A caccia di tornado nelle grandi pianure degli Stati Uniti

di Gabriele Formentini –
Sono da poco passate le dieci di sera, ormai è buio: pochi minuti e Greensburg, una cittadina del Kansas centrale, viene rasa al suolo da venti che soffiano fino a 370 km/h nel tornado più violento degli ultimi otto anni. Il tornado viene valutato di grado EF5, al massimo livello della scala di intensità utilizzata per classificare questo genere di fenomeni. Eppure, la probabilità che un forte tornado colpisca una cittadine è piuttosto remota! I tornado sono tra i fenomeni naturali più violenti al mondo ma allo stesso tempo sono estremamente affascinanti e in grado di trasmettere incredibili emozioni. Circa un migliaio toccano terra ogni anno negli Stati Uniti, più che in ogni altro angolo della Terra, e lo fanno in un particolare periodo dell’anno, la tarda primavera, quando le condizioni meteorologiche sono più favorevoli, tra fine aprile e metà giugno. Per questo abbiamo scelto proprio il mese maggio per il nostro viaggio “A caccia di tornado”.

Partiamo da Venezia e Milano, suddivisi in due team, con tutta la strumentazione necessaria per questo genere di caccia e con la consapevolezza di poter vivere delle grandi emozioni. Per cacciare i tornado non si può essere degli sprovveduti e occorre avere delle buone esperienze alle spalle. Per questo nel nostro gruppo ci sono meteorologi e gente che qui ci viene ogni anno dal 2003. Il gruppo è in ottime mani, dobbiamo solo incrociare le dita. Atterriamo ad Oklahoma City il 5 maggio, 24 ore dopo il disastro di Greensburg; l’atmosfera è ancora calda e umida e quando usciamo dall’aeroporto ci sembra di entrare in una giungla tropicale. La situazione meteorologica infatti è ancora ad alto rischio, le tv locali non fanno altro che trasmettere continuamente avvisi di allerta tornado, le immagini radar commentate da anchor-men e meteorologi vengono rimbalzate in continuazione sugli schermi televisivi. Qui non si scherza, con i tornado si rischia la pelle.
Nella contea di Kiowa nel Kansas, la sera prima, il 95% della cittadina di Greensburg veniva rasa al suolo, dieci persone purtroppo perdevano la vita ed ora i danni ammontano ad oltre 150 milioni di dollari. Le sirene della città fortunatamente suonando con un anticipo di venti minuti sull’arrivo del tornado, hanno garantito la salvezza di moltissime persone. Di solito sono proprio gli storm chasers, ossia i cacciatori di tornado, che con i loro avvistamenti forniscono le prime e preziosissime informazioni agli uffici meteorologici locali.



