Un dono d’amore

di Gianni Giatti –
Diario della vacanza di un gruppo di portatori di handicap che in dieci giorni a bordo delle loro carrozzine, hanno percorso il Cammino di Santiago (oltre 1000 km.) per diffondere il messaggio della grande importanza della donazione degli organi e di midollo osseo, soprattutto per quelle persone meno fortunate di loro che lottano ogni giorno per avere le condizioni di una vita migliore. 29 luglio 2005
Lastra a Signa (FI)

Dopo aver accettato l’invito di Giuliano Vignozzi, una volta arrivato alla sede della Misericordia di Lastra a Signa pensavo ad un remake dell’avventura di due anni prima. Invece, a parte il volto burbero di Giovanni, quello sempre sorridente di Domenico e infine a quello spensierato di Roberto, mi sono trovato di fronte a un gruppo di ragazzi portatori di handicap che non conoscevo, impegnati nei preparativi della nuova impresa.

Che cosa si è messo in testa questa volta Giuliano Vignozzi dopo la Firenze ÷ Roma in carrozzina? Percorrere assieme ad un gruppo di disabili l’intero Cammino di Santiago con quelle strane carrozzine che tanto stupore avevano suscitato sulle strade italiane. Stavolta però si tratta di un tragitto di oltre mille km. fuori dai confini italiani, con salite impervie e a temperature a volte canicolari.

Ma tutto questo, nonostante la comprensibile euforia della tavolata alla vigilia dell’evento, era stato messo in discussione fino a pochi giorni prima della partenza per due gravi e importanti motivi: il primo che ha visto Giuliano colpito da un cedimento fisico a seguito degli stressanti preparativi e che ha messo in serio dubbio la sua partecipazione, il secondo dovuto al ritiro da parte di alcuni finanziatori che si erano proposti con sostanziose promesse e che invece, hanno costretto i partecipanti ad un piccolo autofinanziamento.

Ma come spesso accade, le vicende tristi si dimenticano presto, ed ecco quindi tutti a brindare alla nuova avventura. La carovana quest’anno, oltre che dagli atleti, sarà composta anche dai loro famigliari impegnati in tutti i lavori di logistica e trasporto, a bordo dei mezzi messi a disposizione dalla Misericordia di Lastra a Signa che ancora una volta ha creduto nel progetto di Giuliano. Tra loro spicca una figura simpaticissima: il piccolo Riccardo che diventa fin da subito la mascotte del gruppo.

Nonostante qualche celata preoccupazione, la serata trascorre in un clima entusiastico; sebbene questi atleti abbiano partecipato a gare piuttosto impegnative, nessuno di loro può immaginare quali insidie e imprevisti si nascondano dietro questa prova.

Dopo l’ennesimo brindisi e controllati gli ultimi dettagli, il gruppo si ritira accampato nell’autorimessa dove trascorrerà la notte che per vari motivi a molti risulterà quasi insonne.

30 luglio
Da Lastra a Signa a Ventimiglia

La sveglia ufficiale avviene alle sei, ma da oltre mezz’ora Anna e Cornelia rispettivamente le mogli di Giovanni e Martino, sono già in piedi. Durante il viaggio imparerò a conoscere quelle che a mio avviso sono da considerare gli angeli custodi degli atleti, le loro donne, mogli e sorelle che in silenzio, si dedicano a loro instancabili dall’alba al tramonto.

Toccherà a loro infatti ogni giorno caricare e scaricare il furgone colmo all’inverosimile di bagagli, tende e tutto quanto è stato ritenuto necessario per il viaggio, oltre che darsi il cambio alla guida dei sei automezzi messi a disposizione dalla Misericordia di Lastra a Signa.

Della carovana fanno parte Filippo e Federica due giovani volontari della Misericordia, con il compito di alternarsi alla guida del camion delle attrezzature oltre che dare un aiuto nei momenti di sosta.

Della spedizione fanno parte altri personaggi, come Mario il papà di Roberto, Giorgio l’accompagnatore di Francesco, Loriano il fratello di Giuliano che con la moglie Renza sono gli addetti alla cucina da campo, ma tutte queste persone avremo modo di conoscerle durante il viaggio.

Alle nove l’organizzazione è in atto. I mezzi sono allineati, la staffetta dei carabinieri e dei vigili del Comune sono pronti. Gli atleti fremono cercando di nascondere un certo nervosismo. Ma non solo da parte loro. Una malcelata agitazione è manifestata anche dalle donne degli atleti, che quando non sono di turno alla guida dei mezzi seguiranno i loro uomini in bicicletta.

Infine la foto ricordo nel piazzale davanti alla sede della Misericordia, attorniati da una cornice di volontari parenti e amici, che si sono prodigati fino all’ultimo affinché i preparativi della partenza avessero buon fine.

Un lungo applauso e poi via verso Firenze dove in piazza del Duomo sono attesi dalle autorità civili ed ecclesiastiche. Percorrendo vie secondarie la carovana composta dagli undici atleti disabili e 13 accompagnatori dei quali la metà alla guida dei sei automezzi e l’altra al seguito in bicicletta, si muove senza difficoltà nel traffico che opportunamente viene bloccato ai vari incroci.

Certo destano un indubbio stupore tra quanti li vedono sfilare, ma questo è quanto intende fare Giuliano per far giungere il suo messaggio che quest’anno varcherà i confini italiani per approdare sulle strade europee.

Alle dieci in punto la comitiva giunge puntuale nella piazza antistante la cattedrale. Ben presto una piccola folla richiamata dal trambusto accerchia gli atleti per cercare di capire cosa stia avvenendo e una grande impressione desta tra la folla una volta saputo il motivo della riunione che viene diffuso di bocca in bocca da persona a persona.

Dopo la benedizione è il momento dei saluti. Da questo momento la carovana percorse le vie del centro, lascia la città in direzione della sede della Misericordia di Badia a Ripoli.

Una volta raggiunta la sede le carrozzine verranno caricate su uno dei furgoni. Da questo momento la spedizione dovrà muoversi autonomamente e far fronte da sola ad eventuali imprevisti.

Ci mettiamo in marcia lungo l’autostrada. Il viaggio di avvicinamento è lungo e faticoso. Dobbiamo percorrere circa 1500 km. entro domani sera in quanto la tabella di marcia prevede la partenza da San Jan pied de Port la mattina seguente.

Ben presto però ci accorgiamo che non tutti gli automezzi reggono la stessa velocità, per cui per non creare colonne ci diamo appuntamento in determinate stazioni di servizio dove ci ricompatteremo. Ed è in una di queste che attendiamo per oltre un’ora il camion di Filippo, che per una perdita, è costretto a rimboccare continuamente il radiatore.

La prima tappa è prevista a Ventimiglia dove arriviamo in ritardo verso le sette. Ci accamperemo su uno spiazzo a ridosso di un campo di calcetto, dove dopo la mezzanotte al termine delle partite, potremo sfruttare le docce calde.

Ci accoglie Saverio, un giovane amico del gruppo, che da poco tempo si trova nelle loro stesse condizioni. Saverio si è dato da fare per organizzare questa sosta, in quanto nel culmine delle vacanze estive, è impossibile trovare tra i piccoli campeggi, una struttura che accolga un gruppo cosi numeroso

Trascorriamo una mezz’ora in chiacchiere un po’ preoccupati per il ritardo del camion di Filippo, che tra l’altro ha a bordo tutto il materiale per costruire l’accampamento. Buon per noi che ci troviamo in una calda serata di fine luglio.

Alle nove quando arriva l’automezzo, c’è ancora luce. Mentre Riccardo è intento a sfregare quelle che ritiene due pietre focaie, convinto forse che per mangiare bisognerà accendere il fuoco, tutto il personale si da da fare per scaricare i bagagli e il materiale per far sorgere l’accampamento.

Nessuno dei componenti del gruppo accompagnatori aveva mai montato il tendone, ma con la regia di Loriano che l’aveva provato con Filippo nel giardino di casa, in pochi minuti con un perfetto sincronismo viene eretta la copertura per la notte.

Contemporaneamente vengono montate altre tende in quanto nonostante l’ampiezza, la struttura non è sufficiente a contenere tutte le persone, e deve servire inoltre da cucina e mensa in caso di pioggia.

Quando l’accampamento è pronto ci accorgiamo che nel frattempo si è fatto buio. Buon per noi che questa sera non dovremo cucinare perché Saverio ha organizzata la cena appoggiandosi ad un ristorante vicino.

Sono ormai le dieci e mezza quando ci ritroviamo attorno alla lunga tavolata. Dopo il primo piatto di pasta e un buon bicchiere di vino scompaiono subito fatiche, disagi, timori e ritorna l’ottimismo. Si brinda quindi all’inizio dell’avventura.

Siamo già oltre la mezzanotte quando una luce avanza nel buio pesto. Si tratta di Riccardo che in braccio al papà sulla carrozzina si dirige verso la propria tenda. Qualcuno si attarda per la doccia mentre altri sono già a letto. Domani ci attendono circa 900 km.

