Avventura con tanti confini

di Eno Santecchia –
Il treno per l’Africa si ferma ad Aswan
Nell’Ottocento l’uomo d’affari e politico britannico Cecil Rhodes (1853-1902) sognava di unire il sud e il nord del continente, dal Sud Africa all’Egitto, con la linea ferroviaria Cairo – Capo. Dal 1894 al 1923 la sua società mineraria controllò la regione chiamata in suo onore Rhodesia, oggi Zimbabwe e Zambia. Benché da allora la rete ferroviaria africana sia stata ampliata, domenica 23 giugno 2013, proveniente da Luxor a bordo di un treno dell’Egyptians Trains National Company (ETNC), sceso ad Assuan, ho costatato che i binari non proseguono per Abu Simbel e Khartoum. Il treno per il cuore dell’Africa si ferma ad Assuan: il sogno di Rhodes non si è ancora avverato.

Stazione di Assuan

Settimio Barca è uno scultore e designer marchigiano che ha viaggiato molto con il proprio mezzo per il desiderio di conoscere, scoprire e fare esperienze nuove in modo anticonvenzionale.
Nell’estate del 1967, appena acquistata usata una 500 D (con sportelli a vento), programma un viaggio da Milano lungo la costa Azzurra fino ai Pirenei che percorre lungo il versante francese fino a San Sebastian, sui monti Cantabrici. Per strada c’è gran confusione a causa di un terremoto appena avvertito. Poi Madrid, Toledo, Valencia, Barcellona e ritorno, un viaggio di circa 2500 chilometri percorsi a ottanta all’ora. I ricordi più belli: le notti trascorse nei paradores (castelli restaurati), dove si gode di un’atmosfera medievale, con i letti a baldacchino; il prezzo contenuto è merito della buona gestione statale. Da quel viaggio comprende che deve dedicare una parte della sua vita ai viaggi.

Emigrato in Sudafrica, il primo viaggio lungo è con una Fiat 1500 a pagoda; va con la famiglia in nord Namibia, al confine con l’Angola, nel parco di Etosha Pan, il più grande. Solo l’andata sono 1800 km, in un terreno desertico, dove non esistono alberghi. Al ritorno, dopo pochi chilometri, uscito dalla riserva, si fonde il motore. A quei tempi non esistevano cellulari; un farmer della zona lo porta in un vicino paese; il meccanico, non avendo ricambi per quel modello, adatta ai pistoni delle fasce elastiche di un Fiat 2100, ma dopo duecento chilometri il motore si blocca. L’auto viene portata, con il carro attrezzi, a Windhoek (capitale della Namibia), dove un meccanico portoghese la acquista in cambio di un biglietto d’aereo per far ritorno a Johannesburg.
Dopo quell’esperienza compra una nuova Land Rover a benzina, modello 1974, serie IIA SWB, a passo corto.

pista sterrata

Preparativi
Nel frattempo Settimio matura l’idea di lasciare il Sudafrica perché non vuole che il figlio cresca sotto l’apartheid; di conseguenza pianifica un viaggio di ritorno in Italia attraverso l’Africa. Nel 1961 l’ONU aveva dichiarato l’apartheid crimine contro l’umanità, il Sudafrica era stato espulso dal Commonwealth e nel 1964 Nelson Mandela era stato condannato all’ergastolo per cospirazione e alto tradimento.

