Giordania la magia del silenzio

di Aldo Cattaneo –
E’ una strana vigilia quella di quest’anno. Mancano pochi giorni alla partenza ed ancora non sono colto dal sacro fuoco dei preparativi e dal fantasticare sulle imminenti mete. Sarà per il fatto che il lavoro mi ha impegnato fino a poche ore or sono, sarà per la brevità del viaggio, ma forse più probabilmente perché non raggiungerò le amate mete del sudest asiatico. Per trovare una qualche motivazione ho letto con una certa avidità “Viaggio in Giordania” di Johann Ludwig BURCKHRDT che mi ha destato non poche curiosità. Esiste inoltre una pecularietà rispetto a tutti i precedenti viaggi. Per la prima volta la famiglia viaggia tutta unita, con Alessandro coordinatore del viaggio e questo tranquillizza un po tutti.

I primi giorni non sono degni di note particolari: le pur importanti rovine di Jerash ed alcuni castelli nei dintorni di Amman non destano ancora la dovuta e solita curiosità. Non può comunque sfuggire la bellezza dei reperti archeologici e l’armonia del sito con la sua ben conservata strada lastricata, il colonnato e l’anfiteatro ancora operativo.


Quella odierna è una giornata importante: il nostro capogruppo ci ha costretti ad una levataccia ed alle ore 5:30 siamo qui ad aspettare il pulmino dell’albergo che ci porterà al sito archeologico di Petra. Siamo i primi alla biglietteria, con aria assonnata e vagamente dispersiva. Non deve trapelare che siamo un gruppo unico, nel qual caso saremmo costretti ad usufruire di una guida turistica: situazione che vorremmo evitare in modo da garantire ad ognuno la possibilità di apprezzare la bellezza del luogo in assoluta autonomia, seguendo i propri interessi e le emozioni del momento. Siamo così in perfetto orario che il personale giordano di guardia al cancello d’entrata non è ancora presente e pertanto oggi, 30 dicembre 2003, ad aprire i cancelli di Petra siamo noi.


La fioca luce dell’alba comincia a tingere di un delicato colore azzurro il cielo ed i lampioni, che fino a qualche minuto or sono tracciavano il dedalo di vie sull’antistante collina, si perdono all’incalzare della luce. Sarà per la poca voglia di parlare a causa del sonno che ancora è padrone di noi, ma l’unico rumore è lo scricchiolio del ghiaino all’incedere dei nostri passi. Ancor prima di entrare nell’As-Siq alcuni edifici ci introducono nel fantastico mondo di Petra. Non hanno la nomea del palazzo del Tesoro o del Monastero ma danno immediatamente l’impressione di essere in un mondo diverso, grandioso, coinvolgente. Nel silenzio ho la chiara impressione che il rumore dei nostri passi disturbi la quiete in cui i monumenti si stanno crogiolando, anche loro, nel dormiveglia del mattino.
Identificare il percorso che ci porterà alla zona monumentale è abbastanza facile, basta seguire le pareti rocciose che si restringono sempre più ed assumono quel caratteristico colore rossastro che i filmati hanno reso famose. Questo percorso potremmo averlo visto anche più volte, comodamente sprofondati in poltrona apprezzando la qualità della fotografia ed il perfetto gioco di luci. Filmati di pochi minuti che hanno richiesto lunghi mesi di riprese, selezione dei nastri tecnicamente perfetti, che non sono però in grado di trasmettere il piacere di trovarti, di persona, in un luogo simile.
Chi viaggia conosce benissimo quello stato di euforia che ti prende nel momento in cui per primo vedi quel particolare che tanto speravi di notare. Ma qui è diverso. Tutti siamo ammaliati dalla bellezza del luogo e nessuno si azzarda a richiamare l’attenzione del vicino: guarda quella scultura, ohhhh che bella luce, che significherà mai quel fregio. Nulla, assolutamente nulla. Ognuno apprezza nella propria intimità, in silenzio, tutto il percorso. Quando il percorso si restringe sempre più sappiamo che la vista del Tesoro è ormai prossima e il rumore metallico degli zoccoli di un asinello ci introduce definitivamente nella zona monumentale. Consapevoli che l’ora ideale per ammirare il monumento è ancora lontana, apprezziamo la delicatezza del luogo che il tenue e delicato chiarore del primo mattino esalta a scapito della sua maestosità. La voglia di avere un’idea globale del sito è forte, ed allora via verso altri monumenti, altri luoghi per meglio pianificare il tempo che ci rimane. Le guide disponibili e tutto quanto informaticamente accessibile è stato ormai preso in esame, ma il colpo d’occhio personale è determinante.
Il tempo trascorre lento e qualche beduino locale comincia a posizionare la propria merce che non si discosta dalla paccottiglia che fa brutta mostra di sè in tutti i luoghi di interesse turistico del mondo. Compaiono i primi turisti, timidi ed ossequiosi di tanta bellezza.
Con l’arrivo dei cammelli e degli asinelli appare chiaro che si sta alzando il sipario per il grande spettacolo di massa. I turisti con il loro inconfondibile abbigliamento, il bagaglio tecnologico, le guide turistiche a portata di mano e gli inseparabili zainetti stanno arrivando in massa. Ormai premono nello stretto cunicolo. Lo si percepisce dal vociare che arriva sempre più forte da ogni dove. Prendiamo posizione nei posti ritenuti fotograficamente migliori, sappiamo che fra un quarto d’ora circa, alle ore 9.15, il monumento sarà inondato da una cascata di luce che esalterà la sua grandezza e le sue belle forme.
Il click delle macchine fotografiche è più vicino ad una esecuzione di massa che ad una vera passione per l’immagine.