31 luglio
Da Ventimiglia a San Jan Pied de Port

Alle sei siamo di nuovo tutti in piedi. In un’ora smontiamo l’accampamento e vengono riposti ancora una volta i bagagli, facendo attenzione però di non caricare il tendone sul camion lento per non dover attendere il suo arrivo nella prossima sosta.

Nei due giorni di trasferimento, la cucina non funzionerà in quanto perderemmo del tempo prezioso. Per la colazione e il pranzo ognuno si arrangerà da solo durante le soste per il rifornimento.

Concordato il punto di arrivo, ci accorgiamo ben presto che oggi la giornata sarà dura per il movimento di migliaia di automobilisti in marcia verso i luoghi di vacanza. Risulterà difficoltoso anche solo radunarci alle stazioni di servizio, per cui viene dato l’ordine di ritrovarci al punto stabilito all’arrivo.

I problemi oggi sorgono per il furgone di Giorgio, che trasporta tutti i bagagli della spedizione, il quale non riesce a superare gli 80 km. orari e già nel primo pomeriggio è in ritardo rispetto a noi di due ore.

Con il passare del tempo il ritardo aumenta. Decidiamo allora di accamparci in territorio francese ad un centinaio di km. dalla partenza che colmeremo domani mattina.

Montiamo l’accampamento in un semideserto ma funzionale campeggio a ridosso dei servizi igienici. Dobbiamo attendere quasi la mezzanotte però prima di vedere arrivare l’ultimo automezzo della carovana.

In uno di questi c’è Riccardo che cotto dal sonno non si accorgerà di essere preso in braccio e portato direttamente nella sua tenda.

Mentre si scaricano i bagagli e si sistemano le brandine, Rita e Renza hanno provveduto a cuocere la pasta. Non c’è il tempo e la voglia di sistemare i tavoli. Si mangerà con il piatto in mano dove capita.

La giornata è stata davvero faticosa. Il Traffico, il caldo l’attesa. Domani inoltre prima della partenza con le carrozzine, dovremo percorrere questi ultimi chilometri e sballeranno senza dubbio i tempi previsti.

Ma ancora una volta quando siamo di nuovo tutti assieme, nonostante la stanchezza c’è la soddisfazione e la convinzione di potercela fare, confidando anche nel tempo che fino adesso ci ha sostenuti.

1 agosto
Da San Jan Pied de Port a Pamplona

Probabilmente i contadini della zona saranno contenti della pioggia che scende dopo un lungo periodo di siccità. Molto meno, per non dire per niente, lo sono i nostri amici che alle tre di notte si ritrovano sotto un violento temporale, fra tuoni e fulmini e con l’acqua che scendendo copiosa, filtra sotto il tendone.

Una volta svegliati dal trambusto, difficilmente si riprende il sonno, e così quando sono soltanto le cinque, alcuni decidono di alzarsi per avvantaggiarsi nella sistemazione delle proprie cose, mentre altri, visto che continua a piovere sono indecisi sul da farsi.

Certo il programma prevede oggi una tappa di 90 km. con arrivo a Pamplona, prima però bisogna raggiungere San Jan, che dista un centinaio di chilometri dove, chiunque intenda percorrere il cammino, deve procurarsi la documentazione che in seguito attesterà la validità del tragitto effettuato.

Mentre Loriano è intento a preparare la colazione con il latte allungato dall’acqua piovana, e ci si ripara dove possibile, viene presa la decisione di smontare comunque il campo e di avvicinarci al punto di partenza, sperando che nel frattempo le condizioni meteo migliorino. Qualora peggiorassero, si salterà in parte o tutta la prima tappa. Viene inoltre deciso di lasciare il tendone ad asciugare, verrà recuperato in seguito, anche perchè a Pamplona dovremmo pernottare in una palestra.

Intanto che Anna fa sgranchire Riccardo qualche attimo prima di avviarci, uno scroscio improvviso ci costringe tutti a riparare all’interno dei servizi igienici facendoci ritardare ulteriormente la partenza.

Approfittando quindi di una pausa del maltempo, mettiamo in moto e ci incamminiamo verso San Jan Pied de Port che raggiungiamo verso le dieci. Durante il trasferimento, una telefonata dall’Italia raggiunge Giuliano e lo mette al corrente di come la stampa abbia dato risalto all’impresa che questi ragazzi si accingono ad intraprendere, mettendolo con le spalle al muro e strappandogli l’assicurazione che si partirà con qualsiasi condizione di tempo, Buon per noi che al nostro arrivo sembra che il tempo migliori, o per lo meno ha smesso di piovere.

Passati sulle proprie carrozzine, i ragazzi si avviano verso il centro del paese lungo una ripidissima salita per raggiungere il punto di partenza dove riceveranno una credenziale, che verrà vidimata con un apposito timbro lungo tutto il percorso, presentando un documento che ne attesti la proprietà.

Ma giunti a metà della salita, siamo tutti scoppiati, atleti e accompagnatori. Nadia, la mamma di Riccardo, si incarica allora di ritirare le credenziali che vengono compilate in mezzo alla strada e riconsegnate per l’autenticazione.

Alle undici siamo pronti per la partenza. Mentre Giuliano e Massimo sistemano le moto con le quali in seguito Filippo e Loriano e quanti altri in grado di guidarle controlleranno la corsa, il gruppo intona l’Inno di Mameli.

Al termine, nell’anonimato di una piazzetta avviene la partenza proprio nel momento in cui si rimette a piovere. Ma ormai siamo in ballo. Non ci sono ripensamenti e si parte più decisi che mai. Certo i ragazzi meritano un plauso per la determinazione con la quale stanno affrontando questa prova in simili condizioni.

Un problema si prospetta però sin dai primi chilometri, la strada molto stretta e tortuosa, a causa della colonna dei nostri mezzi crea un certo disagio agli automobilisti che trovano difficoltà a sorpassarci, creando lunghe file. Ci mettiamo quindi d’accordo di procedere distanziati e di ritrovarci quando la strada lo permette con ampie insenature. Rimarranno le sole moto a fare da battistrada e serrafile.

Nel frattempo Loriano è partito con la cucina da campo per Pamplona. Il suo compito ogni giorno sarà quello di anticipare la colonna e predisporre l’accampamento. Dovrà recarsi nel Comune di arrivo e farsi indicare un punto di appoggio dove trascorrere la notte, infine ritornare incontro alla colonna all’ingresso della città.

Intanto proprio la prima parte del percorso si rivela estremamente difficoltosa. Nei primi 30 chilometri gli atleti si trovano a superare un dislivello di oltre 1000 m. che dai 200 m. slm porta ai 1400, con pendenze che arrivano al 14% senza la possibilità di prendere fiato, e frequente è la domanda sulla distanza dalla vetta.

Mentre si sale, il tempo tende a migliorare. Ma si arranca molto lentamente e ciò induce Giuliano a far ritornare indietro Filippo e Federica a recuperare il tendone rimasto al campeggio.

Dopo circa due ore di salita, si presenta una ripida discesa lungo la quale gli atleti si lanciano in una sfrenata corsa. Ma è solo una illusione quella di credere di avere superato il passo, perché subito dopo si trovano di fronte ad un altro muro.

Ma i ragazzi non sono soli, spesso vengono affiancati, superati e a volte viaggiano gomito a gomito con le loro consorti, che si rivelano delle abili cicliste, in modo particolare delle arrampicatrici.

Durante la dura scalata il gruppo si sfalda come è naturale sia in una compagine dai differenti dati anagrafici. Ognuno sale con una propria tecnica, chi di forza come Roberto, altri con passo regolare e costante come Mauro.

Finalmente giungiamo in vista della cima pirenaica dove ci fermeremo fino a quando la carovana non si sarà compattata, e dopo il cambio di biancheria, affronterà la discesa verso Roncisvalle.

In cima al colle troviamo lunghe file di pellegrini che lungo un sentiero sterrato stanno percorrendo questa prima fase del cammino. Il luogo è caratterizzato da una chiesa dove i viandanti vi sostano per una pausa, e da una collinetta sulla quale vengono deposte delle croci lasciate forse per esaudire una preghiera.

Sostiamo per una buona mezz’ora in attesa di ricongiungerci. Nel frattempo, Giuliano e Massimo risaliti sulle moto danno un saggio della loro abilità sulle dune fino a raggiungere una lapide che ricorda il sacrificio di Rolando.

Quando ci rimettiamo in marcia affrontando una lunga e vertiginosa discesa, il sole fa decisamente la sua apparizione. I chilometri orano scorrono spediti, intervallati soltanto da qualche leggera impennata.

Durante questo tragitto però, avviene un fatto curioso che rivoluzionerà per alcuni giorni il corso della impresa. Federica, di ritorno dal recupero del tendone dopo essere salita su una delle moto, per una manovra errata viene fermata da una pattuglia della Guardia Civil, l’equivalente della nostra Polizia Stradale. Alla richiesta dei documenti, non può che constatare di averli dimenticati nel bagaglio che viaggia con la colonna alcuni chilometri più avanti.

La Guardia Civil non sente ragioni e le affibia una multa prima di lasciarci ripartire, ma contemporaneamente viene a conoscenza del fatto che un gruppo di disabili italiani si trova lungo il cammino di Santiago e che marcia in colonna lungo la statale.