Settimio, oggi, è in possesso di pochissime foto: fa una gran fatica a ricostruire quanto ricorda di quel lunghissimo viaggio. L’ho ascoltato e ho fissato per iscritto i suoi ricordi, con la maggiore cura possibile, e con alcuni chiarimenti e mie considerazioni.
Google Maps ci dice che oggi la distanza stradale tra Johannesburg e Tunisi è di 10.976, km percorribili in 159 ore (poco meno di sette giorni)! Bisogna considerare che l’Africa di trentanove anni fa era diversa: differenti confini (Biafra, Rhodesia), c’erano guerre, rivoluzioni, frontiere chiuse, oltre ai normali fenomeni naturali: piogge equatoriali, siccità, malaria, epidemie, ecc. Purtroppo i conflitti anche se in luoghi e per motivi diversi, vi sono anche oggi.
Settimio spende almeno sei mesi, nei week-end, per adattare gli interni del fuoristrada con ciò che può essere di prima necessità per affrontare un viaggio di alcuni mesi, vivendo nella Land Rover.
Equipaggia un portapacchi esterno che si estende dal paraurti anteriore a quello posteriore fissato direttamente allo chassis, per preservare la carrozzeria di alluminio. Per alcuni mesi consulta le mappe stradali Michelin, uniche esistenti, per tracciare un itinerario sicuro che lo avrebbe portato in Italia attraverso il continente africano, chiedendo dettagliate informazioni anche ad alcuni amici, conosciuti di recente, giunti in Sud Africa dall’Europa. Imbarca il figlio in un aereo diretto in Italia, a casa dei nonni, per non mettere a rischio la sua incolumità; oggi dice che il viaggio non fu tropo rischioso: il ragazzo si sarebbe divertito. Con lui parte una donna.
A malincuore sta lasciando una nazione che gli ha dato buone soddisfazioni: vi ha intrapreso una buona carriera di progettista di architettura, ma era prevalso il disaccordo con quel sistema politico.

Terminati gli ultimi preparativi, fornito di cibo liofilizzato, pezzi di ricambio per l’auto, una riserva di almeno 250 litri di benzina, un fornello, un frigorifero a gas e una tenda pieghevole fissa sul portapacchi finalmente parte. Ha già immatricolato l’auto nello Swaziland: a causa delle sanzioni diversamente con una targa sudafricana non avrebbe potuto circolare in nessun paese dell’Africa meridionale. Per evitare seri problemi ha tolto tutte le etichette dei prodotti made in Sudafrica. Questo valeva pure per il visto di permanenza in Sudafrica: aveva ottenuto perciò il nuovo passaporto dall’ambasciata italiana, e il “carnet de passage” (un’assicurazione RCA internazionale) giunto dall’Automobil Club d’Italia, per far risultare una provenienza italiana. Una vetrata laterale della Land Rover viene pitturata con la bandiera e la scritta Italia, in modo da garantire passaggi sicuri.

Si parte verso nord est
Parte da Johannesburg il 14 agosto 1974, alla volta del Botswana, con un carico totale di 2,5 tonnellate, cioè con cinque quintali di sovraccarico, peso che gli procurerà problemi alle balestre: infatti, le dovrà sostituire a Bulawayo, in Rhodesia (oggi Zimbabwe), con altre costruite appositamente.
Una volta assicurato il fuoristrada in tutte le sue funzioni, parte per le Victoria Falls, al confine tra Rhodesia e Zambia; dove, in un campeggio, incontra un gruppo di ragazzi che hanno intenzione di attraversare l’Africa con un camion allestito appositamente per venti persone. Sono giovani di tante nazionalità (europei e americani) che incontrerà in seguito lungo il tragitto fino al deserto del Sahara, con i quali trascorre delle bellissime serate in allegria. Arrivano di fronte a quello spettacolo incredibile, dove non c’è nessun turista causa la guerra d’indipendenza della Rhodesia: non è consentito l’accesso direttamente in Zambia. Deve prendere la direzione di Caprivi Strip, una zona franca che gli permette di arrivare in Zambia indirettamente dalla Rhodesia. Alla frontiera con lo Zambia deve esibire il passaporto nuovo, dove non risulta la provenienza sudafricana; il vecchio documento era stato distrutto.
Si reca a Livingstone (lato delle cascate dello Zambia), dove lo spettacolo è ancora più grandioso; da lì proseguì per Lusaka, dove si accampa per la notte.
Procede per Lilongwe, in Malawi, fino a Blantyre. Arrivato tardi a Chipata, alla frontiera del Malawi, si ferma per una notte, facendo amicizia con i doganieri che gli insegnano come accendere un fuoco senza l’aiuto dei fiammiferi: strofinando un bastoncino di legno, finché la paglia non si accende.
Lasciato Blantyre, percorre la strada lungo il lago Niassa, ma a un certo punto deve caricare il fuoristrada su un traghetto per raggiungere Karonga al nord del lago: straordinario vedere quest’unico mezzo di trasporto dal sud al nord del lago stracarico di gente dai costumi colorati che esprimono una gioia contagiosa! A Karonga si ferma lungo il lago, dove i pescatori vendono del delizioso pesce appena pescato: ne riesce una cena prelibata.

