveva il riscontro di pubblico che ci aspettavamo: erano lì in tutto 50 persone compresi noi, i gruppi musicali e tutte le persone dello staff! Comunque divertiti dallo spettacolo e dalla situazione, ci mettiamo in movimento per cercare un buon posto per montare la tenda. Paesino dopo paesino troviamo un buon spiazzo fuori dal villaggetto di Pando.
Svegliati dai primi raggi caldi di sole, apriamo la tenda e ci rendiamo conto di esserci accampati in una sorta di recinto dove i pastori probabilmente portano le mucche al pascolo, era abbastanza evidente dalla notevole quantità di escrementi di grosse dimensioni disseminati un po’ dappertutto, che la notte prima non potevamo vedere perchè completamente al buio! Fatte due risate riprendiamo il cammino.
Appena entrati in Cantabria mi viene in mente che la Cueva de Altamira doveva trovarsi proprio da quelle parti. In effetti qualche decina di km prima di Santander troviamo l’indicazione. Naturalmente non potevo perdere l’occasione di visitare una delle massime espressioni dell’arte paleolitica, quindi metto la freccia a destra e si devia verso Altamira.
Arriviamo all’entrata della grotta-museo e il vigilante alla porta ci dice senza troppe spiegazioni che erano finiti biglietti e non si poteva più entrare per quel giorno. Non avendo ulteriori spiegazioni dalla simpatica guardia, non ci rimane che abbandonare con sommo rammarico la visita e tornare sul giusto cammino.
Superiamo rapidamente Santander e ci fermiamo a fare un tuffo in una animatissima località proprio al confine con i Paesi Baschi, Castro Urdiales. Rinfrescati dal bagno nel Mar Cantabrico, ci rimettiamo in sella verso Bilbao.
Entriamo nei Paesi Baschi e abbiamo il primo incontro con la lingua euskera, che davvero sembra non avere alcuna connessione con le altre lingue della penisola iberica, ma, mi fa notare Melf, ci sono delle somiglianze di termini con i tedesco, chissà da dove è uscita fuori!
Entriamo facilmente a Bilbo-Bilbao e subito superato un ponte si presenta davanti ai nostri occhi la inconfondibile sagoma del Museo Guggenheim. Facciamo un giro per cercare parcheggio e la città sembra completamente abbandonata, per strada solo spaesati turisti, negozi chiusi, bar e ristoranti chiusi, abbiamo dovuto camminare per un’ora prima di trovare un kebabaro aperto, kebab che si è rivelato tra l’altro di pessima qualità e anche caro.
Passeggiamo in direzione della città vecchia che è un po’ più animata, ma si nota ovunque che la città è “in ferie”. Quindi dopo un caffè in un bel locale, ci rimettiamo in macchina e lasciamo la città, con l’augurio di tornare a visitarla in tempi migliori e nel pieno delle sue potenzialità.
Le scelte a disposizione a questo punto erano scendere verso Zaragoza o continuare a esplorare l’ Euskadi andando verso San Sebastian. Si scegli di dare un’ altra occasione a questa splendida terra e a queste splendide persone andando verso Donostia-San Sebastian. E i fatti ci hanno dato abbondantemente ragione.
Arriviamo in città e già la situazione si presenta completamente differente. Stiamo 1 ora intera a cercare un posto per parcheggiare perchè la città è in preda a una confusione incredibile e tanto meno pronosticata.
Mangiamo un ottimo bocadillo con pollo e bacon in un bar e poi seguiamo la fiumana di persone in direzione della città vecchia. Man man che ci addentriamo nel centro della città la confusione aumenta sempre più fino a raggiungere il culmine arrivati al lungomare. Transenne, polizia e migliaia di persone sulla spiaggia lasciavano pochi dubbi sul fatto che stesse succedendo qualcosa. Chiedo a un ragazzo a caso, che si rivela essere italiano, cosa stesse succedendo e lui mi spiega che tutta quella gente stava aspettando il grande spettacolo di fuochi d’ artificio che dava inizio alla Semana Grande, la maggiore festa della città. Soddisfatti della fortuna che ci era piovuta addosso scendiamo in spiaggia e aspettiamo i fuochi insieme alle migliaia di persone che festanti affolavano la spiaggia. Iniziano i fuochi e per mezz’ora l’oscurità del cielo è tagliata da striscie di luce che esplodevano in fragorosi botti, il cui rumore si confondeva con il rilassante “rusciu” delle onde del mare.
