Walkorse

di Giulio Borra –
L’attracco – Salpo da Vado Ligure in un caldo pomeriggio di inizio giugno direzione Bastia. Ho preparato lo zaino con grande attenzione questa volta, rinunciando a tutto ciò che potesse risultare superfluo. Porto con me una mini mappa, una tenda da campeggio ed i preziosi consigli del mio amico Davide, che più volte ha esplorato quest’affascinante ed ancor rude isola straniera.Osservo il calmo e placido mar ligure, immergendomi nei pensieri e nei desideri di ciò che sarà o potrebbe essere. Partirò alla scoperta di questo lembo di terra a me ancora sconosciuto, ricercandone l’anima selvaggia, nella speranza di trovarla ancora intatta. Cercherò di muovermi il più possibile a piedi, con la consapevolezza che non potrò contare solo ed esclusivamente sulle mie forze, ma dovrò cogliere le opportunità e seguire le deviazioni che il viaggio saprà indicarmi.

U Paradisu

Sbarco a Bastia in una tiepida sera di inizio estate faticando, e non poco, a trovare l’indirizzo per trascorrere la notte: un centro sociale camuffato da ostello dal nome esotico: “Hanoi Social Club”. Nell’ampio salone l’atmosfera che si respira è quella di una sorta di confraternita in cui i suoi membri si sfidano a lunghe maratone di battaglie virtuali ad un videogame di guerra simulata. Mi stendo nella spartana camera condivisa, interamente a mia disposizione, e riposo fino a tarda mattina. Una colazione, due chiacchere fugaci con il gestore dei locali e mi ritrovo, fin qui come da programma, su una navetta per Saint Florent, sull’altro versante costiero. Se si supera questo piccolo golfo, attraverso un percorso che costeggia il mare, si può raggiungere il Deserto des Agriates. Dopo un classico rifornimento al market, accendo il conta passi ed inizio la mia camminata lungo il sentiero litorale. Il cielo è plumbeo, le nuvole ed una leggera brezza attenuano l’afa, consentendomi di camminare sotto una temperatura accettabile. Supero la spiaggia di Lotu e raggiungo la rinomata Saleccia, ancora intatta, immacolata e libera dalla massificazione turistica. La sabbia bianca dona all’acqua un dolce e tenue celeste che ne esala la cristallina virtù. Qui trovo il camping “U Paradisu”, nel bel mezzo del nulla, sito in un piccolo oasi verde nell’aridità circostante. Monto la mia tenda e mi accorgo presto che il wi-fi è un’utopia; fortunatamente il ragazzo italiano della reception mi offre gentilmente il suo smartphone per poter avvisare casa e Celeste del mio invisibile arrivo. All’imbrunire divoro una scatoletta di tonno acquistata allo sparuto mini-market e, comodamente seduto nella veranda d’ingresso, accetto di buon grado un pezzo di pizza offertami dai gestori del camping. E’ tempo di ritirarmi nei miei alloggi, inebriato da una melanconica nostalgia. Il gracidare incessante delle ranocchie, nel piccolo stagno adiacente, accompagna il mio sonno inquieto.

Trascorro una notte movimentata e mi ritrovo a fantasticare, in sogno, di rigirarmi con esagerata comodità su un morbido gonfiabile. Mi risveglio invece su un rigido materassino, sgranchisco la schiena, mi lavo il volto, e percorro quei 200 metri che mi separano dalla spiaggia. Il risveglio nelle fresche acque di Saleccia è in grado di rigenerarti completamente, da ogni acciacco fisico e mentale. Alle 8:00 la baia è deserta, il sole fa capolino dietro le nubi ed accende le tinte caraibiche di questa magica insenatura. Rientro in campeggio per traslocare in un angolo più ombroso e quieto, accanto a due possenti eucalipti. La giornata scorre lenta, il sole lascia definitivamente il suo nascondiglio per riscaldare la sabbia e conferire al mare una temperatura tiepida e accogliente. Sdraiato su uno scoglio, come una lucertola al sole, mi godo lo scorrere del giorno. Sono ancora isolato dal mondo: è una sensazione ormai atipica, surreale, figlia di un vivere ormai superato e quanto mai lontano dal nostro essere. Non poter comunicare e ricevere notizie dal mondo circostante, anche solo per due giorni, stimola positivamente le mie emozioni; queste possono così sgorgare pure, radicali, prive di filtri e stimoli esterni. Quando il buio raggiunge il deserto, sorseggio una birra corsa all’unica fonte di luce del camping, interrogandomi sulle modalità per lasciare il deserto l’indomani.

