Lungo le rive del Nilo

di Eno Santecchia –

Un viaggio nel tempo

Domenica 15 aprile 2001. Voliamo con un Boeing 737 dell’Azzurra Air di Bergamo, velocità 900 Km/h, quota 11.300 m., a sinistra si può vedere la baia di Napoli con il Vesuvio, poi la Calabria, l’isola di Creta e finalmente l’Africa: Alessandria d’Egitto, una grande depressione forse El Qattara, dove la sabbia sospesa nell’aria mi ha permesso di vedere ben poco e poi costeggiando il Nilo giungiamo a Luxor  nel cuore dell’Egitto. Il volo è durato 3 ore e 10 minuti. 

Luxor, l’antica Tebe

A Luxor scendiamo dall’aereo ed entriamo in un bus-navetta, solo un passeggero, accompagnato da alcuni poliziotti, sale su un’altra navetta. Scopriamo poi che aveva fumato ripetutamente nella toilette dell’aereo e il pilota aveva avvertito la polizia locale. E’ stato trattenuto per l’identificazione e rilasciato dopo l’applicazione di una sanzione amministrativa. Le valigie nuove qui subiscono il battesimo del fuoco: strapazzamenti vari e macchie sono la norma.

In Egitto, alla dogana in ingresso, devono essere dichiarate solo le videocamere, non le macchine fotografiche, né i telefoni cellulari. Nel paese esistono due gestori di telefonia mobile: Click e MobilNil. Le telefonate, ci dice la guida, costano circa 10,33 Euro (20.000 lire italiane) minimo per tre minuti. Troppo care! L’unico modo economico e conveniente per comunicare (almeno spero), sono gli SMS e gli email.

Le monete metalliche chiamate piastre, sottomultipli della Lira egiziana, sono pressoché inutilizzate poiché hanno un bassissimo potere d’acquisto. Per trovarne qualcuna da riportare ad amici in Italia ho chiesto alla reception della nave; mi hanno regalato quelle contenute nel portapenne. I facchini dell’aeroporto di Luxor per poco lavoro pretendono mance esose. L’autobus ci trasferisce al porto fluviale dove è ormeggiata la motonave Lady Sophia.

Luxor (città dei castelli) conta oggi 150.000 abitanti, con il nome di Tebe raggiunse il suo massimo sviluppo durante il Nuovo Regno:  è stata capitale dal 1570 al 1080 a.C., con tre dinastie. Il viale lungo fiume è ornato di alberi d’acacia e di stranissimi alberi che non ho mai visto: hanno il fusto spinoso colore verde dalla curiosa forma di bottiglia panciuta. Si tratta probabilmente della Chorisia speciosa, in Sud America questo albero viene chiamato Palo borracho (palo ubriaco). Le motonavi sono ormeggiate anche in quarta fila. Chiedo spiegazione e mi rispondono che in questo tratto transitano oltre 350 motonavi, quindi la banchina non dispone di ormeggi sufficienti per tutti.

Abbiamo il pomeriggio libero, la guida ci consiglia di visitare il museo di Luxor e di cambiare del denaro in valuta locale. Joseph Samir, laureato in Economia e Commercio ed in Egittologia, un italo-egiziano del Cairo che fa la guida solo per qualche periodo all’anno, è molto preparato e competente. Ha studiato egittologia all’Università del Cairo dove ha avuto quale docente il famoso egittologo Zahi Hawass . Bruno, l’assistente di viaggio Francorosso, grazie anche alla notevole esperienza, è  deciso e energico; tiene a bada ottimamente il nostro gruppo composto da 42 persone. Bruno per far riunire facilmente il nostro gruppo decide di usare una insegna davvero singolare: un cartello con un disegno di Quagga (Equus quagga), una specie di zebra del Sud Africa parzialmente striata, estinta nel 1883. Non fa economia  di consigli e avvertimenti per evitarci situazioni spiacevoli. Agli ingressi ritira i biglietti per tutti risparmiando code e disagi. L’Egitto è talmente affollato nei migliori periodi dell’anno che bisognerebbe prenotare sempre, ovunque e con largo anticipo. A volersi recare da soli a visitare qualsiasi sito d’interesse archeologico comporterebbe lunghe file per acquistare i biglietti e per i controlli di accesso più severi per i singoli che per le comitive.

In Egitto ci sono 5.000 guide ufficiali autorizzate dal ministero, che oltre ad essere ottimi conoscitori di storia e di arte, devono conoscere le lingue. Joseph viene ammirato da altri gruppi, a volte qualcuno si associa a noi per ascoltare le sue spiegazioni. Si parla di mitologia egizia, dei metodi di misurazione del tempo, dei calendari nonché di usi e costumi dell’epoca.

Isabella ed io ci rechiamo all’hotel Coralia Mercure sul lungofiume (Cornish El Nile) che dispone di un efficiente cambio. L’hotel è dedicato a Ramses II e nella grande hall vi è una riproduzione di statue a grandezza naturale di Ramses  con il suo carro da guerra, gli scudieri ed il leone Massacratore che si recano in guerra contro gli Hittiti. Al ritorno dal cambio, mentre passeggiamo lungo gli ormeggi del lungofiume un anziano battelliere ci chiede se vogliamo fare un giro nella caratteristica feluca . Erroneamente non accettiamo, ma ci fermiamo a chiacchierare con lui che oltre all’arabo parla solo l’inglese. Ci dice che a Luxor si vive bene e il costo della vita non è molto caro. Durante i viaggi Montaigne, filosofo e scrittore francese, per apprendere qualcosa dalla comunicazione con gli altri induceva le persone con le quali conversava a soffermarsi sugli argomenti che conoscevano meglio, cioè portava ognuno sul proprio terreno, mettendoli a loro agio. Mentre conversiamo, due falchi volteggiano alti nel cielo, il barcaiolo sostiene che sono un maschio e la sua compagna ed hanno il nido nei pressi. Parliamo poi di datteri freschi di cui entrambi siamo ghiotti. Essi si raccolgono a novembre, ma vengono essiccati al sole per circa un mese e si usano poi per tutto l’anno. Il pesce del Nilo è buono, al mercato di Luxor arriva anche il pesce dal Mar Rosso. I battellieri del Nilo navigano con i genitori sin da piccoli. Infatti un turista che ha avuto un malessere al tempio di Deir el Bahari è stato traghettato a Luxor dalla riva ovest da un ragazzo di circa dieci anni e poi accompagnato all’ospedale.

Visitiamo il vicino museo di Luxor che contiene interessanti reperti; Isabella, mostrando la carta d’identità, ottiene lo sconto quale studentessa.

Sul lungonilo di Luxor, oltre ai numerosi e petulanti carrettieri che offrono il giro in carrozza della città, ci sono anche i lustrascarpe. Molti turisti indossano scarpe sportive e quindi non fanno grandi affari, perciò anche per motivi umanitari accetto. Ma le mie scarpe, tipo Timberland, una volta lucidate non rimangono dello stesso colore bensì diventano un po’ più scure. Era prevedibile che non avessero disponibili tutte le sfumature di lucido color marrone. I problemi della vita sono altri!