Finito lo spettacolo pirotecnico, tutta la gente si riversa nelle strade della città. Una ragazza mi chiede informazioni su come raggiungere il concerto dei Macaco che si sarebbe tenuto su un’ altra spiaggia. Naturalmente non ne avevo la minima idea e non sono potuto essere d’aiuto alla bella basca, ma l’ho ringraziata tanto per avermi inconsapevolmente informato. Riusciamo ad ottenere le informazioni per raggiungere quest’ altra spiaggia e andiamo lì. Seguiamo anche in questo caso il flusso enorme di persone e dopo una bella passeggiata di un quarto d’ora abbondante arriviamo al luogo del concerto. I Macaco iniziano a suonare poco dopo e per due ore abbondanti ci gustiamo questo gruppo che avevo imparato a conoscere grazie alle amicizie spagnole a Coimbra.
Finito il concerto alle 2.00 di notte, ci sembra arrivato il giusto momento per cercare un buon luogo per montare la tenda.
Decidiamo di prendere la strada per Pamplona, con l’ idea di fermarci per strada quando la stanchezza avesse preso il sopravvento. Arriviamo a Pamplona e ci accampiamo in un campo senza neanche un albero, coscienti del fatto che la mattina seguente ci si sarebbe svegliati non appena il sole avesse cominciato a battere, ma altra soluzione non si è trovata e ci si deve accontentare e adattare per risparmiare!
Effettivamente la mattina del 13 agosto incomincia presto, verso le 9.30, quando già la tenda era diventata un forno insopportabile. Andiamo a fare colazione nella bella caffetteria dell’ università di Pamplona, che si trova in un campus immerso nel verde fuori la città.
Dopo di ciò andiamo a esplorare la città, famosa soprattutto per la festa di San Fermin. In questa festa, che si tiene ogni anno a metà luglio, durante l’encierro, dei tori grossi e arrabbiati sono lasciati liberi di correre lungo le vie della città vecchia inseguendo e colpendo a volontà chi decide di partecipare all’evento, prima di entrare nella plaza de toros. Decidiamo di fare un giro per la città vecchia ripercorrendo proprio le strade coinvolte nell’encierro. Pamplona si rivela una bella e tranquilla cittadina, con una meravigliosa città medievale e molti parchi fuori dal centro storico.
Dopo pranzo ripartiamo in direzione Barcelona.
Al confine tra Navarra e Aragona incontriamo un lago di un colore azzurro intensissimo, che ispira troppo un bel tuffo. E così indossato il costume da bagno, ci tuffiamo nella splendida acqua del lago. Freschi, puliti e rigenerati riprendiamo il cammino.
Con il sole basso alle spalle arriviamo in prossimità di Barcelona. Avevo sentito i miei amici che sono lì a partecipare a uno scavo archeologico e mi avevano detto che loro alloggiavano a Castelldefels, fuori Barcellona in direzione aereoporto.
Senza troppe difficoltà arriviamo a questa cittadella a una ventina di km dalla capitale catalana, che appare subito come il tipico posto che vive d’ estate alle spalle di inconscienti turisti. Ci incontriamo con i miei amici e dopo un po’ di chiacchere e di birre, ci accampiamo nel grande parco in cui era immersa la casa che fungeva d’alloggio ai ragazzi.
Passiamo la notte a combattere contro le zanzare che in qualche modo avevano invaso la tenda, ma è inutile e finiamo con l’essere totalmente mangiati.