Van e Vento

Il mattino seguente mi alzo prima dell’alba, al fine di evitare le ore calde del giorno ed attraversare queste zone aride sotto un sole ancora tiepido. Solo 12 km separano Saleccia dalla strada provinciale collinare che prosegue verso Calvi, ma la via, impervia e desolata attraverso la macchia mediterranea, sembra non finire mai. Due camminatori in senso opposto al mio confortano la mia marcia; un cinghiale fa capolino sul sentiero mentre un gruppo di gruccioni si libbra maestosamente in volo sul mio capo. Raggiunta finalmente la provinciale, dopo quattro ore di passi, sosto ad uno snack bar in direzione Ostriconi e le mie gambe, affaticate dall’impresa mattutina, mi inducono a cercare uno strappo su ruote. Elevatomi ormai di diversi metri sul livello del mare osservo l’orizzonte: la visuale dall’alto del colle è meravigliosa: le cime dei monti sullo sfondo ed il mare in lontananza, ad inserirsi stupefacentemente tra i due contesti, in una perfetta cartolina fotografica che segue la regola dei tre livelli. Una coppia di tedeschi sul classico Van carico di provviste mi trasporta fino ad Algajola, un piccolo paese arroccato su una scogliera che domina un ansa ventosa e selvaggia. Sosto al loro stesso camping e riesco ad ottenere delle ore di connessione internet a pagamento. Dopo notevoli fatiche riesco finalmente a fissare la mia tenda rendendola immune dallo sferzare incessante del vento. Diversi surfisti sfruttano l’agente atmosferico per solcare le grandi onde all’ora di un tiepido e colorato tramonto. Con l’arrivo dell’oscurità anche la temperatura cala notevolmente, costringendomi ad infilarmi nel mio sacco a pelo con indosso la tuta termica e le calze pesanti. La notte trascorre inquieta a causa del freddo: svuoto lo zaino ed indosso tutti gli indumenti a disposizione avvolgendomi infine nel poncho.

Il sole mattutino è quanto mai il benvenuto e, fallito il primo approccio con il trenino diretto a Calvi, mi godo un bagno nelle acque di Algajola, tornate calme e piatte. Al secondo tentativo approdo con successo a Calvi, luogo turistico e balneare la cui città vecchia, nella parte alta, merita decisamente una rapida visita. Dopo un pasto fugace, decido di ripartire seguendo la costa in direzione Galeria. Percorro 10 km sotto un sole cocente prima di cedere ad un passaggio. E’ ancora un Van tedesco ad accogliermi, questa volta accanto a me, sul sedile anteriore c’è anche il loro bimbo ed un simpatico cane dallo sguardo triste. Raggiungiamo il camping Morsetta e mi sistemo per la notte. Ancora una volta, lascio che sia l’incontro a plasmare il mio viaggio. Dalle aree verdi del campeggio si accede direttamente alla spiaggia: la baia è un ampio ciotolato dalle differenti sfumature. Mi immergo in mare e con un cenno della mano saluto in lontananza i miei compagni di viaggio odierni. Calate le ombre, ottengo qualche ora di scarsa connessione gratuita al bar della reception, approfittandone per cenare a base di amatriciana e patatine fritte. Faccio la conoscenza di due camerieri italiani di Borgo San Dalmazzo, qui per la stagione estiva nell’attesa di trascorrere l’inverno nelle valli cuneesi e godersi la loro passione per lo sci sulle piste di Limone Piemonte.
L’organizzazione di un campeggiatore provetto è davvero notevole. Osservo famiglie tedesche e olandesi sistemare con indescrivibile cura i mille aggeggi che conservano nelle loro case mobili; non lasciano nulla al caso, ogni minimo dettaglio è per loro un tassello fondamentale nella creazione di una vera e propria sistemazione dotata di qualsiasi confort.

Di prima mattina percorro circa 15 km a piedi, raggiungendo il golfo di Galeria, dove trovo ospitalità in un camping all’interno di un piccolo parco oltre il porticciolo del paesello. Carico smartphone e action cam, rilassandomi sulla poltrona gigante della reception. Sulla mensola sono appoggiati alcuni libri e noto che, fra questi, vi è anche un routard aggiornato della Corsica: una vera e propria manna dal cielo per provare a ipotizzare le mie prossime mosse. Sono partito infatti con una forte motivazione ma con scarsa pianificazione e conoscenza dell’isola: una scelta mirata o, forse, nemmeno ragionata. Per le stradine del piccolo borgo di Galeria incontro nuovamente la coppia tedesca di Algajola e, visto che il primo aiuto in viaggio non si scorda mai, mi intrattengo un po’ con loro discorrendo di Corsica e viaggi. Due anni fa sono stati in Nepal e questa non è la prima volta che un viaggiatore mi consiglia la destinazione come prossima meta.