Siamo sul lungofiume di Luxor (Corniche El Nile), è stupendo vedere il sole che va a rigenerarsi dietro le montagne sulla riva ovest nello stesso luogo dove lo osservava Tuthmosis I, faraone della XVIII dinastia del Nuovo Regno; mi sembra un sogno!

Nel 1987  le “Frecce Tricolori”, la squadra acrobatica della Aeronautica Militare Italiana, durante una esibizione sorvolarono il Nilo  in questo tratto.

Dopo la frugale “candle dinner“, tutti in cabina, dove stanchi e dolcemente cullati dalla corrente del Nilo ci siamo addormentati, anche perché il mattino seguente dovevamo essere tutti pronti per la partenza alle ore 6.00 precise. Non ci si  preoccupa che la TV in camera necessiti di laboriosa ricerca dei canali ricevibili via satellite.

La Valle dei Re

Prendiamo il pullman per recarci alla Valle dei Re. Attraversiamo il fiume mediante un nuovo ponte a nord  e ci immergiamo nel verde della riva ovest dove gli antichi Egizi costruivano la tomba considerata la seconda casa per l’eternità.

Durante il percorso la guida ci illustra vari aspetti dell’antico Egitto. I vari saggi ed i romanzi storici che ho divorato sull’argomento sono appena sufficienti per farmi capire quante cose non conosco. La guida ci dice che Egitto significava “Casa del Dio Ptah”.

Sulla riva occidentale scorrono tamarindi, eucalipti, palme da datteri, canne da zucchero, campi di orzo in corso di mietitura e shaduf, bilancieri manuali per il sollevamento dell’acqua, rimasti immutati dalla notte dei tempi.

Ci addentriamo nel deserto di pietra, Joseph ci dà alcuni significativi avvertimenti:

–     «Quello che protegge dal freddo ripara anche dal caldo»;

–     «Il mio pane è la pietra. Tocchereste voi il pane che devo mangiare? No. Allora ammirate, ma non toccate nulla».

Anubis il dio sciacallo soprassedeva alla mummificazione e  proteggeva le tombe dai ladri. Nella Valle dei Re sono state scoperte 67 tombe, tutte sono incompiute e quasi la totalità è stata profanata.

Nei siti archeologici quasi sempre il flash è vietato,  si paga un diritto per le foto,  particolarmente costoso è quello per le videocamere.

L’escursione prevede la visita di tre tombe due guidate ed una libera, più eventuali facoltative. La guida  non ci consiglia di visitare la tomba di Tutankhamon faraone della XVIII dinastia, dove furono rinvenuti oggetti in oro per un totale di 350 kg., perché spoglia e costosa; gli arredi si trovano ora tutti al museo Egizio del Cairo. Fu scoperta nel 1922, dopo cinque anni di ricerche, dagli archeologi inglesi Carter e Lord Carnavon. Fu la prima ritrovata integra, le altre erano già state profanate. I malviventi per spaccare i pesanti coperchi, in unico blocco di pietra, dei sarcofaghi spesso giganteschi, versavano sopra olio bollente e subito dopo acqua fredda.

La prima tomba è di Ramsete IV della XX dinastia. Visitiamo poi la tomba di Tutmosis IV con splendidi falsi altorilievi. La tomba di Tutmosis III (XVIII dinastia) è stata la prima tomba scavata nella roccia; profonda, poca aria, niente luce, dipinta e non  scolpita, il piccolo sarcofago ha la forma di un cartiglio. Ha un bel soffitto che rappresenta il cielo stellato.

I colori venivano fatti con polvere di pietra e per conservarli vivi nel tempo veniva apposta cera d’api. Per illuminare l’interno di queste tombe in modo da permettere agli artisti di decorarle, si usavano fogli d’argento a mo’ di specchio.

In questa Valle si incontrano migliaia di persone di tutte le nazionalità e noi dobbiamo fare quadrato attorno alla guida che ci ha sempre mostrato e spiegato dapprima le particolarità e peculiarità dei siti, poi passava alle spiegazioni in generale. Ciò mi sembra corretto in quanto le spiegazioni generali si possono trovare in ogni guida cartacea.

Giunti sul luogo di buon ora, verso le 9.30 abbiamo già visitato le tre tombe; ci dirigiamo quindi alla Valle delle Regine dove vi sono più di 80 tombe scoperte.

Nefertari, la bella delle belle

         La regina Nefertari (la bella delle belle) amatissima moglie del faraone Ramses II scomparve all’età di trenta anni, il marito oltre a dedicargli il tempio di Hathor ad Abu Simbel gli fece costruire nella Valle delle Regine la più bella tra tutte le dimore per l’eternità.

Questa tomba è legata a doppio filo all’Italia: fu scoperta nel 1904 dall’archeologo italiano Ernesto Schiaparelli e restaurata da Adriano Luzi di Comunanza (AP). Il lavori di restauro dei dipinti murali iniziati nel 1986 sono terminati nel 1992 e sono stati condotti da un’equipe internazionale della quale faceva parte Adriano Luzi, il quale in una intervista dice: «Impossibile descriverli. Bisognerebbe vederli». Anche il greco Erodoto di Alicarnasso nel V secolo a. C. diceva sull’Egitto: «esso offre un gran numero di cose straordinarie e presenta lo spettacolo di opere che le parole non riescono a descrivere: per questo ne parlerò a lungo».

Joseph ci spiega che, il governo permette l’accesso a questa tomba solo ad un numero limitato di visitatori: cento al giorno. Inoltre il biglietto d’ingresso è molto costoso, 100 lire egiziane a persona (30,99 euro) e la durata della visita non supera i 10 minuti. Per i motivi sopra indicati non possiamo vedere questa splendida dimora.

Durante le spiegazioni Joseph richiama all’attenzione chi si distrae: «Mentre fotografate perdete tempo e parte della mia spiegazione, cercate di godere di questi tesori con gli occhi e le orecchie!».

Nella Valle delle Regine visitiamo la tomba del giovane principe Kha, figlio di Tutmosis II, deceduto a 14 anni. Il principe, riconoscibile dal ciuffo di capelli laterale, viene presentato al dio dei morti dal faraone suo padre.

Gli scavi e le ricerche sono tuttora in corso, la valle è un cantiere aperto da millenni.

Cerco di immaginare le difficoltà che hanno dovuto superare e i disagi dei primi viaggiatori, esploratori, archeologi e artisti che due secoli fa sono stati in Egitto quali il francese Champollion , il padovano Belzoni, il genovese Caviglia, il pittore inglese David Roberts.

Comunicare  e farsi capire era senz’altro più difficoltoso a causa dei numerosi analfabeti; oggi qualche parola di inglese o francese lo parlano tutti.

Non c’erano treni né navi a motore, ci si spostava sul Nilo per mezzo delle classiche feluche, quando non c’era vento si remava. Non si disponeva di moderni fuoristrada bensì ci si doveva accontentare del dorso di dromedario o di asino. I tanti disagi e le privazioni venivano ampiamente compensati dal riscoprire per primi luoghi dimenticati e rimasti intatti da millenni.