La pattuglia, avvisata la centrale del fatto avvenuto, verosimilmente viene redarguita e riceve l’ordine di raggiungerci e di scortarci fino a destinazione. Ma non è tutto.

Quando siamo alle porte di Pamplona, la scorta impone al gruppo una deviazione lungo le mura della città e ci fa entrare dalla parte del centro storico fino a raggiungere la piazza del municipio, concedendo così a tutta la spedizione una passerella insolita.

La gente ai lati delle strette vie della città guarda sbigottita queste strane carrozzine, mentre io mi trovo in difficoltà a filmare l’avvenimento, in quanto con una mano sulla telecamera e una sul volante del mezzo, ho sempre il timore di investire qualcuno.

Alle otto in punto giungiamo nel cuore della famosa città nota per la festa di S.Firmino, dove sostiamo una buona mezz’ora. Mentre Nadia si preoccupa di far vistare le credenziali, gli atleti fraternizzano con la popolazione che viene a conoscenza di questa spedizione italiana. Nel trambusto, viene coinvolto anche un giornalista che scatta foto e si documenta circa gli spostamenti degli atleti.

Più tardi, sempre scortati, attraversiamo tutta la città fino a raggiungere un istituto scolastico, dove ci viene concessa la palestra per trascorrere la notte. Giuliano consegna alcuni attestati alle Guardie che ci hanno accompagnato, mentre gli atleti dopo lo scambio delle carrozzine si recano a fare la doccia.

E’ ancora chiaro ma sono quasi le dieci. Dovrebbe essere un momento di relax, ma quasi tutti sono ancora indaffarati. Mentre Loriano e Renza sono alle prese con la cucina, c’è chi si attarda con il bucato.

Alle dieci e mezza infine siamo tutti attorno alla lunga tavolata davanti ad un piatto di pasta fumante. Mentre si discute sugli avvenimenti della giornata, e si alzano i calici per brindare alla conclusione della prima tappa, ci rendiamo conto che oggi abbiamo saltato il pranzo. Ma per l’euforia non se n’è accorto nessuno.

2 agosto
Da Pamplona a Logrono

Una grossa sorpresa ci attende al nostro risveglio. Il direttore dell’istituto ci regala alcune copie del “Diario de Navarra”, un quotidiano a grande tiratura nazionale, dove una intera pagina è dedicata al gruppo degli atleti disabili italiani. Sarà il primo di una serie di articoli che si ripeteranno ogni giorno.

Troviamo inoltre una pattuglia della Guardia Civil, con l’ordine di scortarci fino al limite della giurisdizione della Regione, dove avverrà il cambio con altri loro colleghi, che ci accompagneranno sino alla conclusione della tappa.

Dopo l’inno nazionale e l’immancabile foto di gruppo, lasciamo Pamplona per il nostro secondo appuntamento: la città di Logrono.

Allontanandoci dal centro urbano incontriamo un nutrito gruppo di pellegrini a piedi che riconosciutici dalle foto sul giornale, con ampie sbracciate ci salutano.

Ci immergiamo quindi in una lussureggiante campagna confortati da una splendida giornata, dimenticando all’improvviso i disagi subiti ieri. Ma quando abbiamo percorsi una quindicina di chilometri la pattuglia si ferma e noi non riusciamo a capire il perché.

Scopriamo che la strada provinciale è interrotta e per proseguire bisogna deviare sull’autostrada, dove naturalmente le biciclette non possono transitare. Dopo circa un’ora di trattative tra le Istituzioni spagnole, la Guardia Civil riceve via radio disposizioni per scortarci in fila indiana lungo la corsia di emergenza della grossa arteria.

Il percorso è caratterizzato da lunghi saliscendi dove per sfruttare le discese bisogna rimanere molto distanziati, mentre sulle interminabili salite ci si raggruppa e si viaggia a contatto con i pesanti automezzi che arrancando, ammorbano l’aria con lunghe sgasate.

I 95 chilometri del tragitto di oggi, scorrono lungo paesaggi incantevoli, tra piantagioni di grano e orzo dai colori sgargianti, e attraversando vecchi paesi. La temperatura è decisamente alta ma confortata da un vento caldo. Stiamo infatti attraversando una zona disseminata da generatori eolici, installati per la persistente corrente d’aria.

Nonostante ciò la sudorazione è abbondante e frequenti sono le soste per il rifornimento dell’acqua. La giornata scorre abbastanza tranquilla nonostante le continue interruzioni stradali.

Durante la pausa del panino alle due del pomeriggio avviene il cambio di pattuglia che ci accompagnerà fino alle porte di Logrono, dove saremo attesi dai motociclisti della polizia locale.

Nel pomeriggio lasciamo definitivamente l’autostrada e ritorniamo sulla statale 111, un numero che vedremo spesso anche nei prossimi giorni. Nel frattempo, riceviamo la telefonata da Loriano che con Renza ha già raggiunta la città, e predisposta la cucina a ridosso della palestra che ci ospiterà questa notte.



A cinque chilometri dal centro ci accoglie la polizia locale, e pochi minuti più tardi ci troviamo ad attraversare le vie lastricate con il pavè. Nel centro storico ci fermiamo davanti alla casa del pellegrino dove un funzionario armato di timbri si presta a convalidare le credenziali degli atleti.

Una breve corsa attraverso il centro municipale dominato dalla imponente cattedrale che si specchia sul fiume che lambisce la città, ed eccoci giunti al termine della seconda tappa.

La notte cala velocemente. Nell’attesa che la cena venga servita, il piccolo Riccardo si scatena con il pallone prima contro Roberto, poi Anna e infine contro il papà Mauro in una ipotetica partita dove figura da solo contro tutti.

La serata ci riserva oggi una dolce sorpresa, i 39 anni di Stefano che molto difficilmente dimenticherà questo momento dopo una giornata estremamente faticosa, attorniato da tanto calore.

Più tardi, durante un aneddoto raccontato da Giuliano accaduto durante la Firenze ÷ Roma, un episodio toccante che ha indotto due fratelli ristoratori ad offrire un sontuoso pranzo al gruppo di disabili e accompagnatori, per essersi accorti delle difficoltà di uno di loro nell’usufruire dei servizi igienici non a norma, notiamo i volti attenti dei ragazzi, bruciati dal sole. Il brindisi inneggiante a Stefano, concluderà la serata.

3 agosto
Da Logrono a Santo Domingo de la Calzada

La sveglia oggi avviene un’ora più tardi, alle sette, di conseguenza slitteranno anche tutte le varie operazioni. Ciò è dovuto alla tappa odierna che è di soli cinquanta chilometri e che prevediamo di colmare in poco più di tre ore.

La giornata è semplicemente splendida e ci mette di buon umore. Mentre nel cortile fervono i preparativi per la partenza in mezzo ad un gruppo di oche in libertà, notiamo in lontananza le montagne che tra qualche giorno dovremo affrontare.

Verso le nove la carovana prende il via al seguito della pattuglia della Polizia comunale che ci concede l’onore dell’attraversamento del centro storico prima di imboccare la statale. Il piccolo Riccardo si trova a pedalare a fianco del papà e della mamma, e ogni tanto bisogna ricordargli di rallentare, altrimenti prenderebbe il volo per rimanere coi battistrada.

Dal punto di vista paesaggistico, dobbiamo dire che la tappa di oggi non rappresenta una trasferta interessante, in quanto si svolge in linea retta, completamente su di un pianoro senza particolari attrattive, con una modesta campagna e qualche piccolo paese lungo il percorso.

Per contro si rivela un trasferimento estremamente pericoloso, in quanto, essendo l’autostrada in costruzione, il traffico viene sostenuto da una sola corsia per tutti e due i sensi di marcia, ed è percorso da centinaia di grossi automezzi che con il loro passaggio provocano dei grossi spostamenti d’aria agli atleti e quanti sono al loro seguito, che devono marciare incolonnati nella stretta fascia della corsia di emergenza quasi a contatto con il guard rail.

In prossimità della nostra nuova meta, ci fermiamo per riformare la colonna, e come previsto, quando è da poco passato mezzogiorno, siamo in vista di Santo Domingo de la Calzada, una cittadina famosa per la cattedrale intitolata ad un monaco e nella quale riposano le spoglie, ma poco più che un grosso sobborgo di contadini.

Al nostro arrivo troviamo Loriano che ha già predisposto l’accampamento in una palestra dove si svolge il gioco della pelota ai margini della città, intento a preparare il pranzo. Oggi a differenza degli altri giorni, la cucina funzionerà di giorno mentre per la sera ognuno provvederà in proprio.

Con tutto il pomeriggio a disposizione, dopo un breve riposo il gruppo si ritrova negli stretti vicoli per una visita sommaria del centro, dove tra l’altro ha sede una delle più vecchie case del pellegrino, e che i ragazzi hanno ricevuto l’invito di visitare.

Nell’ingresso è un via vai di gente che arriva a piedi o in bicicletta per apporre i timbri di convalida sulle credenziali.

