Asia 2017 – Hong Kong, Macao e Thailandia

di Mario Pistoi – 
Asia 2017 con Qatar Airways
diario giornaliero di una vacanza
(in giro per Hong Kong,  Macao e Thailand)


FUSO  ORARIO (in Inverno) :

Milano 0,00    Bangkok + 6,00           Qatar  + 2,00         Hong Kong + 7,00                                                      
Bagaglio in stiva: Businnes =  Kg.             40

CAMBIO VALUTE (approssimative) :

CAMBOGIA : Riel             THAILAND : Bath  (THB)

1 Euro = 4.300 Riel           1 Euro = 40 Bath

5 Euro = 21.500 Riel        10 Euro = 400 Bath

10 Euro = 43.000 Riel      100 Euro = 4.000 Bath

50 Euro = 215.000 Riel    1 Bath = 0,025 Euro

5.000 Riel = 1,15 Euro     20 Bath = 0,5 Euro

10.000 Riel = 2,30 Euro  100 Bath = 2,5 Euro

50.000 Riel = 11,50 Euro   1.000 Bath = 25 Euro

200.000 Riel = 46 Euro

Qatar : Riyal (QR)

1 Riyal = 0,25 Euro           1 Euro = 4 Riyal 20 Euro = 80 Riyal

150 Riyal = 37,50 Euro    400 Riyal = 100 Euro        50 Euro = 200 Riyal

Hong Kong : Dollaro (HKD)

1 Euro = 8,5 Dollari                  2 Euro = 17 Dollari                   5 Euro = 43 Dollari

10 Euro = 85 Dollari                 50 Euro = 430 Dollari              100 Euro = 860 Dollari

1 HKD = 0,115 Euro                   5 HKD =  0,57 Euro                  50 HKD =  5,7 Euro

Macau Pataca: MOP

1 Euro = 8,6 Mop Pataca                                        1 MOP = 0,1162 Euro

2 Euro = 17 MOP                                                   10 MOP = 1,16 Euro

10 Euro = 86 MOP                                                 50 MOP = 5,8 Euro

20 Euro = 172 MOP                                              100 MOP = 11,6 Euro

50 Euro = 430 MOP                                              200 MOP = 23 Euro

I   Giorno giovedì 16 febbraio 2017 :

Ci prepariamo in mattinata e partiamo verso Venezia.

Il cielo è sereno e la temperatura è sopra la media stagionale.

Al “Marco Polo” di Venezia lasciamo la macchina al parcheggio Long Time ed il pulmino degli addetti ci porta all’interno dell’aviostazione.

L’autista mi racconta che un giorno Adamo, triste ed avvilito, fu avvicinato da Dio che gli chiese il motivo del suo stato d’animo ed Adamo si lamentò della sua solitudine. Allora Dio gli disse: “ora ti troverò chi può farti compagnia, creerò una donna che sarà la tua compagna, che provvederà a lavare i tuoi vestiti, terrà sempre in ordine la tua casa, ti preparerà il mangiare che preferisci, non avrà mai mal di testa, si alzerà sempre lei quando, di notte, uno dei tuoi figli si sveglierà piangendo, ti darà sempre ragione e non metterà mai in discussione il tuo operato”. A questo punto Adamo, interrompendo Dio, chiese: “ma quanto mi costerà tutto questo?” e Dio rispose: “un braccio ed una gamba!” Adamo ci pensò un attimo e chiese: “e con una costola cosa ci compro?”… Il seguito è storia.

Subito dopo il veloce chek-in andiamo nella Lounge dell’aeroporto e prima, riusciamo a far spedire i bagagli direttamente a Hong Kong nonostante la tratta Bangkok / Hong Kong sia da effettuare con una compagnia diversa dalla Qatar.

Quindi senza fare dogana a Bangkok ma restare in “transit”.

Alle 16,40 precise decolliamo con l’Airbus A 320-200 ed immediatamente le hostess ci forniscono la carta dei vini ed il menù.

Scelgo il salmone con “grain mustard e cream cheese” ma è già terminato. Tempo scaduto per le prenotazioni.

Poi Charly mi cede il suo piatto e siamo subito coccolati da due hostess una coreana e l’altra thai.

Champagne rosè e merenda-cena.

Dopo un’ora di volo, molto tranquillo, siamo sopra la Grecia.

Sopra l’Egitto  stendo la poltrona a 180 gradi, ma senza dormire.

Sono le ore 20,00 italiane, le 22,00 del Qatar e le 02,00 del giorno dopo di Bangkok.

Sulla verticale di Hurgada inizia l’attraversamento del Mar Rosso.

Chi dormicchia e chi si riposa guardando lo schermo sul retro del sedile di fronte, ma tutti a 180 gradi o poco meno.

Ora siamo al centro dell’Arabia Saudita e manca un’ora e venti minuti all’atterraggio a Doha, capitale del Qatar, ove faremo scalo tecnico.

II   Giorno venerdì 17 febbraio 2017 :

Quando iniziamo il sentiero di discesa, entriamo in una nube piena d’acqua e fino all’atterraggio è un continuo ballare per le turbolenze.

Scrosci di pioggia ci attendono a Doha alle 01,30 e ci dicono che da tre giorni il tempo è così burrascoso.

Andiamo nella Lounge del Qatar ed attendiamo il nostro turno per ripartire per Bangkok.

La Qatar Airways è la compagnia di Bandiera dell’Emirato del  Qatar con Capitale Doha.

La Società della Qatar Airways impone alle sue hostess appena assunte, e naturalmente provenienti tutte dall’Universo Mondo, tranne che dal Qatar, di firmare un contratto in cui si impegnano a non sposarsi nei successivi 5 anni, pena il licenziamento.

Il contratto prevede anche che la Compagnia abbia diritto di licenziare le dipendenti che restano incinte.

I sindacati latitano.

Il Qatar è una piccola penisola che confina a sud con l’Arabia Saudita e che per il resto è circondata dal Golfo Persico.

L’Emirato è sorto nel XX secolo dopo essere stato dominato da Persiani, dagli Ottomani e dai Britannici.

E’ diventato indipendente dal 1971.

La sua principale risorsa economica è rappresentata dal petrolio e dai giacimenti di gas naturale.

Il Qatar è diventato formalmente una monarchia costituzionale dove però non sono permessi i partiti politici.

Continua a piovere a dirotto e tutti e tre i miei “parenti”, moglie, Charly e Renata, anche compagni di viaggio e di merende, soffrono di un po’ di mal di pancia.

Restiamo nella Lounge fino all’imbarco nell’ A 380-800 , in ritardo di un’ora, alle 4,00 di mattina orario di Doha, alle 2,00 fuso di Roma ed alle 8,00 orario di Bangkok.

Nuovo decollo sotto l’acqua e turbolenze per mezz’ora.

Poi tutti coricati a dormire con le cinture allacciate.

Un paio di ore prima dell’arrivo a Bangkok ci portano la colazione prenotata all’imbarco. Poi volo tranquillo.

All’aeroporto di Bangkok, abbiamo due ore e mezzo di tempo che trascorriamo in sala transiti su delle poltrone comodissime ed orizzontali.

Dopo, saliamo sull’aereo della Catay Pacific, tutto pieno, che in altre due ore e mezzo ci trasferisce a Hong Kong con un intermezzo culinario di pollo e riso.

L’aeroporto Chek Lap Kok è stato costruito su un’isola artificiale creata appositamente nel golfo di Hong Kong ed è collegato con la vicina isola di Lantau.

E’ il principale “hub” della Cathay Pacific.

E’ stato aperto nel 1998 per sostituire il vecchio aeroporto Kai Tak, situato nel distretto di Kowloon in una zona altamente urbanizzata e che richiedeva una manovra molto complessa per il difficile metodo di approccio a causa dei grattacieli e delle montagne confinanti, che rendevano impossibile un avvicinamento diretto.

Già all’aeroporto, enorme, notiamo battaglioni di gente. Ci sono cinesi dappertutto.

Anche qui veloce chek-in all’immigrazione e compriamo la tessera Octopus Card, ricaricabile, che ci servirà in seguito per i maggiori trasferimenti.

Prendiamo, dall’isola Lantau, ove si trova l’aeroporto, il treno veloce e comodo Airport Express che in 24 minuti ci porta a Kowloon Station.

All’uscita, la mia “Octopus” non fa aprire il cancello e così ci accorgiamo che non era stata abbastanza caricata . Io di qua e loro di là.

Anche quella di Gianna era stata mal caricata, ma lei si è messa in coda al su’ figliolo ed è riuscita a passare.

Da qui in taxi sino all’Hotel.

In Hotel, al Park Hotel di Hong Kong, non ci riconoscono l’Upgrade della stanza, che avevamo concordato a Bolzano con l’Agenzia Viaggi, e di conseguenza telefonate con Bolzano sino al chiarimento e riconoscimento.

Usciamo lì attorno per cenare e poi a letto alle 23,30

Hong Kong, in cinese “porto profumato”, è una regione cinese con amministrazione speciale, ed una delle aree più densamente popolate al mondo.

Il controllo britannico è terminato nel 1997 quando la Cina ne ha ripreso la supervisione.

In base al principio “un paese, due sistemi” Hong Kong possiede un sistema politico diverso dalla Cina, di cui fa parte, e la regione gode di un alto grado di autonomia in tutti gli aspetti, tranne che nelle relazioni estere e nella difesa militare.

Hong Kong divenne una colonia dell’Impero Britannico dopo la Prima Guerra dell’Oppio nel 1842 e nel 1860 i confini inclusero anche la penisola di Kowloon ed i Nuovi Territori nel 1898.