Nei primi giorni di maggio abbiamo la possibilità di toccare con mano la devastazione che un tornado è in grado di provocare. Un senso di sgomento, perdizione e vuoto ci attanaglia quando entriamo in quel che rimane della cittadina di Greensburg, accompagnati da un amico conosciuto poche ore prima, una persona che qui ha perso tutto, dalla casa all’automobile. Guidati da Scott, questo il suo nome, percorriamo quella che non è più una cittadina ben tenuta con i viali alberati e le belle casette in legno; procediamo fino alla strada dove sorgeva la sua abitazione. Prima che le ruspe rimuovessero le macerie dalle strade, era persino impossibile riconoscere le singole vie e i luoghi familiari. Ora non è rimasto più nulla, per orientarsi si usano dei cartelli con i nomi delle strade dipinti a mano, ma a ben poco servono, oramai tutto è un immenso ammasso di detriti con qualche effetto personale che spunta qua e là, accanto ad alberi privati scartocciati e autoveicoli capovolti.
Una bandiera a stelle e strisce sorge tra le macerie ad indicare che i 1300 sopravvissuti hanno perso quasi tutto, ma non la forza di ricominciare, sostenuti dalle persone che sono giunte in questo sperduto angolo del Kansas per dare una mano e dal lavoro delle squadre d’emergenza.
Il grande outbreak del 4 e 5 maggio (145 sono stati i report sui tornado che hanno toccato terra in questi due giorni) non affievolisce le nostre speranze di caccia, anche se dentro di noi sappiamo che ci aspetta un “periodo di tregua”; questo genere di eventi obbedisce ad una legge di ciclicità. Il programma per i nostri due team prevede una permanenza di venti giorni nelle grandi pianure, c’è quindi tutto il tempo necessario.
Così spendiamo la prima parte del mese di maggio nel sud-ovest cacciando delle squall-line tra Texas ed Oklahoma, strutture di temporali che si dispongono lungo delle linee e che producono delle nubi incredibilmente fotogeniche a forma di cuneo, conosciute da chi mastica un po’ di meteorologia, come shelf-cloud. Queste caccie iniziali sono comunque utili, servono a “sgranchire le gambe”, mettere a punto tutta la strumentazione e affiatare i due team. Trascorriamo le giornate seguenti percorrendo centinaia e centinaia di miglia tra Texas, Oklahoma, Kansas, Nebraska, South Dakota, Colorado, New Mexico, Wyoming, Montana e Nord Dakota. Nel nostro peregrinare abbiamo comunque la possibilità di perderci negli sconfinati orizzonti delle Great Plains ed emozionarci davanti allo spettacolo delle Badlands al tramonto. Riusciamo a visitare anche Monte Rushmore (quelle dei presidenti scolpiti sulla roccia), l’enorme monumento dedicato al capo indiano Cavallo Pazzo e il campo di battaglia di Little Big Horn dove il Gen. Custer subisce l’ultima cocente sconfitta da parte degli “natives”, così sono chiamati gli indiani d’america.
Alla fine dei venti giorni le ruote dei nostri mezzi avranno macinato più di 12.000 km, in pratica saremo entrati ed usciamo da tutti gli stati delle Great Plains ! Ad un certo punto passata la prima metà di maggio, la natura decide di offrirci una possibilità: due giorni di vera caccia ai tornado. I modelli meteorologici infatti confermano tale possibilità. Le mappe meteo sono il nostro pane quotidiano; ogni mattina accanto alle fette di pane tostato e alle tazze di caffé americano, ci sono sempre i portatili accesi e connessi alla rete internet grazie al collegamento wireless, disponibile in tutti i motel. Nelle grandi pianure però la tecnologia va di pari passo con l’intuito e l’esperienza. A conti fatti i computer, i modelli meteorologici, possono solo “indicare la via”, poi sono le sensazioni, il fiuto, l’annusare l’aria o il sentire il vento che portano dritto alla tempesta.
Così mentre c’è chi ha il compito di tracciare la rotta, in gergo “decidere il target”, ossia scegliere l’area geografica dove nel pomeriggio-sera si prevede possa formarsi qualche bel temporale, c’è chi ricompatta la truppa e prepara i mezzi. A volte, quando la sera si fa tardi per rimanere più a lungo sul campo a fotografare i fulmini, la mattina successiva qualcuno fatica ad alzarsi, ma non c’è fretta, le sfide migliori iniziano solo nel tardo pomeriggio, quando la convezione si organizza e dà vita ai cumulonembi più spettacolari: le supercelle, i temporali più devastanti in grado di sopravvivere per diverse ore e percorrere centinaia di chilometri. Solo l’uno per mille dei temporali diviene una supercella e poco meno del 20% di esse è in grado di generare un tornado. Per questo cacciare un tornado non è un gioco da ragazzi. a volte non basta né la tecnologia, né l’intuito, occorre anche la fortuna. Ci sono moltissimi chasers (cacciatori di temporali) che prima di catturare il loro primo tornado hanno vagato per le pianure americane diverse stagioni, macinando migliaia e migliaia di chilometri sotto le ruote.
Quest’anno noi vogliamo fare sul serio e non lasciare nulla al caso. I nostri mezzi, un grande furgone da otto posti e un suv 4×4 sono attrezzati con la migliore strumentazione disponibile sul mercato: ricevitori satellitari da abbinare a computer portatili e gps, che permettono di avere in tempo reale e aggiornati ogni cinque minuti, preziosi dati meteo, in primis le fondamentali informazioni che provengono dalla rete radar. Anche il ricevitore gps è indispensabile perché permette di conoscere la propria posizione rispetto alle celle temporalesche e poter quindi scegliere la strada migliore per la caccia senza rischiare. Cacciare un tornado è come giocare una partita a scacchi dove da una parte siede un giocatore scomodo, il temporale, che non rispetta le regole e si muove liberamente sulla scacchiera, e dall’altra ci siamo noi, che dobbiamo attenerci scrupolosamente alle prescrizioni del gioco, dettate dalla strategia, dalla sicurezza e dai vincoli della rete stradale. E’ una partita difficile, a volte estenuante, che può durare dal primo pomeriggio fino a notte fonda e non sempre si può vincere.