L’albergo è composto da alcuni stanzoni dove in comunità i pellegrini riposano prima di riprendere il cammino il giorno successivo. Sulle pareti, in un gigantesco murale, è disegnato l’intero Camino de Santiago.

Come noteremo in seguito un po’ in tutta la città, nella casa simboleggia la statua del frate fondatore, assieme ad un gallo e una gallina che la leggenda vuole emblemi di un miracolo attribuito al monaco, che ha fatto ritornare in vita i due animali, quando questi già arrostiti, si trovavano sulla mensa di un giudice che stava per addentarli.

All’esterno si trovano alcuni lavandini per sciacquare gli indumenti intrisi di sudore, mentre al sole ad asciugare è stesa la biancheria di ricambio per la tappa seguente. Per non appesantire lo zaino infatti, i pellegrini viaggiano con pochissimi indumenti di ricambio al seguito, che vengono lavati all’arrivo di ogni bivacco.

D’estate, i ricoveri disseminati lungo tutto il percorso sono sempre affollati anche per il basso costo del pernottamento che varia dai tre ai cinque euro, ma che bisogna lasciare obbligatoriamente entro le otto del giorno dopo l’arrivo.

All’esterno, sul piazzale, facciamo la conoscenza di Cimo, una figura allegra che incontreremo spesso lungo il cammino e che ci insegna una filastrocca che ripeteremo lungo tutto il percorso ogni qualvolta ci ritroveremo.

Il pomeriggio prosegue con la visita della cattedrale all’interno della quale ha sede un interessante museo di oggetti sacri, in particolare un ostensorio dove a tratti viene riflesso quasi miracolosamente un volto a noi molto noto.

4 agosto
da Santo Domingo de la Calzada a Burgos

La famigerata strada 120 che da Santo Domingo porta a Burgos è di una pericolosità indescrivibile dato lo stretto margine della carreggiata, battuta da lunghe file di camion su ambo i sensi di marcia.

La pattuglia della Guardia Civil nonostante l’ordine ricevuto, non voleva prendersi la responsabilità di accompagnarci su un percorso vietato ai velocipedi. Poi saputo che oggi eravamo attesi alle cinque dal Sindaco di Burgos, si sono messi alla testa della colonna e con le dovute cautele ci hanno scortati.

A 20 chilometri da Burgos, verso le due ci fermiamo per attendere il cambio della pattuglia che ci guiderà nelle vie della città. Ne approfittiamo per consumare il panino del pranzo invitando anche i due poliziotti della scorta che alleviata la tensione per l’impegnativo trasferimento ora scherzano con noi.

Quando sono ormai le tre facciamo il nostro ingresso nel capoluogo della Castiglia: Burgos, una delle più grandi città attraversate dal cammino. Percorriamo l’unica grande arteria che sfiora il centro storico in quanto non esiste alcuna tangenziale, e tutto il traffico verso il sud è obbligato a transitare di qui.

Puntiamo subito in direzione della palestra che ci ospiterà questa notte, e che con nostra grande sorpresa troviamo chiusa in quanto fino alle undici di questa sera è occupata da incontri di calcetto.

Ci viene concesso di scaricare i bagagli e rinchiuderli in uno spogliatoio. Qualche fortunato, ma pochi, riescono a fare la doccia, mentre altri si recano con Giuliano alla casa del pellegrino dalla parte opposta della strada per i timbri di convalida.

Alle quattro, lasciate le bike per le carrozzine, eccoci in marcia verso l’ appuntamento
al teatro principale nel centro città che dista un paio di chilometri. L’incontro avverrà per merito del Prof. Paolo Gaucci von Saucken, Presidente del Centro Italiano Studi Compostellani con sede a Perugina, che ha curato tutta la parte burocratica del viaggio in terra spagnola.

Nella piazza antistante il teatro ci accoglie un rappresentante del comune molto sensibile verso le persone portatori di handicap e in particolar modo di questi atleti italiani, che ci accompagna nel salone al piano superiore, dove ad attenderci c’è l’alcade di Burgos attorniato da personalità politiche e giornalisti, nonché da un paio di televisioni.

E’ a questo punto che la voce di Giuliano diffusa dalle emittenti, comincia a correre in Europa. Egli spiega infatti il motivo di questo insolito cammino, di persone come lui, che attirando l’attenzione di quanti li vedono sfilare, vogliono far nascere il messaggio della grande importanza della donazione degli organi e di midollo osseo, soprattutto per quelle persone meno fortunate di loro che lottano ogni giorno per avere le condizioni di una vita migliore.

Dopo le parole di ammirazione dell’Alcade sul progetto di questi ragazzi, una volta reso noto di quanto siano grandi l’impegno e la sensibilità del popolo spagnolo verso le condizioni delle persone disabili, avvengono gli scambi di doni a ricordo dell’incontro.

In particolare l’Alcade vuole che sia proprio Giuliano ad apporre il distintivo, simbolo della manifestazione che viene accolto per l’ennesima volta da applausi.

Al termine, mentre proseguono le traduzioni dell’intervista, viene offerto ai ragazzi un sontuoso rinfresco. Considerato poi che siamo a pomeriggio inoltrato, qualcuno ne approfitterà per saltare la cena.

Dopo esserci accomiatati lasciamo il teatro per una visita del centro storico e della cattedrale. Ci accorgiamo solo ora che sono già le sette. Dedichiamo quindi solo un’ora alla passeggiata anche perché abbiamo oltre mezz’ora di strada per ritornare, e le visite turistiche non si addicono ai pellegrini che ogni giorno proseguono il loro cammino.

Percorso un breve tratto sotto le ombreggiate ramblas, giungiamo nella piazza del Duomo costruito su tre livelli: la parte bassa con la cripta, quella centrale sostenuta dalle colonne, e quella superiore con le guglie che svettano nel cielo azzurro e limpido.

Facciamo quindi ritorno verso la palestra che naturalmente è ancora impegnata. Notiamo che man mano che ci spostiamo verso sud, le giornate si allungano. Infatti sono le nove ma sembra di essere in pieno giorno.

Visto che non possiamo ancora prendere possesso del locale, decidiamo di trascorrere il tempo nel parco con la casa del pellegrino, e di dare un’occhiata. Scopriamo cosi che il rifugio è dotato di settanta posti letto, due lavandini, due bagni e due docce. Veniamo inoltre a sapere che per oggi è tutto esaurito e le oltre 50 persone in più che si sono presentate, verranno dirottate nella palestra dove dormiremo noi.

Nel frattempo nel parco c’è un pò di fermento tra i pellegrini. Succede che ogni sera, la casa offre ai suoi ospiti una ciotola di zuppa calda a base di aglio e con dentro un pezzo di salciccia.

Il figlio di una delle volontarie addette al servizio suona la campana che darà inizio alla distribuzione tra quanti si sono già messi in fila. Non potevano mancare i nostri amici che un po’ per il languorino e un po’ per provare la specialità castigliana si presentano muniti di scodella.

Tra questi c’è anche Riccardo nascosto dietro la maschera fatta da Anna, in un primo tempo non molto entusiasta dall’odore di aglio che emana la zuppa ma che farà poi sparire a grandi cucchiaiate. Chi invece ha il suo bel da fare a farsi capire è Stefano che vorrebbe tre salcicce nella sua brodaglia.

Mauro invece nonostante le assicurazioni di Nadia, non si lascia convincere mentre Ruggero e Massimo senza imbarazzo alcuno, riescono a farsi servire tre ciotole ciascuno.

Alle dieci, piuttosto provati dalla stanchezza, attraversata la strada ritorniamo in palestra dove speriamo nell’indulgenza dei giocatori di calcetto verso i poveri pellegrini. Infine, quando alle undici la palestra è finalmente libera, non si trova il custode con le chiavi dello spogliatoio dove sono rinchiusi i nostri bagagli.

Solo a mezzanotte, quando siamo ormai un centinaio, dopo aver sistemate all’interno le biciclette e tutti i nostri materiali, vengono chiuse le porte e possiamo spengere la luce per andare a dormire.

5 agosto
Da Burgos a Carillon de los Condes

Alle cinque è cominciata la processione verso i due bagni della palestra, e alle sei una volta accesa la luce, con i riflettori puntati sul viso ci siamo alzati. Mentre attendiamo la pattuglia comunale per le otto, facciamo colazione.

Trascorso l’orario previsto senza che nessuno si sia fatto vivo, cominciamo a preoccuparci in quanto la tappa di oggi prevede un altro appuntamento a metà percorso. Nel frattempo, notiamo un biglietto di auguri che un pellegrino italiano frettoloso ha lasciato sul parabrezza.

Alle otto e mezza dopo una breve consultazione con Giuliano, decidiamo di partire da soli senza perdere ulteriore tempo. Non sapremo mai in quale disguido siamo incorsi. Certo è che per uscire dalla città, per alcuni chilometri abbiamo a che fare con un bel caos.

Quando siamo nella prima periferia ci troviamo completamente isolati. Infatti l’arteria che attraversa la città volge in due direzioni: la prima verso un’autostrada senza pedaggio che assorbe la quasi totalità del traffico, la seconda, la statale 120 che da questo punto in poi è deserta.