Il giorno dopo parte in direzione di Tunduma, al confine con la Tanzania. Qui sorgono i primi problemi: il doganiere si accorge che il carnet de passage non è valido per quel paese; dopo animata discussione, si accorda pagando una cauzione di 300 dollari per far transitare il veicolo in Tanzania e Kenya. Effettivamente l’Automobil Club d’Italia di Milano aveva rilasciato un carnet non valido per alcuni paesi africani. Lo scoprirà solo a Dar es Salaam, contattando l’ACI di Milano, che gli promette d’inviare un carnet nuovo, da ritirare a Nairobi.



Prima di Iringa trova un cantiere cinese recintato: stanno costruendo la Tanzania Railways; sono migliaia e vivono tutti nello stesso posto senza partecipare alla vita del luogo: lavorano e basta.
Giunto a Dar es Salaam si reca al centro per prendere un caffè, in un locale con l’insegna italiana. Parcheggiato il fuoristrada, chiede al proprietario italiano di fare guardare l’auto a un ragazzo di fiducia. Dopo la consumazione, ritornato presso l’auto, vede che lo stesso ragazzo ha forzato un finestrino e sta rubando gli oggetti all’interno; cerca di fermarlo, ma subito si raduna una folla: è costretto ad allontanarsi velocemente. Un fatto simile accade nella spiaggia della capitale: gli rubano gli indumenti lasciati, mentre faceva il bagno.
Fatto tesoro di quelle esperienze negative, il nostro viaggiatore parcheggia il veicolo al sicuro nella missione cattolica di Dar es Salaam, dove si ferma alcuni giorni.
Ritornato in viaggio dopo la pausa riposo, percorre la costa e arriva a Mombasa, sull’oceano Indiano, dove incontra una coppia della Nuova Zelanda, un maori e la sua donna bianca, con un Combi Volkswagen; con loro prende un caffè, dopo aver parcheggiato sul lato sinistro della strada.

Mombasa è una bellissima città coloniale di villeggiatura che si estende fino a Malindi; Settimio evita quest’ultima località perché è una meta ambita dai turisti italiani: non li vuole incontrare!
Da Mombasa prosegue verso Nairobi, Tsavo National Park. Lungo la strada incontra diverse specie di animali selvatici, addirittura elefanti che attraversano tranquillamente la strada.
Giunto a Nairobi (capitale del Kenya) si accampa al parco, dove incontra altri viaggiatori trans africani, scambiando le informazioni necessarie per proseguire la lunga traversata. Nairobi è una tappa forzata: deve ricevere il nuovo carnet de passage, nel frattempo arrivato dall’Italia, e il rimborso dei 300 dollari versati alla frontiera con la Tanzania; ciò era stato possibile grazie all’aiuto di un impiegato indiano il quale aveva cambiato i dollari e i travellers cheque a mercato nero. In tutto il tragitto non fu mai possibile cambiare traveller cheque in banca, anche perché era più conveniente farlo a mercato nero; quando servivano le banche, non si trovavano mai!
Da Nairobi si reca alle falde del Kilimangiaro, passando prima da Amboseli dove nella notte assiste alle riprese di un documentario-film sui ghepardi che cacciavano in notturna.
Rinuncia alla salita sulla vetta del Kilimangiaro che sarebbe durata tre giorni, prosegue verso Arusha, sul lago Manyara, fermandosi nel parco dello Ngoro Ngoro, dove viene attaccato senza motivo da una iena, mentre sta organizzando il campo per la notte.
Prima di attraversare la savana del Serengeti, dove incontra migliaia di animali selvatici di tutte le specie, giunge a Mwanza, sul lago Vittoria, dove fa una tappa forzata per aspettare un equipaggio con una Land Rover, con il quale si recherà nel Burundi e nel Ruanda, zone molto pericolose, che devono attraversare in brevissimo tempo: il visto dura solo 24 ore per ognuno dei due paesi.
Non riesce ad ammirare le bellezze del parco di Orangutan di Ruhengeri, nel tragitto tra Bujumbura e Kigali passano a Butare, vicino la sorgente del Nilo, dove incontrano un italiano che lavora per un’impresa di costruzioni italiana e vive là. L’uomo racconta che da quel punto i guerrieri Tutzi (bassi indigeni) tagliano le gambe ai Watussi gettandoli nel Nilo, arrossando le acque.