La moneta  è il Dollaro di Hong Kong.

Il cambio è il seguente : 1 Euro = circa 8 Dollari di Hong Kong

Hong Kong è la città con il maggior numero di grattacieli al mondo.

Ad oggi ne conta 7.829 di cui 1.294 con un’altezza superiore ai 100 metri.

III  Giorno sabato 18 febbraio 2017:

Confermata l’upgrade della stanza, abbiamo riposato molto bene,

ed alle 7,30 ci alziamo per prepararci alla colazione e mettere ordine al programma prima stabilito.

Il Park Hotel Hong Kong si trova nella penisola di Kowloon, nei pressi del distretto turistico Tsim Sha Tsui pieno di negozi, hotel, bar, ristoranti e centri commerciali.

Ci dirigiamo verso il molo e prendiamo il biglietto del Big Bus che assieme ai percorsi indicati, ci porta anche nelle periferie, ove non saremmo mai andati da soli.

Più tardi, in venti minuti, attraversiamo la baia con il Ferry ed arriviamo nell’isola di Hong Kong.

Al ritorno, dopo aver riattraversato Victoria Harbour, la baia, ci fermiamo per una merenda-cena in un ristorante vietnamita, prima di ritornare in Hotel per un riposino.

Temperatura primaverile minima 17° massima 25°.

A sera nuovamente al porto per foto notturne della baia verso l’isola di Hong Kong con vista spettacolare sui grattacieli tutti illuminati.

A piedi verso il nostro Hotel ci fermiamo per una cena al ristorante cinese, dal momento che qualche ora prima avevamo mangiato pochino.

IV   Giorno domenica 19 febbraio 2017:

Nella mattinata ritorniamo al porto e nuovamente con il ferry ci portiamo dall’altra parte della baia.

Il Big Bus prenotato ieri ha validità due giornate ed è programmato con tredici fermate nelle quali ciascuno può scendere o salire.

I passaggi avvengono ogni mezz’ora e così si può decidere ove fermarsi per una ricognizione o visita e dove riprendere il giro.

Scendiamo alla stazione di partenza della cremagliera che raggiunge il Victoria Peak.

Mai vista così tanta gente.

Vi sono i rappresentanti di tutte e quattro le razze, bianca, gialla, rossa e nera con le varie sfumature soprattutto di grigio.

Qui ripenso a quel nero in visita alla Galleria degli Uffizi a Firenze.

Chiede alla guida:

“Sgusi, di ghi è guesto guadro ?”

E’ di Giotto, risponde la guida.

“Ma se guesto è digiotto, allora guello è digiannove e guell’altro è vendi ?”

Peccato per il tempo che oggi offusca i panorami, sempre comunque meravigliosi.

Anche la temperatura dell’aria è diminuita .

Arriviamo fino all’Ocean Park ove si nota che è stato creato solo per il divertimento dei bambini, peraltro molto bello e molto frequentato.

Da qui prendiamo la metropolitana che attraverso il tunnel sotto la baia ci porta a Mong Kok, altro quartiere di Hong Kong e quindi al famoso “Ladie’s Market”,ove si trova di tutto a pochissimo prezzo ed a dispetto del nome, è per tutti, maschi e femmine.

E’ il quartiere più popoloso di Hong Kong e vale la pena scendere qui dal metrò per vedere lo spettacolo della gente per strada.

Ballano, cantano, suonano e tutti pare si divertano.

Forse perchè non c’è traffico di veicoli.

E’ il cuore pulsante della città. E’ caotico, rumoroso, variopinto, ma è da vedere.

Siamo su Nathan Road.

Se non si è amanti della folla, è meglio non andare.

E’ forse la più famosa strada di Hong Kong ed è anche la più lunga.

Ci sono centinaia di negozi, tante banche e tanti luoghi ove mangiare.

E’ un centro commerciale all’aperto.

E’ diventata una strada museo con le vecchie scritte al neon sui negozi e sui grattacieli.

E’ sempre affollata e colorata, con tanti indiani che ti propongono Rolex finti o falsi.

Da vedere, ma con moderazione e a piccole dosi.

Approfittare della classica chiusura al traffico di Nathan Road è un must e migliaia di persone in movimento danno l’idea di come vive una città come Hong Kong.

Dico a Gianna : “ogni giorno mi rallegro sempre di più per non esser nato cinese”.

“Perchè, cosa hai contro di loro ?”

“Niente” le rispondo “ma proprio non capisco la loro lingua”.

La serata la trascorriamo al porto di Kowloon per assistere al grande ed indescrivibile   spettacolo dei grattacieli illuminati oltre il Victoria Harbour sull’isola di Hong Kong,

con un mirabile gioco di luci e suoni.

V     Giorno lunedì 20 febbraio 2017 :

Partiamo in mattinata dal porto, per Macao, con il ferry turbo jet.

Macao divenne colonia portoghese nel 1552 e dopo la conquista britannica di Hong Kong l’importanza di Macao, come centro commerciale, declinò sempre di più.

Fu anche rifugio per migliaia di convertiti al cattolicesimo giapponesi dopo l’inizio delle persecuzioni.

Molti di essi fecero parte delle maestranze che eressero la Cattedrale di San Paolo, in stile barocco.

Oggi rimane solo la facciata, poiche’ nel 1835 fu distrutta da un tifone e da un successivo incendio che lasciò intatta solamente la parte anteriore.

Sia il cinese (cantonese) che il portoghese, sono le lingue ufficiali di Macao.

Un’ora di traversata veloce ed arriviamo al molo vicinissimo all’aeroporto.

Macao è l’unica zona della Cina ove il gioco d’azzardo è legale.

Si trova a 65 kilometri ad ovest di Hong Kong, ma per arrivarci in treno o in macchina occorrono più di cinque ore passando per Shenzhen, Canton e Guangzhon.

E’ un’ex colonia portoghese.

Fra Hong Kong e Macao il traffico marittimo è incessante.

Ogni 20 minuti partono navi con cento persone e sono sempre piene, non solo di turisti, ma soprattutto di cinesi.

Macao è la Las Vegas asiatica, la capitale del gioco d’azzardo ed i cinesi amano il gioco d’azzardo.

Mentre nel resto della Cina è proibito, qui è anche incoraggiato.

Macao è una delle regioni amministrative speciali della Cina, assieme a Hong Kong.

La sovranità su Macao è ritornata alla Cina nel 1999 dopo 442 anni di controllo portoghese.

Mentre il governo popolare centrale della Cina è responsabile per la difesa del territorio e degli affari esteri, come del resto a Hong Kong, Macao mantiene il proprio sistema giuridico, la propria forza di polizia, il sistema monetario (1 Euro = 8 patache) e la politica doganale e d’immigrazione, almeno fino al 2049, cinquant’anni dopo il passaggio, come stabilito anche per Hong Kong.

L’economia di Macao è basata in gran parte sul turismo ed il gioco d’azzardo è una delle maggiori entrate dell’economia di Macao.

Per l’ingresso a Macao, come anche a Hong Kong, i cittadini italiani devono essere in possesso di passaporto valido per almeno 6 mesi e non è necessario alcun visto turistico per soggiorni inferiori a 3 mesi, però debbono fare dogana.

Al porto di Macao prendiamo uno dei tanti Bus gratuiti in attesa. E’ quello del Casinò di Parigi e ci porta fino al suo ingresso.

Entriamo e ci ritroviamo dentro le immense sale con fontane, statue e decorazioni a volte anche pacchiane. Prima di entrare nelle sale da gioco scattiamo alcune fotografie come tutti i visitatori. Poi entriamo e vediamo una moltitudine di cinesi che giocano molto rumorosamente. All’interno è proibito scattare delle riprese, ma la sicurezza ti permette di tenere la macchina fotografica.

Sono rappresentati tutti i giochi conosciuti da Casinò e tanti sono automatizzati, cioè senza croupier, ma solo con i computer personalizzati. Tanti giochi con i dadi, anche questi automatizzati e da me sconosciuti, specialmente quello con tre dadi saltellanti, gioco chiamato  Sic Bo o “dai soi”, grande e piccolo.

I giocatori devono indovinare le combinazioni dei numeri.

Ci trasferiamo più tardi al “casinò di Venezia” ove è riprodotta la piazza San Marco ed il ponte di Rialto.

A forza di girellare io mi sono rotto gli zibidei e preso il Vip Bus ritorno all’imbarcadero.

Gianna, Charly e Renata si fanno portare nel centro di Macao.

Bellissimo, mi dicono, e pieno di gente, specialmente alla cattedrale di San Paolo, caratterizzata dall’aver lasciato in piedi solo la facciata principale.

Ci ritroviamo più tardi al porto e riprendiamo il Turbo Jet per Hong Kong.

Giunti al porto di Kowloon con il metrò andiamo dall’altra parte della baia, passando sotto il Victoria Harbour, nell’isola di Hong Kong, alla ricerca di un Tempio che si rivelerà ormai chiuso.

Secondo recenti stime, si dice che un uomo pronunci in media cinquemila parole al giorno, mentre la donna settemila.

Il fatto è che quando lui rientra a casa dal lavoro ha già terminato le cinquemila parole, mentre lei ancora deve cominciare le sue settemila.

In una stradina troviamo un ristorantino di strada strapieno di gente, facciamo fatica a trovare quattro posti, ma alla fine ceniamo meravigliosamente.

Ma quanti cinesi ci sono in giro. Ci sono dappertutto, appaiono da ogni lato.

Per le strade è come se fosse terminata una partita di calcio e tutta la gente si riversa fuori. Qui è un continuo camminare.