Anche quella di oggi si preannuncia una giornata molto calda sin dalle prime ore di marcia. Lasciata Burgos, ci troviamo immersi in una campagna assolata dove la mietitura è già avvenuta da tempo.

L’altimetria prevede per oggi piccoli dislivelli, qualche leggera impennata seguita da distensive discese su di un altipiano posto tra gli 800 e i 900 metri s.l.m.

La strada completamente priva di traffico, invoglia alcuni ragazzi ad allungare, provocando una fisarmonica tra quelli che non reggono il ritmo, e Giuliano deve ogni tanto far fermare i battistrada anche perché dovendo controllare la carta, c’è il rischio di prendere percorsi diversi.

Durante una di queste pause approfittiamo per uno spuntino e per acquistare i giornali. Anche oggi siamo sulle pagine di alcuni quotidiani con l’immancabile foto di gruppo.

Riprendiamo il cammino sotto un sole cocente che induce alcuni ragazzi a spogliarsi. Quando abbiamo percorsi una cinquantina di chilometri lasciamo la statale per una strada di campagna secondo le indicazioni ricevute telefonicamente da Loriano che ci attende nella zona dell’appuntamento per il pranzo.

Il tragitto di oggi prevede una piccola deviazione all’eremo di S. Nicolas per sostare e rendere omaggio ad alcuni Cavalieri dell’Ordine di Malta che operano presso la confraternita di S. Jacopo di Compostela situata a Puente Fitero, lungo il percorso che i pellegrini effettuano a piedi.

Giunti ad un bivio, ci troviamo in difficoltà in quanto non ci sono indicazioni, e vista in lontananza tra le colline parte di una costruzione religiosa, puntiamo con decisione verso quel luogo.

Ma oltre la collina ci troviamo nel centro di un piccolo agglomerato colonico, dove attiriamo subito l’attenzione delle poche persone anziane che vi abitano. In modo festoso veniamo accolti da alcuni contadini che messi al corrente del viaggio che ragazzi stanno compiendo, ci offrono dell’ottimo vino di loro produzione, che gustiamo direttamente da particolari ampolle.

Ricevute infine le giuste indicazioni circa il luogo da raggiungere, ritorniamo indietro di qualche chilometro e un’ora più tardi siamo in vista della cucina da campo di Loriano che sul posto è già intento ad affettare il pane.

La confraternita di S. Jacopo, si occupa di dare ospitalità ai pellegrini di passaggio. All’interno ad una estremità si trova la cappella con un altare e dall’altra una decina di letti per i pellegrini. Su di un mobiletto fanno bella vista i volumi con le firme e le dediche che i pellegrini di passaggio, hanno lasciato nell’ultimo anno.

Nell’eremo i pellegrini possono mangiare, dormire, e pregare. Qui trovano sempre sul tavolo qualcosa per dissetarsi e sfamarsi. Alla sera viene praticata la lavanda dei piedi a quanti si fermano a dormire, e viene divisa la cena in comunità alla luce delle candele.

Durante la nostra permanenza è un continuo andirivieni di viandanti che sostano soltanto per timbrare le credenziali e fare rifornimento di acqua. Nel frattempo prima di metterci a tavola approfittando del caldo sole, laviamo le magliette e canottiere bagnate di sudore e le mettiamo ad asciugare.

Dopo aver consumato il panino del pranzo, mentre stiamo gustando il profumo di caffè che la moka sta emanando, notiamo una rondine che fatto il nido sotto la cupola dell’altare, entra ed esce per portare il cibo ai suoi piccoli.

Ma non è sola. All’esterno c’è anche un cucciolo di uno dei tanti cani randagi che passato di qui e rifocillato, non ha più voluto andare via.

Trascorriamo così un paio d’ore aiutando gli amici della confraternita a rimettere in ordine e apporre i sigilli che convalidano la nostra presenza all’eremo, e alle quattro risaliti sui mezzi si riparte alla volta di Carillon de los Condes.

Mentre proseguiamo verso la nostra prossima meta, la segnaletica stradale indica Santiago a poco meno di 500 chilometri, ciò significa, che siamo esattamente a metà strada.

Il viaggio prosegue tra colline, coltivazioni di grano, campi di girasole, alture dove per il continuo vento, sono stati installati centinaia di generatori eolici.

Quando passiamo da Fromista si rende necessaria una sosta al pronto soccorso perché Federica a causa del vento e del sole accecante si è procurata una forte congiuntivite da non poter tenere aperti gli occhi. Oltre al disagio personale poi, il gruppo non può permettersi di perdere la sua collaborazione.

Alle sette attraversiamo la cittadina per dirigerci verso il deportivo, cosi viene chiamata la zona dove sorge l’impianto sportivo che ci ospiterà. Anche stasera si tratta di una esercizio dove si pratica il gioco della pelota.

Siamo piuttosto provati, ma dobbiamo attendere fino alle nove per prendere possesso delle docce, perché attualmente la palestra è occupata da alcuni ragazzi che si stanno allenando in una partita di squash.

Nell’attesa non resta che dare uno sguardo all’esterno. Dietro al fabbricato, in riva al fiume si trova un accampamento privato costituito da alcune tende dove i pellegrini di passaggio possono alloggiare e usufruire dei vari servizi pagando cinque euro al giorno.

Mentre gli atleti si godono la meritata doccia e Loriano assieme a Filippo e Renza preparano il sugo all’amatriciana per la pasta serale, facciamo quattro passi nel vicino centro proprio quando il sole sta per tramontare.

Durante la preparazione della lunga tavolata, Giuliano ha riunito i ragazzi all’esterno. Oggi c’è stato un po’ di sfaldamento tra alcuni atleti invogliati a dare sfogo alle loro naturali forze. Certo nulla di grave, ma rammenta, che in primo piano bisogna tenere presente lo spirito della manifestazione che ha come obiettivo il messaggio che il gruppo compatto deve portare.

Questa sera infine, abbiamo ospiti a cena. Dall’Italia è arrivato il sindaco di Lastra a Signa che seguirà gli atleti per qualche tappa, e con la sua presenza ha voluto esprimere la solidarietà al progetto di Giuliano e di tutto il gruppo.

6 agosto
Da Carillon de los Condes a Leon

Il trasferimento di oggi, ci porterà dopo oltre 140 chilometri in una gradevole cittadina: Leon un centro ricco di storia, e ammirevole per la maestosa cattedrale, le chiese e i castelli, che la rendono un piccolo gioiello della provincia Castigliana.

La lunga tappa ha quindi indotto i nostri atleti ad una sveglia anticipata, quando fuori dalla palestra era ancora buio. Alle sei, durante la colazione ammiriamo le cicogne che hanno nidificato su di un campanile, volteggiare in cerca di cibo, mentre alle sette viene richiesta a gran voce la partenza in quanto, per l’aria ancora fredda e un po’ di umidità, avvertiamo il bisogno di fare del movimento per riscaldarci.

Il lungo tratto di oggi si svolge in un percorso in prevalenza pianeggiante che induce anche le donne del gruppo ad alternarsi tra la noiosa conduzione dei mezzi, a lunghe e distensive pedalate, mentre alla testa del gruppo che marcia quasi sempre compatto Giuliano e il suo ospite, il sindaco di Lastra a Signa, fanno l’andatura.

Sono poche le curiosità che attirano l’attenzione degli atleti concentrati nelle loro spinte sui manubri, accompagnate da lunghi silenzi che diventano prolungati momenti di riflessione. Una di queste, è data quando stiamo attraversando la località di S.Maria de las Tiendas, da un gruppo di case troglodite scavate nella collina di tufo, e che da lontano sembrano delle comuni abitazioni.

Col trascorrere dei chilometri ci accorgiamo dell’aumentare dei pellegrini che svolgono il percorso a piedi e che, chi più e chi meno, sono in marcia già da circa venti giorni.

Verso mezzogiorno, durante l’attraversamento di un piccolo borgo di agricoltori, ci troviamo di fronte ad un enorme gregge di un migliaio di pecore, che ci costringe a riparare in una via laterale del paesino.

Ne approfittiamo per fare la pausa pranzo anche perché col loro passaggio, le bestiole hanno coperto il manto stradale di escrementi che ci costringerà al momento di ripartire, di aggirare l’ostacolo mediante vie secondarie.

Giorno dopo giorno il caldo si fa sentire sempre di più. La calura si percepisce nelle prime ore del pomeriggio e oltre che palpabile è visibile quando attraversando alcuni paesi, notiamo che tutte le abitazioni hanno porte e finestre completamente oscurate e chiuse per non fare trasparire raggi di luce.

Nel frattempo Loriano raggiunta Leon, ci comunica che una pattuglia della Guardia comunale ci verrà incontro alle porte della città. Ci fermiamo quindi all’ombra di un distributore e dopo una breve pausa siamo ancora una volta in colonna per fare il nostro ingresso in questa nuova città.

Giungiamo nel centro della cittadina dopo una lunga discesa attraversando ampi viali contornati da moderne costruzioni, fontane e monumenti fino a giungere nei pressi della stazione di polizia dove ci viene data come alloggio una palestra in fase di ristrutturazione.

