Viaggio da Urumqi a Beijing passando per il Taklamakan

di Patrizia Sordini –
XINJIANG: regione autonoma della Repubblica Popolare della Cina.
Confina con la Regione autonoma del Tibet, il Qinghai, il Gansu, la Mongolia a est.
La Russia a nord
Il Kazakhistan, il Kirghizistan, il Tajikistan, l’Afghanistan, il Pakistan e il Kashimr a Ovest.
Il suo nome significa “NUOVA FRONTIERA” ma i suoi abitanti preferiscono chiamare la loro terra “TURKESTAN ORIENTALE”
La sua superficie è di 1.650.000 Km quadrati e ha una popolazione di 19 milioni di abitanti.

Ci siamo. Eccoci a Nizza.
Certo dopo la brutta esperienza di ieri, il mio umore non è dei migliori. Una cosa spaventosa, se fossi stata superstiziosa sarebbe stato un dramma. Comunque anche così sono rimasta molto scossa.
Il motivo di tanto affanno? Semplice, mi è scoppiata la caffettiera. Non mi riesco a spiegare come abbia potuto fare, ma l’effetto è stato terribile. La cucina è praticamente tutta imbrattata di fondo di caffè.viaggio in Cina
Si trova ovunque, e dovevo andare via, non avevo il tempo di pulire, quindi adesso sono qui all’aeroporto, seduta senza fare niente, aspettando…e ripensando a casa, ringraziando il signore che non mi sono fatta niente!
Ci mettiamo in coda, Dom (mio marito) e io, abbiamo il biglietto elettronico, ogni anno è diverso. Si avvicina un addetto, ci spiega che non serve fare la fila, possiamo fare benissimo da soli, ci sono le macchinette apposta! Lo guardo dritto negli occhi, intanto penso ma questo dice sul serio? E’ tutto vero, infatti, notando il nostro imbarazzo esegue lui la trafila, per quest’anno è andata, tanto l’anno venturo sicuramente studieranno qualche altra diavoleria.
L’aereo per Pechino partirà alle 11,10, sono le 9,00, nell’attesa cerco di rilassarmi, intanto mi guardo intorno: quanta gente in movimento!
I controlli sono meticolosi, meno male, sembra una perdita di tempo, ma nessuno si lamenta, anzi ringraziamo tutti molto soddisfatti.
Il tempo di sgranocchiare un assurdo panino offerto dalla compagnia e si atterra già a Londra, ho viaggiato al fianco di un colosso di 200 chili, almeno, e continuava a lievitare! L’atterraggio è stato un pochino violento…
L’aeroporto di Londra è spaventoso, ciclopico, esagerato, colossale e lo stanno ancora ingrandendo…
C’è gente ovunque, c’è chi dorme per terra aspettando di continuare il suo viaggio, c’è che si abbuffa al ristorante…
Il volo per Beijing dura almeno 8 ore. Sembra impossibile, ma partendo da Londra nel tardo pomeriggio, non abbiamo visto tramontare il sole, passando molto a Nord, la giornata è praticamente senza fine. Atterriamo in perfetto orario, il nuovissimo aeroporto ci accoglie, com’è? Scandalosamente bellissimo! La sua struttura futurista ammaglia, si starebbe ore a guardare, sembra fantascienza e invece è tutto reale. Recuperiamo i bagagli, prendiamo un trenino ed eccoci nel “vecchio” aeroporto, qui arrivai 10 anni fa, ora è stato declassato per i voli nazionali. Alle 15, ora di Beijing, abbiamo il volo per Urumqi. Una volta qui c’era solo deserto, ora la metropoli fa circa 2.100.000 abitanti, da non credere.
viaggio in TURKESTAN ORIENTALEE’ la città in assoluto più lontana da tutti i mari. La guida è già che ci aspetta, la burocrazia si è molto snellita dall’ultima volta che sono stata qui, facciamo presto. Salutiamo la ragazza che ci presenterà questa città enorme, è cinese, dopo le presentazioni ci tiene a precisare che qui, nello Xinjiang le razze sono tutte uguali, i cinesi e i Uiguri hanno le stesse opportunità, frequentano la stessa scuola e vanno molto d’accordo, insiste parecchio su questo. Posate le valigie andiamo a cenare, un superbo ristorane cinese, la cena è squisita e succulenta, ma abbiamo molto sonno e siamo molto stanchi.