VI    Giorno martedì 21 febbraio 2017 :

Colazione molto presto alle 6,30 e con un taxi ci facciamo portare in mezz’ora all’aeroporto a Lantau.

Qui mi accorgo che i cinesi non sono poi così tantissimi.

Però considerando tutto, non sembrano così tanti perchè l’aerostazione è enorme e quindi si disperdono.

Volo di due ore e mezzo con la Cathay Pacific e risiamo a Bangkok al Suvarnabhumi.

Qui aspettiamo di imbarcarci per Phuket.

All’uscita dell’aeroporto di Phuket un cartello con il nostro nome ci indica che è arrivato l’autista mandato dal nostro amico Giorgio.

Le uniche  forme di guadagno, fino a qualche decennio fa, per gli abitanti dell’isola di Phuket, erano le piantagioni delle noci di cocco e gli alberi della gomma.

Alla fine degli anni 70 Phuket è prima diventata meta di saccopelisti senza troppe pretese e poi residenza per il turismo di massa, con l’ingrandimento dell’aeroporto, diventato internazionale, ed investimenti sempre maggiori, facendola diventare la seconda provincia thailandese più ricca, dopo Bangkok.

In un’ora arriviamo alle Villas e dopo un po’ giunge anche Giorgio, con il quale ceniamo in un ristorante grandissimo e speciale, all’aperto, nel lungomare.

Temperatura thailandese sui 32 gradi.

Dopo un po’ crolliamo e a letto sino al mattino.

VII  Giorno mercoledì 22 febbraio 2017 :

Giornata di barca e pesca con Giorgio.

Tempo sereno e temperatura di 32 gradi, appena mitigata dalla brezza.

Tanta crema solare spalmata sul corpo.

Un’ora di trasferimento con la sua barca a Koh Racha Noi (grande).

Nei suoi pressi abbiamo provato “la pesca del Giunti” acqua fino ai coglioni e pesci punti, ma Giorgio con la sua esperienza ci ha stracciato tutti e ha tirato su tre bei pescioni che abbiamo poi cucinato la sera a casa sua.

Poi nel ritorno, Giorgio aggira l’isola e capitiamo in un golfo stupendo, isolato, disabitato e deserto, ma con un mare dal colore incredibile.

Sembrava di essere in Sardegna all’isola Budelli.

Giorgio con Charly, Gianna e Renata si esibiscono in un salutare bagno mentre io scatto fotografie da buon reporter.

Koh Racha è composta da due isolette a 12 chilometri a sud di Phuket , Racha Yai, la grande e Racha Noi, la piccola.

La Noi, attualmente è disabitata e la Yai di recente si è evoluta con la creazione di un numero sempre crescente di bungalow e resort disponibili.



Nell’isola, paradiso per gli appassionati di diving e snorkeling, non vi sono strade né macchine, ma si trova ogni comodità come ristoranti sul mare, internet, telefono, spiagge con ombrelloni.

Koh Yai è conosciuta anche come l’isola dei varani, ma piccoli ed inocui.

Torniamo a terra e serata a casa di Giorgio dove Moon, sua moglie, ci prepara le orecchiette al tonno, preparato e conservato da lei stessa, ed i tre pescioni cucinati al cartoccio.

Poi un’altra ora di considerazioni geopolitiche e dopo aver riassestato il mondo intero, Giorgio ci riaccompagna alle Villas.

Per la strada di ritorno, in un praticello un po’ discosto dal mare, troviamo un pastore che ha due pecore, una nera e una gialla, e incuriosito chiedo al pastore:” Salve pastore, che belle pecore che hai, ma quale mangia di più la nera o la gialla?”, “La nera”, “E quella gialla?”, “Eh anche quella gialla”.

Disorientato ci riprovo: “E quale beve di più la nera o la gialla?”, “La nera”, “E quella gialla?”, “Eh anche quella gialla”.

“Pastore, e quale bela di più la nera o la gialla?”, “La nera”, “E quella gialla?”, “Eh anche quella gialla”.

“Pastore e quale si muove di più la nera o la gialla?”, “La nera”, “E quella gialla?”, “Eh anche quella gialla”.

Spazientito chiedo al pastore:”Scusi pastore ma perchè dice sempre quella nera, e poi eh anche quella gialla?”

E il pastore:”Perché quella nera è mia”

“E quella gialla?”, “Eh anche quella gialla”.

VIII   Giorno giovedì 23 febbraio 2017 :

Mattinata in completo relax nella piscina delle Villas di Giorgio.

Facciamo colazione in un barrino li vicino mentre Charly e Renata prendono un motorino a noleggio e vanno per i cacchi loro.

Io e Gianna torniamo in piscina e più tardi pranziamo dove abbiamo fatto colazione.

Dopo il doveroso riposino pomeridiano, nuovamente in piscina sino al ritorno dei ragazzi, quando ci raggiunge anche Giorgio che ci invita per cena in un locale italiano assieme ai suoi cugini ed a Moon.

All’ultimo momento però i cugini hanno dato forfait perchè hanno dei problemi per il troppo sole preso due giorni prima senza la grande spalmatura di protezione.

Mi racconta il locandiere italiano che sua moglie una volta ha passato la notte fuori casa, ed ha  spiegato al marito che ha dormito dalla sua migliore amica.

IX   Giorno venerdi’ 24 febbraio 2017 :

Pensavamo di impiegarci tre o quattro ore per arrivare a Donsak, ma solamente per attraversare l’isola di Phuket da sud a nord fino al ponte Sarasin, ci abbiamo messo un’ora.

Poi il traffico intenso, poi il nostro autista, molto prudente, insomma per arrivare all’imbarcadero per Ko Samui ci impieghiamo sei ore dalla partenza dalle Villas di Giorgio.

Altra ora e mezzo di attesa del traghetto veloce e in quarantacinque minuti sbarchiamo al molo di Nathon a Koh Samui, con il Catamaran Ferry Lomprayah.

Mentre siamo in attesa della partenza passa una scolaresca accompagnata dalla maestra.

Un bambino dice alla maestra di avere una gallina che fa un uovo ogni mezz’ora e la maestra aspetta un po’ e poi risponde: “Si va bene, ma allora?” ed il bambino candidamente risponde: “due uova!”

Altra ora di pulmino per arrivare all’Hotel Impiana a Chaweng ed alle 20 siamo nella nostra  stanza.

L’Hotel Impiana, già  conosciuto e consigliato  dai ragazzi che ci erano stati qualche anno fa, è un bell’albergo, seppur datato, situato direttamente sulla spiaggia,  ma con una bella camera grande con annesso soggiorno.

Come tutte le cose in Thailandia, però, comincia ad essere trascurato nella sua manutenzione.

X   Giorno sabato 25 febbraio 2017 :

Tutta la giornata in spiaggia.

Mare abbastanza calmo e tanta gente, ma meno che d’estate sull’Adriatico.

Scoviamo qui vicino un ristorantino sulla spiaggia. Decente e con i prezzi giusti.

Ci siamo accorti che la Brigitte, impiegata presso l’Agenzia di viaggi a Bolzano, nonostante le mail di Renata, non ha tenuto conto che una notte la trascorreremo in treno per Bangkok e così abbiamo pagato una notte in più senza usufruire del servizio.

Renata dice giustamente che nelle sue mail erano chiarissime le notti da addebitare per il soggiorno a Samui, ma la Brigitte ribatte dicendo che la sua responsabilità viene meno in quanto aveva avvisato di controllare il conteggio.

Chiaramente l’Hotel non ci riconosce il rimborso della notte che non usufruiremo e così terremo la stanza l’ultimo giorno fino al tardo pomeriggio quando ripartiremo con il ferry.

Nel pomeriggio ci viene a trovare Adriano con una coppia di amici, dopodichè andiamo in centro a Chaweng con un Sonteo per noi quattro, al costo di 400 Bath.

Al ritorno, io e Gianna prendiamo un taxi che per percorrere circa un chilometro ci chiede 300 Bath e noi siamo costretti ad accettare.

E allora dobbiamo smettere di rimproverarci di essere disonesti nella nostra Italietta,

con gli stranieri che arrivano a Fiumicino o alla Malpensa.

Il tassinaro a Chaweng quando gli ho detto di mettere in funzione il tassametro prima mi ha riso in faccia e poi mi ha risposto di no.

Prendere o lasciare e noi abbiamo optato di spendere una cifra esosa.

I taxisti in Italia fanno uguale ?

Beh, avranno imparato dai Thailandesi ! O da tutto il mondo !

Nessuno si scandalizza quando lo racconti, e ti fanno capire che tu puoi, e se non puoi vai a piedi.

E nessuno si scandalizza se il biglietto di ingresso nelle discoteche o nei Multivision World per i residenti è minimo e per gli stranieri è otto volte tanto.

Anche in Italia è così ed è anche legalizzato.

Provate ad andare ad Obereggen ed acquistare una tessera giornaliera.

Se sei residente in Provincia di Bolzano la pagherai metà del suo costo.

E allora fanno bene o no i tassisti ad approfittarsene dei giapponesi ?

L’Hotel Impiana è pieno di scale.

Finchè si scendono sono ancora ancora sopportabili, ma la difficoltà comincia quando si devono salire.

Ma perchè saliamo le scale e non zuccheriamo gli ascensori ?

XI Giorno domenica 26 febbraio 2017 :

Tutta la domenica la trascorriamo in spiaggia.

Nel tardo pomeriggio ci rechiamo ad una decina di chilometri dal nostro albergo a Lamai ove è festa con un grande mercato.

Tantissima gente e tantissimi banchetti con ristorantini di strada.

