Nella terra di Yoghi e Bubu

di Anna Marchisio –
Viaggio attraverso i parchi nazionali del nord-ovest degli USA (Nord Colorado, Wyoming, Montana e stato di Washington).
17.07.2004-07.08.2004 – km 6662
Non si sa mai bene quando un racconto di viaggio deve iniziare, nel momento in cui si parte per il viaggio vero e proprio? Nel momento in cui si decide una destinazione? Per me un viaggio inizia quando, scelta la destinazione, si inizia a pensare a quello che si farà a quello che sarà.
Internet offre un grossissimo aiuto nell’organizzazione del viaggio. Internet è in grado di metterti in comunicazione con il mondo intero: uffici del turismo, camere di commercio, hotel, enti parco, ambasciate e soprattutto altri viaggiatori. E’, quindi, giusto e doveroso, ringraziare tutte quelle persone che ricevendo una nostra richiesta, una nostra mail hanno preso una busta e ci hanno infilato dentro tutta la documentazione che poteva servici; tutte quelle persone che pazientemente hanno risposto alle nostre domande e ci hanno fornito consigli utili, sia prima che durante il viaggio. Un grazie particolare meritano George e Kate, non solo per la pazienza e la disponibilità di George nel rispondere a tutte le nostre innumerevoli domande ma anche per la gentile accoglienza e l’amicizia che ci hanno riservato.
Beh.. dovremmo ringraziare anche il nostro povero postino che ha dovuto recapitarci a domicilio tutta questa corrispondenza extra (e credetemi, questa volta è stata veramente tanta).
Siamo forse partiti con l’idea dell’americano che se ne ricava un po’ dai media… un popolo pieno di se un tantino saccente. Non oso pensare come il popolo italiano venga giudicato all’estero, eh eh eh. Tornando agli americani, per lo meno a quelli del nord-ovest, le persone che abbiamo incontrato e conosciuto durante questo viaggio mi hanno fatto vedere un’America differente da quella vista in televisione o letta sul giornale. Sono persone estremamente cordiali, socievoli e disponibili.

Sulle unità di misura ci sarebbe un po’ da ridire.. le strade sono misurate in miglia (1 km = 0,62 miglia), le montagne in piedi così sembrano sempre giganti, la benzina in galloni (com’è che da noi costa sempre tre volte tanto!?!), il peso in libbre.. insomma…oltre alla lingua a complicarti la vita ci sono anche le unità di misura!!!
Anche i sentieri si misurano in miglia, e mai in dislivello. Se chiedete informazioni o cercate informazioni su una sentiero ed un posto, vi diranno quando è lungo ma non vi diranno che dislivello copre e tanto meno il tempo di percorrenza.
Le indicazioni delle strade, ahimè, sono migliori delle nostre. Muniti di una cartina si è in grado di andare ovunque senza dover impazzire a leggere i nomi di tutti i paesi che si incontreranno.. basta sapere il numero delle strade che si vuole percorrere e la direzione (intesa come punto cardinale) da prendere. Più facile di così…

Altra nota dolente sono stati gli innumerevoli cantieri per il lavori stradali. Credevo che fosse una nostra abitudine avere sempre le strade a pezzi invece gli americani ci fanno una degna concorrenza. Abbiamo percorso più di 6000 km e abbiamo incontrato tanti cantieri, e non solo nei parchi. Strade a senso unico alterno con semafori interminabili, e non parlo di 5-10 minuti ma di intere mezz’ore ad aspettare il proprio turno, miglia e miglia di strada sterrata (per carità perfetta) in attesa di asfaltatura, strade chiuse, insomma… i lavori stradali piacciono proprio a tutti!
Mentre ho capito perché su internet gli americani si lagnano che gli italiani non sanno guidare… beh… certo la guida briosa e nevrotica dell’italiano poco si adatta alla guida pacata e tranquilla dell’americano medio di provincia. Certe volte, però, sono forse un po’ troppo ligi al codice stradale e qualche miglietto in più potrebbero anche farlo. Certamente allo scattare del verde nessuno ti suonerà il clacson, come avviene a Torino (e non solo) perché non sei partito esattamente nello stesso istante in cui è scattato il verde!

Invece abbiamo da invidiarli una buona abitudine. Se al ristorante, o in pizzeria avanzi un po’ di quello che hai ordinato invece che farla finire nel cestino te la impachettano per benino e te la danno da portare a casa. Un po’ un contro senso per una società basata sul consumismo ma comunque una buona cosa per evitare sprechi inutili. Di questo dovremmo prendere esempio, invece di guardare sempre con sdegno le nonnine che ai pranzi di nozze raccolgono gli avanzi della loro porzione con la scusa di portarli al cagnolino a casa.
In ogni caso nei ristoranti, non si paga il coperto e appena ti siedi ti portano un bel bicchierone d’acqua, e anche questo non compare nel conto. E’ rimasta invece l’abitudine alle mance, che ci ha messo un po’ in difficoltà perché non essendo abituati a questa pratica non sapevamo mai se e quanto lasciare.

E dopo questa breve, più o meno, premessa posso iniziare a raccontarvi il nostro viaggio… ancora una cosa.. tutti i prezzi riportati in questo racconto sono comprensivi di tasse, mentre in America (non solo negli States ma anche in Canada) vengono indicati sempre al netto e conteggiate (le tasse) solo al momento del conto. La percentuale applicabile varia da stato a stato e a seconda della tipologia della merce. Solo le pompe di benzina riportano l’indicazione del costo comprensivo di tasse. E anche queste sono tutte un programma. Ce ne fossero due che funzionano allo stesso modo!
Ma bando alle chiacchiere.. e iniziamo il viaggio…

Sabato, 17 luglio 2004 – Torino-Denver (Colorado)-Boulder (km 70)
Lasciamo l’Italia un sabato mattina su un aereo praticamente vuoto ma molto in ritardo. Nonostante questo pessimo inizio e una coincidenza praticamente immediata a Francoforte, riusciamo comunque a prendere il nostro volo per l’America. Arriviamo a Denver che sono circa le 17 del pomeriggio (ora locale). Denver è detta la città alta un miglio perché si trova ad un’altitudine di circa 1600 metri.
Dopo tutto quello che ho letto sui giornali, su internet e sentito dire mi aspettavo un’accoglienza ‘difficoltosa’, invece alla dogana la cosa è stata piuttosto veloce e semplice. Nella media, le solite domande e le solite richieste. Abbiamo però notato che non è così per tutti.. la nazionalità fa la differenza.
Ritirata la nostra auto all’Avis (gli autonoleggi sono raggiungibili, dal terminal degli arrivi, con dei bus appartenenti alle diverse compagnie noleggiatrici) usciamo dalla zona dell’aeroporto.
Il cielo inizia a scurirsi e il temporale sembra in arrivo. Ho letto che la zona di Denver e delle Rocky Mountain del Colorado e soggetta a temporali pomeridiani e per tutto il tempo in cui siamo rimasti in questa zona abbiamo sperimentato di persona come questo corrisponda a verità.
Siamo piuttosto stanchi sia le 8 ore di fuso orario che le circa 10 di volo si sentono tutte, così ci dirigiamo verso Boulder. Boulder è una cittadina universitaria a due passi dalle montagne rocciose.
Pernottamento: Lazy L Motel (1000 28th st. – Boulder – CO) $64,72

Domenica 18 luglio 2004 – Boulder – Estes Park (Colorado) – Rocky Mountain National Park (Km 188)
Iniziamo la nostra visita ai parchi nazionali dal Rocky Mountain National Park costituito nel 1915 a circa 65 miglia a nord-ovest di Denver. In meno di un’ora di macchina da Builder si raggiunge l’abitato di Estes Park posto all’ingresso nord-est del parco. Tutte le aree prottette in America, parchi nazionali, statali, foreste, etc. prevedono il pagamento di un biglietto di ingresso, pertanto al gate del RMNP provvediamo a comperare la tessera annuale di ingresso a tutti i parchi nazionali per il costo di 50$. Con questa tessera è possibile entrare in tutti i parchi nazionali per un anno intero (non abbiamo intenzione di restare così tanto ma il costo dei singoli ingressi è maggiore della tessera annuale) e anche in alcuni siti storici. Mentre con l’aggiunta di 15$ dollari si può applicare un bollino su tale pass (è una tessera bancomat) che trasforma il National Park Pass in un Golden Eagle Pass e permette così l’ingresso anche presso le foreste, nei Wildlife Refuge e non solo.
Per prima cosa decidiamo di percorrere una delle strade più alte d’america, la Trail Ridge Road, raggiunge infatti una quota di 3713 metri d’altezza. Si tratta anche dell’unica strada che attraversa completamente il parco da est ad ovest (da Estes Park a Grand Lake). Noi la percorreremo solo fino all’Alpine visitor Centre (3595 m.) posto vicino al colle (il punto più alto della strada). E’ una giornata di sole ma l’aria è frizzante. Lungo la strada più punti panoramici consentono di vedere la maestosità e la bellezza di questi luoghi. L’ambiente è tipicamente alpino, dicono che sopravvivano piante tipiche della tundra artica. Si incontrano cervi, marmotte e se si guarda con attenzione anche qualche pika. Nel pomeriggio invece ci rechiamo a vedere la zona di Sheep Lake, un immenso pianoro erboso dove di tanto in tanto qualche bighorn sheep (muflone) fa la sua comparsa. Sembra che in primavera ve ne pascolino parecchi. Fatto sta che noi, ne oggi e ne domani, nonostante la segnalazione della comparsa, per poco tempo, di un maschio intorno all’ora di pranzo, vedremo un bel fico secco di niente. Infine andiamo a vedere la situazione nella zona del Bear Lake, zona da cui partirà il sentiero che percorreremo domani. Mi reco al centro informazioni a chiedere notizie sul sentiero e sui dislivello che ovviamente non vengono mai indicati sulle cartine. La signora mi fa tutta una spiegazione sulle zone innevate e sulla difficoltà del sentiero da loro classificato come ‘estenuante’, tradotto letteralmente. Esco dal visitor centre che non sono più tanto sicura che questo sentiero sia una buona idea.
Il rientro in città e il raggiungimento del nostro motel è stato reso piuttosto difficoltoso e lento da un gruppetto di cervi che soggiornava nei pressi della strada principale.
Dopo cena passeggiamo un po’ per la via principale di Estes Park, che presenta un’architettura tipica da west… da far-west. I negozi sono aperti fino alle 21 così possiamo curiosare un po’.
Pernottiamo al Mountain Sage Inn, posto accogliente e tranquillo, che abbiamo prenotato direttamente da casa via e-mail. La nostra camera non è spaziosissima ma molto carina. Pernottamento: Mountain Sage Inn (553 W. Ellhorn – Estes Park – www.trappersinn.com – CO) – 64,62$
Cena: McDonalds 8,38$… Siamo in America… non si può farne a meno…