Come ad ogni arrivo, il bucato e la doccia sono le prime cose da espletare mentre qualcuno convinto di riposarsi per qualche minuto finirà con l’addormentarsi.

La fatica scompare e i sorrisi ritornano come ogni sera quando ci ritroviamo tutti attorno alla tavola imbandita, che per l’occasione dovuta al caldo, è stata allestita all’aperto sotto alcuni platani.

Il brindisi che Giorgio invita a fare, è una richiesta scherzosa al sindaco ospite del gruppo e alla conclusione della prima settimana di viaggio. Oggi infatti, sono trascorsi sette giorni dalla partenza di Firenze.

Ma oggi è anche sabato, e considerato che domani la tappa non dovrebbe rappresentare ostacoli, ci trasferiamo con le carrozzine in città per una breve passeggiata nel centro storico.

Mentre Federica segue il percorso obbligato di un labirinto, per ricongiungersi con Filippo, Riccardo si confonde tra le sculture bronzee della piazza.

Le ore trascorrono veloci lungo le strade affollate nella calda notte di Leon, e mentre facciamo ritorno verso la palestra, c’è chi più stanco di noi preferisce rimanere a passare la notte su di una panchina, per essere pronto a riprendere il suo cammino con le prime luci dell’alba.

7 agosto
Da Leon ad Astorga

Anche questa mattina la sveglia avviene quando all’esterno è ancora notte. Nonostante quella di oggi sia una tappa breve, decidiamo di partire presto per viaggiare con il fresco e arrivare a metà giornata con la prospettiva di avere il pomeriggio a disposizione per riposare, in previsione del tragitto di domani allorquando affronteremo le montagne.

Lasciamo con tutta calma Leon alle sette quando le strade della città sono ancora deserte per la giornata festiva. Più tardi, il traffico si intensifica per la passeggiata domenicale attorno alla campagna, mentre la pattuglia congedandosi, ci lascia in direzione sud verso Astorga.

Possiamo dire che la tappa di oggi è paragonabile ad un rettilineo pianeggiante di 70 chilometri che congiunge le due città attraverso una zona sprovvista del benché minimo interesse paesaggistico.

Lungo il percorso riconosciamo persone che abbiamo incontrato nei giorni precedenti, che ci affiancano per qualche chilometro prima di proseguire. Notiamo che il cammino di Santiago è solcato da gente di ogni età e ceto sociale. Fra tanti incontrati e superati, troviamo inoltre una intera famiglia che percorre il sentiero spingendo a turno una carrozzina adattata a carrello, con dentro tutto il materiale occorrente.

Come previsto, a mezzogiorno siamo in vista delle guglie della cattedrale di Astorga. La tappa si è rivelata quasi una passeggiata e solo alla fine presenta una piccola asperità in quanto il centro che dobbiamo raggiungere si trova al termine di una impegnativa salita su di un lastricato a pavè.

Oggi l’organizzazione osserverà un turno di riposo, in quanto tutto il gruppo verrà alloggiato in uno delle centinaia di ostelli che si trovano lungo il cammino, assieme agli altri pellegrini.

Dopo una rinfrescante doccia, su indicazione, ci spostiamo nelle adiacenze per un panino, mentre per la cena ci ritroveremo tutti in un locale tipico regionale. Il sole di Astorga batte perpendicolare, e ci costringe a continui spostamenti in cerca di ombra partendo inizialmente dal centro del vicolo, per trovarci alla fine sopra il marciapiede.

Rimaniamo quindi durante le ore calde del pomeriggio a riposare nella quiete dell’albergo. L’ostello, uno dei più grandi visti finora, è disposto su quattro piani in ognuno dei quali c’è la possibilità di cucinare, mentre gli alloggi sono costituiti da una serie di stanze da otto letti a castello ciascuna per un totale di 130 posti all’interno più 30 all’esterno d’estate. Su ogni piano infine i servizi igienici sono formati da tre bagni e tre docce.

Dopo il riposo pomeridiano, assistiamo ad uno spettacolo promosso da alcuni ragazzi del luogo, che ha per tema la pace e la messa al bando degli armamenti causa di distruzione e di morte.

Quando al termine della vidimatura delle varie credenziali, ci dirigiamo verso il centro per una visita della città, vediamo arrivare la famiglia incontrata a piedi nella parte finale del percorso.

Astorga è una città con molte chiese importanti, in particolare la cattedrale, che fu municipio romano e prima sede episcopale della Chiesa spagnola. Tra le altre di notevole importanza la chiesa di S. Francesco che la tradizione vuole sia stata eretta proprio dal Poverello di Assisi.

Rimaniamo a passeggiare nel centro storico fino all’ora del ritrovo per la cena, notando come al calar del sole le cicogne si facciano osservare sui camini delle case dove hanno costruito i nidi.

Quando un paio d’ore prima della cena, in sede di prenotazione avevo fatto notare al ristoratore il gradino che avrebbe costituito un ostacolo per i nostri ragazzi, il proprietario mi aveva assicurato che nonostante la giornata festiva avrebbe fatta costruire una pedana per l’occasione, che abbiamo regolarmente trovata, nonostante la nostra presenza con mezz’ora di anticipo.

Il locale è affollato da persone incontrate lungo il percorso. Tra le altre ritroviamo una vecchia conoscenza, quel tale Cimo che a Santo Domingo ci aveva insegnata la filastrocca canticchiata poi ogni giorno, che ci invita ad un brindisi.

Durante le varie portate, notiamo più che i volti, le maschere che i visi dei ragazzi presentano, sempre più bruciati dal sole. Questa di oggi è stata una giornata quasi di riposo, e le loro espressioni distese lo stanno a dimostrare, anche se l’insidia delle tappe di montagna è a ridosso già da domani.

La serata termina tra canti popolari alternati a qualche canzone veneta e dopo l’ennesimo brindisi facciamo ritorno verso l’albergo lungo i vicoli che lasciano intravedere alcuni scorci illuminati del centro storico.

8 agosto
Da Astorga a Ponferrada

Di norma, tutti gli ostelli devono essere abbandonati entro le otto, per poter dare il tempo al personale di sistemare i locali, in funzione dei nuovi arrivi. Il fatto che già alle cinque ci sia un gran movimento di pellegrini in partenza, è dovuto all’altimetria delle ultime tappe che le rende particolarmente dure.

Dopo il rifornimento d’acqua, assistiamo alla partenza a piedi e in bicicletta del grosso dei viaggiatori che intendono sfruttare le ore fresche della mattina, mentre è ormai tempo di dare la sveglia ai nostri amici.

Più tardi si ripete il rituale che Riccardo compie ogni mattina prima della colazione, passare almeno una decina di volte il latte da un bicchiere all’altro con la speranza che ne evapori un po’.

Durante l’attesa dell’auto della polizia comunale, Domenico si accorge di avere una gomma forata, intanto che avviene la riparazione, ne approfittiamo per dare una controllata ai mezzi, e si inganna il tempo con qualche passaggio di palla a mano.

Alle sette l’albergo è deserto e con l’arrivo della pattuglia ci mettiamo in marcia salutati dall’abbaiare di due cani, frementi per il piccolo trambusto provocato dalla partenza.

All’uscita della città veniamo salutati dai due vigili e lasciati soli per il nostro cammino. Superiamo i diversi pellegrini che hanno diviso l’albergo con noi e che da un paio d’ore sono già in marcia.

Dopo un’ora di andatura sostenuta il percorso punta decisamente in salita e guardandoci alle spalle notiamo in lontananza le guglie della cattedrale di Astorga che si distanziano sempre più, avvolte da una nube trasparente, prodotta dai primi raggi caldi del sole.

Continuando sempre in salita la strada attraversa due splendidi paesini: Santa Catilina de Somoza e El Ganso. L’aspetto rurale dei luoghi è evidente e la loro esistenza è dovuta come tante altre lande, al passaggio del Cammino, che altrimenti sarebbero sicuramente scomparsi.

Man mano che ci avviciniamo alla meta, il Camino di Santiago si fa sempre più affollato. Le gambe dei pellegrini e le braccia degli atleti si muovono con la stessa armonia e sembrano scandire un ritmo perfetto.

A Santa Catilina raggiungiamo i 1150 m. e puntiamo ora verso il tetto del cammino a quota 1504. Naturalmente non si può chiedere agli atleti di rimanere compatti in quanto, ognuno arranca con un proprio metodo.

Ecco quindi che seguiamo prima l’uno poi l’altro correndo avanti e indietro e cercando di dare sostegno a tutti in caso di bisogno. Il conforto viene spesso con un gesto della mano da tutti quei pellegrini che vengono lentamente sorpassati e che sbucano da impervi sentieri.

A mezzogiorno giungiamo in vista della croce di ferro che segna il punto più alto del percorso. Di qui si ha veramente la sensazione di essere arrivati sul tetto del mondo. La visuale si espande verso la nuova Regione che ci apprestiamo ad attraversare, il Bierzo, incuneata tra le montagne e dotata a differenza dei giorni scorsi, di una ricca vegetazione.