Abbiamo trovato anche chi vendeva panini con porchetta e wuester con senape forniti da una thailandese in dindl.

XII Giorno lunedì 27 febbraio 2017 :

Tutta la notte ha diluviato.

Al mattino altro nubifragio e tempesta durante la colazione. Fuggi fuggi generale.

Temperature sempre molto alte.

Stamani palestra per tutti.

Diversi temporali si accavallano durante la giornata e mai vista così tanta acqua.

Qui in hotel devono essere abituati.

In un lampo sgomberano tutto ciò che si potrebbe rovinare con la pioggia o con il vento ed innalzano opere protettive come grandi teloni pesanti.

Così è impedito l’ingresso alla pioggia anche di stravento.

Nelle pause di pioggia, palestra e massaggi.

O in camera a leggere o a lavorare col computer.

Cena all’italiana di fronte all’Hotel. Non male.

Il mare è grosso e fa paura.

Abbiamo la conferma, riguardando la mail di Renata all’Agenzia Viaggi che la Brigitte ha aumentato il numero delle notti per conto suo senza chiedere il permesso, e la stessa si difende dicendo che dovevamo controllare meglio.

Si è vero, però, quando secondo lei mancava all’appello una notte, avrebbe dovuto chiedere il perchè.

La notte che manca la trascorreremo in treno ed intanto nessuno ci rimborserà il prezzo pagato in più.

XIII   Giorno martedì 28 febbraio 2017 :

Mare grosso anche stamani, ma c’è il sole ed il vento che mitiga la calura.

Prendiamo posto fra la piscina e la spiaggia e ci godiamo questa bella giornata luminosa.

Anche gli aerei hanno ripreso la loro attività interrotta per il mal tempo.

Tutti marcano il territorio come i cani.

Gli asciugamani color marrone sono come l’urina dei caneidi per i villeggianti che li lasciano sopra le brandine.

Tanti prima di colazione sono già posati ad occupare il posto e magari già nel fare della notte li portano in piscina od in spiaggia.

Ecco, abbiamo notato una mancanza vistosa fra le altre.

I teli da spiaggia o da piscina li forniscono in camera.

In altri Hotel c’è il bagnino che effettua il servizio in loco e raccomanda gli ospiti di non occupare il posto per tutta la vita.

Qui no, così risparmiano, ma con il costo della stanza, per niente economico, avrebbero potuto anche offrire questo servizio.

La spiaggia è abbastanza bella ma non pulitissima.

Specialmente col mare grosso, le onde portano di tutto e non ci sono addetti per la pulizia, tranne alcuni operai che pettinano la sabbia e tolgono le immondizie più ingombranti.

Non ci sono bagnini che puliscono o che sorvegliano per la sicurezza dei bagnanti.

Il servizio all’esterno lascia quindi un po’ a desiderare.

Verso le ore 10 la buriana ricomincia.

Grosse nubi nere si avvicinano precedute da venti fortissimi e subito dopo diluvio.

E per tutta la giornata nubifragi a ondate.

Nel tardo pomeriggio prendiamo un taxi per il Porto d’imbarco per la terra ferma, distante trenta chilometri, per prenotare il ferry di dopodomani.

Strade allagate in tutta l’isola di Samui e prenotiamo la prossima navigazione.

Il biglietto prevede anche il mini bus fino a Surath Thani Station ed anche il taxi dall’Hotel al Pier, ad un prezzo davvero favorevole.

In serata il maltempo si attenua ed andiamo in centro a Chaweng dove ceniamo molto bene in un complesso di ristorantini di strada.

Solito ritorno con i tassisti coglioni.

XIV Giorno mercoledì 1 marzo 2017 :

Sorge il sole e sembrerebbe che il tempo abbia fatto giudizio.

C’è in giro un’aria strana, un certo movimento strano fra tutto lo staff dell’Hotel.

Tutti corrono, tutti sono solleciti a qualsiasi lavoro.

Persino gli spazzini della spiaggia di danno da fare più del solito e puliscono le foglie portate dal vento, ma lasciano le bucce delle noci di cocco.

Poi a colazione mi rendo conto del perchè e cosa ha provocato questo fenomeno.

Sono arrivati gli ispettori del lavoro in Hotel.

Ma prima dove erano nascosti?

Sono uno bianco e uno grigio.

Fanno anche loro colazione, ma da separati e tutti saltellano intorno e fanno “ammuina”. Si vede benissimo che sono i Boss della struttura alberghiera.

Finita colazione ci istalliamo a bordo spiaggia ed il tempo, bene o male sembra resistere fino alle 16 quando l’avvicinarsi di una nera nuvolaglia consiglia a tutti di scappare ed infatti di li a poco, giù un altro nubifragio.

Più tardi, terminata la burrasca il minibus dell’Hotel ci riporta in centro a Chaweng dove passeggiamo intorno ai vari mercatini fino a cena consumata nel solito night market, molto buono, pieno di gente ed anche economico.

Poi con 50 Bath a testa un “sonteo” ci riporta a casa.

XV   Giorno giovedì 2 marzo 2017 :

Anche stamani il cielo non promette nulla di buono, ma andiamo ugualmente in spiaggia.

Alternanza di sole e nuvole fino a metà mattina quando arriva un forte temporale che fa scappare tutti.

Poi nuovamente sereno e caldo.

Il taxi prepagato all’addetta al ferry ci preleva all’Hotel nel tardo pomeriggio e in tre quarti d’ora ci deposita sul molo d’imbarco per Donsak.

Veloci operazioni ed in un’ora e mezzo di ferry sbarchiamo per prendere il minibus per Surath Thani.

Un’altra ora per arrivare alla stazione ferroviaria ed alle 23,30 precise arriva il nostro treno con vagoni letto, proveniente dalla Malesia.

Tre minuti per salire e via di nuovo per Bangkok.

Pernottiamo in treno, con cabine molto ampie ed aria condizionata tutto sommato accettabile.

XVI   Giorno venerdì 3 marzo 2017 :

E’ quasi l’alba quando mi sveglio. Tutti dormono e sembra che fuori stia piovendo.

Mi riassopisco ed alle 6,30 un tenue raggio di sole mi risveglia proprio quando il treno si ferma  alla stazione di Hua Hin.

Mi alzo, mi stiro, mi lavo, e sono pronto per la colazione nel vagone ristorante, mentre si arriva lentamente nella grande periferia di Bangkok.

Tante fermate, sembrano anche inutili, in mezzo alla campagna, e comunque ferrovie mal organizzate.

Dalla Malesia a pochi chilometri da Bangkok il convoglio è in perfetto orario.

Dopo si perde per strada ed arriva nella stazione ferroviaria di Bangkok con un’ora di ritardo, come sempre.

Anche gli anni scorsi era così.

Sono mal organizzati, ma i ferrovieri, come in Italia, sono una Casta.

Loro non sanno che :

Il paradiso è:

un poliziotto inglese, un cuoco francese, un tecnico tedesco, un amante italiano, il tutto organizzato dagli svizzeri.

L’inferno è:

un cuoco inglese, un tecnico francese, un poliziotto tedesco, un amante svizzero, e l’organizzazione affidata agli italiani. –

Finalmente vediamo che subito all’esterno della stazione si sono attrezzati con intelligenza per evitare i soprusi dei tassinari.

C’è un percorso obbligato per prendere il taxi con un paio di file abbastanza ordinate.

Due poliziotti dirigono il traffico chiamando le vetture che arrivano per caricare i passeggeri ed aiutano anche a caricare le valigie.

Si sale, il poliziotto dà il via ed il tassinaro subito mette in funzione il tassametro.

Così mi piace, a loro forse un po’ meno.

All’Amari Watergate arriviamo a mezzogiorno e le nostre stanze non sono ancora disponibili.

Per un paio d’ore passeggiamo dentro i mercati tutt’intorno all’Hotel.

A sera usciamo al ristorante all’aperto, già conosciuto gli anni scorsi, poi massaggi ai piedi per Gianna ed i ragazzi.

Per me, no. Troppa aria condizionata e sono strasudato. Temperatura esterna 34 gradi.

All’Amari stanza grande e confortevole.

Dopo 49 anni di matrimonio, ho guardato Gianna e le ho detto: “Cara, 49 anni fa, avevamo un piccolo appartamento, una vecchia auto, si dormiva su un divano, guardavamo la tv in bianco e nero su un televisore 10 pollici ma io dormivo con una bella e giovane bionda con gli occhi azzurri, di 21 anni. Ora abbiamo una casa da 800.000 euro, una Mazda 6 da 27.000 euro, un letto a due piazze, un televisore al plasma da 50 pollici, ma io dormo con una vecchia di 70 anni”.

Mia moglie è stata rapidissima nel rispondermi e mi ha detto: “Non hai che da trovarti una giovane bionda di 21 anni ed io farò in modo che tu ti ritrovi in un piccolo appartamento con una vecchia auto e che tu dorma sul divano guardando la tv in bianco e nero da 10 pollici”. Le donne sono incredibili!!! Ti guariscono subito dalla tua crisi esistenziale…

XVII    Giorno sabato 4 marzo 2017:

La colazione dell’Amari :

In tanti anni mai vista una varietà e abbondanza simile.

Il grande salone è diviso in cinque o sei settori, ciascuno dei quali fornisce cibo europeo, etnico, indiano, thailandese, giapponese e tutto ciò che il resto dell’universo mondo può ambire.

La colazione è aperta per quattro ore alla mattina, ma più di un’ora non si riesce a stare seduti a mangiare.

Di più si schioppa come la rana e il bue.

E tutto cibo di primissima qualità.