Lunedì 19 luglio 2004 – Estes Park (Rocky Mountain NP – km 56)
Sono le cinque e siamo già in macchina diretti verso il parcheggio da cui partono i Bus Shuttle per il Bear Lake, località di partenza del ‘Flattop Mountain Trail’. La strada non è percorribile con la propria auto perché stanno facendo dei grossi lavori stradali. In ogni caso lo shuttle è gratuito e il primo parte alle 5, dopo di che ce n’è uno ogni mezz’ora fino alle 21,30, in entrambe le direzioni. Ci attardiamo un po’ perché ci fermiamo a vedere una lepre così perdiamo il primo shuttle e siamo costretti ad attendere il secondo. C’è parecchia gente ma ci sono ben 4 bus per ogni corsa per cui non ci sono problemi di posto, per lo meno a quest’ora, e in circa 15 minuti di viaggio su questi vecchi scuolabus gialli si arriva al Bear Lake. La giornata promette bene e dal lago si può vedere in lontananza il Long Peak, la più alta vetta di questo parco (m 4345).
Messi gli zaini in spalla ci incamminiamo lungo il nostro sentiero, su un percorso di sola andata di 7 km con circa 900 metri di dislivello raggiungeremo la punta di questa montagna (m 3756). Il sentiero inizialmente procede nel bosco dove incontriamo qualche leprotto e siamo letteralmente divorati dalle zanzare. Sembra impossibile ma ci sono tantissime zanzare, siamo costretti a spruzzarci ben bene di repellente se non vogliamo essere il piatto forte della colazione di questi insetti. Il sentiero sale dolcemente e lentamente lascia il bosco, la vegetazione si fa più rada fino ad arrivare in questa che dicono essere una tundra artica (mah…così dicono). Salendo si possono ammirare il Nymph e Emerald Lake e si incontra anche un’infinità di Pika. Ovunque ti giri vedi uno di questi piccoli animaletti simpatici che scorazza tra le rocce, sono anche abbastanza tranquilli perché si riescono ad avvicinare parecchio e riusciamo a fare parecchie foto degne di nota..
Proprio come dice il nome… questa montagna è proprio Flattop!!!Cammina cammina e cammina e la punta, si fa per dire, sembra non arrivare mai, vediamo qualche chiazza di neve ma niente di particolarmente ‘temendo’ come mi aveva fatto intendere la signora dell’ufficio informazioni. Certo il sentiero è faticoso ma non è niente di particolarmente difficile, tanta preoccupazioni per niente. La vista da questa montagna è ottima, nonostante la sua forma a panettone, si vede il paesaggio tutto intorno e anche la zona di Grand Lake. Il tempo però si sta guastando e non è nemmeno mezzogiorno… Rimaniamo un po’ a riposarci ma poi… la temperatura si abbassa parecchio, il vento soffia e dietro di noi vediamo il temporale che arriva… nuvolosi neri minacciano di farci una bella doccia, così raccogliamo le nostre cose e iniziamo a scendere. Incontriamo parecchie persone che salendo ci chiedono informazioni sul temporale, non si può fare altro che dirgli che sta arrivando. A queste quote non è tanto bello farsi sorprendere da un bel temporale con tanto di tuoni e fulmini.. Intanto il cielo è sempre più nero e qualche tuono ha già fatto il suo ingresso in scena. Inizia a piovere quando abbiamo più o meno raggiunto il bosco. Questi temporali sono caratteristici di questa zona, solitamente sono pomeridiani, infatti più persone ci hanno consigliato di andare a camminare presto al mattino perché al pomeriggio è meglio essere già sulla via del ritorno se non si vuole prendere il temporale. Come volevasi dimostrare tutto corretto. Non sono temporali lunghi, perché dopo aver fatto un bell’acquazzone con tanto di fiumi di acqua, lampi e tuoni, il cielo si scopre e il sole torna a sorridere. E’ così è stata anche questa volta.. eravamo quasi arrivati al Bear Lake che il sole stava già asciugando tutto quanto. Dopo aver mangiato i nostri panini in riva al lago siamo rimasti un po’ a rilassarci. E’ un posto molto frequentato ma tutto sommato molto tranquillo.
Pernottamento: Mountain Sage Inn (553 W. Ellhorn – Estes Park – www.trappersinn.com – CO) – 64,62$
Cena: McDonalds 10,68$

Martedì 20 luglio 2004 Estes Park – Bow Medicine Forest (Wyoming) – Red Desert – Green Rever (km 611)
Ci svegliamo con calma anche se a causa del fuso già alle prime ore dell’alba siamo li belli svegli pronti per il nuovo giorno. Oggi ci aspetta un lungo spostamento, sistemiamo tutta la nostra roba in macchina e ci avviamo verso il Wyoming.
Invece di percorrere solo autostrada decidiamo di fare una deviazione nei pressi di Laramie (Wyoming) per percorrere una di quelle strade che chiamano ‘Scenic Byway’ denominata Snowy Range Scenic Byway (29 miglia). Questa strada, la 130, attraversa la Medicine Bow-Routt National Forest. Una delle cose che più mi impressionano di questa terra e guardarmi intorno e vedere tutto intorno a me solo natura. Distese di praterie, boschi, valli prive di segni evidenti della presenza dell’uomo. Sicuramente le zone antropizzate, data la vastità del territorio, sono minori rispetto a quello che siamo abituati noi e questo è un po’ quello che gli invidio, tutti questi infiniti spazi aperti.
Tornando alla nostra deviazione è stata una scelta felice, la zona è paesaggisticamente splendida, laghetti immersi in boschi di abeti (o larici, non sono competente in materia), distese di tundra e montagne rocciose innevate. La strada sale fino al Snowy Range Pass (m 3254) per poi ridiscendere dall’altra parte. Non è molto trafficata come strada e quando ci fermiamo a fare un spuntino sul bordo della strada un’automobilista premuroso si ferma a chiederci se avevamo problemi con l’auto.
Dopo questa deviazione ritorniamo a prendere l’autostrada e proseguiamo in direzione ovest. Il paesaggio piano piano cambia, il verde delle praterie con le sue antilocapre che pascolano, lascia spazio al rosso e alla sabbia del Red-desert. L’autostrada passa vicino alle Aspen Mountain e al Red-desert. Se non è per l’autostrada super trafficata e per i grossi camion che ci sfrecciano di fianco direi che siamo tornati in Namibia. E’ impressionante come il paesaggio sia cambiato, solo questa mattina eravamo immersi nelle montagne del Colorado e ora siamo nel deserto del Wyoming. Anche le temperature sono cambiate, a Green River, cittadina che scegliamo come posto tappa, lasciare la nostra auto con l’aria condizionata è stato un trauma. Fa veramente caldo e non soffia un filo d’aria. Nonostante la tipicità del posto mi chiedo come la gente possa vivere in un posto del genere.
Per prima cosa dobbiamo trovare un posto per la notte… vediamo un motel che ci ispira e così vado a chiedere informazioni alla reception. Suono il campanellino, busso ma non viene nessuno, faccio per ritornare in macchina quando un tizio esce da una casa e mi chiede se cercavo per il motel. Gli dico di si e mi invita a seguirlo a casa sua, mi dice che è sua moglie che gestisce il motel. Mi auguro che la mia espressione facciale non fosse troppo parlante perché appena entro in casa mi si sono rizzati i capelli. Un caos… l’uomo mi ha fatto passare prima in cucina, poi nella camera dei bambini e infine sono arrivata in una stanza adiacente alla reception dove c’era la moglie intenta a armeggiare con dei materassi. Diciamo che per percorrere questi pochi metri ho dovuto fare attenzione a non calpestare nulla, c’era talmente tanta roba sparsa in giro e sul pavimento che non si sapeva dove mettere i piedi. La moglie, una ragazza più o meno sulla trentina, di cui di certo non si può dire che gentilezza e simpatia siano i suoi cavalli di battaglia mi dice il costo della camera e mi accompagna a vederla. Devo ammettere che vista al casa non sono più tanto sicura di voler vedere la camera ma ci vado lo stesso. Nella media, pulita e ben tenuta, così la prendiamo. C’è perfino il frigorifero (ci credo con sto caldo), il forno a microonde e l’aria condizionata a manetta (centralizzata per cui non riusciamo, nella notte, ne ad abbassarla o a spegnerla).
Vista la dotazione della nostra camera andiamo a cercare un supermercato per comperare del latte per colazione. Beh.. cosa da poco.. giriamo un po’ in macchina ma troviamo di tutto (compresa una casa di cura) ma del supermercato nemmeno l’ombra. Troviamo un discount ma vende solo bibite, biscotti e roba varia… niente latte. Però c’è l’ufficio postale, così, mentre vado a prendere qualche francobollo ne approfitto per chiedere quest’informazione visto che di gente in giro non c’è ne mica tanta. L’ufficio postale è vuoto, mi avvio verso lo sportello dove c’è una signora molto gentile ad accogliermi, peccato che non sia altrettanto sveglia. Gli chiedo i francobolli per l’Italia precisando che sta in Europa (non si sa mai). Armeggia un po’ con dei francobolli poi mi chiede se li voglio per gli Stati Uniti. Gli ripeto che li voglio per l’Italia in Europa. Mi dice di aver capito e torna a trafficare con altri francobolli, poi mi guarda e mi chiede se sono per fuori dagli Stati Uniti. Capisco che uno non debba essere un genio in geografia ma questa proprio non conosce la materia. Dopo tutto questo casino per due francobolli sono un po’ indecisa se chiederle del supermercato ma poi mi dico, andrà no a fare la spesa che ci vuole a dirmi dov’è. Che ci vuole.. si… e ce ne vuole certo!! Le chiedo quindi del supermercato. Mi guarda come se le avessi chiesto se ha incontrato i marziani, capisco che il mio inglese non è granchè, però…non le sto facendo un discorso di filosofia le sto chiedendo di un supermercato. Le spiego quindi che cerco un negozio di alimentari, niente da fare… intanto l’ufficio postale si sta riempiendo.. alla fine disperata, non so più cosa dirle e le dico che voglio andare a comperare del latte dove devo andare. Forse ho detto le paroline magiche e lei si illumina… ha capito e mi dici ‘ah minimarket’. Miiii erano due ore che stavo tentando di farle capire che volevo un supermarket… non era la stessa cosa!?! Fatto sta che inizia la sua spiegazione, ma ad un certo punto viene interrotta da un’altra signora che non è d’accordo sulla spiegazione, discutono un po’ e alla fine conclude la spiegazione, facendo proprie alcune delle indicazione confuse dell’altra signora. Esco dall’ufficio postale sicura che non troveremo sto accidenti di negozio e che in questo paese, non so se è per il caldo o che so io, ma non sono affatto ‘centrati’.
A dover di cronaca il supermercato, sorry, il minimarket non lo troviamo. Per colazione ci faremo un tè, le bustine me le sono portate dall’Italia così come lo zucchero.
Per cena andiamo da Pizza-Hut, si trova ad un centinaio di metri dal nostro motel, sulla medesima strada. Anche qui dentro l’aria condizionata è a manetta e la differenza con il caldo afoso che c’è fuori si sente ancora di più.
Pernottamento: Flaming Gorge Motel – 316, Flamig Gorge Way – Geen River (WY) – 45,10$
Cena: Pizza Hut – 13,70$