Per rendere omaggio agli archeologi italiani voglio comunque ricordare che Giovanni Battista Belzoni (1778-1823) il 1 agosto 1817 aprì l’accesso del tempio di Abu Simbel, nella Valle dei Re scoprì la tomba del faraone Seti I, fu il primo ad entrare nella piramide di Chefren a Giza e ad identificare le rovine della città di Berenice sul mar Rosso.

Risalendo in pullman, la guida – a scanso di frodi –  ci informa che gli oggetti in vendita dagli ambulanti sono falsi in quanto in Egitto è vietato esportare oggetti che hanno più di cento anni.

Sostiamo dal Dr. Fox, un farmacista che ha preferito dedicarsi alla lavorazione artigianale dell’alabastro di Luxor. Ha una rivendita ben fornita di oggetti in alabastro bianco verde e marrone, in basalto nero infrangibile e granito. Tutti gli oggetti sono originali e lavorati a mano, non si producono pezzi con macchine, né si usa impasti vari più lavorabili, ma scadenti di qualità. Ci vengono anche spiegati i vari procedimenti di lavorazione e le differenze degli oggetti artigianali rispetto a quelli ottenuti da procedimenti industriali.

Ci rechiamo poi a Deir el Bahari dove c’è il tempio funerario della regina Hatshepsut figlia di Tutmosis I, costruito dall’architetto Senemut. Purtroppo non esiste più il parco dove la regina aveva fatto piantare gli alberi d’incenso portati dalla spedizione a Punt (Somalia). Nel 1960 fu permesso ad una spedizione polacca di restaurare questo tempio, ma fu un errore, anziché la pietra originale venne usato il cemento.

La guida ci dice ironicamente: «Avete solo respirato la polvere della necropoli tebana che contiene circa un terzo del patrimonio archeologico degli antichi Egizi,  per visitarla bene ci vorrebbe un mese».

Facciamo un breve passaggio davanti ai colossi di Mnemmone e ci fermiamo giusto il tempo di fare qualche foto. La sosta non è però sufficiente a riordinare le idee circa le meraviglie già viste nella giornata. I colossi erano già famosi nell’antichità in quanto i primi viaggiatori Greci avevano udito strani suoni provenienti dalle statue. Essi erano causati dall’aria che attraversava alcune fessure, verosimilmente provocate da qualche terremoto. Transitiamo nei pressi del Ramesseum la cui visita non è compresa nel nostro tour.

Karnak

Si passa poi al complesso sacro di Karnak. Che dire del tempio di Amon a Karnak, uno dei più grandi e meglio conservati dell’antico Egitto?

Che splendida la sala ipostila! Le colonne  a forma di papiro si innalzano al cielo; ormai per vedere i loro colori originali bisogna osservare le tavole di David Roberts (1796-1864), il pittore che le ha immortalate nelle sue splendide riproduzioni di due secoli fa. I suoi disegni costituiscono documenti preziosi per conoscere i colori dell’antico Egitto oggi purtroppo perduti. All’interno del tempio la guida ci ha mostrato il blocco che cadde nel film “Assassinio sul Nilo” e l’Hotel Winter di Luxor dove furono girate alcune scene. Il film è stato tratto dall’omonimo libro edito nel 1937 di Agata Christie, famosa scrittrice di gialli.



Uno degli obelischi di Karnak si trova oggi a Parigi in Place de la Concorde. L’amore per gli obelischi egizi è antico. Gli europei rimasero subito affascinati dalla pura perfezione di questi giganteschi blocchi di pietra. Basti pensare che a Roma ci sono ben tredici obelischi in gran parte provenienti dall’Egitto.

Cosa significasse estrarli e trasportarli ci siamo resi conto ad Assuan durante la visita al sito dell’obelisco incompiuto.

Purtroppo le visite di oggi sono iniziate alle ore 6.00 quindi verso le 13.00  a Karnak la stanchezza si faceva sentire: quasi tutti abbiamo un calo di attenzione. Mi dispiace davvero trovarmi così stanco davanti a vestigia così imponenti, maestose e degne della massima attenzione e ammirazione.

Al ritorno troviamo la città di Luxor invasa da decine di migliaia di persone; sembra che, nel frattempo che ci siamo allontanati, sia scoppiata la rivoluzione. Invece uomini, donne e bambini bivaccano sulle panchine, nei giardini e in qualsiasi spazio verde, anche ristretto, per festeggiare pasquetta. Andiamo a pranzo pochi minuti prima delle ore 15.00.

Risalendo la corrente

         Appena ci siamo imbarcati, la motonave Lady Sophia salpa le ancore e fa rotta verso Sud.

Solo visitando l’Egitto ci si può rendere conto pienamente di quello che ha significato in passato e cosa rappresenti oggi il Nilo per gli Egiziani.

Navigare su questo fiume ricchissimo di storia che ha dato vita ad una civiltà progredita e durata millenni è una sensazione unica. Con l’immaginazione torno indietro nel tempo,  mi sembra di essere a bordo di una feluca che, come 5.000 anni fa, spinta dal vento, risale la corrente del grande fiume. Mi riporta al presente il fatto che alcuni bambini si tuffano allegramente nell’acqua. Nel 2700 a. C. vi erano i coccodrilli! Ora non se trovano più a nord della diga di Assuan. Altri bambini interrompono i loro giochi per salutare allegramente con le mani il passaggio dei battelli. Si divertono con poco e credo che abbiano poco tempo libero. Piccole imbarcazioni a remi  con un adulto e due bambini gettano le reti da pesca. I bambini seguono ben presto i genitori per imparare e per rendersi utili, cosa che i nostri figli forse non sanno più fare. Molti bambini europei, infatti pur avendo la Play Station e numerosi altri giocattoli non sono felici come loro.

Mentre dal ponte osservo il lento scorrere delle acque del grande fiume che attraversa mezzo continente africano per gettarsi nel mar Mediterraneo, vedo passare dei ciuffi di piante acquatiche sradicate, ma che seguitano a vegetare.

A sinistra e a dritta si estendono campi di Bersim (trifoglio alessandrino), mais, piantagioni di banane, aranci, manghi, rigogliosi palmeti, appezzamenti coltivati a canna da zucchero dalla forma geometrica; l’ombra è fornita da eucalipti e da grandi acacie del Nilo. Il grande fiume alimenta numerosi canali che permettono di irrigare ulteriori appezzamenti di terreno. Dai canneti e tratti semi-paludosi si ode il canto rauco della cannaiola, mentre i bianchi gabbiani del Nilo volano rasente le acque. Voglio ricordare che negli stagni e nelle paludi cresceva in abbondanza, insieme alla varietà bianca,  il Loto azzurro (Nymphaea caerulea) che aveva un soave profumo.