Al mattino visita al Lago del Cielo, per arrivarci c’è un’autostrada a sei corsie, è praticamente finita, presto arriveranno anche gli alberghi e tutte quelle strutture di indubbio gusto che piacciono tanto ai cinesi, ma per adesso a parte l’autostrada tutto è ancora integro. Il primo tratto lo facciamo con l’automobile, il secondo su un pulmino e il terzo è facoltativo: a piedi o con una specie di pulmino elettrico. Naturalmente saliamo a piedi. I cinesi si stanno interessando anche loro all’ambiente, o almeno ci provano.
Si possono noleggiare dei battelli, noi abbiamo preferito fare il giro del lago seguendo le sue sponde. Il pranzo è stato una favola, spiedini riso e altre ghiottonerie. Nel pomeriggio visita al gran bazar, naturalmente da soli. Mi sento molto stanca e assonnata, la guida continua a chiedermi se sto bene…il gran bazar sembra ossigenarmi, dimentico i miei problemi e mi tuffo nei colori e negli odori inebrianti, odori così forti e penetranti che si fissano sui vestiti e sulla pelle.
Le etnie effettivamente sono molte, un vero crogiolo di razze: cinesi, uiguri, asiatici delle repubbliche ex sovietiche, russi, una bimba aveva i capelli biondi e ricci, le sembianze cinesi, un vero spettacolo!
La guida, cinese, continua a rimarcare che vanno tutti molto d’accordo, che la convivenza è piacevole e vige tra loro il massimo rispetto, avendo di natura un carattere positivo le voglio credere.
Sono le 19,30 le 13,30 a casa, siamo all’aeroporto, di nuovo, destinazione Kashgar, arrivati dopo un volo di circa 1,30, incontrata la nuova guida, un ragazzo Uiguro, rimandiamo tutte le esplorazioni a domani.
Prima visita verso il Karakuli 3800 metri, il lago si trova ai piedi del Monte Muztang di 7546 metri, chiamato il padre delle montagne di ghiaccio, il tempo è magnifico: l’azzurro del cielo, il bianco della neve e il rosso delle montagne, offrono una gioia per gli occhi e una pace per lo spirito; il fiume che forma questo lago non arriverà mai in nessun mare, infatti esso si perde nel deserto.
La strada continua e attraverso il mitico Khunjerab Pass si può arrivare in Pakistan, ma ora non è consigliabile, questo paese non è sicuro per i turisti, anche se la nostra guida è ottimista e ci dice con estrema sicurezza che fra un anno il Pakistan sarà di nuovo sicuro. Come invidio quei viaggiatori che hanno potuto vedere questo meraviglioso paese, prima che l’integralismo e il terrorismo lo rovinassero e spero tanto che la guida abbia ragione, anzi voglio credere alle sue parole.
Non si incontra nessuno, alcuni cammelli pascolano felici, chissà forse saranno liberi? Mi piace comunque pensarlo. Kashgar è sempre stato un punto strategico per le carovane, passa di qui la mitica Via Della Seta, ancora oggi gli scambi commerciali sono molto fiorenti. Ovunque miniere di carbone, che lavoro bestiale! Cerco di immaginare gli uomini dentro quelle caverne, la fatica che fanno e il pericolo che devono affrontare…
Siamo fermi, nel nulla come d’incanto si materializza un posto di blocco. Alcuni militari minuziosamente ci controllano i documenti, i visti, ci sono delle belle inquadrature potrei fare qualche scatto…non mi fido, dove ci sono i militari è meglio non farsi notare!
Il tempo era bellissimo, ora, purtroppo che siamo sulle rive del lago il cielo si è coperto, possiamo dire addio a tutti gli effetti di luce che ci avevano promesso, è sicuramente suggestivo essere qui, ma il nuvoloso appiattisce le acque rendendole una distesa di acqua grigiastra: un vero peccato.