Mercoledì 21 luglio 2004 – Geen River – Seedskadee National Wildlife Refuge – Jackson Hole (Gran Teton National Park) – Dubois (km 492)
Dopo colazione siamo subito in macchina diretti a nord. Faccio qualche foto lungo al strada a queste strano paesaggio, chiamato Bad Lands Hills.
La nostra prima tappa è presso il Seedskadee National Wildlife Refuge, un’area adibita a rifugio per gli animali. L’unica area verde è quella vicino al fiume (il Green River), per il resto è tutto grigio e arido. A parte qualche antilocapra americana e un’aquila non vediamo altro.
Riprendiamo il nostro viaggio verso nord e finalmente, dopo tanto viaggiare in questo ambiente africano iniziamo a vedere in lontananza le montagne. Finalmente, di sabbia e terra ne avevo già abbastanza.
Per pranzo arriviamo nella super-affollata Jackson Hole. E’ il centro abitato più vicino al Gran Teton National Park e quindi meta di migliaia di turisti sia d’estate che d’inverno perché fa parte di un comprensorio sciistico. Architettura in perfetto stile western con una varietà e vastità di negozi, hotel, ristoranti e tantissima gente ad affollare le sue strade. Noi ci fermiamo al visitor centre dove dalla terrazza del piano di sopra si possono ammirare le cime maestose della Teton Range e l’immensa prateria dove i Wapiti e i bisonti vengono a svernare. Per ora, nel vicino parco cittadino si possono solo ammirare un gruppetto di oche del Canada.
Il pomeriggio lo dedichiamo alla visita perlustrativa del Gran Teton National park in auto, andiamo alla ricerca di punti panoramici da cui fotografare questi immensi scenari. A parte qualche cervo non vediamo altri animali. Visitiamo anche i vari centri informazioni, con il personale sempre pronto a dare consigli o indicazioni. Il Gran Teton NP nasce prima come riserva nel 1897 per diventare solo nel 1929 parco nazionale. Il nome Gran Teton dato a queste montagne è per opera di esploratori francesi, dove in questi picchi slanciati con pendii vertiginosi ci vedevano una particolare parte del corpo femminile.. direi era un po’ che non vedevano le loro consorti perché cominciavano ad avere un po’ le idee confuse!!… In ogni caso queste sono tra le montagne più imponenti e spettacolari del Wyoming, nemmeno il vicino parco di Yellowstone vanta picchi di questa elevatura e altezza, sono infatti ben tre le vette che si aggirano intorno ai 4000 metri di altezza (Gran Teton m 4197, Middle Teton m 3902 e Mt. Owen m 3940). Il paesaggio è veramente spettacolare e Marco, anche per effetto della sua passione per l’alpinismo, resta estasiato da queste montagne.
Nel tardo pomeriggio, mentre ci avviamo verso la nostra destinazione per la notte: Dubois, ci imbattiamo in un vero e proprio ingorgo.. un alce maschio ha fatto la sua comparsa sul bordo della strade e ha praticamente paralizzato il traffico. Abbiamo scelto Dubois, come meta, che dista 55 miglia a est del parco perché è sede del National Bighorn Sheep Interpretive Centre. La strada che dal Teton National Park conduce a Dubois, la n. 26 è un’altra Scenic Byway che attraversa il Shosyone National Forset. In quest’area d’inverno (d’estate proprio non succede nulla!?!) vengono a svernare i mufloni (Bighorn Sheep). Alcuni dei paesaggi che possiamo osservare lungo la strada mi fanno venire in mente i vecchi film con gli indiani. Che posti! Dubois è un altro paesino da vero west, forse troppo. Troviamo subito il centro Interpretative e ci facciamo il nostro giro, interessante, presenta anche esemplari di Mufloni provenienti da tutto il mondo (ingresso 2$ a persona). Fatichiamo un po’ a trovare il nostro motel che si trova fuori dal paese in direzione est nella zona delle Painting Hill. Intorno a Dubois, peccato non avere un giorno a disposizione per girare la zona, ci sono queste strane montagne rosse. Il contrasto del verde con il rosso delle rocce di queste montagne è spettacolare. Purtroppo anche di questa zona, la nostra guida EDT non ne fa menzione, le uniche informazioni che ho mi sono state gentilmente inviate dai visitor centre della zona.
Per cena scegliamo un locale country. Al muro sono appese tantissime vecchie targhe di automobili e vicino al bancone c’è la foto di un ragazzo in divisa morto in Iraq, anche questo, purtroppo, fa parte dell’America. Ordiniamo due Hamburger con patatine. Ci viene servito un super Hamburger che non ha nulla a che vedere con quelli sintetici di McDonald’s. Così con la pancia piena ce ne torniamo al nostro motel immerso nel più totale silenzio.
Pernottamento: Riverside Inn and Camp (Dubois – www.ricersideinnandcampground.com/motel.htm – WY) – 46,64$
Cena: Wind Bunch Dubois – 14,46$

Giovedì 22 luglio 2004 – Dubois – Gran Teton Nationa Park – Dubois (km 243)
Sveglia presto, ma non è un problema, gli effetti del fuso si sentono ancora, perché oggi andremo a percorrere quello che la nostra guida dei parchi (U.S.A. I grandi parchi dell’ovest – Gremese Ed.) definisce uno dei più bei sentieri del Teton: l’Amphitheatre lake trail, ben 7,6 km, solo andata, con un dislivello di più di 900 metri. La guida indica come tempo di percorrenza (andate e ritorno) nove ore! Anche questo è classificato come ‘estenuante’ dagli americani ma visto il Flattop Trail questa classificazione non mi preoccupa più. Così riattraversiamo la Shoshoe Forest e rientriamo nel Gran Teton National Park. Non c’è ancora molto traffico in giro e in breve arriviamo nel parcheggio da cui parte il sentiero. Messi in spalla gli zaini ci incamminiamo. Un tabellone informativo illustra i possibili sentieri che si possono percorrere da questo punto. Ovviamente noi abbiamo scelto il più lungo, notiamo anche che è il medesimo sentiero che porta al campo base per tutti coloro che vogliono scalare queste montagne. Purtroppo c’è anche una foto di un uomo che la scorsa settimana, è venuto a scalare queste montagne ma non ha più fatto ritorno. Io penso subito che se lo sia mangiato un orso, Marco un po’ più realista suggerisce che magari è caduto arrampicando visto che era anche quello che era andato a fare!
Ci incamminiamo, i sentieri americani non sono mai molto ripidi, salgono sempre dolcemente facendoti fare tanta strada. Nel bosco incontriamo qualche blue grouse (sono una sorta di fagiani) e parecchi scoiattoli di terra ma niente di più. Una volta usciti dal folto della vegetazione possiamo ammirare il panorama davanti a noi. La nostra prima tappa è il Surprise Lake (m 2907) con il monte Teewinot che si rispecchia nelle sue acque, fantastico! Mentre io faccio qualche foto al lago Marco tenta di fotografare un cervo che si aggira nei pressi del lago. Raggiungiamo quindi l’Amphitheatre lake (m 2946) che è veramente come lo descrive la guida: stupendo. Come dice il nome si trova proprio in un anfiteatro naturale di rocce e praterie. Cerchiamo una bella posizione panoramica dove riposarci e pranzare. Marco scruta le montagne con il binocolo e, con parecchia invidia, guarda gli alpinisti che si muovono sulle montagne.
Nel pomeriggio riprendiamo la discesa, la lunga discesa, visto che ci separano più di 7 chilometri dalla nostra macchina, pensando che le emozioni per la giornata siano finite.. invece… mentre attraversiamo il folto del bosco un rumore attira la nostra attenzione.. mamma orsa e il suo piccolo stanno trafficando tra gli alberi. Saranno stati a meno di 15 metri da noi, il piccolo, come tutti i cuccioli, salterellava tra un tronco e l’altro e ogni tanto cadeva, mentre la mamma, un bellissimo esemplare di orso nero, trafficava con un tronco incurante della nostra presenza. Ad un certo punto, punta contro un tronco caduto le gambe posteriori e con le anteriori fa leva e, neanche fosse un grissino, lo apre in due ed inizia a mangiare le larve contenute nel tronco. E’ strabiliante la vista di questo animale, insieme a noi c’è un’altra coppia che manifesta una certa preoccupazione per la presenza dell’animale. Mamma orsa e cucciolo si muovono in tutta tranquillità, attraversano il sentiero e poi se ne vanno nel folto del bosco.. peccato.. sarei rimasta ad osservarli chissà per quanto. Ho letto molto sull’orso e sui possibili incontri con questo animale. Per evitare spiacevoli esiti gli enti parchi fanno, secondo me, un po’ di terrorismo in merito. E’ vero, un orso può uccidere ed è quindi meglio che i turisti usino la massima prudenza quando si trovano per così dire a casa sua, è bene segnalare la propria presenza in modo da non spaventare l’animale e sicuramente è bene non tentare di avvicinarlo o di dargli da mangiare, perché sarebbe dannoso per entrambi. Per quanto riguarda mamme e cuccioli, ci sono varie tesi, c’è chi sostiene che la presenza del cucciolo la renda molto aggressiva mentre c’è chi sostiene che proprio la presenza del cucciolo frenerebbe la madre ad aggredire l’uomo, ovviamente fin tanto che non lo veda nell’uomo un pericolo per il suo piccolo. In ogni caso questa sera me ne andrò a dormire ancora sognante per questa esperienza vissuta. E’ stato emozionante e stupendo. Solo questo è valso il viaggio fin qua!
A dover di cronaca, le nove ore che la guida indica come tempo non so dove le hanno prese, nel senso che uno ci va quasi due volte nel tempo che indicano loro. Noi ne abbiamo impiegate tre a salire e due a scendere.
Per cena, ritorniamo a Dubois, e visto che siamo parecchio stanchi, ci comperiamo una di quelle Cesar Salade al supermercato. Vendono delle confezioni con l’insalata, la salsa, i crostini e il formaggio.. insomma tutto il necessario per farti l’insalata. Così ci prendiamo una confezione di insalata e un cestino di fragole per cena che consumeremo nella nostra camera. Questo motel è molto bello, le camere sono grandi e spaziose, c’è anche un tavolino con due seggiole e un piccolo porticato con una panchina.
Pernottamento: Riverside Inn and Camp (Dubois – www.ricersideinnandcampground.com/motel.htm – WY) – 46,64$