Mentre i ragazzi si trasferiscono al week-end market, io e Gianna andiamo all’ottavo piano in piscina.

Noi i mercati ce li abbiamo appena qua sotto, appena fuori dell’Hotel e sono grandissimi e si trova di tutto ed a buon prezzo.

Abbiamo visto tanti thailandesi fare spese con grandi teloni a mò di borse e sicuramente questa merce la portano al week-end market per venderla ad un prezzo maggiorato.

Dentro l’Hotel vediamo tantissimi indiani, giapponesi ed anche moltissimi medio-orientali dalla fisionomia inconfondibile.

Anche diversi “omannari” si notano per l’abbigliamento loro particolare e donne nero vestite con la faccia coperta, che però penso l’aprano per mangiare o sputare.

Tutti gentili e cortesi, tranne gli arabi, tutti supponenti e maleducati.

Tanti anche uomini e donne di colore, nero naturalmente.

Rivivo così una storiella antica.

Tre negri vanno in una grotta e trovano una lampada magica. La strofinano e da essa esce il genio, che dice loro: “Visto che siete in tre avrete un desiderio a testa!”. Il primo negro esclama: “Voglio diventare bianco!”. Puff! Diventa bianco. Il secondo negro uguale: “Voglio diventare bianco!”. Puff! Diventa bianco. Il terzo negro si mette a ridere; gli altri due gli chiedono perché e lui risponde: “Perché ora vi faccio ritornare negri!”.

Al bar della pool chiedo una lemon-shake e quando prendo la cannuccia mi verso tutto il bicchiere sul bancone.

Sorry, altro lemon-shake.

Poi nella fattura del conto metto la mia firma con  il mio nome ed il numero della stanza, ma dopo tre minuti il cameriere ritorna e mi dice di correggere sia il nome che l’indicazione della camera, ambedue sbagliate.

Almeno siamo controllati.

Quanti uomini accoppiati ed anche quante femmine accoppiate.

Una volta si mescolavano tra la “folla” ma ora sono accettati da tutti o quasi, ed allora perchè nascondersi?.

E quante ragazze giovani, carine e pimpanti ma quasi tutte con prole accanto.

Ma per loro è normale.

La procreazione per le thailandesi è una pratica  fisiologica e normale.

Così come “la diceria” che la prostituzione in Thailandia non esiste, per lo meno non nel senso che intendiamo noi.

Un mio amico italo – thailandese mi ricordava che nella cultura europea, si intende comunemente per “prostituzione” la concessione di prestazioni sessuali in cambio di benefici materiali, solitamente, ma non necessariamente sotto forma di denaro.

Una sua ex collega, tanti anni fa, in una megalattica e multinazionale azienda telefonica, in Italia, usava pagare il dentista “in natura” e questa forma di pagamento la faceva rientrare, nel giudizio del microcosmo aziendale, nella categoria “prostitute”.

Nell’inconscio collettivo europeo, la prostituzione può variare entro una gamma che ha, ad un estremo, le battone da strada, ed all’altro, le signorine di buona famiglia, che sposano un vecchio bavoso, solo perché è ricco.

Nel mezzo ai due estremi, vi sono tutte le varie “hostess, accompagnatrici, massaggiatrici, mantenute, etc. etc.”, insomma tutte coloro che vanno a letto con qualcuno, per una motivazione diversa da “un’attrazione spontanea e disinteressata”.

A sottolineare questo fatto, nel matrimonio tradizionale europeo, fino a non molto tempo fa, esisteva la famosa “dote”, cioè un insieme di beni (denaro, lenzuola, supellettili varie) che rappresentando un contributo tangibile alla costruzione del benessere della nuova famiglia, precisavano che l’unione non era motivata da “interesse”.

Qui in Thailandia, continuava il “mio amico Baffin-pensiero”, la cosa funziona esattamente al contrario.

Il matrimonio tradizionale thailandese, anche oggi, prevede che la sposa venga “comprata” dal marito, il quale versa al suocero od a chi ha diritto, un compenso in denaro il cui ammontare viene pattuito in precedenza.

Forse una volta si pagava in bufali, oche, maiali, terra, ma oggi, prosegue l’amico italo-thailandese, posso testimoniare che si tratta di vil denaro, come è capitato un paio d’anni fa, di assistere casualmente ad una di queste “contrattazioni prematrimoniali”, al termine della quale, è stata pagata in contanti la non trascurabile cifra di trecentomila Bath (circa 7.500 euro).

La coreografia era tipicamente Thai.

Tutti seduti in cerchio per terra, con al centro bottiglie di birra, Stravecchio Mekong, Soda, Pepsi e stuzzichini alimentari superpiccanti per stimolare la sete.

Oltre a portaceneri stracolmi, musica tradizionale, bambini vocianti e casino generale, erano presenti lo sposo, la sposa, i genitori di lei, il secondo marito della madre della sposa, uno stuolo di figli, di primo e secondo letto, nipoti, cognati, cugini e amici.

L’atmosfera era festosa e normale, niente di bieco o di sordido, solo un po’ di sovreccitazione alcoolica.

Nessuno, e tanto meno la sposa, appariva turbato o imbarazzato.

Le ragioni storiche della faccenda rientrano nel contesto che l’aspirante marito era tenuto a dimostrare, alla famiglia della sposa, che era in grado di garantirle un tenore di vita paragonabile a quello a cui era abituata, se non meglio.

Qualcosa di simile avveniva tra gli Indiani d’America.

Lo sposo comprava la moglie pagandola in cavalli per dimostrare che era un buon cacciatore ed un buon guerriero e che quindi con lui la ragazza non avrebbe patito la fame. Più cavalli venivano pagati, e più la sposa e la sua famiglia si sentivano onorati e fortunati.

A questo punto il quadro, già parecchio complicato, continua a raccontare Baffino, peggiora, per il livello delle idee europee.

Ciò che per noi “civili” è condizione necessaria per attribuire ad una donna l’appellativo di “prostituta”, e cioè il fatto di vendere i propri favori, qui in Thailandia è addirittura istituzionalizzato nel matrimonio.

Si potrebbe obiettare che la prostituzione vera e propria è un’altra cosa.

Se si tratta di matrimonio è un rituale con radici storiche etc., ma anche qui, la logica occidentale non funziona.

Per quanto possa sembrare strano, il confine tra un matrimonio ufficiale e qualsiasi altro tipo di unione, è molto, ma molto sfumato.

Proseguiva il mio amico Italo:

Da queste parti, viene considerato “matrimonio” qualsiasi tipo di convivenza che preveda rapporti sessuali, specialmente se nascono dei figli.

Moltissime coppie, anche anziane ed anche conviventi da decenni e fornite di figli e nipoti, non sono ufficialmente sposate.

Dal punto di vista dell’accettazione sociale della convivenza, non frega niente a nessuno, e neanche al governo, neppure del matrimonio religioso.

I due conviventi non sono tacciati come concubini o peccatori pubblici, e tutti li considerano sposati.

Pochi si prendono il disturbo di ufficializzare la cosa in comune, anche perché il non farlo non comporta praticamente alcun svantaggio, nemmeno a livello di registrazione dei figli, i quali possono essere legittimamente riconosciuti da chiunque, sposato o celibe, e perfino da persone che non sono i loro genitori naturali.

Nessuno fa domande in proposito, basta che qualcuno firmi.

Da sottolineare che in tutti questi casi (semplice convivenza, matrimonio religioso, civile o entrambi i matrimoni), l’unico punto fermo, rimane il fatto che la donna “deve” essere pagata, indipendentemente con il tipo di formalità che la coppia intende espletare.

Sempre e comunque “la passera si paga”, e questo è un concetto fondamentale e molto radicato.

Ci sono due eccezioni a questo comportamento: i rapporti extraconiugali e quelli prematrimoniali.

I primi (è sempre Baffino che ci illumina), vengono gestiti più o meno come nella Sicilia d’anteguerra, nel senso che i casi sono notevolmente e diversamente gestiti, se chi “mangia fuori dal piatto” è l’uomo o la donna.

Se è la donna, il compagno può scegliere fra diverse opzioni.

Fingere di ignorare (succede spesso), troncare il rapporto (poco frequente e sintomo di modernità), oppure adottare un comportamento stile “Corleone” (in tal caso ci scappa il morto, a volte due).

Se è il maschietto a correre la cavallina, le opzioni teoriche sono più o meno le stesse, ma quella più praticata è quella di fingere di ignorare, ma in questo caso, con molta comprensione per le “esigenze maschili” e con una punta di orgoglio per le qualità virili del partner.

Motivo di riflessione molto più attenta, sono invece i rapporti prematrimoniali, tra adolescenti, di età compresa fra i quindici ed i vent’anni.

Da un certo punto di vista, sono gli unici motivati dalla semplice attrazione fisica.

Si verificano tra compagni di scuola o di lavoro, o semplicemente tra coetanei dello stesso villaggio o di villaggi vicini.

Fin qui niente di strano, ma le stranezze iniziano quando questi rapporti vengono calati nella realtà thailandese, con particolare riferimento ad alcuni elementi culturali.

Uno di questi elementi è la totale ed incredibile ignoranza della fisiologia della procreazione e quindi di qualsiasi pratica anticoncezionale.

Quando si dice “ignoranza”, non si rende appieno l’idea.

Infatti i thailandesi non si limitano a disconoscere le pratiche anticoncezionali, ma quando glie le spieghi, non ci credono.

Ti guardano con il loro sorriso ebete (è sempre Baffino che illustra), biascicando qualche parola incomprensibile.