Il giorno ci si sveglia più gonfi e poco riposati. Andiamo dunque a fare un po’ di turismo a Barcelona. In macchina facciamo un grande tour della parte nord della città: entriamo dalla Gran Via, seguiamo sulla Avanguida Diagonal vedendo le meraviglie architettoniche di Gaudì, facciamo un salto al Camp Nou -lo stadio del Barça- e terminiamo facendo una passeggiata nel Parque Güell, non molto rilassante a causa della confusione e dell’ afa. Dopo una sosta di due ore in un internet cafè in cui Melf cercava mezzi di trasporto per tornare lì su a casa sua, mentre io scrivevo l’aggiornamento del viaggio, che poi per strani e misteriosi motivi non sono riuscito a pubblicare sul sito. Riprendiamo il tour stanchi e abbattuti, io perchè avevo scritto per due ore inutilmente e Melf perchè non era riuscito a trovare niente di conveniente per tornare a casa.
Conveniamo che si aveva necessità di due cose primarie: doccia e cibo.
Per risolvere la prima si va in spiaggia, alla Barceloneta, e si approfitta delle doccie lì sulla spiaggia. Puliti e rinfrescati andiamo alla ricerca di un posto abbastanza sano per mangiare qualcosa. Parcheggiamo nella Rambla Rayal, che è parallela alla Rambla più famosa, ed è decisamente più tranquilla e con una grande statua di un gatto! Proprio di fronte al posto in cui avevamo lasciato la Stilo vediamo un ristorante turco, Cappadokia, decidiamo di andare a vedere di che si trattava. Si rimane a mangiare e si gusta un ottimo ed economico kebab, che aggiusta i conti con quello di Bilbao.
Soddisfatto anche il secondo bisogno, si è abbastanza preparati ad affrontare La Rambla e il Barrio Gotico. Divincolandosi tra la selva di persone riusciamo a fare un bel giro, ma credo che il periodo peggiore, almeno per me, per visitare Barcellona sia l’estate. Davvero troppa gente e troppa confusione, credo che sia splendida se vissuta con tranquillità, sapendo dove andare conoscendo i posti giusti, insomma ritengo non sia una città che può piacere se invasa da migliaia di turisti. Ma in fondo sono gusti.
Lasciata Barcelona torniamo a Castelldefels a dare un ultimo abraccio e un arrivederci e poi ci rimettiamo la strada sotto le ruote. Destinazione Andorra! Andiamo alla scoperta di questo piccolo Stato nel bel mezzo dei Pirenei. Che lingua parlano?come sono fatti?che tipi sono?come vivono?L’ Andorra diventa la nostra meta tutta da esplorare e nonastante fosse l’una e mezzo di notte oramai il dado era tratto: si va a dormire in Andorra!
La strada è bella a due corsie e molto rapida, ma è ancora in costruzione quindi arrivati a un certo punto iniziano le stradina di montagna che vanno sempre più stringendosi man mano che si saliva di quota. Grazie ai tramezzini,a una Red Bull e ai Rage Against The Machine riusciamo nella piccola impresa e alle 4.00 di notte entriamo nel Principat d’ Andorra. Entusiasti cerchiamo un posto qualsiasi dove accamparci. E questa operazione si rivela più difficile del previsto. Dopo chissà quante strade salite e scese più volte, molte strade sterrate percorse nell’ oscurità più totale e cani che impedivano di accamparci nell’ unico posto abbastanza indicato che avevamo trovato, montiamo la tenda in una sorta di deposito di oggetti non meglio identificati.
Alle 5.30 finalmente la tenda è montata, ma io rimango un’ altra mezz’ora a viaggiare nel cielo pieno di stelle con De Andrè di sottofondo.