Ogni tanto si incontra qualche centrale di pompaggio delle acque, soprattutto dove le sponde sono più alte. Si scorgono le raffinerie di zucchero che furono costruite sotto Ismail Pascià (1830-1895). La canna da zucchero produce quattro raccolti l’anno, per il suo trasporto vengono usati carrelli ferroviari e appositi barconi.  Ricordo le parole di mio padre in India: «Prendevo un pezzo di tenero fusto della canna e lo masticavo per gustare il dolce sapore». Lungo le sponde, nella striscia di terreno sommersa dalle piene, dove cresce un erba tenera pascolano mucche di piccola taglia e dal mantello marrone; i neri bufali invece si bagnano beati nell’acqua. Vi sono anche capre, asini e bardotti (incrocio tra il cavallo e l’asina). La domesticazione del cammello è documentata per la prima volta solo  durante il regno della regina Hatshepsut (1473-1458 a. C.).

A volte la nave si avvicina fino a pochi metri dalla riva, permettendoci così di ammirare e fotografare da vicino le lussureggianti sponde.

Le abitazioni degli antichi Egizi erano costruite con il mattone crudo, a volte venivano distrutte dalle inondazioni, le tombe che invece dovevano durare per l’eternità erano edificate in solida pietra. Le case non hanno un tetto idoneo a proteggerle da abbondanti piogge, poiché qui le precipitazioni sono scarse.

Non sono riuscito a distinguere le piantagioni del famoso cotone egiziano, forse perché non è il periodo della fioritura. La coltivazione del cotone, prodotto agricolo più esportato, fu introdotta dal Muhammad Alì (1769-1849), il padre dell’Egitto moderno. La meccanizzazione agricola mi sembra scarsamente diffusa, forse anche a causa del basso costo della manodopera. In questi luoghi si vive ancora secondo i ritmi della natura: sole, stagioni. Questa gente non è come gli Europei, che vogliono tutto e subito.

Mentre si risale verso sud si nota che le sponde sono meno rigogliose, nel senso che la fascia fertile diminuisce di larghezza. In alcuni tratti dove le sponde sono basse, il fiume si allarga, in altri tratti rocciosi si restringe, la vegetazione ne risente: gli alberi e i cespugli sono meno verdi.

A cena nel ristorante mia figlia mi fa notare che sulla nave c’è Lisa Bonelli, un’attrice della soap opera  “Vivere” (al secolo Manuela Moretto). Mentre facciamo il giro del buffet le chiedo se è veramente lei e se mi farebbe un autografo. Ci risponde: «Si sono io», ci fa l’autografo su un blocco notes che ho con me e ci offre un pezzo di torta per festeggiare il suo recente matrimonio. Le chiedo un po’ scherzosamente: «Il matrimonio nella fiction o nella realtà?» Mi risponde, ma non entusiasticamente come ci si aspetterebbe da una giovane sposa: «Mi sono sposata nella realtà».

Edfu

Dopo varie ore di navigazione siamo arrivati alla chiuse di Edfu, secondo i miei calcoli abbiamo percorso circa 120 km. da Luxor, sostiamo in attesa di passare. Transitano al massimo due navi per volta; ci vuole circa un’ora per superarle. Un passeggero della nave ha contato che i battelli in attesa sono 14. Poi a tarda sera sappiamo che la nave transiterà verso le due di notte.

E’ sera, la motonave Lady Sophia dondola pigramente all’ancora nei pressi della chiusa, in attesa che venga il turno di attraversarla. Una flottiglia di piccole barche a remi  si avvicina agli scafi delle navi, gli occupanti cercano di vendere vestiti tradizionali. Mi domando: «Come hanno fatto a sapere che la sera successiva a bordo della Lady Sophia e forse anche in altre motonavi tra le quali la gemella Lady Cristina, si sarebbe svolta una serata in costume?». La cosa curiosa  è che accettazione, consegna  e pagamento avvenivano tramite lancio  dalle barche fino al ponte sole o alle altre cabine. Com’era prevedibile, alcuni capi di abbigliamento finiscono in acqua.

Nel cuore della notte la nave è entrata nel bacino, una volta allagato si è alzata velocemente come sollevata da una forza enorme  ed ha impiegato circa 45 minuti per attraversare la chiusa.

Al “galabya party“, festa in costume tradizionale egiziano, sono presentati i responsabili dei vari servizi della nave; viene offerto un cocktail alcolico e analcolico. La tunica lunga tradizionale egiziana si chiama Galabya mentre in Marocco Djellaba.

Giunti ad Edfu scendiamo dalla nave, prendiamo un calesse trainato dai cavalli e ci rechiamo al tempio dedicato ad Horus, ben conservato e parzialmente restaurato. Vi sono splendidi piloni,  all’interno in alto sulle colonne si possono ancora ammirare le tracce dei colori originali. Il soffitto del tempio è affumicato poiché, durante le persecuzioni, si nascosero dei cristiani che per riscaldarsi accesero il fuoco all’interno. Sulle pareti dei piloni  e dei muri scorre la vita e la storia come un film, fotogramma per fotogramma, raccontano l’antica leggenda di Osiride e della sua morte.

Al ritorno, il conduttore del nostro calesse ci è venuto a cercare all’attracco mentre stavamo salendo a bordo della nave, ci ha riconosciuti e mi restituito la fotocamera che avevo dimenticato sul calesse. Che sbadato! Non mi ero nemmeno accorto della mancanza. Nell’abitato di Edfu  le decine di calessi con cavalli rendevano le vie della cittadina oltremodo polverose, a causa delle strade non bene asfaltate.

La nave risale il fiume in direzione sud, verso l’Alto Egitto e mentre sono seduto sul ponte le sponde scorrono davanti a miei occhi. Le bianche feluche solcano veloci le acque.

Kom Ombo

Kom Ombo è l’unico santuario ad essere dedicato  a due divinità: a Sobek, il dio coccodrillo ed a Horus il vecchio. La spiegazione è che per la costruzione i sacerdoti non riuscivano a trovare sufficienti offerte per il dio Sobek, il tempio è stato dedicato così anche ad una divinità buona e benvoluta da tutti come Horus il Vecchio.

Sulla nave il ristorante è sito sotto la linea di galleggiamento. La nostra cabina, al medesimo ponte della reception, è dotata di un grande oblò da cui si può ammirare il fiume a pelo d’acqua. Purtroppo quando la nave è ormeggiata la visuale viene coperta da altre motonavi.  Niente a che vedere però con lo splendido panorama che si può godere dal ponte al sole. Verso le ore più calde della giornata sul ponte superiore della nave sono oltre 35 gradi, il clima è però molto asciutto, nel pomeriggio la temperatura scende molto più rapidamente che in Italia. All’interno della cabina non c’è circolazione di aria naturale, ho dovuto quindi regolare la ventilazione e la temperatura interna intorno ai 25- 26 gradi e posso dire che abbiamo dormito benissimo.

Mentre ci avviciniamo a Kom Ombo su Nilo sta scendendo un meraviglioso tramonto; il sole va a rigenerarsi verso il deserto occidentale.