Nell’ex Congo belga
Settimio supera Goma, sul lago Kivu, per giungere a Bukavu alla frontiera con lo Zaire (ex Congo belga) dopo molte difficoltà prosegue per Kisangani. Per attraversare quella nazione pretendevano una spesa giornaliera forzata per questo, non può restare troppi giorni; di conseguenza attraversando strade maledettamente piene di buche arriva a Kisangani; ferma l’unico bianco che incontra per strada, per chiedergli dove cambiare il denaro. Fortunatamente quel ragazzo belga che lavora al suo consolato, lo ospita a casa per un paio di giorni; riceve un trattamento eccellente: banchetto con champagne, delikatessen della Francia e cordialità; i bianchi sono stati cacciati tutti dal paese.<

L’equatore
All’equatore piove tutti i giorni, a Kisangani la strada non esiste più, i due fuoristrada sono bloccati da una fila di camion impantanati nel fango. Per venirne fuori si rivolgono a un gruppo d’italiani, che con i Caterpillar, sono all’opera per tracciare strade in mezzo alla foresta. I due fuoristrada sono rimorchiati lungo la foresta, dove non esistono strade, per attraversare un guado devono scaricare le due Land Rover, mentre un gruppo di pigmei locali porta il carico dall’altra parte. Gli operai conducenti le ruspe lasciano i due mezzi in un mare di fango, dove procedono a fatica, mettendo delle scalette di ferro sotto le ruote per superare i tratti peggiori. Per percorrere cinquanta chilometri impiegano tre – quattro giorni; da Kisangani alla frontiera sono circa 300 km: impiegano una settimana. Incontra delle missioni cattoliche, dove i religiosi, che vivono nella miseria totale, li fanno parcheggiare attorno alla chiesa, è troppo pericoloso trascorrere le notti da soli in mezzo alla foresta.
In una missione cattolica un sacerdote belga vive da solo nella miseria più assoluta, è invitato a cena: brodo preparato sul fuoco del camino con dentro un osso e un paio di patate. Commosso da quel gesto di umile generosità, Settimio, per celebrare l’incontro, tira fuori l’unica bottiglia di vino rosso portata dalla Tanzania. Le piste al momento sono impraticabili quindi deve attendere alcuni giorni in quella missione. Nel frattempo giunge in visita il vescovo cattolico di colore con una Land Rover, in netto contrasto con l’estrema povertà del sacerdote belga.
Settimio prosegue in tutta fretta il viaggio per altri 300 km, fino alla frontiera: sta per scadere il permesso di transito nello Zaire!
Giunge alla frontiera un venerdì pomeriggio; lì accadde l’episodio più tragico di tutto il viaggio.
Arrivato al grande fiume Congo, deve aspettare la zattera di legno non motorizzata per essere traghettati con le corde all’altra riva; nel frattempo qualcuno scatta delle foto, ma alcuni indigeni, irritati, cominciano ad aggredirli. Scattare foto è proibito un po’ dappertutto, nel continente. Arriva il traghetto e, dopo animate discussioni, avendo notato la bandiera italiana verniciata sul vetro della Land Rover, gli indigeni si calmano li fanno imbarcare e iniziano a traghettarli. Giunti a metà del fiume i battellieri piantano con dei pali la zattera in mezzo al fiume, accusandoli di spionaggio e rifiutando di proseguire: avrebbero chiamato la polizia locale, ma non c’erano possibilità immediate di comunicare telefonicamente. Settimio si accorda con l’altro autista: una volta toccata la sponda, ingranata la marcia scappano in fretta e tirano tutta la notte per arrivare al più presto possibile al posto di frontiera. Giunti a Bumba, non essendo i poliziotti informati dell’accaduto, i due autisti proseguono tranquilli, lasciando in regalo un pacco di penne biro e qualche dollaro.