Ora per il pranzo ci sono due possibilità: o si pranza al ristorante dal lago, turistico e vegetariano. Oppure ci si ferma da una signora che cucina dell’ottima zuppa di pecora. E’ logico che scegliamo la signora e la sua zuppa.
La scelta è giusta, infatti a queste quote non ci sono verdure, quindi queste devono essere importate, le pecore, invece sono allevate insieme agli yak costituiscono la dieta delle popolazioni locali. La zuppa è molto buona, c’è della carne di pecora bollita cipolla e pane fresco da inzuppare nel brodo, l’ambiente è molto colorato, tappeti variopinti fanno da pavimento e da seduta, drappi colorati alle pareti aggiungono ancora allegria a tutto l’insieme, mi piace!
L’oste e la sua famiglia vivono di allevamento e arrotondano servendo i turisti di passaggio. La porzione di zuppa è costata 20 yuen (20 cent di euro) a porzione…
Sono già in macchina da qualche minuto e mi rendo conto di aver dimenticato la mia sciarpa dalla signora, mi rammarico, era un ricordo di mia mamma, ma ormai non posso tornare indietro, vorrà dire che la signora si ricorderà di me…
Sulla via del ritorno ci siamo trovati faccia a faccia con una tempesta di polvere. Spaventosa, sembra un muro, si vede già da lontano, la strade entra al suo interno e non si vede più niente. E’ peggiore della nebbia, infatti dobbiamo tenere i finestrini chiusi e nonostante tutto si sente la polvere che si insinua dappertutto. La guida ci dice che si tratta di un fenomeno eccezionale, ma non si direbbe osservando le persone. Sono tutte molto tranquille, riusciamo a vederle solo quando sono a pochi metri dall’automobile, anche i bimbi, da soli, percorrono la strada con la loro borsa dei libri, tranquilli, qualcuno indossa una mascherina, altri si sono coperti la faccia con dei fazzoletti, un motociclista e il suo bimbo immersi in questa tormenta proseguono il loro cammino…
Loro non sono allarmati, ma per me è stata un’esperienza forte.
L’effetto è provocato dal vento implacabile, alza la polvere, questa è leggera e rimane sospesa e continua a salire, intanto altra se ne aggiunge fino a oscurare il sole, come se fosse nuvoloso, fino a togliere la visuale e il respiro. Si vede già da lontano, il cielo prende il colore della terra, e si vede che si avvicina. Nel momento più cruciale ho pensato alle carovane, quando si trovano e si trovavano in questa situazione, questa zona è da sempre molto battuta, stiamo percorrendo la propaggine del deserto dei Gobi, che qui si unisce con il deserto del Taklimakan. Chissà quante di queste carovane non sono riuscite a superare questi spazi, chissà quanta gente ha inghiottito questo enorme deserto. E non dobbiamo dimenticare che anche grazie a loro se il progresso è andato avanti, infatti da sempre lo scambio culturale ha portato progresso e lo lo scambio economico ha portato ricchezza. Io mi arrabbio come una iena quando sento certe persone, ignoranti che protestano contro la globalizzazione, questa infatti c’è sempre stata, prima toccava pochi paesi, quelli conosciuti o raggiungibili, e poi cosa fanno per protestare? Usano INTERNET! Non si può fermare il progresso e lo sviluppo.
E poi, se noi abbiamo raggiunto un buon tenore di vita e abbiamo degli agi, perchè non dovrebbero averli anche loro? Dovrebbero restare così almeno noi possiamo andarli a vedere? Non mi sembra giusto.
Ma ritornando alla tempesta, è stata superata, ne siamo fuori, ma vi assicuro: è stato spaventoso.
La cena la consumiamo in un ristorante Uiguro, ancora pecora bollita e nudols di farina di grano, praticamente pasta e yogurt molto acido, come dovrebbe essere, niente birra.