Venerdì 23 luglio 2004 – Dubois – Yellowstone National Park – West Yellowstone (Montana) (km 339)
Ci svegliamo con la pioggia, lo sapevo che dovevo fotografarle ieri sera le Painting Hill con la pioggia i colori sembrano più smorti, anche l’abitato di Dubois con i suoi edifici in legno sembra triste.
La nostra destinazione oggi è lo Yellowstone National Park. La strada che porta dal Teton allo Yellowstone è a senso unico alternato perché stanno facendo dei super lavori (fanno sempre dei super lavori, con dei super mezzi, una marea di persone e tanto tanto caos), fatto sta che questo a detta dei cartelli ci dovrebbe comportare una mezz’ora di perdita di tempo aggiuntiva. Peccato che passato questo cantiere ce ne saranno altri, lo Yellowstone, soprattutto la parte est è tutta una cantiere, alcuni pezzi di strada sono addirittura chiusi. Questo significa che in questi punti, dato l’alto affollamento di gente, sembra quasi di essere a Torino nelle ore di punta.
Lo Yellowstone, dimora dei famosissimi Yoghi e Bubu, non fu solamente il primo parco nazionale americano ad essere istituito ma fu anche il primo parco al mondo, esattamente nel 1827. Inizialmente vennero destinate, nel 1886 delle unità di cavalleria per proteggere e preservare l’area, solo nel 1916 viene istituito il National Park Service che si assunse la responsabilità e l’onere di conservare le meraviglie presenti in quest’area, e così sono nati i famosi ranger! Sebbene la maggior parte del parco si trovi in Wyoming il parco si estende comunque su tre stati: Montana, Idhao e Wyoming. Lo Yellowstone non è solo fiumi, laghi, verdi vallate e montagne ma anche geyser, bacini geotermali, canyon e tanta tanta fauna (dicono che vanti la concentrazione più alta di fauna selvatica). Tutto questo ne fa un parco molto speciale, peccato per l’eccessivo affollamento. Anni fa una parte del parco era stata danneggiata da un grande incendio. I segni, nonostante la natura piano piano stia riconquistando i propri spazi, sono ancora ben visibili.
Iniziamo la nostra visita del parco dal West Thumb Geyser Basin, si tratta di un bacino termale molto particolare perché praticamente è a ridosso del lago. Un sentiero e delle passerelle in legno consentono di visitare da vicino le varie pozze dai suggestivi colori.
Nel pomeriggio percorriamo, con molta pazienza, visti gli innumerevoli cantieri, la strada che costeggia lo Yellowstone River. Ci fermiamo anche ad ammirare la Hayden Valley: un’immensa vallata verde. Lungo la strada possiamo ammirare parecchi bisonti. Maschi solitari che pascolano in questi verdi praterie o branchi di femmine che accudiscono i loro piccoli.
Visto che siamo di strada ci fermiamo anche ad Artist Point, punto da cui è possibile osservare lo spettacolare canyon dello Yellowstone river. In questa parte del parco il fiume corre in uno stretto canyon dalle pareti con dei colori particolarissimi, rossi, rosa… Sembra proprio la tavolozza di un pittore, piena di colori. Particolari sono anche le cascate presenti in quest’area.
Lungo le strade e non solo incontriamo molti animali, cervi, antilocapre americane, bisonti, riusciamo perfino a vedere, in una di queste immense praterie verdi, un grizzly (con il binocolo) intento a mangiarsi quel che resta di un bisonte. Chissà Yoghi e Bubu dove sono… eh eh eh eh.
Il grande ecosistema di Yellowstone, che comprende anche la catena dei Teton è la più grande area naturale intatta di tutti gli Stati Uniti (se non si considera l’Alaska). Tra le sue valli vivono cervi, orsi, bisonti, alci, antilocapre, castori, lontre e le aquile marine con la testa bianca. Quest’ultima siamo riusciti a vederla anche noi!
Per la notte abbiamo prenotato un motel molto carino a West Yellowstone (Montanta – entrata ovest). La cittadina non è tanto grande, ormai ci siamo abituati a questi paesi per così dire Western che non ci facciamo più tanto caso. Dopo cena passeggiamo per la città e ci dedichiamo anche a un po’ di shopping. I negozi di souvenir abbondano ma noi scegliamo di ‘lasciare’ un po’ di soldi in un negozio di articoli sportivi.
Pernottamento: Golden West Motel (429 Madison Avenue – West Yellowstone (MT) – 406.646.7778 www.goldenwest.com) – 57,20$
Cena: McDonald’s 11,18$

Sabato 24 luglio 2004 – West Yellowstone – Yellowstone NP – West Yellowstone (km 323)
La nostra tabella di marcia, ci accorgiamo è un po’ stringata, forse avremmo dovuto dedicare un giorno di più a questo parco per poterlo visitare con calma, ma il tempo è quello che è per cui cercheremo di sfruttare al meglio il nostro tempo.
Ci dirigiamo subito verso Mammoth Hot Spring (ingresso nord del parco), è mattina presto e non fa ancora troppo caldo, momento ideale per percorrere un breve anello di 8 km che attraversa boschi di abeti, praterie, dove, a detta della guida si possono vedere: cervi, alci, antilocapre e, perfino qualche castoro nei pressi dei laghetti. E’ la terza volta che veniamo in America e non siamo mai riusciti a vedere nemmeno l’ombra di un castoro, per cui.. speranzosi ci avviamo lungo questo sentiero. Più volte ci prende il dubbio di aver perso il sentiero o averne imboccato uno sbagliato perché l’impressione che abbiamo è proprio questa. Di tutta la super fauna che dobbiamo vedere, a parte le zanzare non si vede nulla.. Cammina e cammina… e ad un certo punto uscendo dal bosco vediamo un’orsa e il suo cucciolo. Wow… Un orso bruno… incantati restiamo ad osservare il cucciolo che gioca nell’erba alta. Il piccolo si sposta verso il bosco e noi, per vederlo bene iniziamo a spostarsi con lui, una rapida occhiata in giro e non vediamo più l’orsa. Non si capisce se ha già raggiunto il limitare del bosco o è nascosta tra l’erba alta. La prudenza non è mai troppa per cui rimaniamo dove siamo e dopo un po’ il cucciolo sparisce alla nostra vista… Riprendiamo la nostra strada soddisfatti del incontro fin tanto che non raggiungiamo una famigliola americana che ci informa di aver visto ben 4 orsi bruni e un grizzly… miiiiii non si potevano stare zitti… un grizzly un po’ più vicino di quello di ieri lo avrei visto volentieri pure io. In ogni caso riprendiamo il nostro giro, i laghetti ci sono ma il castoro deve avere traslocato da parecchio… non ci sono nemmeno segni della sua presenza, o è un castoro pigro o è da parecchio che è andato altrove. Pazienza… se non altro abbiamo visto un’altra volta l’orso, non pensavamo di avere tanta fortuna e rivederlo così da vicino.
Il resto della mattinata lo dedichiamo alla visita all’area di Mammoth Hot Springs, dove passerelle in legno consentono di andare ad ammirare da vicino le terrazze e le cascate di travertino prodotte dalla precipitazione dei sali minerali con l’evaporazione delle acque delle sorgenti calde. Alcune foto al centro informazioni ritraggono la zona d’inverno con la neve e i cervi comodamente seduti su queste terrazze a godersi il caldo delle sorgenti..
Nel pomeriggio invece andiamo a visitare la verde Lamar Valley (nord-est), uno dei più incantevoli paesaggi del parco. E’ anche una delle zone meno affollate.
Visto che di folla non ne abbiamo ancora avuto abbastanza andiamo a visitare anche la zona dei Geyser. Scegliamo di andare a vedere l’Old Faithful Geyser (sud-ovest). Un pannello al centro informazioni riporta le probabili ore di eruzione dei vari Geyser presenti nell’area.
Pernottamento: Golden West Motel (429 Madison Avenue – West Yellowstone MT – tel. 406.646.7778 www.goldenwest.com) – 57,20$

Domenica 25 luglio 2004 – West Yellowstone – Glacier National Park – East Glacier (Montanta) (km 670)
Oggi ci aspetta una bella giornata in macchina…ci lasciamo alle spalle lo Yellowstone e ci dirigamo verso il Glacier National Park attraversando le infinite praterie del Montana. Nel pomeriggio arriviamo al GNP. Si tratta di un vero e proprio gioiello della natura nelle Rocky Mountain. Racchiude un’area di circa 4040 kmq, e insieme al confinante parco nazionale canadese del Waterton Lakes forma il primo International Peace Park del mondo. Il Glacier National Park è stato fondato nel 1910. Vivono in quest’area animali come le capre delle montagne rocciose, cervi, orsi (sia grizzly che orsi bruni), marmotte, alci, castori, lontre, falchi e pernici. Il 1985 è stato l’anno del ritorno del lupo. Non è che si è presentato all’ufficio dell’anagrafe per fare la variazione di residenza, ma a partire dall’inverno di quell’anno una branco si è stabilmente insediato nella zona, oggi il parco vanta ben 4 gruppi di lupi stabilmente presenti sul suo territorio. Tempi duri per Cappuccetto Rosso!!!
Il nostro motel si trova a East Glacier, piccolo centro nell’angolo sud-est del parco. La reception del motel si trova presso il negozio del distributore di benzina. A gestire il tutto, negozio, motel, pompa di benzina e scopriremo in seguito anche un autonoleggio e un noleggio di macchinine per spostarsi sui campi da golf due signore parecchio attempate. Potrebbero essere madre e figlia visto che una è molto più anziana dell’altra. Queste si che sono nonnine con il senso degli affari… non perdono mica tempo a sferruzzare sedute in giardino!!!
La camera non è male anche se lo stile si può dire è un po’ attempato come le proprietarie.. eh eh eh
Per cena andiamo in centro…. Se così possiamo definire l’unica via che attraversa il paese con un po’ di vita. Pensando a questo viaggio mi ero fatta l’idea di trovare l’america delle grandi catene alimentari, negozi, ristoranti..e invece.. nulla di tutto ciò. Questa è l’America di provincia con i suoi piccoli negozi con ancora il frigo per la vendita del ghiaccio.. e se lo vendono vuol dire che c’è ancora qualcuno che compera questi blocchi di ghiaccio… Per cena scegliamo, non è che ci sia molto da scegliere, comunque andiamo al Glacier Village Restaurant. Sono molto gentili e anche la cena è ottima.
Finita la cena facciamo due passi per la via e ci fermiamo alla stazione ferroviaria, un’immensa costruzione in legno molto ben tenuta. Consulto gli orari ferroviari e scopro che il treno passeggeri ferma ancora in questa stazione. I signori di TreniItalia dovrebbero prendere esempio, loro che vogliono far morire le piccole linee pendolari!!!
Pernottamento: Sears Motel (1023 Highway 49 north, East Glacier Park MT – Tel. 406.226.4432 www.glacierinfo.com/sears.html) – 57,20$
Cena: Glacier Village Restaurant (304-308 Highway 2 East, East Glacier MT) – 12,90$