Si era rimasti ad Andorra e la data era il 14 agosto. Ci svegliamo la mattina del 15 e i verdi colori dei Pirenei sono abbaglianti. Scendiamo fino ad Andorra la Vella per esplorare la capitale del piccolo Stato. Non si puó dire che abbia fatto una bella impressione. A parte un parco lungo il fiume, un centro commerciale dalle linee futuristiche e un viale pieno di banche, negozi e turisti c` è ben poco da vedere. Andiamo quindi ad esplorare il resto della nazione, che tutta intera si puó benissimo visitare in un` intera giornata. Ci fermiamo in un paesino poco dopo Andorra la Vella per cercare qualcosa da mangiare. Appena scesi dalla Stilo, la nostra ricerca è distratta da un gruppo di ballerine brasiliane in “abiti tipici” del Carnevale di Rio, che ballavano a ritmo di samba lungo le strade, sotto lo sguardo incuriosito delle persone che passavano. Anche in questo caso avevamo beccato la festa del paese.
Alla fine facciamo un pò di spesa e proseguiamo verso la Francia, facendo peró una strada panoramica che saliva e scendeva le montagne. E ne è valsa la pena perchè abbiamo potuto osservare paesaggi meravigliosi.Arriviamo a Cenillo, dove rimaniamo tutto il pomeriggio nel palazzo del ghiaccio perché aveva la connessione wireless gratis. Io ne approfitto per scrivere il primo aggiornamento, mentre Melf dopo molti pensamenti e ripensamenti decide di comprare il biglietto della Ryan Air da Marsiglia per Amburgo, partenza venerdì 17 alle 13.15. E cosí si ha una nuova meta stabilita. Si deve fare in modo di stare all´aereoporto di Marsiglia venerdí almeno per le 11.30, a causa di tutti i problemi con i bagagli che sempre si hanno con i voli low cost. Finiamo di vedere Barcelona – Bayer Münich commentata in quella lingua non meglio identificata che è l´andorrano, ma per quanto ho avuto modo di notare è molto simile al catalano.
Uno sguardo alla mappa per vedere la strada da fare e poi si parte. Il percorso stabilito è di scalare le montagne fino a Perpignan e poi risalire la costa fino a che se ne fossero avute le forze. In effetti la strada è abbastanza dura e impegnativa, in piú farla di notte non aiuta sicuramente. Troviamo un attimo di pace e tranquillità a Latour de Carol, proprio poco dopo il confine franco-andorrano, dove due ragazzi avevano messo su un furgoncino-pizzeria con tavoli all´aperto il tutto in un clima molto amichevole.Anche la pizza si è rivelata decisamente accettabile.
Arriviamo a Perpignan giá abbastanza cotti, ma con un pó di buona volontá e un caffè ai limiti della bevibilità proseguiamo fino a Narbonne.
Ci accampiamo in uno spiazzo lungo la strada per le spiagge della cittá, con un vento che faceva volare via la tenda, tanto che abbiamo dovuto agganciarla a due massi.
Il giorno dopo ci svegliamo con un vento ancora più forte e un cielo grigio che minaccia pioggia.
Andiamo a fare colazione a Gruissan, cittadella che si affaccia su una baia sorvegliata da una torre in rovina. Compriamo pomodori e baguettes e, accantonata l´idea bagno a causa del tempaccio, proseguiamo lungo la costa fino a Montpellier.
Parcheggiamo e ci dirigiamo verso la piazza principale, Place de la Commedie, che è enorme e il teatro che si affaccia su di essa merita una foto.
Mangiamo le nostre baguettes in un viale alberato vicino alla piazza prima di fare un giro nella cittá vecchia. Cerchiamo di farci largo tra la selva di turisti che affolano le strade strette della cittá e riusciamo a fare un bel giro turistico. Particolarmente degni di nota sono la Facoltá di Medicina(la piú vecchia d´Europa) con annessa Cattedrale, la chiesa di Sant´ Anna, un grande parco con vista sulla cittá e il tribunale in stile neoclassico. Tornando verso Place de la Commedie, cuore e centro della cittá, incrociamo una processione in costume medievale per i festeggiamenti del santo della cittá. Anche questa volta festa della cittá, ma sfortunatamente senza brasiliane!
Ci rimettiamo in macchina con l´idea di riuscire ad arrivare a Toulon per dormire.