L’unico suono che si comprende nei loro farfugliamenti è la parola “FARANG”, straniero, ed il senso generale è molto chiaro.

 “Questi cazzi di Farang hanno sempre qualche stronzata da venderci. Ora vorrebbero anche insegnarci come nascono i bambini”.

Il risultato pratico di tutto ciò, è che moltissimi, se non la maggior parte di questi rapporti tra adolescenti, lasciano una conseguenza ben visibile a forma di pupo o pupa, quegli esseri che fanno “ueee, ueee”, bevono latte e si cacano addosso, oltre a prendere il morbillo, la pertosse, la varicella e la rosolia.

I genitori di questi adolescenti si guardano bene dall’ insegnare ai loro figli il sistema di evitare questi coinvolgimenti.

Se ne sbattono le palle, che è un piacere.

Mettono già nel conto, che succederà anche a loro visto che succede a tanti e la cosa viene vista come un normale inconveniente della maturazione di una persona, e poco importa se questo “inconveniente” sia a sua volta una persona.

In genere, questo rapporto prematrimoniale viene riciclato in un matrimonio vero, il che non significa che debba essere celebrato un rito religioso o civile.

Basta che lo sposo-bambino vada a vivere con la sposa-bambina, di solito a casa dei genitori di lei, e faccia il bravo ragazzo, cioè cercare un lavoro, dare una mano in casa ed altro.

Resta basilare il fatto che la famiglia del neo-padre versi il solito obolo a quella della neo-madre, dopodiché tutti vivono felici e contenti.

Questo però è un caso ideale e non frequentissimo.

Normalmente “lui” si defila ed il bambino rimane sul gobbo della ragazza (e soprattutto sul gobbone della nonna), e può anche verificarsi che la situazione rimanga invariata per tutta la vita.

Sono abbastanza frequenti i casi in cui madre e figlia abbiano subìto lo stesso “inconveniente” per cui ci sono famiglie costituite da tre donne, di tre generazioni diverse,e non perché tutti gli uomini siano prematuramente defunti, ma perché non sono mai stati presenti, se non al momento dell’orgasmo.

E’ su questo tipo di situazioni, che si inserisce il matrimonio thailandese “normale”, cioè quello di interesse, continua “Baffino”.

Un uomo di mezz’età, benestante, comincia a frequentare la famiglia in cui c’è un pargoletto di troppo, e manifesta la propria disponibilità ad accollarsi morbillo, pertosse, pannolini, scuola ecc., in cambio di un po’ di passera e di qualcuno che gli prepari il “Tom Yam Kung”.

Pagando, s’intende, pagando.

Ricapitolando fino a questo punto: il matrimonio quasi non esiste, la maggior parte delle persone si sono sposate in qualche modo due o tre volte ed hanno figli da diversi partner.

Infine quando due si mettono insieme, non necessariamente il rapporto viene impostato come definitivo, nemmeno a livello di intenzioni.

Può essere benissimo una soluzione temporanea, magari di qualche anno, con lo scopo di superare un passaggio difficile della vita (per uno dei due) e di avere un po’ di sesso e qualche comodità (per l’altro).

Ecco quindi che, se da una parte il matrimonio stesso tende a sconfinare verso una qualche forma di prostituzione, dall’altra, vogliamo vedere come accade il contrario?

Come cioè la prostituzione tende ad avvicinarsi ad un rapporto socialmente omologato?

In Thailandia, la prostituzione è proibita dalle Autorità.

Però viene tollerata, per una relazione di stretta economia, così l’economia si adegua.

In Thailandia, il sesso a pagamento si è trasformato a livello industriale.

Forse è l’attrazione maggiore per un turismo che si espande sempre più.

Sembra che gli introiti del turismo provvedano al 25 % del prodotto nazionale lordo (sono dati ufficiali).

Molto di più che non le spiagge ed i monumenti, il sesso organizzato attira visitatori da tutto il mondo ed aiuta la nazione ad incamerare valuta pregiata.

Questa industria prospera grazie alla qualità dei servizi e all’enorme domanda che fa scavalcare gli indugi della morale.

Migliaia di giovani ragazze vengono reclutate nei villaggi rurali, anche con inganni, ma il più delle volte con il consenso dei genitori, nel nome del denaro che guadagneranno.

Non voglio e non sono in grado di approfondire l’argomento, ma vorrei perlomeno sfiorarlo. Ciascuno se ne può fare l’idea che crede.

Le giovani ragazze sono spinte dal miraggio dell’emancipazione, sia pur ottenuta con la svendita del proprio corpo.

Parlando con la gente thailandese, la traduzione del loro pensiero è che fare l’amore non è peggiore che lavorare sotto il sole per pochi Bath, e viene pagato assai meglio.

L’ambizione di queste giovani è divertirsi, lasciare la noia del villaggio, nonostante che la tradizione continui ancora ad avere un grande valore.

C’è il miraggio dei bei vestiti, della disponibilità di denaro, le comodità del modello corrente.

La prostituzione, però, in Thailandia, non esiste fuori dai circuiti turistici, almeno così mi appare, ma posso anche essere smentito.

E’ qui che viene approfondita questa industria e la ragione di questo atteggiamento risiede nel costume della società Thai.

La mercificazione, che dilaga, non viene osteggiata.

Anche se, teoricamente, i più non approvano, in realtà tutto appare accettabile e normale.

Non si può, quindi, dare tutta la colpa agli stranieri (Farang), che calano a frotte con i loro quattrini, portando alle stelle la domanda.

I thailandesi si adeguano ed il sesso non solo viene sempre più venduto, ma anche sempre più reclamizzato alla luce del sole, e questa mia considerazione non può essere smentita.

Di contro, non si possono considerare maiale, nella nostra valutazione, tutte le thailandesi.

Nello stesso modo, un norvegese che di sera passeggia alle Cascine, non potrà asserire che in Italia le donne sono tutte battone o che a Firenze siano tutti “buchi” (pederasti alla fiorentina).

E’ vero, ce ne sono tanti, ma non tutti.

Però ora che ci ripenso, ce ne sono proprio tanti !!!

Mi diceva ed asseriva una mia carissima amica cosciale, che il genere umano è un Computer e come tale si comporta in base a come viene programmato.

Se le tribù dell’Amazzonia sono state programmate a non avere vergogna delle loro nudità, non credete che si meraviglino, se facciamo loro notare che il topless è meglio che lo indossino sulla Costa Azzurra, o che la “Bernarda” è meglio la nascondino con la foglia di fico ?

Se gli Esquimesi sono stati abituati a defecare dentro l’igloo, senza paretine di ghiaccio che li nascondino, ed accanto all’ospite che in quel momento stà gustandosi un bel salmone alla mugnaia, come si fa a convincerlo di andare fuori a buco ritto con sessanta gradi sotto zero ?

Per i giapponesi, poi, è una vera manna.

In Giappone ci sono gli “incentive tour”.

Il viaggio nel Siam è il premio che numerose aziende offrono per la produttività dei dipendenti.

E qui si sfogano, stì sfigati.

Diranno a Natale : lavorerò come un giapponese, ma poi a Pasqua……e si fasciano i lombi perché non scoppino prima.

Poi c’è lo sfruttamento sessuale dei bambini.

Un’altra signora, di Ancona questa volta, mi scriveva che, con tutti i controlli che Istituzioni Mondiali eseguono, contro la pedofilia, questa stà limitando enormemente la sua portata.

Altro argomento da prendere con le molle !!

Ma siete sicuri che tutti siano inorriditi da questa pratica che si propaga a macchia d’olio ?

Non credete che sia lo stesso discorso della prostituzione ?

In Thailandia la pedofilia è un fenomeno ancora diffusissimo.

Gli assistenti sociali sostengono che si tratti di veri e propri racket, contro i quali il mondo intero stà costituendo un coordinamento internazionale di controllo e denunzia.

Ma fatemi il piacere !!

Non venite a rompermi i coglioni con la serietà di queste intenzioni !!

Ma credete davvero che ci sia una volontà seria di stroncare queste pratiche antiche almeno quanto l’epoca dell’antica Roma, da parte di quei paesi dove più è concentrata questa attività lucrosa ?

Il mio amico Italone, (che sicuramente ora, senza di me, si stà già rompendo i marroni), con la su’ moglie Wilai, thailandese purosangue, da una quindicina d’anni vive a stretto contatto con le incoerenze del popolo thai.

Mi raccontava che non ha motivo di dubitare di un episodio riferito da un suo amico australiano.

Costui, raccontava, stava passeggiando nel centro di Pattaya, quando è stato avvicinato da un bambinetto di una dozzina d’anni, con l’offerta di prestazioni sessuali particolari , in cambio di pochi Bath.

All’insistenza del cittino, che non si capacitava dell’immediato rifiuto, l’amico di Italo ha creduto doveroso ed utile rivolgersi a due poliziotti, che si trovavano lì vicino.

Costoro, stupiti dall’evento denunziato, hanno congedato il ragazzino regalandogli venti Bath, ed hanno portato l’australiano al loro comando di polizia.

Qui, il poveretto, dopo essere stato strizzato, verificato e passato ai raggi ics, è stato trattenuto tutta la notte per accertamenti.

La mattina seguente, dopo altri interrogatori da parte di altre Autorità, è stato infine rilasciato, ma con l’ammonimento, solo verbale, di non ritornare più in Thailandia a creare loro altri problemi.

Meglio sorvolare !!

Mi racconta ancora il mì “Baffino” Italo, che, in effetti, da un certo punto di vista, la signora di Como ha ragione.

E mi fornisce la sua versione, frutto di sue esperienze, sugli usi e costumi del favoloso Siam, riguardo a ciò che noi consideriamo una mercificazione del proprio corpo.