Provo a fotografare una coppia di Martin Pescatori, minuscoli uccelli colore bianco e nero, che planano sull’acqua e poi alla velocità di 200 km/h si tuffano per pescare. Ma le mie foto non sono state all’altezza della situazione, forse anche a causa dell’ormai scarsa luce.

La nave Lady Sophia

Mia figlia ed io siamo andati a visitare la cabina di comando della nave, il comandante, che parla solo il dialetto di Luxor, ci ha ricevuti gentilmente. Siamo riusciti a sapere qualche notizia dal personale che pilota la nave al momento. Qui mi rendo conto che non è poi così facile condurre questo battello sul Nilo. Il timoniere naviga a vista e presta la massima attenzione in quanto sono frequenti secche e banchi di sabbia dove lo scafo si incaglierebbe facilmente.

Il dislivello tra l’Alto e il Basso Egitto è di soli 82 metri. Lungo il corso del fiume ho notato alcuni dislivelli di pochi centimetri appena avvertibili poiché le acque si increspava lievemente. Il Nilo è profondo mediamente circa tre metri ed ha numerosi isolotti. I battelli del Nilo pescano circa 1,80 metri ed, essendo il fiume poco profondo, occorre notevole perizia nautica ed esperienza per navigare sul Nilo, infatti il comandante e l’equipaggio conoscono il fiume palmo a palmo.

I marinai del Nilo indossano una divisa nera, anziché bianca, i comandanti delle navi non vestono l’uniforme stile europeo, bensì l’abito tradizionale color cotone naturale: la galabya. Il classico timone nautico in legno esiste, ma viene usato solo nei casi di emergenza. Il battello viene infatti pilotato con una specie di joystick leggero e molto sensibile, simile a quello dei videogiochi.

Riusciamo a sapere alcuni dati tecnici sulla nave Lady Sophia che risale energicamente la corrente in direzione del cuore dell’Africa. La nave è stata varata un anno e due mesi prima.  Ecco le sue caratteristiche: lunghezza 72 m. larghezza 14,50 m. altezza m. 11,50, stazza 2.000 tonn., pescaggio 1,80 m., 72 cabine più due suite, tre motori Mercedes da 400 HP ciascuno, due generatori. L’equipaggio è composto da 80 persone. Il costo del mantenimento in esercizio di questa ottima motonave è di oltre 500.000 euro ogni due mesi.

I battelli che navigano sul Nilo sfruttano al massimo le dimensioni; se fossero più alti non transiterebbero sotto i ponti, se fossero molto più larghi non passerebbero nelle chiuse di Edfu.

I porticcioli per il servizio pubblico sono parecchio distanti, a chi ha esigenze di spostamenti personali e non vuole spendere molto non rimane che la classica ed economica feluca.

I battellieri vanno e vengono su barche a vela. Le piccole imbarcazioni a motore sono poco diffuse, per fortuna, altrimenti causerebbero un grave inquinamento. Il difficile sarà per il futuro conciliare lo sviluppo delle attività umane con il rispetto per la flora, fauna e gli ambienti fluviali di questi luoghi meravigliosi. Mi auguro che queste terre rimangano splendide e incantevoli come lo sono da sempre.

Mi sembra che gran parte della popolazione lavori per il turismo o in attività connesse. Anche il contadino, che innaffia con lo  shaduf l’orticello nei pressi della casetta (in mattoni crudi come 4 o 5 mila anni fa) vende  i suoi ortaggi ai mercati. Da lì vengono imbarcati per rifornire le cambuse delle numerosissime navi turistiche che percorrono il fiume. Infatti ad uno scalo abbiamo visto caricare a bordo casse di pomodori, zucchine ecc. per rifornire la cambusa. A bordo della nave abbiamo assaggiato il pesce del Nilo  che è buono, purtroppo non è molto usato. La cucina a bordo è frugale, ma di buona qualità. La frutta però si può solo ammirare col binocolo dal ponte al sole!

Mentre con i miei attendevamo la cena seduti nella reception, arriva una giovane di circa 23 anni che, accompagnata da un ragazzetto, si siede in modo altezzoso. Subito, con fare perentorio, ordina al giovane, come fosse uno schiavetto, di andargli a prendere da bere al bar. Rimango esterrefatto dai modi altezzosi, superbi da grande diva così domando all’addetto: “Chi è quella donna? Una cantante lirica?” mi risponde: “No, è una ballerina, fa la danza del ventre”. Non metto in dubbio la prestanza fisica della ballerina, ma un po’ di modestia forse le avrebbe giovato.

Assuan, luogo incantevole

Man mano che si risale verso la Nubia, il fiume si restringe parecchio e la fascia fertile è ridottissima. Poco prima di giungere ad Assuan si nota un grande ponte a tre campate in costruzione. Penso: «la prossima volta che ritorno da queste parti sarà terminato».

Assuan che significa mercato  è una città di 220.000 abitanti,  punto di arrivo e di partenza; gli attracchi sono al completo di battelli turistici, mentre alle piccole imbarcazioni rimane un isolotto e altri ormeggi minori.

Visitiamo un sito particolare The unfinished obelisk: una antica cava di pietra dove un obelisco quasi completo è rimasto incompiuto, poiché nel monolito sono state trovate delle pericolose fenditure. Sembra di essere in un cantiere di 3.000 anni fa!

Assuan  è una città con bei palazzi, giardini, una chiesa copta, inaugurata di recente, hotels di lusso tra i quali spicca l’Old Cataract in perfetto stile coloniale, dove furono girate altre scene del film “Assassinio sul Nilo”. Nell’Old Cataract vi era anche la residenza del re Faruk. La città si è ingrandita durante la costruzione delle due dighe, la prima progettata e completata ai primi del 1900 dall’ingegnere inglese William Wellicocks e l’altra fortemente voluta da Nasser.

Il mattino facciamo un giro in barca a motore sul Nilo. La guida ci spiega che la feluca non viene più usata in queste escursioni, poiché a causa della bonaccia a volte bisogna ricorrere ai remi. La nostra, delle due barche, è tinteggiata di bianco di recente ed ha il tettino ornato con i tipici geroglifici. Ogni tanto le barche si avvicinano e la guida ci spiega le cose da vedere.

Il Nilo ad Assuan è semplicemente stupendo. Uscito dal deserto nubiano e liberatosi dell’ultima cataratta diventa maestoso, s’immerge nella Terra Nera (Kemet) e sfoggia tutta la sua bellezza multicolore.

Vi sono numerosi isolotti costituiti da massi giganteschi, sponde fiorite e profumate; variopinti uccelli sorvolano le acque tranquille e si danno convegno sugli alberi che si specchiano vanitosi sul fiume eterno. Anche se dal punto geografico non è corretto, il Nilo ad Assuan è talmente bello, suggestivo ed incantevole che il nome che più gli si addice è laguna, in quanto a mio parere rende più l’idea della stupenda bellezza dei luoghi. Ritengo che Assuan sia il luogo del matrimonio tra la storia e la geografia che si uniscono in un felice connubio. E’ una località amena ed incantevole a metà strada tra le oasi nel deserto e la laguna; è un’ultima tappa prima del profondo sud dove la natura selvaggia si prende la rivincita. Questi luoghi mi dicono: «O viandante che sei giunto fino fin qui goditi il verde degli oleandri, delle acacie il volo degli ibis che sfiorano le acque del Nilo; da qui ci si inoltra nel profondo e selvaggio sud».