Avremmo potuto farcela se non ci fossimo imbattuti in Nimes. Ci fermiamo qui a mangiare e non ad Avignone, come avevamo pensato, perché tardiamo un´ ora e mezzo per uscire da Montpellier e imboccare la strada giusta. A prima vista Nimes ci sembrava una tranquillissima cittadella senza molto da offrire, ma poi mi viene in mente il mio esame di Storia dell´Arte Romana e il nome della cittá potevo associarlo a qualcosa. E infatti non mi sbagliavo, perché a Nimes ci sono due monumenti molto importanti: il tempio, chiamato Maison Carter, del I sec. a.C., uno dei pochissimi esempi conservati di architettura templare del primo periodo imperiale; l´anfiteatro del I sec.d.C , uno dei meglio conservati nel mondo romano. Soddisfatti della scelta ci fermiamo un pó piú del previsto. La cittá è meravigliosa, piena di musica ad ogni angolo delle strade, insomma il posto giusto per festeggiare l´ultima notte di viaggio insieme a Melf. Prendiamo da mangiare e ci sediamo di fronte l´anfitetro. Un tedesco e un italiano a mangiare rispettivamente un kebab turco e un pollo al caramello cinese in una cittá francese di fronte a un anfiteatro romano…che si vuole di piú dalla vita!
Facciamo un giro per le stradine del centro storico, ci fermiamo a guardare il mercatino che si trova tutto intorno al tempio. Felici e contenti torniamo verso la macchina. Destinazione Aix-en-Provance, che si trova a una mezz´ora dall´aeroporto di Marsiglia.
Ci accampiamo in un campo fuori dal paesino di Les Milles, puntiamo la sveglia per evitare difficili corse contro il tempo il giorno dopo.
E cosí venerdí 17 di buon ora ci mettiamo in cammino per l’ aeroporto di Marsiglia. Naturalmente non va tutto liscio e tranquillo e Melf deve chiedere aiuto a una coppia di ragazzi francesi che vanno sul stesso volo per imbarcare un suo bagaglio, altrimenti avrebbe dovuto pagare qualcosa come 80 Euro per eccesso di peso. In questo modo ne paga 12 e parte con tutte le sue cose.
E cosí senza un ottimo compagno di viaggio e con la Stilo con in pó piú di spazio dietro riprendo il viaggio.
Prossima tappa Avignone. Arrivo senza troppi problemi e parcheggio comodamente dentro le mura del centro storico, a poca strada dalla piazza del Palazzo dei Papi. Salgo su per una scalinata e mi ritrovo in un bellissimo parco con una roccia in mezzo dalla quale zampillavano schizzi d´acqua.La vista sulla cittá e sulla campagna circostante da lí è spettacolare. Pranzo in un prato all´ombra della roccia e poi scendo per vedere il Palazzo dei Papi.
Il palazzo è effettivamente immenso e dá su una grande piazza naturalmente sempre affollatissima. Attaccata al palazzo c´è la Cattedrale, con un grande crocifisso di fronte e una Madonna totalmente d´oro in cima.
Un pó di calcoli sulla mappa e decido di andare in direzione Orange, con prima una piccola deviazione verso il ponte romano sul fiume Gard.Arrivo nel posto in cui mi sarei aspettato di trovare un punto panoramico di osservazione sul ponte e invece mi ritrovo un cartello che mi invitava a pagare 5euro per parcheggiare e credo anche vedere il ponte. Faccio inversione e torno indietro.
Mi immetto in una strada secondaria per Orange e passo per molti paesini piccoli e caratteristici. Ad Orange mi imbatto subito nel grande Arco di Trionfo romano e poi parcheggio lungo un viale per andare a vedere il teatro anch´esso di epoca romana.Mangio l´ultima baguette rimasta in una piazzetta e poi faccio un giro rapido per la cittá, che mi è sembrata non molto animata, ma sicuramente meritevole di una visita. Mi fermo a mangiare una crepe in una piazza, poi caffettino e mi rimetto in macchina verso Valence. Arrivo in prossimità di Valence e decido di fare altri 100km in autostrada e arrivare a Grenoble.