Basta però inerpicarsi su uno dei tanti sentieri che costellano l’area per ritrovare parte del silenzio perduto: è molto più comodo il dorso di un cammello o di un asinello sulle strade pianeggianti della valle. È in queste circostanze che il viaggiatore si distingue dal frettoloso turista. Dall’alto il colpo d’occhio è completo e si ha la certezza che i turisti hanno ormai conquistato Petra.
Riacquistare l’uscita non è impresa facilissima, è come percorrere contromano i campielli veneziani nei giorni di carnevale. Una fiumana che chissà perché è sempre contromano, in un cicalio che ben ricorda la torre di Babele.



Sono sufficienti poche ore per raggiungere l’area desertica del Wadi Rum.
All’entrata della riserva naturale, il nostro pulmino ci lascia e trasbordiamo su due jeep scoperte con cui raggiungeremo la tenda beduina in cui aspetteremo il nuovo anno. Zidane, il nostro accompagnatore beduino indossa un candido abito ed il tradizionale copricapo rosso. Le sue caratteristiche somatiche sono classiche: capelli, baffi ed occhi scuri, pelle olivastra, sguardo austero e questo non sfugge alle partecipanti femminili che cominciano a pronunciare i primi contenuti apprezzamenti.
Il primo contatto con il deserto è coinvolgente in quanto man mano ci allontaniamo dal punto di raccolta, il silenzio e la luce acquisiscono una nuova dimensione. Una brezza dal sapore primaverile solleva qua e là sbuffi di sabbia leggera nella luce limpida di metà pomeriggio quando il sole esalta i caldi colori del deserto. La presenza umana si fa sempre più rara e solo di tanto in tanto, in lontananza, si intravedono jeep o camminatori solitari.
Dopo qualche breve sosta per una prima presa di contatto, ecco comparire dietro una roccia dal caratteristico colore rossastro, la tenda beduina che ci ospiterà in attesa del nuovo anno. I nostri timori sono per il freddo della notte, ma la vista di un rudimentale bagno ci mette a nostro agio. In fondo i sacchi a pelo di cui disponiamo hanno già vissuto esperienze ben più impegnative e nulla potrà compromettere questa prima notte nel deserto. Qualcuno dei partecipanti ha già accumulato significative esperienze, ma per i matusa della famiglia Cattaneo è una prima assoluta. Una nuova esperienza vissuta senza preoccupazioni particolari ma con tanta curiosità.
viaggio in Giordania
Essendo ormai prossima l’ora del tramonto mi incammino sulle vicine rocce per trovare la migliore postazione per fissare immagini fotografiche che solo le emozioni di quel momento sapranno far rivivere. Il colpo d’occhio è veramente bello. Fra distese di sabbia e dune dai colori vari e forti, si ergono rocce che il vento ha ben lavorato fino a formare forme che la fantasia di ognuno di noi identifica in un oggetto, un animale, un personaggio.
Il sole ormai è prossimo al tramonto e tutti abbiamo preso posizione, naturalmente la migliore. Ripenso ai tanti tramonti osservati in ogni parte del modo, in contesti molto diversi. L’ambiente ha la sua importanza ma è il nostro stato d’animo che rende unico un tramonto: la nostra capacità di liberare la mente ed abbandonare i pensieri alla magnificenza del mondo. Nel silenzio del deserto, il sole accende le rocce, scende veloce e allunga le ombre fino a dissolvere la tavolozza dei colori nel grigio della penombra. Solo ora riusciamo a scambiare le nostre estasiate opinioni. Chi ha apprezzato il bagliore delle rocce, chi invece ha trovato nel colore del cielo una varietà sconosciuta di colori, chi ha sentito la leggera brezza del vento alzarsi al calare del sole. Per ognuno, una forte e personale emozione interiore.
Partono veloci due jeep, vanno a recuperare alcuni turisti italiani che hanno preferito lunghe camminate nel deserto alla comodità del veicolo a motore. Fra loro Domenico, un amico di Mortara, compagno di tante proiezioni fotografiche e grande amante della montagna e del trekking. Nel frattempo il ragazzo che svolge mansioni di cuoco è intento a posizionare il contenitore col cibo nella buca che il fuoco e le braci hanno reso incandescente. L’opera è completata con la copertura del forno con altra finissima sabbia.
Zidane ha ben curato la cena, consapevole che noi occidentali amiamo dare l’addio all’anno vecchio con buona libagione. Certo nulla di più del classico pollo con verdure, ma ben cucinato ed insaporito dall’inconfondibile profumo della brace. Come sempre compare qualche dolce che i partecipanti del gruppo hanno portato dall’Italia: torronini, dolci locali e l’inseparabile panettone che i continui trasferimenti rendono più simile ad una crostata, se non ad una schiacciatina, che non al tipico soffice dolce natalizio. Certo ci vorrebbe un buon bicchiere di moscato se non di Cartizze, ma suvvia, qui nel deserto ne abbiamo già ben donde. Spiace che il gruppo dei camminatori sia rimasto un po’ isolato e l’invito di aggregarsi al nostro tavolo sia caduto nel vuoto. Qualcuno preferisce una solitaria lettura, altri prendono già la via della propria tenda. Domenico ci raggiunge con quello spirito goliardico che lo caratterizza.
All’interno della tenda il braciere viene continuamente rifornito di legna per riscaldare l’ambiente. Se dapprima il gesto è particolarmente apprezzato in previsione della notte che ci attende, la vista della gran quantità di fumo acre che produce ci induce ad aprire un lato della tenda stessa con la ferma convinzione che è meglio sopportare un pò di freddo che morire affumicati.