Lo aggiungo ai miei sogni; la guida ha detto che circa il 70 % di chi visita l’Egitto in seguito ritorna. Luxor  e Assuan e come tutto l’Egitto meritano altre visite.

Dalla barca ammiro anche la villa con una bella veranda, con l’aria di una accogliente casa coloniale, già abitazione dell’ingegner Wellicocks dove ora ha sede il museo di Assuan.

Che esplosione di fiori, piante esotiche e canti di uccelli nel giardino botanico dell’isola Kitchener che, purtroppo, non ho potuto visitare. Bellissimi ibis bianchi sorvolano le acque nella laguna dove ci sono dodici isolotti granitici. Alcuni di essi sono dei blocchi giganteschi che sporgono dalle acque come il dorso di un elefante che sta facendo il bagno, ecco perché una isola fu chiamata dagli antichi Elefantina.

Assuan, grazie al clima estremamente mite anche d’inverno, è anche un’ottima stazione climatica invernale.

Questi sono luoghi ideali per trascorrere una settimana di vero relax magari al Club Méditerranée Amoun o all’hotel Isis, strutture esclusive dove si può soggiornare godendo della massima tranquillità, i prezzi però si aggirano sui 1.500 dollari a notte. La guida ci dice che vi si può trascorrere un soggiorno nel più assoluto dolce far niente. Vi giungono da tutto il mondo persone ricchissime; la privacy e l’anonimato sono garantiti.

Dal Nilo volgendo lo sguardo verso occidente si vede una collina rocciosa  color ocra con alcune grotte scavate. Risalta il mausoleo dell’Aga Khan e la sottostante villa colore giallo della Begum. Sull’isola di Elefantina vi è l’hotel indiano Oberoi incompiuto con una torre dal dubbio gusto.

Visitiamo la profumeria “Abu Simbel Perfumes Palace” di Assuan dove si creano le essenze base per i profumi esportate in tutto il mondo. All’esterno, nell’attesa che il gruppo si riunisse, ho barattato una semplice penna Bic per un segnalibro in papiro da un ragazzino che sembrava felicissimo di possedere una penna.

Dall’alto della piccola diga, costruita nel 1902, osservando il Nilo che scende dallo sbarramento si può ammirare la prima delle sei cataratte. Le acque scendono di livello passando tra scogli e massi rendendo il corso interdetto alla navigazione. Le cataratte, conosciute sin dall’antichità, sono sei: la  seconda è stata sommersa dal lago Nasser, la sesta si trova in Sudan non distante da Khartum dove il Nilo Azzurro riceve le acque del Nilo Bianco. Erano nominate nell’antico Egitto poiché sbarravano il passaggio a chi risaliva o discendeva il fiume; si doveva cambiare imbarcazione o trasportare il natante via terra con i portatori.

Mentre ci rechiamo all’aeroporto di Assuan, nei pressi della High Dam (Grande diga) il paesaggio verde e dolce lascia il posto ai due deserti: il deserto libico pietroso e il deserto orientale dalla sabbia finissima color ocra. La vegetazione è scarsissima e le piante distanti dalla riva dell’invaso non sopravvivono se non innaffiate artificialmente.

La sacra isola di File

Molto belli sono il tempio di Iside (sposa di Osiride), il padiglione di Traiano e tutto il complesso rimontati sulla vicina isola di Agilkia per salvarli dall’invaso artificiale. La ricostruzione in posizione più elevata rispetto alle acque del lago Nasser, portata a termine con la collaborazione di alcuni organismi internazionali, è stata una operazione di eccezionale interesse storico-culturale degna della laboriosità egiziana. Speriamo che i posteri possano ammirare queste bellezze ancora per millenni.

Navigare già mi piace moltissimo, ma qui sul Nilo mi sembra di rivivere all’epoca del massimo splendore di questa magnifica civiltà. Le barche per raggiungerla invece sono quanto di peggio tra i natanti  e navigano per miracolo. Dopo la visita in barca all’isola di File, al centro del tratto di lago, Joseph ordina al barcaiolo di spegnere il rumoroso e fumoso motore: «Prima di rientrare nelle caotiche città europee ascoltate il silenzio». In effetti è stata una sensazione unica poter godere del solo rumore dello sciacquio del lago sulla murata della barca e del cinguettare degli uccelli che nidificano sui cespugli fioriti dell’isola. Nel romanzo “Sinuhe l’egiziano” si dice che chi beve l’acqua del fiume Nilo non può più farne a meno. Non potendola bere Isabella ed io ci accontentiamo di bagnarci le mani. I coccodrilli evidentemente avevano altro da fare!

Sono stati minuti indimenticabili: il tempio millenario, le onde che s’infrangevano sulle barche, gli isolotti scogliosi che affioravano sembravano muti testimoni dell’opera di Dio e dell’uomo. L’incredibile fascino di questi luoghi che definirei magici ci suggestiona e colpisce. La magia dell’Egitto è questa: impalpabile, inafferrabile, ma ci avvolge, ci incanta, ci strega!

Abu Simbel

Da Assuan ci imbarchiamo su un aereo per Abu Simbel e in volo superiamo il tropico del Cancro. Non ho scattato nessuna foto poiché a causa di microscopiche particelle di sabbia sospese nell’aria non si riusciva a vedere quasi nulla. La sosta dura solo tre ore; queste sono le disposizioni aeroportuali. Il fatto di essere a pochi chilometri dal confine con il Sudan mi mette una leggerissima, passeggera apprensione.

Ad Abu Simbel la vegetazione è tutta irrigata dalle acque del lago Nasser. La temperatura di giorno si aggira intorno ai 50 gradi, molto asciutti quindi ben sopportabili da tutti. Ambedue le guide ci raccomandano vivamente di non bere al sole.

La diga  ultimata nel 1971 è un’opera colossale; ha creato uno dei più grandi laghi artificiali del mondo con 158 miliardi di metri cubi d’acqua, è lungo 480 km. e largo 16 km..

Anche il complesso di Abu Simbel è stato salvato dalle acque del lago con una audace opera di smontaggio e rimontaggio.

Il custode del tempio grande di Abu Simbel, ora come allora, ha in mano la grossa chiave del portone d’ingresso riproduzione esatta di Anji “la chiave della vita“.

Due giorni all’anno il 21 ottobre ed il 21 febbraio, i raggi del sole penetrano da una finestra sul tetto del complesso e per 10 minuti illuminano l’interno del santuario. costruito nel 1250 a.C.. Queste date rappresentavano l’inizio della semina e del raccolto, date importantissime nel calendario egiziano. Joseph sostiene che, al contrario di come spesso si dice, queste date non ricordano le date di nascita dei faraoni.