La croce di ferro è costituita da un lungo palo di legno con all’estremità una croce in ferro, situato sopra una collinetta di sassi lanciati dai pellegrini di passaggio. Il palo è rivestito di, foulard, berrettini, oggetti di ogni sorta e scritte, lasciate a testimonianza del passaggio e dove Federica e Filippo si premurano di arricchire con le insegne dei donatori della Misericordia di Lastra a Signa.

A lato della croce è stata costruita una chiesetta, e mentre attendiamo l’arrivo di tutti i ragazzi per ricomporre il gruppo, Cornelia incide sulla pietra del piccolo sagrato, l’avvenuto passaggio dei nostri ragazzi.

Un’ora più tardi il gruppo è tutto compatto ma ancora una volta non sarà possibile rimanere uniti nel proseguire il percorso in quanto, la strada a volte stretta, volge verso una vertiginosa discesa lunga oltre trenta chilometri che gli atleti cercano di sfruttare recuperando il tempo perduto in salita senza però mettere in pericolo la propria incolumità.

Ma lungo il pendio le cadute sono frequenti da parte dei ciclisti. Toccherà anche a Giorgio, l’accompagnatore di Francesco che finito in una scarpata si procurerà escoriazioni in tutto il corpo.

Dopo una decina di chilometri attraversiamo un incantevole e minuscolo villaggio tipico regionale: El Acebo, dalle case con ballatoio e scala esterna. Il paesino è affollato di pellegrini intenti a rifornirsi di acqua e viveri per la giornata.

Lungo il pendio succede anche che a qualcuno degli atleti capiti di soddisfare i propri bisogni corporali e in mancanza di servizi igienici si debba adattare lungo il ciglio della strada.

A cinque chilometri da Ponferrada si ricompatta il gruppo che marcia unito verso il l’ostello situato ai margini della città.

Alle due siamo all’interno dell’albergo affollato di pellegrini in fila per la convalida delle credenziali. Naturalmente al gruppo viene riservato un certo riguardo e senza doversi accodare, agli atleti vengono assegnate le camere da quattro e otto letti ciascuna.

Loriano, che come al solito ci ha preceduti, è al lavoro per preparaci una ricca insalata e alle tre ci troviamo ancora una volta tutti, o quasi, attorno alla grande tavolata.

Al nostro tavolo, manca infatti Martino che lamentando all’arrivo un po’ di febbre in un primo tempo sottovalutata, viene portato al pronto soccorso per un controllo preventivo, mentre ancora peggio sta la ragazza che caduta dalla bicicletta lungo il percorso, si è procurata la frattura del femore ed ora attende l’arrivo dei parenti per essere condotta a casa.

Intanto continua il flusso dei pellegrini che in breve tempo occupa i 200 posti disponibili. L’ostello di nuova costruzione è molto bello e offre anche la disponibilità di una ampia cucina, un grande spazio per il lavaggio degli indumenti e una piccola chiesa dove ogni sera alle otto viene celebrata la messa del viandante.

Nel pomeriggio dopo un breve riposo i ragazzi si spingono con le carrozzine verso il centro città che dista un paio di chilometri.

Nel centro storico molto ben conservate, sono le mura esterne dell’antico Castello dei Templari, mentre nulla è rimasto degli edifici interni.

Ponferrada è anche una città monumentale per la sua cinta urbana ben mantenuta, la maestosa piazza centrale dove sorge la Basilica della Vergine che secondo la tradizione, nel XII secolo apparve sopra una quercia, mentre infine di un certo interesse è la torre dell’orologio posta sopra una delle porte della città.

Durante una pausa in uno dei piccoli bar del centro storico, leggiamo le imprese del gruppo di disabili italiani in marcia verso Santiago.

L’atmosfera all’interno dell’ostello al nostro ritorno è delle più serene. Mentre con tutta tranquillità si prepara la cena, gli ospiti leggono, si rilassano studiano il percorso del giorno dopo, che in particolar modo per i ciclisti, rappresenterà la tappa più impegnativa del percorso con alcune tremende impennate che dagli attuali 450 m., per ben due volte salirà oltre i 1300 m.

Nel frattempo le notizie riguardanti Martino non sono molto rassicuranti e richiedono una decisione da prendere nell’immediato. Al nostro atleta infatti è stato riscontrato un inizio di infezione dovuta allo sfregamento della gamba sul carter tagliente della catena della sua carrozzina, che la mancanza di sensibilità della gamba, non gli ha fatto percepire durante la discesa.

D’accordo con i medici decidiamo per il suo necessario ricovero di almeno un paio di giorni dove gli verranno somministrati degli antibiotici per bloccare l’infezione. Strada facendo in base alle notizie provenienti dall’ospedale decideremo il da farsi. Naturalmente negli occhi di Martino si legge la disperazione per dover al momento separarsi dagli amici che solo domani alla partenza si accorgeranno della sua assenza in quanto siamo già oltre la mezzanotte. Resterà con lui la moglie Cornelia che farà mancare purtroppo il suo apporto notevole di valida conduttrice di automezzi.

9 agosto
Da Ponferrada a Tricastela

Al nostro rientro dobbiamo scavalcare i pellegrini che non avendo trovato posto si sono sistemati per terra occupando tutta la superficie disponibile all’interno e all’esterno dell’ostello.

L’indicazione sulla pietra miliare all’interno del giardino, avverte che ci troviamo ormai a poco più di 200 km. da Santiago. L’agitazione che si propaga all’interno dell’ostello già alle quattro del mattino, manifesta la consapevolezza da parte dei pellegrini sullo sforzo che dovranno sostenere oggi.

Già alle prime luci dell’alba l’ostello è ripiombato nel silenzio. Anche i nostri ragazzi decidono di anticipare la partenza in quanto non dovranno attendere la pattuglia stradale, ma partiranno soli e saranno attesi solo al loro arrivo a Santiago.

Durante la discesa verso il centro città dopo solo un chilometro, una foratura da parte di Gianfranco costringe tutti a fermarsi per non rimanere troppo distanziati. Ne approfittiamo per osservare i volti con le barbe incolte dei ragazzi, mentre i visi più puliti risulteranno essere quelli di Stefano e Francesco.

Qualche chilometro più tardi passiamo davanti all’ospedale dove è ricoverato Martino. Non c’è il tempo materiale per fermarsi, e i ragazzi, volgendo lo sguardo verso l’edificio, mentre riservano un pensiero al loro compagno sfortunato, possono solo immaginare che forse da dietro una finestra li stia osservando emozionato.

Nel frattempo, l’attuale giornata si rivelerà quella degli inconvenienti. Dopo la prima foratura, è la volta di Francesco che rischia forte quando la bandierina forse fissata male, finisce tra i raggi delle ruote posteriori della carrozzina. Si risolverà tutto con la sola rottura del casco, mentre il veicolo non subirà danni.

Mentre la strada comincia a scollinare tra estensioni di vigneti, probabilmente i ragazzi sarebbero contenti di fare una breve sosta per assaporare l’uva che si trova già in uno stato avanzato di maturazione, ma le montagne che abbiamo di fronte e che dovremo superare, inducono a proseguire senza indugio.

Una volta attraversato il villaggio di Cocabelos, i nostri amici si rendono conto che la salita di ieri era solo un prova per verificare le loro condizioni fisiche. Dopo essere usciti dall’unico tunnel situato lungo tutto il cammino, la strada sale spietatamente e per oltre trenta chilometri non ci sarà più il tempo di riprendere fiato se non quando si arriverà al primo passo ubicato a 1300 m.

Il punto di riferimento di questa prima frazione di salita è dato dai giganteschi piloni dell’autostrada di nuova costruzione che all’inizio, i corridori vedono sopra le loro teste, ma che salendo raggiungeranno in altezza per poi superare e infine veder scomparire nel fondovalle.

Intanto, la sfortuna continua a perseguitare il gruppo. Ruggero, a causa di un grosso gonfiore al ginocchio e alla caviglia, dovuto alla vibrazione del suo mezzo sulla strada non proprio liscia, dovrà abbandonare almeno per oggi, e sarà costretto suo malgrado, ad un riposo forzato con impacchi di ghiaccio per sperare di continuare domani, mentre al momento dovrà limitarsi a seguire a malincuore i suoi compagni dal finestrino dell’ambulanza.

Nel contempo, un elogio va tributato alle mogli degli atleti che alternandosi lungo la salita con dislivelli tra il 7 e il 10%, hanno contributo a tenere alto il morale dei loro compagni.

Finalmente, dopo tre ore di salita giungiamo al primo passo a quota 1300 m. La grande fatica viene appagata cedendo uno sguardo verso il fondovalle. Grande è la soddisfazione di poter ammirare questo lembo di mondo da una diversa dimensione.

Ma c’è anche chi come Giorgio ha di che rammaricarsi per non aver potuto partecipare attivamente all’impresa, a causa della brutta caduta di ieri dove la sua bicicletta ne è uscita quasi distrutta.

Subito dopo il passo di O’ Cebreiro, 9 chilometri vertiginosi ci riportano a quota 800 m., mentre guardando all’esterno della vettura, sembra di osservare con meraviglia il panorama sottostante dall’oblò di un aereo.