In un´ora infatti sono in questa cittadina ai piedi delle Alpi. Mi accampo in uno spiazzo verde fuori la cittá con il rumore delle macchine che passavano che mi concilia il sonno.
Sabato 18 faccio un rapido giro di Grenoble in macchina, la cittá non sembrerebbe offrire molto, ma sicuramente non è la stagione giusta per visitarla.
Dopo un´oretta scarsa arrivo ad Annecy e mi fermo a pranzare e a fare una visita della cittá. Questa cittadina merita assolutamente una sosta, perché ha una meravigliosa vista sul lago e un centro storico molto bello e animato da negozi di ogni tipo. Mangio in un parco con vista lago e riparto, pronto a varcare una nuova frontiera.

Il contakilometri segna 86120 e io mi ritrovo come se niente fosse in Svizzera. L´unico controllo che ho dovuto subire è stato da parte di un poliziotto che mi chiedeva, piú incuriosito che sospettoso, cosa fosse il pezzo di cartone che trasportavo. È un quadro che ha fatto Merida, una mia amica spagnola, dipingendo su un pezzo di cartone. Sollevato dal suo dubbio il poliziotto mi lascia andare. Arrivo a Ginevra e cerco di orientarmi. In pratica la cittá in sé è solo la parte che costeggia il lago, ma è preceduta da un continuo di cittadelle satelliti. Da una di queste, Courouche, attraverso un incrocio e mi ritrovo ufficialmente in territorio ginevrino. La cittá è divisa in due dal lago, sulla sponda destra c´è la cittá vecchia, sulla sponda sinistra c´è la cittá nuova. Trovo parcheggio nel quartiere di Paquis,nella parte nuova.
Non ci vuole molto tempo per capire che la cittá trasudi ricchezza da ogni angolo delle strade.Non si contano le auto di lusso, le gioiellerie, orologerie, negozi dalle grande firme e c´è un intero viale con solo sedi di importanti banche internazionali. La cittá comunque è incantevole, piena di verde, si affaccia sul grande lago ed è circondata dalle montagne. La vita deve essere cara, ma senza dubbio molto intensa, visto il gran numero di studenti che da ogni parte del mondo vengono a studiare a Ginevra nelle numerose scuole internazionali. Mangio il mio panino in un parchetto in riva al lago, di fronte a un baretto pieno di gente. Cala il sole e vado a fare un giro dall’altra parte della città, attrversando il ponte Mont Blanc. Si nota subito la differenza con la parte nuova,anche se non faccio un giro molto approfondito delle stradine del centro storico che si snodano in salita a partire da una bella piazza a due passi dal lago, con delle piastrelle con incisi messaggi in varie lingue.
Ritorno verso la macchina e decido di costeggiare il lago fino a Lousanne per poi pensare al da farsi. Mi lascio alle spalle il grande getto d’ acqua che illuminato come un faro segnala il porticciolo della città. Non posso naturalmente lasciare Ginevra senza aver visto le sedi delle Nazioni Unite. E così sul grande viale Wilson si erge imperioso l’ omonimo Palazzo Wilson già sede della Società delle Nazioni, nata dopo la Grande Guerra sotto spinta del presidente statunitense da cui il palazzo prende nome. Un pò fuori città sorge invece un intero quartiere in cui trovano sede numerosi istituti dell’ ONU, in palazzi di vetro e con piazze con opere d’ arte moderne come una grande sedia che sormonta una piazza con dei bei giochi di luce e acqua, o la grande palla dorata, che si trova proprio di fronte a uno dei palazzi delle Nazioni Uniti, ma non sono riuscito a vederla perchè già buio quando ho fatto questo breve giro. In autostrada arrivo in 10 minuti a Losanna e le ipotesi che mi si presentano davanti sono: continuare a costeggiare il lago fino a Montroux,che a senso mi sembra un bel posto, oppure andare più verso il centro della Nazione per fare un giro più grande prima di rientrare in Italia dal Canton Ticino. Ovviamente prevale la seconda ipotesi e mi spingo fino a Fribourg, a una trentina di km da Berna. Esploro i sobborghi della città in un lungo e in largo e alla fine trovo un bel praticello con una grande quercia a fare da ombra con i suoi rami per il sole del mattino. Insomma sembrerebbe il posto perfetto per montare la tenda, se non fosse che oltre i rami della quercia ci fosse una villetta. Oramai esausto faccio finta di niente confidando in un’ eventuale gentilezza dei proprietari di casa. Monto la tenda e velocemente mi metto a dormire. In realtà non riesco a dormire molto perchè scopro di avere in qualche modo rotto la cerniera del sacco a pelo e quindi patisco l’ intenso freddo notturno svizzero, e come se non bastasse all’alba degli uccelli da un verso fastidiosissimo decidono di iniziare il loro concerto. Fatto sta che alle 9.00 del 19 sono già in piedi e vado in una stazione di servizio dietro l’angolo a fare gasolio e colazione. Parcheggio vicino la stazione dei treni per fare un giro per Fribourg.