La cena finisce veloce ed essendo mezzanotte è ancora lontana, ci abbandoniamo al racconto, intorno al fuoco, delle nostre aspettative per il nuovo anno. Buona parte dei partecipanti aspetta l’uomo o la donna della vita. Anche se mi rendo conto di appartenere ormai ad una generazione di distanza e oltre, è senza disagio che racconto loro di sentirmi un uomo sereno: al mio fianco una donna con cui presto festeggerò trent’anni di matrimonio ed un figlio a cui, come genitore, devo tante soddisfazioni. Mi ascoltano in silenzio e non colgo sensazioni di invidia, ma solo partecipazione di uno stato d’animo positivo. Nel momento in cui mi sento di dare qualche buon consiglio di troppo, mi vedo scivolare nel tipico atteggiamento delle persone anziane: elargire ad ampie mani la saggezza senile. Mi fermo appena in tempo.

Dopo una conturbante danza del ventre di Sabrina con Zidane, con musica originale in sottofondo, usciamo per ammirare il cielo stellato e terso. Le stelle cristalline pulsano nella vivida luce della luna che ci risparmia l’uso della torcia per muoverci. Siamo così felici ed estasiati che non abbiamo alcuna voglia di rumoreggiare, fra noi parliamo sottovoce. Zidane, allo scoccare della mezzanotte ci augura buon anno accendendo, fra le dune, fondi di bottiglia di plastica con petrolio, che compongono la scritta 2004. Un gesto inaspettato e quindi particolarmente apprezzato. Dimenticavo di riferire che nel frattempo gli apprezzamenti su Zidane hanno completamente perso la prudenza iniziale per essere più espliciti, schietti e decisi, se non addirittura audaci.

Io e Rosanna rimaniamo da soli a goderci questo paesaggio fatto di luce e di silenzio. Lei ancora non lo sa ma dentro di me sta maturando la convinzione di approfondire questa nuova esperienza di vivere il deserto. Sto già ipotizzando un futuro viaggio nel solo deserto. Ma non corriamo troppo. Viviamo il momento ed apprezziamo tanta bellezza e tranquillità dove persino la fredda luce lunare ci fa sentire il calore di questo luogo magico.

Provvediamo a preparare il nostro giaciglio con una certa cura, ed essendo i primi cerchiamo un posto dove non ci sia sabbia, che non sia troppo vicino al braciere ma a prova di spifferi, abbastanza defilato per non intralciare i giovani che al loro rientro dovranno risolvere analogo problema. La soluzione trovata è ottima e tranquillizzante, le tante coperte disponibili sembrano poter offrire adeguata protezione notturna. Ciliegina sulla torta sono disponibili anche dei materassini che faciliteranno il sonno.
Il gruppo, al suo rientro manifesta una gioiosa tranquillità. Sbirciando dal sacco a pelo con occhio sonnolento, ho la sensazione che la preparazione dei loro giacigli sia meno problematica della nostra. Il sonno prende tutti abbastanza velocemente e nemmeno un topolino, che sospettoso si aggira fra i sacchi a pelo, provoca scene di isteria o di preoccupazione.
La luna inonda con la sua luce la tenda, al punto tale che man mano che gli occhi si abituano alla semioscurità il suo contorno è sempre più nitido fra le trame del telo della tenda. Tutto è straordinariamente bello: la luce, il silenzio, il tepore del giaciglio e perché no la gioia del gruppo.
La nostra prima notte nel deserto.