Nei pressi del tempio maggiore, mentre stavo seduto all’ombra quasi trasparente di un alberello due turisti passando conversavano così: «… erano ripetitivi scrivevano sempre le stesse cose, poi non vedi come sono ridotti questi luoghi, a causa del turismo di massa che è iniziato solo pochi decenni fa. Fra cento anni se non li avranno chiusi non rimarrà più nulla!». Che dire? Solo che non condivido questo pessimismo, non mi sembra giusto che solo pochissime persone possano godere di queste splendide vestigia del passato. Quando non ci saranno più visitatori in questi splendidi luoghi la terra non sarà più un luogo in cui mi piacerà vivere!

Mi sarebbe piaciuto anche navigare sul lago Nasser da Assuan ad Abu Simbel, crociera che dura quattro giorni, magari assistere allo spettacolo notturno Son et lumière ad Abu Simbel dalla nave all’ancora di fronte ai templi. Sul lago ci sono grandi motonavi forse meno lussuose di quelle fluviali, dal lago certo che non si possono ammirare sponde particolarmente lussureggianti come quelle del Nilo più a nord. In compenso è possibile fotografare i coccodrilli del Nilo che sul lago proliferano, a valle delle dighe e fino al delta sono invece scomparsi.

Dopo questo viaggio, posso dire che i luoghi che più corrispondono all’idea che mi sono fatto dalla lettura dei libri sull’antico Egitto appartengono al sud Egitto: Luxor, Assuan e Abu Simbel. Mia moglie e mia figlia sono rimaste letteralmente prese dal fascino selvaggio di Abu Simbel.

Il Cairo

Da Abu Simbel al Cairo voliamo ad un’altezza di 31.000 piedi con Airbus 320 l’aereo della Shorouk Air.

Il nostro tour “Aton” prevede l’alloggio all’hotel Conrad del Cairo per 3 notti. Sul depliant dell’hotel di proprietà americana l’Egitto viene chiamato “The Mother of the World“. Il grattacielo di 19 piani è sito poco lontano dal ministero delle Finanze che Joseph definisce “il più temuto” e quasi adiacente al World Trade Center del Cairo. Non sappiamo ancora che, dopo quattro mesi, diverrà tristemente famoso in tutto il mondo quello di New York.

E’ un hotel di lusso con largo uso di moderne tecnologie:  sei ascensori, porte delle camere rinforzate e con  chiave magnetica, cassaforte apribile con carta di credito, TV che consente di navigare in Internet ed ascoltare la radio.

Per la prima sera trascorsa in questa capitale la cena è libera. La guida ci aveva indicato un buon ristorante caratteristico, noi, erroneamente, decidiamo di andare al ristorante interno del Conrad il “Villa d’Este”, che è costoso, ma non all’altezza del nome.

Il Cairo è una metropoli caotica e molto rumorosa, aprendo la vetrata insonorizzante che dà sul terrazzo si ode un rumore due o tre volte più alto di quello di una città come Roma. E’ ormai diventata molto più popolosa di quanto viene riportato nei libri di geografia o si è imparato a scuola. Non è certo una città a misura d’uomo, ma ritengo ci si possa vivere bene.

In una via del Cairo vecchio abbiamo incontrato un carretto colmo di cocomeri trainato da un asino, la vista di tali frutti mi aveva fatto venire l’acquolina in bocca. A bordo della nave la frutta scarseggiava paurosamente, ci rifacciamo a colazione al “Sea Market” dell’Hotel Conrad, non ci sembra vero: cocomeri, meloni, ananas, banane, nocciole, mandorle, ecc.!

Venerdì sera ceniamo al ristorante galleggiante “The Place”, un battello ormeggiato sul Nilo nei pressi del ponte Kubriet Tahir.

Mentre giriamo in autobus in città la guida ci mostra la viuzza sul cui sfondo si vedono due minareti, lì ha avuto origine la metropoli ormai ingrandita a dismisura. Il Cairo significa “il dominatore” ci sono altre 14 città nel mondo con il suo stesso nome.

Finalmente si visita il Museo Egizio, lo sognavo da anni. Il palazzo è in stile neoclassico, nel piazzale vi è una vasca con piante di papiro emblema del Basso Egitto e di loto  dell’Alto Egitto.

Qui tutto è degno di attenzione, osservazione e ammirazione, un gran numero di visitatori rimane affascinato dai tesori rinvenuti nella tomba di Tutankhamon. 

Senza perdermi in descrizioni non di mia competenza dirò semplicemente quali sono gli oggetti conservati che mi hanno colpito per la loro bellezza pura e direi viva: la Triade Micerino, Hathor, Het, la statua in calcare dello scriba seduto, la coppia Rahotep e Nofret, le oche di Mejdum, la maschera d’oro di Tutankhamon, le splendide teste canopiche in alabastro, ecc..

La prima visita a questo museo è importante farla accompagnati da una esperta guida. All’uscita acquisto alcuni libri tra cui il saggio sull’Egitto meglio illustrato a colori che mai abbia visto. Non mi pento di aver speso parecchie Sterline egiziane  per acquistare i libri. Erasmo da Rotterdam diceva: «Se ho un po’ di denaro acquisto dei libri; e se me ne rimane ancora un po’ acquisto cibo e vestiti …».

Visitiamo la moschea dell’alabastro di Mohammed Alì, “il padre dell’Egitto moderno” la più bella d’Egitto.  Progettata da un ingegnere cristiano, è stata costruita nel 1834 ed è identica a Santa Sofia a Istanbul. All’interno ci sono 365 grandi lampadari di vetro di Murano. Ogni moschea è costituita da: cortile a cielo aperto, fontana per abluzioni, minareto per la chiamata ai quattro punti cardinali, all’interno vi è la nicchia in direzione della Mecca e un pulpito.

Nei pressi della cittadella e moschea si trova una cava di calcare distante 12 chilometri dalle piramidi e usata per la loro costruzione.

Verso le ore 16.20 abbiamo terminato la visita e ci rechiamo a Khan El Khalili il souk del Cairo; molto grande, ma più ordinato di quello di Marrakech .

Sono le ore 8.30 del giorno successivo e siamo nella spianata di Giza di fronte alle affascinanti e misteriose piramidi; l’aria è frizzante direi fresca. Fino ad oggi in Egitto sono state scoperte 104 piramidi.

Nei pressi delle piramidi di Giza e Saqqara, come nei pressi del museo Egizio, considerate tappe obbligate per i turisti, vi sono poliziotti in uniforme di rappresentanza, nonché pattuglie cammellate.

I millenni impietosi, i numerosi conquistatori susseguitisi, Hyksos, Persiani, Greci, Romani, Arabi, Francesi, Inglesi, non sono riusciti a cancellare il patrimonio di questa magnifica civiltà. La sfinge è stata in restauro per  oltre 10 anni, i lavori sono terminati il 16 maggio 1998. L’operazione è costata 2,5 milioni di dollari, sono stati utilizzati 12.244 blocchi di marmo calcareo bianco. In particolare sono stati restaurati il petto, le zampe e gli artigli del corpo leonino rivolto verso est.