Lunedì 26 luglio 2004 – East Glacier – Glacier NP – East Glacier (km 161)
Sveglia presto e subito in macchina… dobbiamo andare verso nord, verso il Canada, nella zona di Many Glacier, area che offre uno splendido spettacolo con i suoi ghiacciai che scendono dalle montagne. Noi abbiamo scelto di percorrere l’Iceberg Lake Trail. Si tratta di un laghetto glaciale incastonato tra le montagne.
Lasciamo la macchina e ci incamminiamo per il sentiero. Un avviso informa che di recente è stato avvistato un orso lungo questa via. Benissimo.. speriamo di avere un po’ di fortuna e di vederlo anche noi. Veramente c’è da dire che questo sentiero ci è stato consigliato proprio per questo motivo. Il nostro amico George, che vive da queste parti, ci ha suggerito di percorrere questo sentiero sia per la particolare bellezza del luogo ma anche perché questa è la zona del parco che vanta la maggior concentrazione di orsi.
Il sentiero alterna tratti nel folto della vegetazione con una scarsa visibilità di quanto ci circonda a zone di radure di arbusti aperte che invece consentono una buona visibilità. Siamo molto fortunati… subito dopo una curva Marco si ferma immediatamente.. un esemplare di orso nero ha appena attraversato il sentiero e si è fermato nel prato sotto il sentiero. Piano piano sbuchiamo dalla curva e ci andiamo a sistemare sopra in sentiero. Sarebbe una bellissima posizione da cui ammirare l’orso se non fosse che lui (o lei) ci ha sentito… non ci ha visto, ma si è rizzato in piedi.. ha annusato l’aria ed è scappato via di corsa. Bella fregatura…
Il sentiero non copre un grosso dislivello (circa 360 m) ma è piuttosto lungo, circa 15 km tra andate e ritorno, comunque in meno di due ore si raggiunge tranquillamente il lago.
Il lago si trova in un anfiteatro naturale; è circondato da pareti di roccia che cadono a picco sulle rive del lago. Proprio come dice il nome, blocchi di ghiaccio si staccano dalle pareti nelle fredde acque del lago. Il paesaggio è impressionante. La pace, il silenzio e la forza della natura è sorprendente. Osservando con un binocolo si può vedere le mountain goat muoversi in tutta naturalezza e scioltezza sulle rocce di queste ripide pareti. Con tutte le praterie a disposizione, dico io, proprio li dovevano piazzarsi.
L’acqua del lago, proprio per il ghiaccio che ci scioglie dentro, non è proprio tanto calda, io metto la mia bottiglia d’acqua a raffreddarsi e in niente l’acqua è fresca… ma forse per gli americani abituati a tonnellate di ‘ice’ quest’acqua è solo freschina… 4 ragazzini, nelle prime ore del pomeriggio, si tuffano nelle acque del lago. La loro è una ‘toccata e fuga’, ma intanto hanno avuto il coraggio e l’ardire di buttarsi in queste fredde acque.
Per cena ritorniamo al ristorante della sera prima, dove ci accolgono con un ‘italiani… welcome’.. si ricordano di noi.. eh eh eh eh.. Marco ordina una super insalatona mentre io mi scelgo una bistecca di bisonte con salsa di non so cosa.. veramente squisita…. Alla cassa ci chiedono di tradurre il colore dello scontrino della carta di credito ( ‘yellow’) in italiano… dopo un po’ di aiuti per la pronuncia il gestore arriva a dire il suo ‘giallo’ tutto soddisfatto.. mah… contento lui…
Pernottamento: Sears Motel (1023 Highway 49 north, East Glacier Park MT – Tel. 406.226.4432 www.glacierinfo.com/sears.html) – 57,20$
Cena: Glacier Village Restaurant (304-308 Highway 2 East, East Glacier MT) – 22$

Martedì 27 luglio 2004 – East Glacier – Glacier NP – West Glacier (km 249)
Al mattino presto lasciamo il nostro motel in una triste giornata che pare autunnale. Il cielo è coperto e tutte queste nuvole non promettono altro che pioggia. Il programma della mattinata prevede di arrivare fino al Logan Pass, luogo di partenza del sentiero scelto per oggi. Visto che non si tratta di un giro lungo strada facendo ci soffermiamo a vedere il panorama. Il Saint Mary Lake è veramente immenso. Le montagne, i ghiaccia di questo parco sono veramente sensazionali.
Arrivati al Logan Pass lasciamo la nostra auto nel parcheggio del visitor centre e ci avviamo verso l’Hidden Lake trail. La prima parte del sentiero, fino al punto panoramico che consente di vedere l’Hidden lake dall’alto, è stata tutta attrezzata con passerelle in legno in modo da consentire anche ai disabili (voglio vedere chi spinge la carrozzella in salita) di raggiungere tale punto. Effettivamente il sentiero è trafficatissimo e ci sono tante famigliole.
Arrivati al punto panoramico il sentiero prosegue, fortunatamente senza passerelle e roba varia, fino all’Hidden Lake, collocato in una conca. Poco oltre il punto panoramico incontriamo alcune mountain goat (capre di montagna) e parecchie marmotte, una in particolare continua a trotterellare davanti ai turisti che invece la ignorano e preferiscono fotografare le capre di montagna. Le Mountain goat non sono, infatti, molto infastidite dalla presenza dell’uomo. Arrivati all’Hidden Lake, ci accorgiamo che…non c’è quasi nessuno… la gran parte della gente si ferma al punto panoramico, per cui le rive del lago sono deserte, tanto meglio.
Ritornati al parcheggio, ci aspetta una bella sorpresa…. Provo a pigiare il nostro telecomandino della macchina per aprire il bagagliaio (che lusso eh.. lo apro per fino a distanza) e .. non succede niente, provo con le portiere idem.. alla fine mi riduco ad aprirla con la chiave. Carichiamo tutta la nostra roba, saliamo in macchina e ..ohi ohi ohi… non parte… si è scaricata la batteria, abbiamo dimenticato le luci dei fari accese… miiii… questa non ci voleva.. proprio sta sera che avevamo un impegno per cena non sarebbe carino fare tardi.
Il parcheggio è pieno di gente, chiediamo a quello che ha parcheggiato di fronte a noi che si prepara a partire se dispone dei cavi. Questo ci fa un lungo discorso facendoci presente che lui non ha i cavi perché la sua macchina è a noleggio e che non ci conveniva chiedere a macchine targate Montana perché con molta probabilità erano a noleggio, ma di chiedere a macchine con targhe limitrofe… veramente mi sono cascate le braccia… noi siamo targati Oregon e si vede lontano un miglio che non siamo Americani… che razza di ragionamento ci viene a fare questo!?! Fatto sta che Marco va a chiamare un ranger.. che come nelle migliori tradizioni americane se ne arriva con un pk-up super potente che solo a metterlo in moto farà andare metà del carburante che ha nel serbatoio.. fatto sta che riusciamo a ripartire.
Seduto in completo relax poco lontano dal bordo della strada un maschio di muflone è la causa di un ingorgo di macchine. Secondo me lo fanno apposta..
L’area intorno al Logan Pass è comunque molto bella, c’è tantissimo traffico e, pure qui, questa è proprio una mania, stanno facendo dei lavori stradali, per cui la strada è a senso unico alternato, con i soliti semafori eterni.
Il nostro motel si trova sulla strada che conduce ad Essex, anche questo lo abbiamo prenotato tramite Internet, è anche l’ultimo pernottamento che abbiamo prenotato in anticipo, da domani… l’itinerario è stato solo pensato e non formalizzato. Il posto è carinissimo e i proprietari sono molto gentili ed ospitali. Il locale è in perfetto stile country ha le pareti tappezzate di trofei di caccia, animali imbalsamati, uccelli.. etc… Marco si avvicina ad osservare le mountain goat e gli altri trofei. Bill, il proprietario gli fa così fare il giro turistico dei suoi trofei di caccia e gli racconta un po’ di cose. Marco lavora anche con i cacciatori per cui è quasi un divertimento sentire che, nonostante ci siano miglia e miglia di distanza, i discorsi che fanno sono sempre gli stessi… Fatto sta che ci indica un posto, un po’ più a sud di Essex dove c’è una salina e si possono osservare le capre di montagna. Se non si è capito è l’animale preferito di Marco.
Lasciati i nostri nuovi amici ci prepariamo per la cena, abbiamo appuntamento a West Glacier con George e la sua famiglia, dopo tante mail finalmente ci conosceremo di persona. Arriviamo con qualche minuto di anticipo perché non vogliamo far aspettare nessuno. Loro non ci sono ancora… speriamo solo di aver capito bene il luogo. Dopo qualche minuto arrivano. Mentre George parcheggia, Kate scende a darci il benvenuto nel loro paese. La serata è stata carinissima, noi non parliamo un bell’inglese, ma loro sono stati gentilissimi e hanno parlato meno velocemente di quello che sono abituati. E’ stata una bella esperienza e una serata piacevole… Siamo andati a cenare in quello che si può dire un ‘very american restaurant’.. come dice Marco.. nel ristorante del distributore, proprio come nei telefilm… uno spasso… forse l’unico che si è annoiato è stato il loro figlio tredicenne… per lui non siamo stati un granchè come compagnia.
Pernottamento e colazione: Middle Fork River Inn (Highway 2 mile 173 – Essex – MT www.middleforkriverinn.com) – 53,45$

Mercoledì 28 luglio 2004 – West Glacier – Omak (Washington State) (km 715)
Fatta colazione al motel e caricata la nostra auto ci avviamo verso la salina che ci ha indicato Bill (Goat Lick Overlook). Troviamo facilmente l’area e possiamo osservare una femmina e un piccolo di capra di montagna. Questa salina, una scarpata, molto ripida di terra che dal fitto del bosco scende fino alla riva del fiume, dove gli vengono a leccare il sale contenuto nelle rocce e nella sabbia di questa pareti. Mentre osserviamo i due animali sulle rive del fiume spunta un’orsa bruna con il suo piccolo. Si carica il piccolo sulle spalle e a nuoto attraversa il fiume. Spettacolare…
Deliziati da questa vista ritorniamo verso West Glacier, dopo una veloce visita al Lake McDonald e a qualche negozio di souvenir saliamo nuovamente in macchina diretti verso lo stato di Washington. Il viaggio è lungo.. lasciato il Montana ed entrati nell’Idaho dobbiamo subito portare indietro il nostro orologio di un’altra ora, e così sono nove le ore di fuso che ci separano da casa nostra.
Per pranzo ci fermiamo in un centro dell’Idaho, lungo l’autostrada. Seduti ad uno dei tavolini del parco adiacente all’ufficio informazioni ci rilassiamo e studiamo la cartina. Tanto per curiosità faccio un piccolo salto all’ufficio informazioni, dove vengo subito braccata da una nonnina che sicuramente si ricorda anche la guerra d’indipendenza, tant’è giovane. Vuole sapere da dove vengo e scoperto questo mi infila sotto il naso il suo bel registro delle visite da firmare. La accontento e me ne esco con qualche opuscolo.
Riprendiamo il viaggio.. e attraversiamo così le enormi pianure dello stato di Washington all’inizio ci incantano.
Per la notte di fermiamo ad Omak. Fa molto caldo e il paese è praticamente deserto. Trovato un motel per la notte cerchiamo un posto per fare cena. Il paese non offre molta scelta e alla fine, visto che la nostra camera è dotata di un angolo cottura e un forno a microonde, comperiamo al supermercato una di quelle cene surgelate da cuocere al microonde che non hanno nulla da invidiare ai pasti offerti sugli aerei!!!
In zona dev’esserci una grossa comunità messicana o qualcosa del genere perché al supermercato le scritte erano in inglese e in messicano.
Pernottamento: Stampede Motel (215 W. 4th St. – Omak – WY – Tel. 509.826.1161) – 37,25$