Parlando la nostra guida ci illustra il suo pensiero sugli occhiali da vista. Io sono obbligata a portarne due paia, per vicino e per lontano, secondo la sua teoria è la carne di maiale che fa perdere la vista, infatti ci fa notare che i mussulmani non portano occhiali perchè ci vedono benissimo, poi si accorge che ne porto due paia e ridendo mi chiede: “ma quanta carne di maiale ti sei mangiata?”
In mattinata giro panoramico della città, fino alle 11,00 non c’è mai nessuno in giro, che dormiglioni.
Bellissimo il mausoleo di APAK HOJA MAZAR, e anche molto bella la sua storia. Ci troviamo sempre a Kashgar, Nel 1640 circa è arrivato in queste terre dal Turchenistan Apak Hoja Mazar, con lui ha portato il culto di Maometto cioè l’Islam, prima tutta la popolazione era buddista. Fondò la Madrasa, ovvero la scuola coranica, si sposò ed ebbe dei figli, molti. Uno dei suoi figli, alla morte del padre, fece costruire questo mausoleo in ricordo del genitore. Attualmente riposano qui 72 persone 5 generazioni.
Nel 1956 ci fu uno spaventoso terremoto. Il mausoleo fu raso al suolo. La popolazione si prodigò per ricostruirlo, anzi la ricostruzione ricominciò proprio da qui. Tanta era la devozione. Le piastrelle che rivestono l’intero edificio sono state cotte in un forno lontano 200km. , furono portate fino a qui di mano in mano, le strade erano tutte divelte. Cerco di immaginare una colonna umana di 200km. Ma con tutta la buona volontà non riesco a credere…
Esternamente ricorda i monumenti dell’Asia Centrale, internamente tutti i sarcofagi, 72, ricoperti ognuno da drappi damascati dai colori sgargianti, messi tutti intorno a quello più importante di Apak, quelli delle donne più piccoli, quello dei bimbi ancora più piccolini mi dà un senso di sgomento…quanta gente!
Contemplando la maestosità dell’edificio e, rilassati dalla disponibilità della guida oso chiedere: “Quando sono arrivati i cinesi nello Xinjiang?”
So che è una domanda inutile, su qualsiasi libro di storia troverei la risposta, ma avendo io un vuoto di memoria e avendo l’occasione di avere le risposte senza fatica…ne approfitto. La guida, improvvisamente si fa serio, è un giovane ragazzo, mussulmano uiguro, mi guarda dritto negli occhi e ha pronunciato queste parole: “mi chiedi quando i cinesi hanno LIBERATO lo Xinjiang? Vai su qualsiasi libro di storia e trovi le risposte che cerchi, io non parlo di politica!”
POLITICA??? ma io volevo parlare di storia!
Ma poco dopo arriva il suo primo messaggio in codice, confessa di saper parlare e capire meglio l’inglese che il cinese.
Per i mussulmani di qui il giorno di preghiera è il giovedì, così mi dicono, ma anche stando molto attenti non siamo riusciti a sentire neanche un muezzin, forse il governo cinese tollera le moschee ma non vuole troppo rumore? Non oso più fare domande.
Finalmente il tanto atteso mercato del bestiame, si svolge tutte le domeniche a Kashgar.
Non è molto affollato, pensavo di trovare più confusione, sinceramente. Mi rendo conto subito che un’intera ala è vuota: quella dei cammelli, infatti mi dicono che lo scambio di questi animali si svolge a settembre, mannaggia alle mie strelitzie…è per colpa loro se il tour l’ho dovuto effettuare a giugno! A settembre ci sono i nomadi Kirghisi, vendono i loro cammelli, dopo averli sfruttati tutta l’estate, l’inverno da queste parti è molto freddo 20-30 gradi sotto zero, tutte le bestie superflue vengono vendute e ricomperate poi all’inizio della stagione successiva.
Girovagando tra il bestiame mi trovo nella zona dei “basti” tutti i cordami, selle, morsi e…fruste sono ben esposti.
Mi si avvicina un venditore e mi offre una frusta, cerco di fargli capire che a me non serve. Ma lui con i suoi occhi vispi mi dimostra come posso usarla: indicandomi mio marito e facendo la mossa di frustarlo sulle gambe, confermando il mio sospetto: L’uomo ha il potere, ma la donna ha il comando!