Prima della costruzione della grande diga di Assuan, il Nilo, durante la stagione di piena, arrivava fino a circa 40 metri dalla piramide di Cheope. Gli enormi blocchi di pietra necessari sono stati in gran parte trasportati via acqua.
Ogni volta che, in prossimità di qualche monumento o sito archeologico, incontriamo una comitiva di turisti francesi, c’è da ridere! Bruno ci racconta qualche barzelletta o satira pungente su di loro. Alla fine però Bruno e Joseph conversano amabilmente con la loro guida che quasi sempre è una bellissima e snob ragazza egiziana. Queste sono tra le donne egiziane più belle, poiché uniscono la bellezza esotica allo stile francese.

Si va a visitare una cooperativa di produzione di papiri la “Blue Nile Papyrus”, prima di scendere dall’autobus Joseph giustamente ci dà un apprezzabile consiglio: «Se non sentite il papiro, inutile sprecare soldi per l’acquisto».

Un addetto ci mostra praticamente  le varie fasi di lavorazioni della pianta fino a giungere al rotolo finito. Non tutti però sono interessati alle antiche civiltà  e al loro retaggio culturale; nel negozio una donna di un’altra comitiva osservando gli splendidi papiri appesi al muro e conversando con un’altra diceva: «Non intona con l’arredamento del salotto, forse andrebbe bene per la casa al mare».

Si fa cena in un bel ristorante di Giza, dalla finestra si può vedere la mole gigantesca di una piramide. Ad un certo punto c’è un black-out elettrico. Il gestore, per aumentare il mistero, afferma: «E’ la maledizione dei faraoni!». Una spiegazione più plausibile è che l’accensione dei grandi fari illuminanti le piramidi mettono in crisi la rete elettrica della zona.

Dopo cena partecipiamo allo spettacolo “Son et lumière” sulle piramidi, essendo il mese di aprile devo dire che è abbastanza fresco. Lo spettacolo è stato però davvero coinvolgente.

Dell’antica città di Menfi non è rimasto purtroppo quasi nulla, sembra a causa della friabilità del materiale da costruzione usato. Menfi è ora una località con altissime palme, ma in verità un po’ polverosa.Visitiamo  il piccolo parco archeologico dove una grande statua di Ramses II è stata messa al coperto e,  conservata in orizzontale, reca il cartiglio del grande faraone sulla cintura e sulla spalla. All’aperto  tra le altre statue vi è la piccola sfinge di alabastro raffigurante la regina Hatshepsut  (scolpita quando non era più in vita, perché la barba è curva).

Andiamo a pranzo al “Sakkara palm club“, un ristorante all’interno di un palmeto con piante di buganvillee rosse, fiori di ibisco, qui si possono assaggiare le banane di produzione locale e degustare una gradevole bevanda, il karkadè, infuso fatto con foglie d’Ibisco.

A Saqqara abbiamo ammirato la piramide a gradoni e il recinto sepolcrale di Zoser (III dinastia) costruite dal famoso architetto Imhotep. Non ho potuto apprezzare pienamente questo complesso poiché le mie conoscenze dell’Antico Regno sono modestissime. Le iscrizioni antiche non sono pittoresche come quelle dei periodi più recenti.

Consumiamo la cena al Cairo città, sul Nilo, sullo splendido battello “Al Saraya”, non più viaggiante, ma ancorato in street Zamalek, con quattro ristoranti e un centro meeting e conferenze. E’ un vero peccato che queste splendide navi non possano più navigare perché non riescono più a passare sotto i numerosi nuovi ponti del Cairo.

Siamo in compagnia di Alfonso Brandimarte un professore piemontese in pensione con la passione dei viaggi. Ci racconta alcune vicende dei suoi numerosi viaggi intorno al mondo. Il professore, al termine del tour, proseguiva da solo il viaggio verso Alessandria e dintorni.

Domenica mattina il Cairo si presenta nuvoloso, forse per farci già acclimatare all’Europa. Gli otto meravigliosi giorni sono strascorsi in fretta, il viaggio da sogno è già finito: è durato troppo poco!

Al ristorante interno “Feluca”, dove consumiamo la prima colazione, fa talmente freddo e non c’è verso di sfuggire alle griglie poste in alto dove esce aria fredda, dobbiamo indossare subito una maglia.

All’aeroporto del Cairo ci attende un Boeing 737-700 della Azzurra Air per riportarci in Italia. A causa di una perturbazione nel basso Mediterraneo, non abbiamo visto un granché del nord Egitto e del sud Italia.

Da vedere e rivedere

Avremmo fatto volentieri il tratto di crociera mancante cioè il delta del Nilo, Il Cairo, Menfi, Luxor. Speriamo di ritornare in Egitto e poter rivedere con più calma Luxor, Assuan Il Cairo. Nonché di visitare la splendida Alessandria, l’oasi del Fayum, le coste del mar Rosso, le rovine dell’antica Berenice e quando i tempi saranno più calmi anche il Sinai. Mi dispiace di non aver acquistato, forse a causa dell’eccessivo peso, un libro di grande formato sulle esplorazioni alla ricerca delle sorgenti del fiume Nilo dal titolo “La scoperta del Nilo” di Gianni Guadalupi edizioni White Star.

Conclusione

Per chi ama la storia delle antiche civiltà e l’archeologia, l’Egitto è il massimo della soddisfazione, per me lo è stato ancor di più perché amo moltissimo l’Africa, a ragione definita “la culla dell’umanità“.

Un viaggio con l’auto non è alla portata di tutti. Ho notato che i distributori di carburante non sono vicini, né ben organizzati, inoltre i ponti sul Nilo sono alquanto distanti (almeno nel tratto Luxor – Assuan). I conducenti adottano un sistema di guida particolare, ne deduco che non è consigliabile percorrere il paese in auto a meno che non si è particolarmente attrezzati ed esperti. Inoltre parecchi segnali sono solo in arabo.

Questo quaderno di viaggio è alquanto frammentario poiché durante le visite, non ho avuto il tempo di annotare le spiegazioni della guida; le giornate sono state pressantemente piene di impegni. Non c’era tempo di pensare, riflettere e ragionare né riorganizzare le idee sulle cose viste. La stanchezza non riusciva comunque  a sottomettere la nostra forte volontà e resistenza fisica.

I miei appunti non hanno la pretesa di rendere il giusto merito a questo paese ed alla sua antica civiltà. Mi auguro che le foto scattate e queste righe possano trasmettere la mia esperienza ad altri che fossero interessati. Le sole foto e parole non bastano per comunicare quanto hanno recepito la vista, l’udito e gli altri sensi durante questo viaggio indimenticabile. E’ una esperienza da fare e da vivere; non è assolutamente possibile trasferire tutte le sensazioni provate!

Copyright © 2002 Eno Santecchia
Tutti i diritti riservati.
Se volete riprodurre o distribuire, anche in parte,
il contenuto di questo articolo inviate una email.
enosant@alice.it

La foto delle colonne di Luxor e’ gentilmente concessa
dal prof. Alfonso Brandimarte

 

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