La città ha un bel centro storico con una maestosa cattedrale con un alto campanile. Le campane poi sono stata una cosa che mi ha colpito perchè non ne ho mai sentite così tante suonare allo stesso momento, sembrava di essere davvero circondati da una foresta di campane. C’è anche un ponte altissimo dal quale si può vedere la bella valle del fiume. Concluso il giro turistico torno alla macchina e parto in direzione Italia. Mi fermo per rinfrescarmi in un torrente presso il paesino di Swarzenbourg, il tempo di bagnare i piedi, fumare una sigaretta e poi ripartire. Per pranzo mi fermo a Spiez, una cittadella anch’essa sulle sponde di un lago. Osservando i nuvoloni sulle montagne che non promettevano nulla di buono, mangio i miei panini in un prato di quello che sembrava un circolo della vela o simili. Riparto quando i nuvoloni erano arrivati sul lago e incominciava a piovigginare.
Ma sono vittima del classico abbiocco post-pranzo e quindi non riesco a fare più di 40 km e mi devo fermare a riposare a Interlaken. Rimango una mezz’oretta a dormicchiare in macchina con Simon & Gurfunkel e il rumore della pioggia di sottofondo. Mi sveglio che aveva smesso di piovere e quindi già che stavo lì vado a fare un giro per la cittadella tra i due laghi per vedere di trovare un internet point. Alla fine ne trovo uno e lo trovo presso un bar dove finalmente posso riposarmi dall’ inglese maccheronico e dal francese improvvisato parlati fino a quel punto, per tornare a lingue a me più affini e conosciute come spagnolo e portoghese. Mi imbatto infatti in un caffè totalmente dal sabor latino, un’ oasi linguistica nella Svizzera tedesca, gestito da un gruppo di ragazze sudamericane o dalle ex colonie portoghesi, e frequentato dai tantissimi emigrati che lavorano in Svizzera. Felice dell’ incontro mi fermo un po’ a chiaccherare e a ingraziarmi le ragazze che mi fanno infatti uno sconto abbondante sulla carissima tariffa di internet. Quindi riposato e rinfrancato proseguo in direzione Meiringen, paesino che ha qualcosa a che fare con Sherlock Holmes visto che all’ investigatore di Doyle hanno dedicato un hotel, una statua e una piazza!
Da Meiringen inizio a scalare le Alpi nel vero senso della parola. E così poco a poco, tornante dopo tornante, mi ritrovo a quota 2250mt sul passo dello Susten, con una fitta pioggia che ingrossava i torrenti che scendono ripidamente dai ghiacciai altissimi. Il secondo passo da affrontare è quello del San Gottardo che mi porta nella Svizzera italiana. In un colpo i cartelli sono in italiano e si può dire che sia il primo ritorno vero alla lingua madre. Prendo l’autostrada e sono a Bellinzona. Mi fermo per mangiare qualcosa in una pizzeria nel centro storico, mentre Marco Civoli commenta Inter-Roma, Supercoppa Italiana. Esco a Chiasso e dopo l’ ok disinteressato del poliziotto alla frontiera mi trovo in Italia.

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