Molto interessante assistere alle contrattazioni, anche se non si capiva niente di quello che dicevano, ma i gesti, le mosse e gli sguardi sono universali, molti anni fa al mercato del bestiame di VICOFORTE in Piemonte ho visto le stesse identiche trattative. Il compratore e il venditore stanno faccia a faccia, a un palmo di naso, e urlano forte come due persone che litigano, quando finalmente trovano l’accordo i sorrisi e le strette di mano si sprecano, poi guardando bene si capisce chi ha fatto l’affare migliore, infatti quello è il più felice.
Gli uiguri mangiano moltissima carne: pecora, agnello, montone, polli, non buttano via nulla, né pelle né grasso. Tutto viene cucinato. In questo mercato non si vedono cinesi, in molti quartieri non si vedono cinesi, sembra che vivano vite separate, camminano fianco a fianco ma le loro strade non si incrociano, mai. Una cosa che non riuscivo a spiegarmi, il pranzo da quando siamo nello Xinjiang, viene sempre servito alle 15,00, poi inaspettatamente la guida si svela, loro, gli uiguri, seguono un’ora diversa da quella di Pechino, diversa di due ore, quindi quando a Pechino sono le 15,00 da loro sono le 13,00 ecco perchè pranzano così tardi, ecco perchè al mattino prima delle 11,00 non si vede nessuno in giro.
Solo gli uffici, i treni e gli aerei seguono l’ora ufficiale.
La mattinata è cominciata così-così, non sto troppo bene, stanotte ho dormito poco e male, alle 10,00 abbiamo l’appuntamento con la guida. Alle 9,40 bussano alla porta, è la cameriera ai piani, entra e perquisisce tutta la stanza, noi siamo qui e guardiamo increduli. Controlla meticolosamente ogni cosa. Ci sentiamo a disagio. E’ tutto a posto, A questo punto sorride e ci dice che possiamo andare. Questi cinesi!
Oggi ci aspetta una tappa lunghissima, circa 850 km. Attraverso il deserto. La strada è velocissima, molto bella, ma il limite di velocità consentito è di 50 km orari, ci sono molto spesso dei posti di blocco, controlli su controlli, all’ultimo la guida e l’autista bestemmiano in turco, non capiamo ma non vogliamo fare domande, riusciamo poi a sapere il motivo di tale reazione: i militari vogliono che in macchina ci sia un estintore, li capisco…non sono ancora pronti per la prevenzione.
Per il pranzo ci siamo fermati in un ristorantino in una città anonima, tutti palazzoni di stile sovietico, bruttissimi. In compenso il pasto è buono: piccioni alla griglia.
Proseguendo incontriamo un incidente: un passante è stato investito da un motociclista. Il poverino ha la testa insanguinata, è seduto sul ciglio della strada, sembra spaventato e sofferente, ma intorno a lui non c’è nessuno, sono tutti intenti a osservare la moto, a rilevare gli eventuali danni subiti dalla carrozzeria o dal motore, certo qui la vita umana ha un altro valore, mentre i motori sono un bene prezioso, per capire bisognerebbe vivere qui, comunque osservo senza giudicare.
La visita di oggi non è stata molto interessante, l’unico sito è un mausoleo dedicato a una regina che scrisse un poema. Forse l’unica cosa interessante è politica, cioè il riconoscimento da parte dei cinesi di un poema uiguro, noto che c’è sempre più tolleranza…
La città non è assolutamente interessante.
Di nuovo in viaggio, di nuovo deserto, non c’è nulla a destra e nulla a sinistra.
La strada è molto scorrevole, molto trafficata.
Fa abbastanza caldo e il cielo è coperto.
Guardando una cartina ci rendiamo conto di essere tra il Tibet e e il deserto, quello del non ritorno, il Taklimakan, appunto.
Tutta la zona è famosa per la forgiatura dell’acciaio, è la prima attività.
Nel pomeriggio ci fermiamo vicino a un fiume, la guida esce un’anguria e con il suo coltello nuovo, appena comperato, ne fa delle fette e le distribuisce a tutti: deliziosa.