Giovedì 29 luglio 2004 – Omak – Okahogan National Forest – Concrete (km 243)
Lasciatoci alle spalle Omak ci dirigiamo verso il North Cascade National Park. Questa mattina non avevano intenzione di andare a camminare ma dopo una prima sosta al Washington Pass (1669 m) per ammirare le splendide vette dell’Okanogan National Forest decidiamo di fare due passi per addentraci in questa foresta.
Il Washington Pass è pressoché deserto, c’è un ampio parcheggio e un edificio che poteva essere un centro informazioni ma è chiuso. Un breve percorso permette di raggiungere diversi punti panoramici. Stiamo per andare via quando arriva un’altra macchina, parcheggiano e ne scende una famigliola canadese che sembra uscita da uno di quei film polpettoni che narrano di queste famiglie alternative che lasciano la civiltà per andare a vivere sulle rive di chissà quale lago sperso nelle montagne canadesi dove immancabilmente c’è un orso che vuole assaggiare la famigliola appena il padre si allontana. Non ci crederete ma è così.. padre e madre molto alternativi, e le loro due figlie adolescenti scendono dall’auto e senza scarpe e si avviano verso il breve sentiero sterrato che conduce al bel vedere…
Ripresa l’auto ci avviamo verso il punto di partenza dell’Easy Pass Trail, un sentiero che in circa 11 km tra andata e ritorno con un dislivello di poco più di 800 metri ci porterà sul Easy Pass (2000 m circa) da cui potremmo ammirare la maestosità e i ghiaccia perenni della catena delle North Cascades.
Il sentiero è molto lungo e faticoso, il primo tratto passa nel bosco, ma lasciato questo il sole cuocente di mezzogiorno ci accompagna fino in vetta al colle. La vista sui due versanti del colle è spettacolare, il silenzio, la pace contribuiscono a rendere d’effetto l’imponenza di queste montagne. Poco prima di raggiungere il colle un cartello ci informava che stavamo per entrare nel territorio del parco.
Dopo un pranzettino veloce sul colle riprendiamo la lunga discesa fino alla nostra auto.
Per sostare in questa zona è richiesto il Golden Eagle Pass, il National Park Pass non è sufficiente poiché siamo in una foresta nazionale e non in un parco.
Ripresa la nostra auto ci dirigiamo verso la nostra destinazione per la notte: l’abitato di Concrete. La strada che percorriamo attraversa il parco a metà, è anche l’unica strada che lo attraversa, in un area che non è propriamente parco ma è definita Ross Lake National Recreation Area. Il Ross Lake e il Diable Lake con i suoi colori sono molto suggestivi, soprattutto per la cornice in cui sono inseriti, ma una visita solo in auto di questo parco non consente di vedere la maestosità di queste montagne, non visibili appieno da questa strada.
L’abitato di Concrete è tutto un cantiere. Stanno rifacendo i mando stradale della via principale. Sarà forse per questo o chissà per cos’altro ma ci appare un posto molto inospitale. In questa zona abita una ragazza svizzera che, a una delle nostre mail per chiedere informazioni, aveva risposto inviandoci parecchia documentazione e una breve lettera di se. Vive qui da quando si è sposata e ha lascito la Svizzera. Se fossimo arrivati ieri avremmo potuto passare a ringraziarla, il mercoledì è il giorno in cui l’avremmo trovata all’ufficio informazioni di Concrete.
Troviamo un motel per la notte fuori del paese, vicino ad un ristorante, un supermercato e qualche altro esercizio commerciale. Il motel è molto bello e la stanza è molto grande e visto il nostro programma per il giorno seguente decidiamo di fermarci due notti.
Per cena andiamo nel ristorante adiacente al motel. Sarebbe piaciuto a mia mamma. Lo stile del locali, tavolini compresi, è decisamente country. Sulle pareti e al soffitto pendono una valanga di pezzi di storia pionieristica, vecchi fucili, targhe, utensileria varia, foto, trofei di caccia, pentolame, perfino una caffettiera, sembra un museo più che un ristorante. La cena è ottima, io mi prendo un super Hamburgher con la cotoletta grigliata di pollo e Marco un’insalatona.
Pernottamento: North Cascade Inn (44618 Highway 20, Concrete – WA) – 65$
Cena: North Cascade Inn (44618 State Route 20 – Concrete – WA) – 20$

Venerdì 30 luglio 2004 – Concrete – North Cascade National Park – Concrete (km 129)
Sveglia presto e subito in macchina per raggiungere il punto di partenza del sentiero di oggi. Dovremmo percorrere parecchia strada sterrata prima di lasciare la nostra auto. Nel parcheggio ci sono molte auto, questo è infatti il punto di partenza di parecchie escursioni e ascese alpinistiche sulle vette circostanti.
Lasciata la nostra auto prendiamo il Cascade Pass Trail, sentiero che ci porterà sul Cascade Pass. Usciti dal folto del bosco il sentiero diventa molto panoramico, sullo sfondo si possono ammirare i ghiacciai dell’Eldorado Peak
La vista dal colle è spettacolare, e visto che è ancora presto decidiamo di proseguire e prendiamo il sentiero che conduce ad un punto panoramico migliore del colle stesso. Con il binocolo riusciamo perfino a vedere le cordate di alpinisti che attraversano i ghiacciaio della Sahale Mountain.
Rispetto agli altri parchi ci sembra che la fauna qui scarseggi un tantino, a parte un cervo e i soliti scoiattolini di terra non abbiamo incontrato altro.
Per cena torniamo nello stesso ristorante della sera prima. Fortuna che io tengo tutte le ricevute della carta di credito perché una volta a casa, controllando l’estratto conto della carta, mi sono accorta che ci avevano addebitato 10$ in più. Ma visto che io ero in possesso di tutta la documentazione per dimostrare l’errore nell’estratto conto del mese successivo ci sono stati restituiti. Voglio pensare che sia stato un errore in buona fede e non un tentativo di fregarci.
Pernottamento: North Cascade Inn (44618 Highway 20, Concrete – WA) – 65$
Cena: North Cascade Inn (44618 State Route 20 – Concrete – WA) – 17,50$

Sabato 31 luglio 2004 – Concrete – Mt Baker National Forest – Marysville (km 364)
Il programma della giornata di oggi prevede la visita al Mount Baker National Recreation Area. Anche questo non è un parco e quindi il National Park Pass non basta, serve il Golden Eagle Pass, oppure si paga il biglietto giornaliero. La scelta di visitare quest’area l’abbiamo fatta dopo aver visto degli opuscoli che ritraevano questa montagna, con i suoi 3286 metri e il suo imponenti ghiacciai sembra dominare l’area che la circonda. E’ perfino più imponente delle vette del vicino North Cascades National Park.
Arriviamo sul posto molto presto, prima una breve sosta al Picture Lake nelle cui acque si specchia il monte Shukasa, e dopo presi i nostri zaini ci avviamo verso il Ptarmigian Ridge Trail. Il sentiero dopo un primo tratto in falsopiano, scende parecchio per poi risalire. La zona è ancora molto innevata e il sentiero attraversa diversi nevai. In cielo non ci sono nuvole ma, come succede sulle nostre montagne d’estate piano piano la nebbia arriva e prima di pranzo il monte Baker è nascosto nelle nebbie.
Ripresa la macchina decidiamo di fermarci per la notte lungo la strada che porta a Seattle in modo da avere meno strada da percorrere domani. Ci fermiamo al Smokey Point Studio dove al vicino Safeway (supermercato), comperiamo una bella cenetta cinese in quelle confezioni di cartone rettangolari che si vedono sempre nei telefilm. Alla cassa, il commesso, ci fa tutto un discorso sui vantaggi nell’avere la tessera del supermercato, bah.. ma non si vede che siamo turisti!?!
Una cosa curiosa.. in un area di sosta dell’autostrada c’era un chioschetto artigianale con due signore di mezza età che offrivano, in cambio di un’offerta, caffe agli automobilisti.
Pernottamento: Smokey Point Studio (17329 Smokey Point drive, Marysville – Tel. 360.659.8561 – WA) – 66,25$

Domenica 1 agosto 2004 – Smokey Point – Dungeness National Wildlife Refuge – Port Angels (km 318)
Ripresa l’autostrada, guidiamo verso l’Olympic Peninsula. Attraversiamo Seattle, chiamata così in onore di un capo tribu, dove abbiamo deciso di non fermarci. L’autostrada comunque attraversa la città avvolta in una leggiera nebbiolina a bassa quota. Si vede la cima della Space Needle, la grossa torre che gira, spuntare dalle nebbie. L’autostrada, notiamo che ha una corsia riservata ai mezzi pubblici e ai veicoli con almeno due persone a bordo.
Raggiunta la penisola, una prima sosta la facciamo al Dunages National Wildlife Reduce, poco prima di Port Angels. L’ingresso costa 3$, a meno che non si possegga uno dei tanti tipi di permessi annuali che esistono, quale per esempio il Golden Eagle Pass. In ogni caso occorre compilare un foglietto da mettere in una busta dove o si indicano i propri dati e o gli estremi del pass oppure si infilano 3$ nella busta. Una volta sigillata, la busta va infilata in un apposito contenitore. In ogni caso sul posto sono presenti dei volontari che oltre ad aiutare i turisti in questa strana forma di pagamento del biglietto forniscono anche una mappa dell’area. Il tizio ci chiede se abbiamo con noi delle maglie perché l’aria sull’oceano Pacifico è molto fredda. Nessun problema.. nello zainetto abbiamo tutto il necessario contro il freddo.
Dopo aver camminato un po’ nella foresta si esce sulla spiaggia. Il rifugio infatti comprende un ampio pezzo di mare e di spiaggia fino ad un faro; è però visitabile solo una porzione di questa riserva. La giornata non è delle migliori, l’aria è gelida e il pile è appena sufficiente, mentre la vista è pressoché inesistente. La nebbia che dall’oceano arriva investe tutta la costa. E’ un peccato perché si poteva vedere l’isola di Vancouver.
Tra l’altro, in questa tratta di mare si possono anche osservare le balene, in zona organizzano anche delle escursioni in battello.
Nel pomeriggio ci dirigiamo a Port Angels dove cerchiamo un motel per la notte e ne troviamo uno carino e piuttosto economico. Invece della solita chiave ci viene data una tessera magnetica da infilare in un apposita fessura nella porta. Motel high teck, direbbe un nostro amico, a me però sta tesserina non mi dà troppa fiducia.
La nebbia sembra proprio intenzionata a non andarsene, passeggiamo un po’ per il paese e sul molo dove ci sono delle sculture di sabbia, ma l’aria che arriva dall’oceano è molto fredda,
Per cena, nonostante i tanti locali presenti in città, optiamo nuovamente per una cena cinese presa al take-away del supermercato e per una torta di quelle stile nonna papera. Sarebbe stato tutto perfetto se non per la carne che aveva una salsa un po’ troppo piccante per i miei gusti e la torta di nonna papera: una sorta di crostata con al suo interno una specie di composta di frutta. Premesso che se la pasta lo zucchero non l’ha neanche visto di striscio il ripieno proprio non sa cosa sia, dire che non era un granchè è quasi fargli un complimento. In fatto di dolci proprio non ci siamo.
Pernottamento: Aircrest Motel (1006 E. front Street – Port Angels – Tel. 360.452.9255 – aircrest@tenforward.com WA) 52,95$