A Bumba (ora Repubblica Democratica del Congo), appena passata la frontiera, Settimio si ferma presso una specie di albergo greco, unico uomo bianco nella zona, in attesa di lasciare il paese. Da Bumba si avvia verso Bangui, per poi proseguire attraversando una foresta tropicale molto fitta verso il Camerun. Durante quel percorso la pioggia è incessante, si riesce malapena a scorgere qualche angolo di cielo, tanto è fitta la foresta; notevoli sono le difficoltà per fermarsi per la notte. Non incontra mai neanche un villaggio.
La sua Land Rover a passo corto si trova in difficoltà per il carico eccessivo; troppo peso distribuito in minore spazio, mentre quella a passo lungo procede con più facilità nelle piste fangose. La Land Rover dell’olandese, spinta da un motore a sei cilindri di 2600 cc contro il quattro cilindri 2250 cc del suo, era circa 90 cm più lunga: ciò fa una grande differenza, anche per il carico meglio distribuito.

Dal lago Vittoria fino alla Repubblica Centrafricana l’uomo olandese e la donna tedesca proseguono con Settimio, ma l’olandese va avanti e spesso si deve fermare ad aspettare; alla fine i due, con il fuoristrada migliore, se vanno per la loro strada, senza dire nulla!
Arrivato al confine della Repubblica Centrafricana con il Camerun la polizia di frontiera, ispezionando i bagagli, trova la macchina da scrivere Olivetti Lettera 22 che la donna aveva usato per scrivere saltuariamente delle note di viaggio. I doganieri la confiscano accusandoli di essere giornalisti, di spionaggio e li conducono nell’ufficio del comandante. Dove la sua compagna di viaggio spiega i fatti in francese motivando il possesso della Olivetti, senza riuscire a convincere. Vista la situazione, Settimio intima alla donna di andare al posto di guida della Land Rover e aspettarlo con il motore acceso, nel frattempo lui arrabbiatissimo comincia a imprecare un po’ in inglese un po’ in italiano contro quel comandante, in ultimo afferra di forza la Olivetti e scappa di corsa giù per le scale della capanna rialzata. Salito in auto, ordina alla donna di fuggire rompendo la sbarra e di proseguire a tutto acceleratore dall’altra parte della frontiera. Purtroppo c’è da attraversare un ponte strettissimo, traballante e chiuso al traffico, dà le indicazioni alla moglie di proseguire lentamente finché il pericoloso ostacolo non è superato, poi a tutta velocità attraversò il Camerun.
Giunto alla frontiera con la Nigeria (per attraversare il Biafra), Settimio riceve esplicita richiesta di denaro per passare il confine senza problemi, al rifiuto, il doganiere corrotto gli fa scaricare tutto per trovare qualche cavillo burocratico tra gli oggetti trasportati (fotocamera tedesca Voigtländer e una cinepresa svizzera super 8 mm Rollei). Settimio, avendo intuito, aveva nascosto tutti gli oggetti di valore e i documenti dentro la tenda pieghevole collocata sul portapacchi. Dopo aver vuotato il fuoristrada in mezzo alla strada, per fortuna arriva un grosso temporale e rimesso tutto in auto riesce a passare, non hanno scoperto che il carnet de passage non era valido per la Nigeria.
Entrato in Nigeria, attraversa tutto il Biafra (oggi regione al sud-est della stessa Nigeria) dove si tocca la povertà estrema, la sovra-popolazione vive tra gli enormi tubi degli oleodotti, per strada in lattine da 5 litri si vende la benzina rubata dalle tubature.

Passando per Port Harcourt, supera Benin City e arriva a Lagos, città dal traffico molto congestionato e rumoroso dove gli automobilisti si fanno strada col clacson, senza rispetto di nessuno, le persone importanti girano con la scorta e le sirene spiegate per farsi strada in quel caos infernale.
Settimio si ferma una notte nella missione della cattedrale di Lagos, dove non è ben accolto dai missionari: per loro è un problema ospitare due bianchi. Il giorno dopo lo troviamo di nuovo in mezzo al traffico cercando un posto adeguato per trascorrere qualche giorno, un automobilista, vista la bandiera italiana, lo prega di seguirlo fino a casa sua. È un gentilissimo ingegnere di Milano, che lo ospita nella sua villa per alcuni giorni, nel gran lusso, con piscina e la servitù.
Trascorre alcuni giorni di riposo in quell’atmosfera magica in mezzo a tanto caos. Poi da Lagos parte alla volta di Kano (nord della Nigeria), ultima città prima della frontiera con il Niger, dove inizia la traversata del deserto del Sahara.