Riprendiamo il viaggio. Ogni tanto si incontra un’oasi, e come d’incanto molta gente appare dal nulla. Non saprei dire se sono oasi naturali. Ma conoscendo i cinesi, fanno presto, loro a fare due canali e portare l’acqua anche a molti chilometri di distanza.
Ovunque è possibile ci sono delle coltivazioni di pioppi, sono usati per il legname.
Eccoci a Hotan, la prima città dopo Kashgar dove pernotteremo.
Altro messaggio in codice da parte della guida.
Ci accompagna per la cena in un ristorante cinese, ci dice che pensa che vogliamo cambiare menù. Va bene. Ma il ristorante da lui scelto è una topaia nel vero senso della parola. Ora se fossi in un’oasi in mezzo al deserto non mi meraviglierei, ma siamo in una città enorme, Dom mi guarda, io guardo la guida, siamo imbarazzati. Allora lui capisce e ride, non vi va bene? Chiede, allora vi porto in un ristorante uiguro…il più lussuoso che abbia mai visto!
Entrando ci dice divertito: “questo è il ristorante della mia gente, quello era un ristorante cinese, visto la differenza?”
Hotan!
Primo giro al mattino presto nelle sue strade.
E’ una tipica città dell’Asia centrale, non c’è un vero centro storico, sembra tutta moderna, tutto ricostruito. Sono zone altamente sismiche e quello che è risparmiato dai terremoti non sopravvive ai cinesi. Grandi marciapiedi e strade enormi, palazzi e grattacieli, pensare che fino a pochi anni fa era anche lei una semplice oasi nel grande deserto.
Girovagando eccoci nella Piazza del Popolo, ogni città cinese ha la sua. E’ dominata da una gigantesca statua di Mao che abbraccia un contadino uiguro, a memoria della loro liberazione…da cosa poi?
La cosa interessante, però è l’edificio che dà sulla piazza. E’ uno stabile adibito a uffici, sul suo tetto fa bella mostra di sé il logo del nucleare, che diavoleria sia non ci è dato di capire. Ma quello che notiamo è molto interessante. Sono le 8,30, tutti gli impiegati sono arrivati, prima di salire ai loro rispettivi uffici…fanno mezz’ora di ginnastica… vedrete…i cinesi conquisteranno il mondo!
Finito l’esercizio fisico, si procede alla lettura del programma della giornata, tutto il lavoro da portare a termine nelle 10 ore di lavoro. Ecco la differenza tra noi e loro: la produttività e la disciplina!
Siamo con la guida, dobbiamo pagare pegno. Infatti, in qualsiasi paese, se hai la guida arriva il momento che DEVI andare nel tristissimo negozio di souvenir! Non se ne può fare a meno. Non comperiamo mai nulla in questi posti, ma tant’è ogni tanto ci tocca. In questo caso è un laboratorio di giada. Nei fiumi di questa zona se ne trova tanta, qui la lavorano e la vendono. Alla faccia della sicurezza sul lavoro! Gli operai sono tutti giovanissimi, tagliano la pietra senza alcuna protezione né per gli occhi né per le mani. L’esposizione: è scandalosamente cara. I prezzi si aggirano intorno al milione, delle vecchie lire…
Poi andiamo anche noi al fiume, visti i prezzi, se trovassi una giada…mi pago il viaggio…
Ma non c’è storia, non si trova niente, ma è interessante guardare la folla che vaga, a piedi nudi, nel letto del fiume con una speranza nel cuore.
Altro dovere: il laboratorio della seta…ormai unicamente turistico. I lavoranti sono tutti molto vecchi, quando ci vedono arrivare cominciano a fare qualche lavoretto, è una cosa simbolica…che tristezza, lo sanno tutti che ormai la seta si produce nelle industrie, perchè ci propinano certe sceneggiate.
Quanto vorrei avere il coraggio di girare in queste terre, senza né guida né autista, usando i mezzi locali, confondermi con la folla, ma ho sempre pochi giorni, e se voglio riuscire a vedere qualcosa in 10 giorni…devo pagare pegno.