Ne è uscito fuori un trattato, che da un certo punto di vista divide notevolmente le idee incarnate nelle teste dei vari abitanti le diverse latitudini.

Diceva sempre “Baffino” :

E’ come quando si fora una galleria e c’è una squadra che scava da una parte ed un’altra che scava dalla parte opposta.

Si vengono incontro e, se l’ingegnere ha fatto i calcoli giusti, prima o poi fanno cadere l’ultima parete di roccia che li divide e stappano la bottiglia di champagne.

Solo che, quando la parete che cade è quella che divide la prostituzione da un qualsiasi rapporto di coppia, il povero occidentale non ci capisce più un cazzo e comincia ad avere delle crisi di sconforto intellettuale.

Dunque, cominciamo col dire che non è vero che la prostituzione non esiste al di fuori dei circuiti turistici.

Le “sale di massaggi” sono sempre state una tradizione in Thailandia, e molto prima dell’arrivo degli occidentali.

Il concetto è analogo a quello dei luoghi ove le “geishe” giapponesi celebravano la “cerimonia del tè” (e non solo quella) per i Samurai provati da una lunga giornata di viaggi e di battaglie.

Effettivamente una volta non esisteva la distinzione tra le massaggiatrici “vere” (cioè quelle che sanno fare i massaggi e che spesso non brillano per sex-appeal) e quelle “con la vestaglietta numerata” (che magari come fisioterapiste lasciano un po’ a desiderare, ma sono state molto più generosamente dotate da Madre Natura).

Come le geishe ti preparavano il tè, queste ti stiravano i muscoli e se poi, nell’uno o nell’altro caso, da cosa nasceva cosa……..questa non era però scontata.

E quando avveniva, non era detto che tutto si esaurisse nel giro di un’ora o di una notte. Poteva benissimo, visto che la professione della fanciulla non era considerata disonorevole, nascere un rapporto di una settimana, un mese, un anno o una vita.

Ora effettivamente in Thailandia esistono tre “punti caldi”, uno dei quali è quel quartiere di Bangkok che si chiama Pat Pong.

Un altro è costituito da tutta la citta di Pattaya ed infine c’è una spiaggia di Phuket, che si chiama Patong Beach, che sarebbe molto bella dal punto di vista paesaggistico.

Peccato che sia stata trasformata in un bordello a cielo aperto.

E continuava “Baffino”:

In questi punti caldi è diffuso il sesso usa e getta alla maniera occidentale, che in questa piccola trattazione vorrei lasciare per ultimo, sia perché è l’ultimo arrivato in senso cronologico, sia perché è il meno importante come impatto sulla cultura locale.

Quello che invece è importantissimo è il rendersi conto che tutta la Thailandia, al di là della prostituzione in senso stretto, è una immenso serbatoio di fidanzate più o meno temporanee o più o meno durature, molte delle quali sono delle potenziali mogli (mentre altre assomigliano di più alle nostre prostitute in quanto tendono a pilotare il rapporto verso la brevità).

Comunque, mai meno di qualche ora.

“Una botta e via” è un concetto quasi sconosciuto, a parte i famosi punti caldi, ma quelli sono anche molto recenti.

C’è sempre di mezzo il drink, la cena ed eventualmente la discoteca.

Insomma per un certo tipo di europei è il paradiso, perché vanno a puttane potendosi permettere di far finta che non è vero, che hanno”rimorchiato” grazie al loro fascino e, perché no, anche ai loro soldi.

In fondo che differenza c’è con uno che “cucca” facilmente a Viareggio o a Taormina perché va in giro in Ferrari, dorme in un cinque stelle e offre champagne tutte le sere? Anche lui in un certo senso “paga”, l’unica differenza è che qui non c’è bisogno della Ferrari, busta un pickup a noleggio, e se invece dello champagne si offre Mekong va bene lo stesso (solo che costa molto meno).

Questo dal punto di vista del farang.

E da quello della ragazza?

Si considera una prostituta?

E’ considerata tale dagli altri?

Non più di tanto (mentre lo sarebbe sicuramente se indossasse un bikini in spiaggia).

Dal suo punto di vista (bisogna tener conto che la quasi totalità di queste fanciulle hanno una di quelle cose che fanno “ueee ueee”e che si sono ritrovate come conseguenza dei giochi di gioventù) lei non fa altro che cercare un rapporto più o meno temporaneo o più o meno duraturo (un giorno, una settimana, un anno o una vita) che la aiuti a vivere, il che rientra perfettamente nelle tradizioni.

Probabilmente la sua mamma al villaggio la sta aiutando a suo modo nella ricerca, e se le capita di conoscere qualche “zio” benestante e in buona salute, con una bella casa e venti “rai” di terra, magari le telefona e quella molla il bar, salta sul primo autobus e se ne torna al paesello a conoscere il marito che le ha procurato mammà.

Certo che se prima lei trova un farang al bar non c’è niente di male, anche perché, si sa, i farang sono tutti ricchi (e questa non glie la togli dalla testa neanche se li ammazzi, come il fatto che siamo sporcaccioni).

Insomma lei ci prova, e quasi tutte sono disposte a prendere in considerazione l’idea di un rapporto duraturo che magari permetta loro un trasferimento in occidente, con eventuale possibilità di far studiare il bebè in Europa o in America.

E i punti caldi?

Quelli si liquidano con poche parole.

Sono nati all’epoca della guerra del Vietnam come retrovie, dove i marines, ricalcando le orme dei samurai, venivano ogni tanto a ritemprarsi dalla fatiche belliche.

C’è stato, come al solito, lo zampino dello Zio Sam.

Finita la guerra, ormai le strutture c’erano e sono state date in pasto agli assatanati di tutto il mondo, come tutti sanno.

Vorrei concludere, continuava “Baffino”, completando un punto che ho lasciato in sospeso. Prima parlavo del fatto che la prostituzione esiste indipendentemente dal turismo e ne ho accennato le origini storiche.

Poi però ho sviluppato l’argomento solo in relazione agli occidentali.

Ma come funziona la prostituzione per i thailandesi al giorno d’oggi?

Esiste?

Nei modi e nelle forme attuali è stata importata di riflesso dall’occidente?

Risposte: funziona alla grande.

Esiste eccome.

Assomiglia ben poco ai modi e alle forme occidentali e non c’entra assolutamente niente con quanto si vede nei famosi “punti caldi”, che sono stati predisposti più che altro per gli occidentali e per i giapponesi.

Senza andare a cercare tanto lontano: Rayong.

E’ una sonnacchiosa città di provincia, di sera vanno quasi tutti a nanna, trovare qualcuno che parla inglese è un’impresa ardua ed i turisti sono una specie rarissima e quei pochi sono solo di passaggio.

Eppure le sale di massaggio ci sono (non sto parlando del tempio dove praticano i massaggi terapeutici tradizionali) e sono frequentate quasi esclusivamente da thailandesi. Io non ci sono mai stato, però ci sono passato davanti parecchie volte e poi ho i miei informatori.

Frequento invece saltuariamente, per dovere d’ufficio, un ristorante “particolare”, quello dove ogni tanto porto i grandi cacciatori bianchi a fare un safari.

Io ne conosco solo uno, ma so che ce ne sono altri.

Comunque ti posso dire che quello è sempre pieno di thailandesi.

Gli unici europei siamo io e i miei cacciatori bianchi (quando ci siamo).

Nessuno del personale parla inglese, neanche le ragazze (per questo è necessaria la mia presenza e intanto scrocco pure la cena, tra l’altro si mangia bene).

Quanto ai modi e alle forme sono garbati e simpatici, non senza una certa poesia, e comunque molto “orientali”.

Niente a che vedere con i locali “hard” di Pattaya o di Bangkok.

Niente di volgare o di osceno.

I tavoli sono al buio e c’è un palco illuminato dove le ragazze si alternano a cantare su una base registrata.

Cantano tutte piuttosto bene e sono abbigliate in modo sexy, ma non da “puttane”.

Uno se ne sta lì, ascolta la musica e guarda le ragazze, con calma.

Nel frattempo consuma la cena che generalmente è ottima.

Se una delle fanciulle ha risvegliato gli istinti selvaggi di qualcuno, questi non fa altro che aspettare che la suddetta vada a cantare un’altra canzone, dopodiché fa un cenno ad un cameriere ed acquista una (o due o tre) ghirlande di fiori che costano 500 baht cadauna.

Il cameriere provvede all’istante ad andare a mettere la ghirlanda (o le ghirlande) al collo della cantante la quale, al termine della sua performance, viene a sedersi al tavolo del generoso samurai.

Più sono le ghirlande e più la fanciulla è disponibile, in quanto lei e i gestori del locale fanno fifty fifty del prezzo pagato per le ghirlande stesse (naturalmente detratte le spese, peraltro irrisorie).

A questo punto il generoso samurai offre da bere, eventualmente da mangiare, insomma fa’un po’ di corte alla tipa e poi, se lo desidera, se la porta da qualche parte per placare le sue brame, a fronte di un ulteriore regalo, che si aggira normalmente sui 500 baht. 

Mi continuava a raccontare “Baffino”:

Che io sappia, non esiste quel “reclutamento” di cui tu fai cenno.

Non esiste neanche la figura del protettore, inteso alla nostra maniera.

Si chiama “mama san” e non è un bieco mafioso, ma un serio imprenditore.

Le ragazze vanno a chiedere lavoro spontaneamente come farebbero in un supermercato o in un lavaggio auto, e se ne possono andare quando vogliono, come da qualsiasi altro posto di lavoro.