Il grande Sahara
A Kano si rincontra con quel camion di giovani conosciuti in Rhodesia e decise di fare la traversata del deserto insieme, d’altronde è obbligatorio. Fatti i rifornimenti di 250 litri di benzina, 50 litri d’acqua, arriva alla frontiera con il Niger che attraversa senza difficoltà. Verso Agadez, nell’unico bar del villaggio dove una Coca Cola costa più di un Whiskey, compra una damigiana di vino rosso spagnolo. Un goccetto di vino rallegra la serata in compagnia di quei venti ragazzi allegri e simpatici e l’autista svizzero. Quei giovani viaggiano con un camion Bedford aperto a due assi motrici, la notte dormono in tenda.
Si unisce anche la coppia della Nuova Zelanda conosciuta a Mombasa, persone simpatiche che però creano molti problemi al convoglio. Il loro Combi Volkswaghen non è il mezzo più adatto per attraversare il Sahara: deve essere trainato per gran parte del tragitto.

Prosegue per Arlit (attuale Niger) fino a giungere alla frontiera sud con il Marocco, dove un doganiere fa qualche osservazione per la damigiana di vino. Lì comincia la vera traversata del Sahara, si procede parallelamente per non perdersi di vista e seguire la pista. Dei vecchi barili numerati, posti ogni dieci chilometri, fungono da pietre miliari.
Nel deserto la visibilità è ridotta a causa dei miraggi, per almeno tre volte perdono la direzione! In quel caso bisogna ritornare sulle proprie tracce per ritrovare l’ultimo barile numerato, per far ciò il passeggero col binocolo e la bussola deve dare la direzione. Sul loro itinerario incontrano solo un paio di minuscole oasi, dove fanno sosta, si lavano e si rinfrescano.
Alla stazione di polizia di Agadez è obbligatorio fornire i dati personali con il numero dei veicoli e le persone trasportate, a Tamanrasset (in Algeria) si deve poi segnalare l’avvenuto passaggio, in caso contrario iniziano le ricerche con elicotteri a spese dei viaggiatori.
A Tamanrasset inizia una pista asfaltata che conduce ad Algeri, dove qualsiasi autoveicolo è in grado di transitare; i giovani con il camion Bedford procedono verso Algeri.

Invece Settimio, ritenendo la pista più sicura, prima di Ghardaia taglia a destra in direzione sud-est per Ouargla, verso la Tunisia, la pista asfaltata termina e attraversa un’altra area desertica fino a giungere a Ghadamis, dove si accampa. Lungo quell’itinerario s’imbatte in una tempesta di sabbia causata dal Ghibli che lo costringe a fermarsi per diverse ore, poi prosegue per El Oued fino alla frontiera con la Tunisia che passa senza problemi.

Quasi a casa
Ormai non è troppo distante dal mar Mediterraneo. Imbocca la strada asfaltata, ma la carreggiata è stretta: quando giunge un veicolo dalla direzione opposta deve spostarsi a destra sulla sabbia per farlo passare. Finché la provata Land Rover non riesce più a risalire sulla corsia di marcia, a causa della sabbia la trazione anteriore non funziona più. Durante l’occorso si ferma un pullman, l’autista lo aiuta a tirarsi fuori dall’impasse, poi un passeggero di Tunisi lo invita a casa.

Arrivato a Tunisi, si reca al porto della Goulette, dove prenota il biglietto per Palermo: la partenza è tre giorni dopo. In attesa del ferry-boat per la Sicilia, per una notte è ospite a casa di quel signore tunisino molto gentile, assaggia i cibi locali, apprezzando l’ospitalità tunisina.
Poi si accampa a Cartagine (o meglio nella località con le modeste rovine dell’antica rivale di Roma). La sera prevista s’imbarca e, dopo la traversata notturna, giunge di primo mattino nel porto di Palermo.