La mattina del 22 maggio ci svegliamo a Goodland nell’estremo nord-ovest del Kansas e il target per la giornata è un’area nella parte centro-occidentale dello stato dei girasoli. Dopo il trasferimento, ci fermiamo per pranzare in un Subway, la catena dove si possono mangiare i panini fatti su misura, poi lasciamo che il fiuto e gli occhi facciamo la loro parte. E’ pomeriggio e i primi cumuli iniziano a formarsi abbastanza diffusamente nel cielo. Nonostante l’incertezza delle ultime ore dei modelli meteorologici, la nostra posizione sembra essere molto buona. Saliamo in macchina e con un occhio fuori dal finestrino e l’altro al radar ci portiamo sotto il cumulo che sembra promettere meglio. Mentre questo continua a crescere in altezza fino ad acquisire il rango di cumulonembo, ci ritroviamo a percorrere un tratto della Intestate-70, l’autostrada che arriva dal Missouri e che tagliando in due il Kansas lo percorre tutto da est ad ovest, fino in Colorado. La nostra cella è quella buona, infatti appena lasciamo l’Interstate, il cumulonembo inizia a mostrare un’evidente rotazione, il mesociclone (temporale rotante) è ben definito e si distinguono i primi funnel che spuntano dalla base nuvolosa. I funnel sono delle formazioni nuvolose simili a degli imbuti animati da moti vorticosi, in pratica sono i precursori dei tornado, anche se non tutti riescono ad evolvere fino a tale stadio. Mentre ci fermiamo più volte per scattare fotografie e riprendere con le videocamere, il vento caldo e umido che alimenta la cella si rinforza sempre più, la nostra strumentazione indica che le raffiche ormai hanno raggiunto i 100 km/h, la colonna d’aria ascendente assume le striature tipiche delle supercelle e lo spettacolo diventa immenso.
Dalla base della supercella, grazia anche all’alta umidità presente al suolo, si abbassa una meravigliosa nube a muro rotante, la wall cloud. E’ il segno inconfutabile che la formazione di un tornado è vicina. Con i mezzi in sosta su una strada polverosa, notiamo che la zona si sta popolando di cacciatori che sfrecciano con le macchine che sembrano delle astronavi così piene di luci, antenne, parabole e diavolerie varie. Arriva anche la carovana del Doppler On Wheel (DOW), il famoso radar di Joshua Wurman montato su camion del Center for Severe Weather Research di Boulder (Colorado), con tanto di Tornado Intercept Vehicle (TIV) al seguito.
Il TIV è un veicolo corazzato costruito da dei californiani che, guidato dal DOW ha l’obiettivo di avvicinarsi il più possibile ad un tornado per poter acquisire importanti dati meteorologici ed effettuare preziosissime riprese video. Con loro c’è anche una troupe di Discovery Channel, stanno raccogliendo materiale per una nuova serie tv americana dedicata proprio ai cacciatori di temporali, gli storm chasers. L’impresa non è facile, i tornado sono sfuggenti, alcuni durano solo qualche manciata di minuti e non sempre sono intercettabili, ma soprattutto quelli più violenti vanno tenuti alla larga, il rischio può essere troppo elevato. Nel frattempo sotto al mesociclone inizia a piovere e nella parte avanzante della supercella, più ad est rispetto alla nostra postazione sicura e all’asciutto, cadono chicchi di grandine dalle dimensione di albicocche. Da lì a pochi minuti la base nuvolosa si abbassa sempre più e prende forma un bel cono che in poco tempo si pronuncia verso il basso fino a toccare terra. E’ il nostro primo tornado ! Sono le 18:55, rimaniamo estasiati da tanto splendore, le raffiche sono sempre più violenti ed ininterrotte, offriamo piacevolmente i nostri corpi a questo vento caldo che ci fa sentire al centro del mondo. il tornado rimane a terra per alcuni minuti e possiamo distinguere il vortice di polvere che solleva e la nube di detriti, poi quasi improvvisamente si fa più sottile, si inclina lateralmente e si contorce su sé stesso, quasi rifiutasse il destino ormai vicino. Ancora qualche manciata di secondi e svanisce nel nulla. Questa volta “la bestia” ha toccato terra su un’area disabitata e non ha provocato fortunatamente danni.
Decidiamo di abbandonare la supercella ormai in fase di decadimento, e ritorniamo sui nostri passi, giusto in tempo per inseguire un altro promettente cumulonembo che però ci regala solo un’assordante grandinata: da dentro i mezzi sembra di assistere ad un bombardamento, i chicchi impattano sul metallo della carrozzeria con dei colpi sordi e impressionanti, che per fortuna non provocano danni, se non qualche lieve ammaccatura. Ormai è buio e siamo stanchi, la convezione ha perso forza e si è trasformata in una linea di temporali. Le linee non ci piacciono. noi amiamo lo shear, la rotazione. Non ci rimane altro che trovare un motel dove riposarci la notte. Domani sarà un’altra grande giornata di caccia !

Per vedere le fotografie e leggere altri racconti e i blog di caccia vai su: www.thunderstorms.it

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