Ripartire da zero

Smontare e rimontare la tenda tutti i giorni è come traslocare ripartendo da capo ogni mattina. Non so quanto possa durare in corpo l’adrenalina di fissare la tua dimora la sera non sapendo dove la posizionerai la notte seguente, ma so per certo che questa sensazione si è ormai impossessata di me. All’alba (ormai anche con un discreta cura e una buona tempistica) rimuovo i paletti dal terreno, ripiego la stoffa, allaccio lo zaino in spalla e mi dirigo verso le montagne sovrastanti Galeria, nel tentativo di raggiungere la cima per poi scollinare nell’insenatura di Girolata. Seguo il tracciato “Mare e Monti”, ben segnalato da spunte arancio, che in circa 5 ore mi conduce oltre il monte Capo Tondo (a circa 840 sul livello del mare). Il sentiero è davvero emozionante e lo scenario superbo. Una volta raggiunta la cima, infatti, si possono osservare i monti corsi sullo sfondo ed i due golfi di Galeria e Girolata, cristallini e celesti, l’uno alla mia destra e l’altro alla mia sinistra. Dagli 840 metri torno al livello del mare approdando nella riserva naturale di Scandola. Non trovo alcuna possibilità di collegarmi ad un wi-fi qui, ma in compenso mi accampo gratuitamente in un area verde riservata ai turisti e dotata di alcune casette in legno. Dopo un breve riposo decido di superare la baia affollata dalle barche, tuffandomi in una caletta più appartata. Nuoto, faccio il morto a galla, mi asciugo al sole e respiro un’insolita aria di totale libertà. Al tramonto il golfo si spegne quasi del tutto: i turisti rientrano e gran parte delle barche salpano. Resto seduto su uno scoglio a pensare: avverto forte la nostalgia di casa, invio un sms a Celeste e una melanconica morsa stringe il mio cuore.
Lascio la riserva naturale ancor prima del sorgere del sole, rimanendo a fissare per qualche minuto il mare piatto che stira i suoi freddi muscoli in attesa di essere raggiunto dal tepore del sole. Risalgo fino al Col de la Croix, dove il trekking “Mare e monti” prosegue verso l’interno. Decido, senza un apparente motivo logico, di continuare lungo la costa fino ad un bivio al quale sosto all’ombra di un grosso albero. Un’auto accosta chiedendomi se ho bisogno di aiuto: sono diretti a Piana, dove i turisti possono beneficiare delle escursioni tra le rinomate Calanques. Salgo così a bordo e scendo alla città di Porto, dove la gentil coppia di Le Havre sosta di fronte a un supermarket. Compro del cibo pronto, le albicocche corse e l’ormai imprescindibile orangina ghiacciata. Getto una rapida occhiata ai campeggi e mi dirigo verso “Les Oliviers”. Il luogo è davvero spazioso e confortevole, dotato di piscine, aree relax e sopratutto di wi-fi incluso nel prezzo (una rarità da queste parti). Porto è un insenatura atipica situata in una conca tra i verdi alti picchi rocciosi che dominano la valle. Dopo una rigenerante sosta in piscina raggiungo la spiaggia, nuotando al fianco delle scogliere con l’occhio fisso sulla maestosità dei monti. Uno scenario che evoca atmosfere esotiche e richiama i paesaggi della lontana Thailandia.

Dalla conca di Porto risalgo su asfalto la vallata fino al paese di Ota. Da qui si snoda un tracciato che, attraverso la gola di Spelonca, raggiunge il borgo di Evisa, a 850 metri d’altitudine. Il sentiero lungo il fiume è molto dolce e piacevole nella prima parte, spinoso ed eterno nella seconda, con l’aumentare del dislivello e della stanchezza. Supero Evisa, non prima di essermi ristorato con una bevanda ghiacciata e un gaufre ripieno alla nutella, dirigendomi nella foresta d’Aitone, dove il medesimo fiume crea delle affascinanti piscine naturali di piccole dimensioni. Rinfresco piedi, gambe e muscoli, liberando le mie spalle tagliate dal peso dello zaino. Sul lato nord di Evisa sorge uno spartano ma grazioso camping; sistemo la mia tenda su una terrazza erbosa che offre una vista panoramica mozzafiato sul vallone circostante. Rigenerato da una doccia fredda, mi dirigo verso il piccolo borgo per cenare; davanti a un omelette osservo le rondini sorvolare i pini e i castagni secolari che ricoprono queste verdi valli. Immagino anche io di potermi librare in volo, raggiungendo le vette più alte, solo per qualche istante, giusto il tempo di godermi questo meraviglioso tramonto. Rientrando a “casa” ripercorro i km percorsi oggi, ben 25, partendo dal livello del mare e raggiungendo quota 850 metri. Una fatica a tratti sconfortante ripagata da un luogo dove regna una rara e preziosa quiete.