Se commettono qualche mancanza, non vengono né picchiate né minacciate, ma “multate” attraverso una trattenuta sul loro fisso mensile (sì, perché hanno anche un fisso mensile).

Da notare che fare il “mama san” non è mai l’unico lavoro.

E’ solo un servizio in più che viene offerto come optional all’attività principale, che rimane sempre e comunque il ristorante, o il bar , o la discoteca, o quel diavolo che è.

Non ci sono rapporti visibili tra prostituzione e malavita organizzata.

La mafia si occupa di droga, armi, contrabbando, ecc.

Ad esempio un business illegale molto lucroso, e strettamente legato ad un potente racket, è costituito dal commercio clandestino di specie animali protette.

Un cucciolo di tigre dell’età di tre mesi vale al mercato nero più di cinquantamila dollari e, con un sovrapprezzo di diecimila dollari, può essere consegnato a domicilio in Europa o in America!

Concludo con una nota di colore.

Se mai ci fosse stato, e non mi risulta, un calo nella domanda interna di sesso mercenario, questo calo sarebbe stato spazzato via dalla caduta dell’Unione Sovietica.

Perché da quando il vecchio Gorby è stato silurato e la Santa Madre Russia è diventata quel gran casino che è oggi, a Pattaya si è verificato un fenomeno che dai ricchi thailandesi è stato salutato come la manna dal cielo: sono arrivate le russe!!!!!

E così adesso si possono togliere la soddisfazione di frullare delle donne farang,che fino a pochi anni fa era un sogno proibito.

E questo penso che lenisca non poco anche l’incazzatura sotteranea che sicuramente dovevano avere, per il fatto che invece i maschietti farang, con le fanciulle orientali, per un motivo o per l’altro, hanno sempre avuto un discreto successo.

Ciò è buono anche per le russe, che hanno visto salire le loro quotazioni fino a diecimila baht!!!

Purtroppo per loro però, a differenza di quanto avviene con le thailandesi, al loro seguito è arrivato un nutrito drappello di mafia russa, e quindi credo che la maggior parte di quei diecimila baht finisca nelle tasche di qualche Don Calogero moscovita (il quale sicuramente non si limita a “multare” gli sgarri).

Ciò è molto visibile.

Infatti a Pattaya i russi vivono in una specie di circuito chiuso che ha le caratteristiche di un ghetto.

Hanno i loro bar, i loro alberghi e i loro ristoranti (con le regolamentari scritte in cirillico). Quando mettono il naso fuori, sono estremamente malvisti.

Gli albergatori, a meno che non siano russi essi stessi, quando vedono un passaporto dell’ex Unione Sovietica, dichiarano il tutto esaurito.

Tutti i russi in Thailandia sono considerati mafiosi e visti come il fumo negli occhi.

E con ragione, perché uno dei loro divertimenti principali, quando vanno di sera in qualche altro locale che non sia dei loro, è quello di ubriacarsi e poi innescare una rissa da far west, con tavoli, sedie e bottiglie che volano.

Una volta tanto parteggio per i poveri, piccoli poliziotti thailandesi i quali in questi casi, dopo che sono riusciti con fatica e con rischio (in sette o otto) ad acchiappare uno di questi giganti biondi, alti due metri e pesanti cento chili, lo mazzolano di santa ragione, prima di portarlo in caserma per spiegargli che non deve rompere i coglioni.

Spero di essere riuscito a comunicarti un po’ di confusione, stava quasi concludendo il mio amico.

Se è così, ho raggiunto il mio scopo.

In Oriente infatti c’è da preoccuparsi quando qualcosa sembra chiaro.

Alla base di questa chiarezza c’è molto probabilmente un equivoco.

Se invece un fenomeno appare incasinato, inspiegabile e contraddittorio, be’…….di solito si è sulla buona strada, se non per capire, almeno per “constatare” come funzionano le cose.

Da capire, a questo livello, c’è ben poco.

Voglio dire, se si prende in esame un fenomeno singolo, in questo caso “la prostituzione in Thailandia”.

Funziona così e basta.

Per tentare una razionalizzazione occorre ampliare moltissimo la visuale e fare un’analisi dettagliata di tutta la società thailandese, della sua storia, dei rapporti tra le sue varie componenti, nonché delle complesse interazioni con il resto del mondo.

Ci si trova poi inevitabilmente a fare le pulci a tutto il pianeta e si finisce, come spesso accade in questi casi, a parlare di aria fritta.

XVIII    Giorno domenica 5 marzo 2017 :

Gita ad Ayutthaya e ritorno in battello, sempre emozionabile, con pranzo a bordo del Grand Pearl Cruise.

Le rovine della città antica di Ayutthaya è uno dei “Patrimoni dell’Umanità” riconosciuti dall’UNESCO.

La città si trova a circa 70 chilometri a nord di Bangkok , su un’isola alla confluenza di tre fiumi.

Ex capitale del regno di Thailandia, subì vari assedi da parte dei birmani prima di essere da loro conquistata e saccheggiata nel 1767 e quasi completamente distrutta.

Ayutthaya non si riprese più da quel disastro e la capitale fu spostata a Thonburi, ora Bangkok.

In seguito Re Taksin cacciò gli invasori birmani e riunificò il Siam.

Prima di raggiungere Ayutthaya, ci fermiamo a visitare il Palazzo Reale di Bang Pa-In , un complesso di edifici un tempo utilizzati dai sovrani siamesi del Regno di Ayutthaya.

La struttura ospita vasti giardini e diversi padiglioni nel bel mezzo di uno stagno.

Il Palazzo Reale resta spesso aperto ai visitatori in quanto la famiglia reale thailandese lo utilizzano solo raramente per banchetti ed occasioni speciali.

E così la manutenzione, molto costosa, viene assicurata con le entrate economiche dei numerosi visitatori che non si possono sottrarre alla tappa mentre si recano ad Ayutthaya.

Non scemo il Re del Siam.

Quest’anno abbiamo notato che al contrario degli altri anni, non vi sono più piante di orchidee che prima crescevano dappertutto nel complesso.

Serata ai mercatini di Pratunam e cena dal solito pesciaio li intorno.

Temperatura 38 gradi ed umidità incredibile.

XIX   Giorno lunedì 6 marzo 2017 :

Ultimo risveglio a Bangkok.

Apro le tende sulla parete di vetro che guarda la città, e vedo che il traffico è già in continuo movimento frenetico.

Sono le 6 e 30 minuti.

La gente ormai non si parla più tra loro.

Tutti hanno il telefonino e ciascuno sproloquia con questo.

Anche quando si siedono ai tavolini per un aperitivo, ognuno, dopo le consuete presentazioni, si isola con il proprio strumento disinteressandosi dei compagni.

Ho visto due ragazzi giovani, di sesso diverso, soli, che si sono seduti, hanno ordinato l’aperitivo e poi immediatamente sono andati in trance guardando e scrivendo sull’Hiphono.

Magari stanno comunicando anche tra loro.

Solita colazione/pranzo/merenda.

Una islamica nero vestita integrale, passeggia tra gli stand, incartata e fasciata, e con il piatto pieno, non distinguo di che cosa.

Solo un piccolissimo pertugio sotto la fronte lascia un minimo spazio per gli occhi.

Poi starnutisce per l’aria condizionata e vola via tutto l’apparato.

E quando mangia ?

No, lei mangerà solo con gli occhi.

Pomeriggio in piscina e un po’ in giro per i numerosi mercati di Pratunam.

Verso sera prepariamo la valigie riponendo gli ultimi acquisti e prenotiamo un taxi abbastanza grande che permetta di salirci in quattro  persone con tutti i nostri bagagli.

Costo 700 Bath, circa 20 Euro ed alle 22,00 partiamo per l’aeroporto Suvarnabhumi.

Il traffico, seppur intenso è molto scorrevole ed in mezz’ora arriviamo nell’aerostazione.

Passiamo il controllo passaporti ed anche la security, dove ci fanno togliere anche le scarpe, e ci istalliamo nella lounge della Qatar in attesa della chiamata all’imbarco.

XX   Giorno martedì 7 marzo 2017 :

Alle 1,40 il Boeing 777 della Qatar Airways decolla e subito dopo siamo nel mirino delle notevoli attenzioni delle hostess.

La nostra è taiwanese.

Chiede cosa portare da bere e da mangiare, ma preferiamo dormire subito dopo il decollo.

Tutti nelle poltrone aperte a 180 gradi e sull’India siamo cullati dalle turbolenze solite.

Arriviamo a Doha dopo una piccola colazione sull’aereo e nella lounge la continuiamo.

Alle 7,00 orario di Doha iniziamo l’ultima tratta verso Venezia e la rotta è diversa da quella dell’anno passato.

L’anno scorso siamo passati sopra l’Egitto mentre ora attraversiamo l’Irak, la Turchia e la Romania.

Attaversiamo l’Adriatico dalle parti dell’Istria e qui comincia anche il sentiero di discesa.

Facciamo a destra la virata base sul delta del Po, bellissimo con un’ottima visibilità, e lungo finale per Venezia.

All’arrivo al Marco Polo, notiamo che la valigia di Gianna ha il manico rotto.

Mentre i ragazzi vanno a svolgere le pratiche per la denuncia, io mi reco in bagno.

Mi infilo nel primo aperto e trovo il wc intasato con il rubinetto dell’acqua rotto.

Torno dai miei compagni che nel frattempo hanno compilato il modulo necessario, ma al momento della firma, l’impiegata, seccata, si lamenta che per la seconda volta la stampante non funziona.

Ben tornati in Italia, ragazzi.

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