Stiamo visitando la città di Yutan. A prima vista sembra un paese anonimo, ma basta girare un pochino che subito ne scopriamo il cuore palpitante. Ecco il mercato, faccio qualche acquisto,
è sempre molto sicuro e tranquillo, non c’è mai alcun pericolo, le persone sono molto gentili e socievoli.
Eccolo, finalmente il DESERTO, è per lui che sono arrivata fino qui!
Ha un’area di 270.000 km quadrati, si estende sul bacino del fiume Tarim, è costeggiato a nord e a sud dalla VIA DELLA SETA. Adesso è possibile anche attraversarlo e non solo costeggiarlo, perchè il governo cinese ha costruito un’autostrada, lunga 530 km. Ai suoi lati impianti a pioggia permettono la crescita delle piante, servono per proteggere la strada dalla sabbia, un lavoro faraonico costato 70 milioni di yuen ovvero 14 miliardi di vecchie lire.
Il Taklamakan…ovvero il deserto del non ritorno…
La mitica via della seta…non mi sembra vere di calpestare le sue sabbie, le sue dune immense, alcune sono alte anche 30 metri…ed è tutta sabbia! E quante impronte sulla sabbia. Impronte di insetti, di serpenti, di animaletti e forse anche dei lupi. Che traffico di animali su un terreno così inospitale.
Camminare sulle dune è veramente faticoso. Si sente la terra sotto i piedi che si muove, ci si affonda come nella neve, ma è sabbia…
E’ strano però l’effetto: il grigio della strada, il verde inteso delle piante il mare di dune che si estende all’infinito…
Sono in camera, una camera di una specie di albergo, per camionisti. Niente di lussuoso. Anzi.
Ma non mi aspettavo certo il Grand Hotel!
Ma gli insetti nelle lenzuola, quelli neanche me li aspettavo, non li sopporto. Ma, haimè, non c’è alternativa, devo passare la notte con loro.
Dopo cena passeggiata sulle dune con la luce del tramonto.
Si dice che si va nel deserto per ritrovare se stessi. Per me è diverso. Viaggio come diceva Tucci, per togliermi dalla monotonia della vita. Nell’ultimo suo libro che ho letto: “La valle dello Swatt”, Tucci scriveva queste righe:” datemi un lavoro in ufficio, la routine dei giorni tutti uguali e sono un uomo morto”…è assolutamente anche il mio pensiero.
Poi sono curiosa, mi piace vedere altri paesaggi, altre culture a altre tradizioni, senza per forza dover capire o condividere, e sopratutto senza giudicare.
Mi piace viaggiare in punta di piedi, non insegnare niente a nessuno, ma se possibile imparare…
La nottata? Passata a cacciare insetti, ho vuotato la mia bottiglietta di repellente!
Ancora qualche foto a sua maestà IL DESERTO e siamo a Korla
Città grandissima, usciamo, girovaghiamo per le sue strade, sono le 18.00 i bimbi stanno ancora studiando, passando davanti a una scuola, attraverso le finestre aperte si possono osservare gli studenti…ma sono tutti cinesi. La guida a Urumqi ci aveva detto che studiavano insieme…io ci avevo creduto, invece ora mi rendo conto che le lezioni si svolgono in aule separate, un vero peccato.
Giornata lunga quella che ci attende. Ci dirigiamo verso il Bosten like, un lago incontaminato, ancora per poco, purtroppo, ma l’autista non conosce la via per arrivarci, Continua a chiedere, prima ai Uiguri, poi ai cinesi, torniamo indietro numerose volte, ma alla fine ci riusciamo. E’ bello essere qui. Sulle sue acque una sola piccolissima imbarcazione. Sembra che stiano pescando. Guardo meglio, no stanno raccogliendo le alghe. L’unico battello vuole 500 yuen per farci fare il giro del lago. Ci sembra eccessivo così ci accontentiamo di ammirare. Presto qui ci saranno alberghi e centri commerciali, stanno già costruendo l’autostrada: questi cinesi!