Alle Bocche di Bonifacio

La gentildonna del camping di Evisa mi informa sull’orario dell’unico bus che, alle prime ore dell’alba, transita da queste parti in direzione Ajaccio. Salgo a bordo e provo a chiudere gli occhi, crollando in una sorta di dormiveglia fino all’approdo nel capoluogo isolano. Ajaccio è un golfo caotico ma tutto sommato vivibile. Approfitto del mercato contadino per consumare un pranzo veloce a base di frutta e prodotti da forno. Sfrutto qualche ora, in attesa del bus che mi condurrà a Bonifacio, camminando per le vie del centro. E’ incredibile come, poco al di là del porto, l’acqua sia nuovamente cristallina.

Nel pomeriggio rientro alla stazione dei bus e riparto verso Bonifacio, mantenendo lo sguardo incollato alla strada, complici i consueti tornanti e la guida sportiva dell’autista del mezzo. Raggiunto il paese mi accorgo immediatamente del fascino incantevole della città alta, appoggiata su un’imponente falesia. Controllo rapidamente gli orari per rientrare a Bastia e decido di sostare in un camping ai piedi del porto per due notti.

Mi risveglio al fremito di esplorare il golfo e le sue insenature e così, dopo aver preparato uno zaino leggero, mi dirigo alla spiaggia di Paraguan, immergendomi nelle sue acque celesti: la sensazione è quella di entrare in una piscina. Il tempo di qualche nuotata, asciugarmi lambito dal vento e sono nuovamente in marcia verso Capo Pertusano su un meraviglioso tracciato che solca la cima delle bianche falesie. Affretto il passo e, giunto all’estremo sud dell’isola, freno il mio impeto: di fronte a me le bocche di Bonifacio e quella lingua di terra sarda con lo sfuocato centro abitato di Santa Teresa di Gallura visibile a occhio nudo. Rimango qualche istante immobile a scrutarne la vista, prima di scendere verso una piccola caletta e ripararmi così dal caldo torrido, bagnandomi nelle fresche acque. Nuoto, respiro spazio e osservo tutto ciò che l’occhio è in grado di cogliere. Come volevasi dimostrare, la via del ritorno è sempre più breve e in uno scarso lasso di tempo rientro nella città alta, visitandone il suo splendore. La sera mi connetto con casa gustandomi una pizza preparata in un take away gestito da un ragazzo di Sassari: un buon modo per riposarmi dalle fatiche del giorno e preparami al rientro a Bastia.

Moto perpetuo

Lasciate le selvagge sponde della costa ovest approdo nella più anonima e sfruttata costa est. I monti lasciano spazio a colline di villeggiatura e le calette nascoste a golfi caotici privi di fascino. Sceso dal bus a Porto Vecchio, cammino ben 8 km dal centro per poter raggiungere un camping sulla rotta per Bastia. Sistemata la tenda mi sdraio a bordo piscina, spegnendo i bollori da camminatore intrepido. In fondo il viaggio è anche questo, sapersi fermare e assaporare l’idea del ritorno a casa.

Se in Finlandia la piaga erano le fastidiose zanzare, qui il tormento è rappresentato dalle voraci formiche: si infilano ovunque, ed è così che, dopo avermi assaltato il prosciutto di Parma a Bonifacio, me le ritrovo anche nella mia ultima notte corsa a insinuarsi nel mio sacco lenzuolo.

Sul bus che mi riporta a Bastia sonnecchio piacevolmente, ritrovandomi in Place St.Nicholas in men che non si dica, a pregustare il mio ritorno. Il mare è calmo, il vento assente ed il caldo inizia a diventare afoso: l’alta stagione è alle porte. Dall’interno della nave osservo lo scorrere del tempo riflesso nel moto perpetuo del mare: ricordo i momenti esaltanti del viaggio nella consapevolezza che le tracce del percorso non finiranno in un cassetto o semplicemente nelle pagine del mio blog, ma vivranno in me e in tutto ciò che mi attenderà una volta attraccato al porto di Vado.

Le foto del viaggio e altri racconti di Giulio Borra nel sito “I viaggi di Giulio

 

 

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