Qualche considerazione
Settimio è felice di ritornare in Italia senza troppi problemi, a parte un’infezione contratta alle gambe, causata dagli insetti e curata con degli antibiotici all’ospedale cattolico di Lagos, dov’erano delle suore italiane.
Il viaggio di oltre 25.000 chilometri è durato cinque mesi, alla Land Rover sono state sostituite due volte le balestre con relativi gommini e sei penumatici, il consumo medio è stato di tre chilometri percorsi per ogni litro di benzina. La spedizione è costata 3000 Rand: lo stipendio annuo di un impiegato in Sudafrica dell’epoca.
Settimio ritiene che la sua Land Rover per quanto riguarda facilità di guida, tenuta di strada, affidabilità, robustezza, aderenza, comodità e sicurezza, sia stata eccezionale, aggiungendo che a quei tempi non esisteva di meglio: è riuscita ben al di sopra delle sue aspettative.
Ho guidato, in condizioni non impegnative, delle Land Rover Defender 90 a benzina prodotte nella seconda metà degli anni Novanta e ho notato che è sicuramente più affidabile e meno rumorosa della Fiat Campagnola degli anni Settanta. Per quanto riguarda il consumo del Defender, probabilmente allineato alla categoria, a mio parere era sempre esagerato (per un privato). Essendo progettato per la guida a destra, alcuni comandi del posto conducente a sinistra erano troppo disassati, tanto da esserne a conoscenza anche il chiropratico! La carrozzeria di alluminio era troppo costosa da riparare. Per diversi motivi la versione a gasolio era molto migliore. A dire di parecchi uomini dell’Alto Maceratese, sulla neve la Defender non si comportava meglio di una Panda 4 x 4 primo tipo (con la trazione integrale inseribile manualmente). Naturalmente chi ha seguito dei corsi specifici o ha passione per i fuoristrada, sicuramente sa provarli e sfruttarli al meglio.

Nel 1968, in una battuta del film “Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa?”, Alberto Sordi definì la Land Rover la regina del deserto. Il dibattito: “Sulle sabbie del Sahara e nel fango equatoriale africano, la Land Rover si comporta veramente da regina?” è sempre aperto.
Su Internet qualcuno ritiene che la Land Rover mantenga il primato solo dal punto di vista romantico e coreografico, ma per quanto riguarda l’affidabilità, le varie versioni Toyota Land Cruiser siano migliori.
Stanco di ricordare e raccontare Settimio non si è soffermato più di tanto su ciò che ha ammirato attraversando il continente da sud a nord per tutta la sua lunghezza, ne accenna l’autore.
Savane uniche, parchi ben tenuti e ricchi di biodiversità, panorami stupendi, cascate meravigliose, grandi laghi, tramonti straordinari, foreste impenetrabili e insidiose. Il più vasto deserto al mondo con la sua sabbia giallo e ocra, le dune dalla magia incomparabile. Varietà di popoli, grande umanità, una ospitalità sacra, più di cuore rispetto ai ricchi paesi dell’Europa settentrionale.
Questo continente dalle grandi risorse minerali, energetiche e naturali, anche dopo la decolonizzazione è stato provato da numerosi conflitti per non aver trovato un proprio modello di sviluppo; oggi è troppo sfruttato.
Il Gran Tour dei giovani nobili europei dell’Ottocento, da alcuni definito viaggio di perfezionamento formativo alle radici della cultura, allungatosi a Costantinopoli, alla parte sud del Mediterraneo e all’Africa non era tempo perso: era costruttivo e educativo!
Oggi tanti turisti occidentali hanno trascorso le loro vacanze nei villaggi turistici africani tipo Valtur, senza contatti con le popolazioni locali, tuttavia gli autentici viaggiatori che girano il mondo in modo diverso sono contagiati dal mal d’Africa: una volta lasciata, devono rivederla.
L’Africa ha un altro grande pregio: è un continente dove s’impara a fare a meno del superfluo e si apprende che contano solo i valori autentici.

Potete leggere altri scritti di Eno Santecchia nel suo sito www.storieeracconti.it

Copyright © 2013 Eno Santecchia
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