Lunedì 2 agosto 2004 – Port Angels – Olympic National Park – Forks (km 251)
Dopo una bella colazione a base di pane e marmellata, la torta l’abbiamo fatta finire nel cestino perchè il nostro stomaco si rifiutava di mangiarla, ci incamminiamo verso l’ingresso dell’Olympic National Park. L’Unesco ha dichiarato questo parco Riserva nazionale della biosfera il 26 ottobre 1976. Più tardi, la World Heritage Convention, 27 ottobre del 1981, gli ha conferito il World Heritage Site, un riconoscimento che viene conferito, a livello mondiale, alle aree di particolare interesse naturale e culturale. Per farci un idea sono World Heritage Site anche l’antica Tebe (le piramidi d’Egitto) o la barriera corallina in Australia.
La caratteristica che rende unico questo parco, qualcuno vorrebbe istituire un numero chiuso di visitatori all’anno, è quella di essere tre parchi in uno, perché sono infatti tre gli ecosistemi presenti in esso: si passa la foresta subalpina alle vette innevate delle Olympic Mountain, alla foresta pluviale ed infine ad una striscia di costa selvaggia a strapiombo sull’oceano Pacifico.
Il programma di oggi prevede solo una breve escursione sull’Hurricane Hill (m 1755) da cui si possono ammirare le vette dell’Olympic Mountain e le coste della Olympic Peninsula e dell’isola canadese di Vancouver. Il tempo è serenissimo in montagna ma sulla costa c’è la stessa nebbiolina di ieri, forse un po’ meno densa perché si riesce a vedere la sagoma dell’isola di Vancouver.
Vediamo un cervo e qualche esemplare di Olympic marmot, che emettono un fischio che pare quello di una persona, parecchio differente rispetto al fischio che emettono le nostre marmotte alpine.
L’isolamento della penisola in era glaciale ha portato allo sviluppo di fauna e flora endemiche, ossia proprie solo di questa zona. Tra gli animali vi è una specie particolare di marmotta e il cervo di Roosvelt. Sembra che il parco sia stato istituito anche con l’intento di proteggere questo cervo dal dorso bianco, che però noi non abbiamo avuto l’onore di ammirare, eppure dicono che ce ne sono parecchi.
Il sentiero, circa 4,8 km andata e ritorno, parte da Hurricane Ridge.
Nel pomeriggio ci spostiamo sul lato sud-ovest del parco, dove andiamo a percorrere un breve sentiero (Spruce Nature Trail, circa 2 km) all’interno della Hot Rain Forest. Dicono che ci siano i cervi ma noi non vediamo un bel niente se non tanta, ma tanta gente. E’ strano… sta mattina eravamo seduti su un cucuzzolo ad ammirare le innevate vette delle Olympic Mountain mentre ora stiamo camminando nel folto della vegetazione in questa foresta che non ha nulla da invidiare a quelle fluviali, enormi alberi secolari, felci, muffe.
Rientrati a Forks, dove abbiamo deciso di pernottare, passiamo all’ufficio informazioni del parco a prendere l’orario delle maree. Domani vogliamo andare a visitare le spiagge del parco. Occorre andare a visitarle quando c’è la bassa marea, il mare si ritira e nelle pozze (dette tide pools) che rimangono sulla spiaggia si possono ammirare stelle di mare, anemoni e altre creature marine. E’ però importante conoscere gli orari esatti delle basse maree.
La nostra camera è carina, nulla di particolare, ma l’esterno del motel è particolare. Il porticato davanti alle camere brulica di vasi di fiori come pure il cortile e il giardino adiacente, la reception invece è invasa dalle bambole. Un posto particolare.
Forks è un paesino piccolo, tranquillo.. c’è un supermercato che vende di tutto, ma proprio di tutto. E anche qui.. l’immancabile congelatore con il ghiaccio, mi piacerebbe proprio sapere chi lo usa ancora.
Per la cena andiamo al Pacific Pizza, funziona un po’ come pizza hut…. Scegli la dimensione della tua pizza e cosa ci vuoi mettere sopra. Restano sempre perplessi dal fatto che sulla nostra pizza ci vogliamo mettere sempre e solo pomodoro, formaggio e prosciutto. Osservando i tavoli vicino vediamo certi accostamenti di gusti che farebbero venire i capelli dritti ad un qualunque pizzaiolo in Italia.
Pernottamento: Town Motel (1080 S. Forks Avenue – Forks – Tel. 360.374.6231 – WA) – 55,12$
Cena: Pacific Pizza (870 Forks Avenue – Forks – WA) – 15,60$

Martedì 3 agosto 2004 – Forks – Olympic National Forest – Emunclaw (km 404)
Ahi ahi ahi.. il bel tempo che fino ad ora ci ha accompagnato sta mattina ha deciso di farsi un giro altrove. Una leggera pioggerellina e una nebbiolina da novembre ci accoglie al nostro risveglio.
Poco male, noi a vedere le spiagge ci andiamo comunque. Armati di k-way e indossati gli scarponi per non bagnarci ci avviamo alla spiaggia. I sentieri che conducono alle spiagge attraversano prima questa specie di foresta, fitta fitta, che con la pioggia sembra quasi di essere in Amazzonia, per poi sbucare improvvisamente sulla spiaggia. La guida dice di osservare bene la zona in cui si sbuca perché poi si potrebbero avere delle difficoltà a trovarla, ma degli enormi cartelli stile quelli dei divieti di accesso sono posti in corrispondenza dell’inizio dei sentieri, per cui, o uno è gnugnu o la strada di casa la trova come niente.
Con la bassa marea, il mare si è ritirato parecchio lasciando di tanto in tanto delle pozze. Passeggiamo un po’ sulla spiaggia. L’odore del mare, il rumore dell’acqua, il verso dei gabbiani, sarebbe tutto perfetto se non che Marco, che non ama il mare, si lamenta perché le suole dei suoi poveri scarponi d’alta montagna si stanno inzuppando si sabbia. Gliel’avevo detto io di mettere i sandali!!!
Vediamo parecchie anemoni e stelle di mare e per poco non ricevo un pesce sulla testa. Un gabbiano o un cormorano in volo lascia cadere il suo pesce mezzo mangiato che atterra a meno di quaranta centimetri da me!
Terminata la visita alla spiaggia riprendiamo il viaggio verso la nostra prossima destinazione, il Mt Rainier National Park, le cui foto hanno entusiasmato Marco non poco. Il monte Rainier, con i suoi 4892 metri d’altezza è la vetta più alta della catena delle North Cascades, da il nome all’omonimo parco nato come il quinto parco degli Stati Uniti il 2 marzo 1899. Si tratta di un vulcano tutt’ora attivo le cui ultime eruzioni sono state segnalate nell’ottocento. Ogni anno circa 4500 alpinisti si arrampicano sulla sua vetta perennemente innevata, io non sarò uno di questi.. eh eh eh
L’abitato di Emunclaw non è tanto piccola ma la città vanta solo due motel, o per lo meno questi sono quelli che ho visto e che la gentile signora dell’ufficio informazioni mi ha indicato. Veramente ero anche entrata per chiederle se aveva una cartina stradale dell’Oregon e me ne sono uscita con la cartina dello stato di Washington che non è proprio la stessa cosa, ma non mi sono osata di dirle che ne avevo già due in macchina per non parlare di quelle che invece ho lasciato a casa. Una visita agli uffici informazione dei piccoli centri, secondo me è da fare… a parte l’enorme quantità di materiale che ci si trova, la cortesia con cui ti accolgono e la disponibilità di queste persone è impressionante. Il più delle volte ci sono delle signore di una certa età che oltre a dare indicazioni e opuscoli offrono anche biscotti e caffè.
Il motel che scegliamo non è niente male, la nostra stanza è al primo piano in posizione d’angolo. E’ molto spaziosa ed è perfino dotata di un balconcino.
Pernottamento: King’s Motel (1334 Roosvelt Avenue, Emunclaw – Tel. 360.825.7552 – WA) – 63,95$