Povera me! L’autista non conosce neanche la strada per l’oasi di Turpan, ma visto che è molto tardi si decide a chiedere direttamente ai cinesi…
Turpan è da sempre il nodo cruciale della via della seta, tutte le strade portano qui e da qui ripartono.
Da prima di Marco Polo sicuramente, qui si coltiva l’uva. Da sempre questa è stata essiccata.
Quando mi inoltro nei pergolati, lunghissimi, immagino le carovane, dopo aver passato intere giornate nel deserto ritrovarsi qui, vedere l’acqua fresca che scorre, il fresco dei pergolati, penso che dovessero sentirsi come in paradiso!
Arriviamo molto tardi, sto male, la diarrea mi ha colpito. La guida insiste che dobbiamo fare almeno due visite, domani non ci sarà tempo per tutto. Nonostante tutto, non mi tiro indietro, non mi arrendo!
Quindi eccoci a Jiaohe, una città rovina. Molto estesa, è fatta di fango. Non resta molto.
Ma è stata una fortuna arrivare tardi, infatti la luce è perfetta e non ci sono altri turisti.
Veramente suggestivo.
E’ mattino e siamo pronti per le ultime visite: la moschea, le grotte dei mille Budda, infatti anche qui in passato erano buddisti, ma è rimasto poco in questo sito, quello che non è stato portato via dagli archeologi inglesi e italiani, l’hanno distrutto gli abitanti una volta diventati mussulmani: che tristezza.
Gli unici affreschi ancora visibili sono quelli sulle volte, ma sono stati impiastrati di fango, lanciato appositamente per cancellare.
Ora il governo cinese ha capito che questi siti sono una rendita economica, così noi andiamo a vedere quel niente che resta.
Questo sito avremmo voluto evitarlo e, invece concederci invece un giro per i mercati.
Sto sempre più male!
Urumqi, ormai conosco questa città, chiediamo alla guida di lasciarci stare, basta visite guidate, vogliamo viverla per conto nostro, bighellonare per le sue strade, osservare la sua gente…
E’ domenica, sono le 8,30, la mia pancia fa ancora i capricci. Forse è lo yogurt che mi ha fatto male? Sembra che le pastiglie comincino a fare qualcosa, ho preso il “DISSENTEN”…
Di nuovo all’aeroporto, ci aspetta il volo da Urumqi a Beijing, il nostro viaggio sta finendo. Controllo dei bagagli, scoprono il coltello che avevo comperato a Kashgar, mi dispiace tanto ma sono obbligata a regalarlo alla guida. Ma come pensano che potrei usare un coltello messo in valigia, chiusa a chiave e sistemata nella stiva???
L’ultimo giorno in Cina, dedicato a Pechino, senza nessuno che ti dice dove andare, finalmente liberi di perdere tempo come vogliamo, di sederci nella grande piazza Tienanmen e osservare.
Cercare un ristorantino e sceglierlo solo perchè è affollato di cinesi, cercare di ordinare su un menù scritto in cinese, ridendo tra noi felici di non capirci niente.
Andare a esplorare quello che rimane degli “utong” le antiche abitazioni e scoprire che dietro i grattacieli di cristallo resistono ancora.
Sono felicissima, questo viaggio, mi ha dato moltissimo. E’ già la quarta volta che visito la Cina, questo stupendo paese dalla storia millenaria, sono sempre più convinta che dovremmo imparare molto dai cinesi invece di criticarli…
Eccomi di nuovo a casa. I voli di ritorno sono stati tranquilli.
Mio figlio mi ha tinteggiato tutta la cucina, non me l’aspettavo!!!
!!!GRAZIE!!!
Adesso tutto mi sembra un sogno, ho visto tanto in pochi giorni, devo riflettere per assimilare tutto, ma sono sicura che non ci vorrà molto… sto già pensando al prossimo viaggio…
Ringrazio di cuore anche il sig. Miao Yue dell’agenzia di Chengdu
la sua professionalità e serietà ne fanno un tour operator VERAMENTE affidabile.
Questi i suoi contatti: Email:ca@uuuz.com Web:chinatravelz.com



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