Ed era una notte di inizio primavera quando il nonno materno mi destò per una passeggiata nei campi che ancora attorniavano il mio paese natale. Si sa che le persone anziane soffrono di insonnia. Era buio pesto e l’aria mi dava strani brividi di freddo sulla pelle ancora tiepida per il calduccio delle coperte.
Lasciare il cortile, con le sue ringhiere su cui si affacciavano ben allineate porte scricchiolanti e persiane cadenti, era un pò come lasciare il mondo che ti dà certezza, sicurezza e protezione assoluta. In fondo i campi non erano così lontani, bastava girare intorno alla Chiesa, proseguire verso l’asilo infantile e subito il ciottolato lasciava spazio alla terra battuta che confinava con il verde dei campi. 500 metri che mi portava in un mondo nuovo: nel silenzio del mattino lo sciacquio dell’acqua dei fossati ed i primi canti di qualche gallo mattutino rompevano i nostri passi. Stringevo ancor più forte l’ossuta mano del nonno: il nuovo può anche non mettere paura ma il batticuore di bimbo aveva bisogno di verificare la presenza fisica della persona vicina. Un ricordo limpido: la trasparenza dell’acqua che correva nel piccolo fosso di campo teneramente verde, tempestato di fiori gialli, qualche lontana voce che rompeva il silenzio irreale. Nella mia mente non una passeggiata mattutina, ma il tuffo in un mondo nuovo fatto di colori e silenzi sconosciuti. Proseguimmo per la stradina di campagna verso case con i muri di cinta o le reti divisorie assalite dalla campanelle di primavera. Un fiore poco significativo, debole all’apparenza, con i petali delicati e le larghe foglie di un verde scolorito, ma volenteroso nell’affermare la propria esistenza. Aria di primavera!

E pensare che solo poche settimane or sono avevo scoperto col nonno il profumo della legna tagliata e la musica del gocciolio. Era una giornata di febbraio in cui un limpido sole scioglieva lentamente i ghiaccioli che il freddo della notte aveva modellato con la solita maestria. La giornata era stata fredda per tutta la mattinata ma poi la bella luce invernale aveva convinto il nonno a portarsi sul retro del cortile, in prossimità degli orti, dove di solito le famiglie tenevano la legna e i pochi arnesi per la cura degli orti in angusti locali ricavati con tavole di legna. Spesso accompagnavo i nonni per raccogliere i pezzi di legna per rifornire la stufa che, famelica, ne bruciava in gran quantità. Ma quel giorno il nonno decise di mettere un po’ di ordine all’interno della casupola, cosicché la nostra permanenza si prolungò per un paio d’ore. Sarà stata poi un po’ di stanchezza se non l’età, ma il nonno, che si era seduto sulla parte bassa della legnaia, si appisolò. Non mi sfiorò minimamente il desiderio di tornare dalla nonna, rimasi nella legnaia, di guardia. Ancora sento nelle narici il profumo della legna tagliata ed il lento gocciolio dell’acqua che abbandonando il ghiacciolo del canale andava a formare minuscole pozze d’acqua di strabiliante regolarità. Nel silenzio irreale che solo un paesaggio innevato sa dare, il cadere della goccia sembrava non voler disturbare il sonno del nonno. Il tempo fu breve, ma passò anche molto in fretta. E quando il sole cominciò a nascondersi dietro i tetti ed il freddo ritornò in tutto il suo rigore, tornammo a casa con la nostra scorta di legna.

Anche ora stiamo tornando a casa, il campanile ha appena annunciato la prima messa ed alcune persone anziane, in gran parte avvolte da abiti neri, si avviano verso la chiesa. Anche noi andiamo in quella direzione, verso casa.
Quando torno, con l’animo che ancora trepida per la scoperta di un mondo sconosciuto, non ho nessuna voglia di tornare per qualche ora a dormire, ed allora attendo che gli amici si alzino per raccontare loro ciò che ho visto. Son passati più di cinquant’anni ma nulla è cambiato, ad ogni scoperta del mondo mi pervade una gran voglia di raccontarlo a tutti. Non per vanteria, ma solo per trasmettere l’emozione di quanto è bella questa piccola palla azzurra.

Nel frattempo il nonno seduto su una seggiola in mezzo al cortile sbriciola un pò di pane raffermo. Gli uccellini timidamente rubano qualche briciola. Ai miei occhi, occhi da bambino, il nonno era San Francesco.

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