Mercoledì 4 agosto 2004 – Emunclaw – Mt Rainier National Park – Greenwater (km 172)
Sveglia presto e subito in macchina per raggiungere la zona di Sunrise nel Mt Rainer National Park. Si tratta di un zona che offre vedute mozzafiato sul Monte Rainer e i suoi ghiacciai, ed è anche la strada che raggiunge la quota più alta del parco, così dice la guida.
Lasciata la nostra macchina nel vuoto, per ora, parcheggio di Sunrise ci avviamo verso il Burroughs Mountain Trail. Si tratta di un sentiero lungo 11,2 km tra andate e ritorno che in circa 3 ore, consente di raggiungere prima la vetta della First Burroughs caratterizzata da un paesaggio tipico da tundra e dopo la Second Burroughs da cui sembra quasi di toccare la vetta del monte Rainier. La parte alta del monte Rainier e dei suoi ghiacciai, è immersa nella nebbia e solo a momenti è visibile. In ogni casocon un po’ di pazienza e tanta fortuna riusciamo anche a vedere anche la vetta di questa montagna. E’ veramente maestosa, Marco ne è affascinato e attratto.
Decidiamo di pranzare sulla Second Burroughs come altre persone giunte dopo di noi. In lontana si vede un branco di Mountain Goat che pascola tranquillo. Nel parco, dicono le guide, risiedono anche orsi, cervi, puma, linci, marmotte, castori e procioni.. ma noi abbiamo visto ben poco a parte qualche cervo, i soliti scoiattolini, qualche marmotta e le capre di montagna.
Il pranzo è stato allietato dalla compagnia di un simpatico, ma altrettanto invadente, Columbian Ground Squirrel (scoiattolo di terra). Effettivamente ce n’era più d’uno che si aggirava nella zona ma di temerario e coraggioso come questo c’era solo lui. Non solo si avvicinava alle persone senza timore, ma ti passava sulle scarpe, sulle gambe, si fermava a guardati e …. Sono perfino dovuta andare a recuperare nel mio zaino. Il mio piccolo amico ha trovato lo zaino aperto e si è infilato dentro. Con delicatezza e senza stringere forte l’ho afferrato, pensavo che avrebbe reagito, magari mordendomi, invece.. niente paura… l’ho preso e posato fuori dallo zaino e lui non ha fatto una piega. Finita l’esperienza con il mio zaino ha deciso di andare a terrorizzare una signora saltandogli sulla schiena.. la scena è stata comica.. questa che urlava e le amiche che cercavano di allontanarlo con i bastoncini telescopici.. eh eh eh
Alla fine abbiamo dovuto dividere il nostro pranzo con il nostro amico. Non riuscivo a preparare i panini perché lui non si toglieva di torno, così ho dovuto dargli un pezzetto di pane per tenerlo impegnato.
Dopo pranzo riprendiamo il cammino, il sentiero prosegue e consente di raggiunge un altro cucuzzolo da cui, per pochi minuti, abbiamo potuto vedere altri imponenti ghiacciai di questa montagna.
Pernottamento: King’s Motel (1334 Roosvelt Avenue, Emunclaw – Tel. 360.825.7552 – WA) – 63,95$
Cena: MCDonald’s – 11,37$

Giovedì 5 agosto 2004 – Emunclaw – Mt Rainier NP – Morton (km 273)
Ci svegliamo e sta piovendo. Dobbiamo percorrere parecchia strada per raggiungere la parte sud del parco, per cui, anche se il tempo non è bello non rimaniamo a poltrire a letto più del necessario. A Paradise Area, la nostra meta di oggi, il tempo è piovoso e fa freddo. E pensare che per oggi avevamo in programma un sentiero che ci portava ai piedi del ghiacciaio. La nebbia è troppo bassa e la visibilità è scarsissima. Giriamo nei dintorni di Paradise tutta la mattina, visitiamo le Narada Falls, il centro visitatori che racconta un po’ la storia della montagna, del parco e dei suoi animali.
Nel pomeriggio stufi di questo girare a vuoto e visto che la pioggia ha cessato di cadere ci incamminiamo, come tanti altri, a percorrere i brevi sentieri che si diramano nei dintorni della Paradise Area. Scegliamo il Panorama Trail. A tratti la nebbia si dirada e ci permette di vedere l’ambiente che ci circonda. Purtroppo al Panorama Point la nebbia la fa da padrona. Su un nevaio piuttosto verticale alcune persone stanno facendo delle esercitazioni di soccorso alpino, mentre più in la un gruppetto di novellini alpinisti (lo si deduce dagli scarponi freschi di negozio) si esercita a frenare una caduta con la piccozza.
Il sentiero in più punti attraversa dei nevai, alcune persone o non hanno letto il cartello all’inizio del sentiero o hanno sottovalutato la cosa visto che si ritrovano a scivolare sulla neve, e quindi a dover tornare indietro, poichè le loro scarpe non sono affatto adatte ad attraversare questi tratti innevati.
Speranzosi che forse la giornata di domani possa essere di bel tempo non ci vogliamo allontanare molto da questa zona. Cerchiamo quindi un pernottamento a Ashford, località all’ingresso sud del parco, ma non troviamo nulla che fa al caso nostro. Ho un elenco di pernottamenti ma certi posti non riusciamo nemmeno a trovarli. Alla fine ripieghiamo su Morton dove l’unico motel disponibile che fa al caso nostro non è affatto economico. Abbiamo trovato un motel più economico ma era una stanza per fumatori e appena aperta la porta la puzza del fumo ci ha invaso. Va beh.. poco male… come direbbe un nostro amico… “questa sera motel da signori”. Niente da dire sul motel, molto grande e molto bello. La tariffa prevede anche la colazione. La signora della reception si è vivamente raccomandata che firmassimo il suo registro degli ospiti perché, ci ha detto, era la prima volta che ospitava degli italiani…poteva pure farci un po’ di sconto.. eh eh eh he
Per la cena …. A parte un ristorante messicano che escludo perché non mi piace questo tipo di cucina, c’è un solo altro locale dove ci mangiamo il solito hamburger con patatine, il menù non è che offriva molto da scegliere.
Pernottamento e colazione: Seasons Motel (200 Westlake Avenue – Morton – WA) – 76,79$
Cena: 10,92$

Venerdì 6 agosto 2004 – Morton – Mount St. Helens National Volcanic Monument – Longview (km 240)
Ci svegliamo e il tempo non è affatto migliorato. Considerato che il tempo non era molto diverso da quello di ieri abbandoniamo l’idea di tornare al Monte Raineir e ci dirigiamo così verso il Mt St. Helens National Volcanic Monument. Il 18 maggio 1980 l’eruzione del Monte St Helens spazzò via 396 m della sua cima incenerendo centinaia di chilometri quadrati di foresta, uccidendo moltissimi animali e anche alcune persone, tra cui il proprietario di un lodge sulle rive dello Spirit Lake che si era rifiutato di lasciare la sua casa e alcuni boscaioli che stavano lavorando nella zona.
Per visitare la zona non si capisce bene che razza di permesso bisogna avere, fatto sta che a noi tocca di pagare il biglietto. Ci sono più centri visitatori, ubicati in zone differenti, e ognuno prevede il pagamento di un diverso biglietto. Tutto un po’ in contrasto con quanto visto fin ora. Il tempo non è bello e le nebbie basse non ci premettono di vedere il vulcano. Visitiamo un visitor centre dove un percorso illustra la storia del vulcano e delle immagini documentano la spettacolare eruzione del 1980. In attesa che smetta di piovere decidiamo di andare ad assistere alla proiezione di due filmati, uno sulla storia dell’eruzione e uno sulla situazione dei vulcani negli Stai Uniti, tutta la costa ovest è, infatti, un susseguirsi di vulcani. I due filmati sono molto interessanti anche se non possiamo fare a meno di notare lo stile dei documentari del tipo ‘guardate quando siamo bravi noi americani a dominare la natura’.. eh eh eh…anche loro non sono perfetti!
Percorriamo la strada (la Hwy 504) che ci porta proprio al centro dell’area di eruzione ma il tempo non migliora e l’unica cosa che possiamo vedere è il fondo valle colmo di lava dove la natura piano piano sta rinascendo. Con il binocolo Marco vede anche dei cervi pascolare in un punto dove è già ricresciuta l’erba. In alcuni punti del parco, per effetto di un rimboschimento ad opera dell’uomo, la forza distruttiva del vulcano si nota appena.
Le guide riportano che al termine di questa strada ci sia un ottimo punto panoramico da cui si riesce a vedere la cupola di lava all’interno del cratere.
Per la notte scegliamo un motel a Longview, cittadina sulle rive del Columbia River.
Dopo una pizza veloce da Pizza Hut e un salto da Safeway, dove la commessa voleva farci a tutti i costi la tessera per gli sconti, rientriamo in camera dove ci aspetta l’arduo lavoro di far stare tutto dentro le nostre valigie. Fortuna che la nostra stanza è molto spaziosa perché sta sera di spazio ce ne serve proprio tanto.
Pernottamento: Town House Motel Longview (744 Washington Way – Lonwview – Tel. 360.423.7200 – WA) – 46,50$

Sabato 7 agosto 2004 – Longwiew – Mount St. Helens NVP – Portland (Oregon) (km 281)
Se il tempo fosse stato sempre dalla nostra parte questa mattina saremmo dovuti andare a vedere il monte Hood in Oregon a poche miglia da Portland e invece anche se la giornata di oggi non sembra essere è delle migliori riprendiamo la strada del monte St Helens speranzosi di riuscire a vedere la vetta del vulcano. Effettivamente la giornata è migliore di quella di ieri anche se non si può definire bella, perché per lo meno riusciamo a vedere le pendici di questo monte ma.. ahimè niente punta.
Purtroppo il tempo stringe per cui non ci resta che prendere la strada verso l’aeroporto di Portland, che si trova subito dopo aver attraversato il fiume Columbia su cui passa anche il confine dei due stati. Lasciamo l’auto all’Avis dove ci accoglie un addetto di origine rumena che parla meglio l’italiano dell’inglese, un ometto simpatico e gentile.
Dopo un ultimo sguardo alla nostra auto che ci ha fatto compagnia per tre settimane ci avviamo verso il terminal delle partenze con la consapevolezza che la nostra vacanza è proprio finita!
I controlli sono sempre molto minuziosi. Al check-in controllano i passaporti e mettono la solita striscia con le destinazioni ai bagagli, ma non li ritirano. Devono infatti, passare un altro controllo: vengono infilate in un aggeggio simile a quello del controllo dei bagagli a mano. Si lascia le valigie da un lato e le si guarda passare… se gli addetti vedono sui loro monitor cose poco chiare o dubbie aprono la valigia e ne verificano il contenuto. E’ per questo che un avviso spiega di non sigillare le valigie prima di questo controllo perché se si aprono bene altrimenti spaccano le serrature per aprirle, l’avviso da ad intendere che non sono disposti ad andare troppo per il sottile. Ultimato il controllo le valigie vengono, sistemate dagli addetti su appositi carrelli. Se uno vuole chiuderle per benino, per esempio con una chiave o un lucchetto, devo chiedere all’addetto di farlo al posto suo perché dopo il controllo non lasciano più che nessuno si avvicini alle valigie all’infuori del loro personale.
I nostri posti sul volo sono vicino al finestrino. La rotta del volo è in questa fare iniziale molto panoramica. Chi siede a destra del velivolo come noi può ammirare le viste dall’alto del monte Hoods della vetta del vulcano St Helens e la vicina vetta del monte Adams (sito in una riserva indiana), il maestoso monte Raineir e le vette della catena delle North Cascades, mentre chi siede a sinistra gioverà della vista della Olympci peninsula e di Seattle. Noi siamo più che soddisfatti della nostra vista, possiamo finalmente vedere le cime di queste montagne che spuntano dalle nebbie.
E così è finito anche questo viaggio…
Spesso mi capita di sentire per radio le note di ‘The Reason’ degli Hoobastank e con nostalgia ricordarmi i lunghi viaggi in macchina accompagnati dalle note di questa canzone. Ora rimangono i ricordi, le foto, questo racconto e tutto quello che con tanta nostalgia ricorderemo di questo viaggio e di questo immenso paese.

Il Viaggio Fai da Te – Hotel consigliati negli Stati Uniti

 

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