Ben presto, terminata l’inerzia della discesa si torna a pedalare verso il secondo passo e cosi via di nuovo in discese sfrenate, dove si sfiorano gli 80 km., orari fino a raggiungere il terzo e ultimo valico prima di lanciarci verso la nostra nuova meta Tricastela.

Alle tre quando raggiungiamo il posto convenuto, Loriano che ci aveva preceduti e che avrebbe dovuto farci trovare il pranzo, comunica l’amara sorpresa. Purtroppo, dato il sovraffollamento del periodo estivo, l’ostello di modeste proporzioni è già tutto al completo e su indicazione viene invitato a proseguire per oltre venti km. ancora, dove troveremo una grande palestra messa a disposizione per i pellegrini.

Prima di proseguire, sostiamo per il panino del pranzo. Poi d’accordo con Giuliano, visto che siamo ormai quasi prossimi all’arrivo, decidiamo di tornare indietro con un’ambulanza a Ponferrada per dare un apporto morale al nostro amico ricoverato e avere assicurazioni sul suo stato di salute.

All’ospedale troviamo un Martino pimpante, anche perché dopo il secondo antibiotico è ormai privo di febbre, ma i medici consigliano di tenerlo in osservazione almeno per 24 ore ancora prima di prendere una decisione.

Ci lasciamo con la promessa di rivederlo in sella a Santiago. Sulla strada del ritorno transitiamo sotto un forte temporale, e quando siamo in vista del passo, cala anche una fitta nebbia che ci induce a proseguire tra le strade di montagna molto lentamente, facendoci giungere a destinazione quando è ormai l’una.

10 agosto
Da Tricastela a Santiago

Data l’ora tarda questa notte mi sono sistemato nei pressi dei locali docce in quanto la palestra era completamente al buio. Alle quattro vengo svegliato da un gruppo di pellegrini che gia pronti a mettersi in marcia stanno pregando sottovoce in un angolo dei bagni ai piedi del mio sacco a pelo.

Ormai sveglio mi alzo per dare un’occhiata all’esterno, seguito dal gruppo di ragazzi spagnoli che dopo aver fatto qualche esercizio di streching si mette in marcia e si scusa per avermi fatto alzare.

Alle cinque si accendono le torce portatili in quanto la palestra è priva di corrente elettrica. Il motivo di questa levataccia è dovuto alla decisione presa ieri sera dagli atleti, di saltare la tappa di Melide in quanto essendo gli ostelli lungo il percorso tutti affollati, ci troveremmo all’arrivo, nelle condizioni di montare il tendone, ammesso di trovare un campeggio disposto ad accogliere un gruppo così numeroso.

In poche parole, dopo la colazione fatta in modo spartano sul marciapiede anche perché il tempo minaccia pioggia, verranno assorbite le due ultime due frazioni in un’unica tappa e appena pronti si partirà alla volta di Santiago.

Alle sei, lasciamo il piccolo sobborgo con i lampioni delle strade ancora accesi. Sembra incredibile il cambio delle condizioni meteo tra ieri e oggi. Soltanto poche ore fa i ragazzi viaggiavano a torso nudo sopra i 1300 m. di quota, mentre ora, per il repentino calo della temperatura sono stati costretti a mettere qualche maglia in più sotto il kiway.

I 150 chilometri di oggi sono riportati sulla carta con continui saliscendi che si riveleranno ben presto durissimi a causa delle pessime condizioni atmosferiche, ma soprattutto per le precedenti due tappe di montagna.

Ben presto comincia a piovere, dapprima qualche goccia, poi col trascorrere dei chilometri si viaggia a tratti sotto un vero diluvio. Ma non ci sono ripensamenti. Ormai la decisione è stata presa e bisogna andare avanti con qualsiasi condizione di tempo.

Soprattutto perché arrivando un giorno prima, le autorità del luogo avvertite da Giuliano hanno anticipato il cerimoniale del nostro arrivo di 24 ore, e ci aspettano nella cattedrale domani mattina alle dieci, dove verrà celebrata una messa solenne in onore del gruppo italiano.

Dopo oltre tre ore di marcia su strade pressoché deserte troviamo un distributore dove ripararci. I ragazzi hanno modo di scaldarsi con qualche bevanda calda e rifocillarsi, mentre vengono scaricati i bagagli per cercare tra le borse la biancheria asciutta per il cambio.

Quando riprendiamo il viaggio le condizioni non cambiano molto. La pioggia si è fatta meno insistente ma scende sempre fastidiosa. Ormai i ragazzi viaggiano disuniti a seconda della forza che le loro braccia imprimono sui manubri.

Mauro e Roberto devono inoltre fermarsi sotto l’acqua ai margini della strada in forte salita a causa di una foratura. Durante la riparazione vengono raggiunti dagli altri che provvisoriamente ricostituiscono il gruppo.

Viaggiare in queste condizioni è davvero logorante per questi ragazzi, che solo per loro stoicismo, sono degni che il messaggio che stanno diffondendo venga accolto.

La distanza da Santiago però, nonostante tutto si accorcia e verso mezzogiorno abbiamo superata la metà del percorso. La nebbia ha preso il posto della pioggia quando ci troviamo ad attraversare la campagna galiziana, forse il tratto più bello del cammino, dalle colline verdeggianti e dai minuscoli sobborghi che sembrano usciti da un dipinto.

Quest’ultima parte è una continua processione di pellegrini che prossimi ormai alla meta cercano di prolungare di qualche chilometro il loro tratto di strada per arrivare prima del tempo preventivato e marciano fianco a fianco con i nostri ragazzi.

All’una, quando siamo in vista di quello che doveva essere l’arrivo della nostra tappa di oggi, giunge la telefonata da parte di Loriano che ci sta aspettando un chilometro oltre la cittadina di Melide dove sta già affettando salame e formaggio per il pranzo.

Mentre i ragazzi consumano velocemente il panino, con Giuliano facciamo un salto all’albergo del pellegrino per timbrare le credenziali. Ci accorgiamo che il posto è davvero piccolo e non che c’era possibilità alcuna di pernottare.

Galvanizzati dai cartelli che chilometro dopo chilometro annunciano l’avvicinarsi della meta, gli atleti riacquistano tutto il loro vigore e con poderose bracciate raggiungono la periferia di Santiago dove il gruppo marcia compatto fino all’ostello posto su di un promontorio a quattro chilometri dal centro, dal quale si domina la città sottostante, mentre il tempo in questo scorcio di tappa sembra essere clemente con loro.

Il complesso è molto bello e spazioso. Ma nonostante abbia una ricettività di parecchie centinaia di ospiti, vi si può pernottare per una sola notte, perché come in tutti gli ostelli incontrati, bisogna lasciare il posto per i nuovi arrivi che nel periodo estivo, raggiungono circa il migliaio al giorno.

Sono le nove e mezza di sera, ma sembra ancora giorno quando ci troviamo a cenare al ristorante della struttura alberghiera, e al termine forse per l’euforia di essere giunti all’epilogo della prova, nessuno ha più sonno. Un gruppo di scout italiani si ferma a dialogare con i ragazzi del gruppo appassionati dal racconto di questa loro impresa.

Prima di andare definitivamente a dormire, la serata o meglio la notte, riserverà ancora una sorpresa: il festeggiamento del compleanno di Rossella la moglie di Domenico che in silenzio voleva fare passare inosservato l’avvenimento, ma che con la complicità di qualche gola profonda è stato lecitamente svelato.

Come avviene sempre in questi casi, saltano fuori all’improvviso un paio di bottiglie di spumante e una torta e si brinda fino a tarda ora.

11 agosto
Santiago

C’è un grande silenzio attorno ai bungalow dove alloggiano i pellegrini, oggi anche i nostri ragazzi possono attardarsi a letto, del resto, anche chi dovrà raggiungere la cattedrale a piedi, impiegherà meno di un’ora lungo una strada tutta in discesa.

Una leggera nebbiolina avvolge Monte do Gozo , il Monte della gioia, la collina che sovrasta la città, così chiamata per la gioia appunto dei pellegrini che una volta arrivati quassù potevano finalmente scorgere in lontananza le guglie della cattedrale jacopea, come succede del resto ancora oggi ai viandanti moderni.

Mentre i primi gruppi lasciano il campo, scrutiamo tra la nebbia. La cattedrale non si vede, ma nonostante la barriera invisibile riusciamo a percepirne la distanza, è li davanti a noi e ci sembra quasi di toccarla.

Alle dieci, puntuale arriva l’auto della polizia comunale che ci scorterà attraverso le strade di Santiago in una immaginaria passerella che coinvolge tutti: atleti e accompagnatori. Nel frattempo anche Martino che in tutti i modi non voleva mancare, si è fatto dimettere dall’ospedale e accompagnato da Cornelia sta raggiungendo il punto d’incontro.

Mentre dopo oltre mille chilometri assieme ai suoi compagni, sta movendo le ultime bracciate verso il sagrato nel cuore della città, Giuliano ripercorre mentalmente i lunghi mesi della preparazione, il rischio corso per la sua condizione fisica, gli innumerevoli problemi sorti e superati.

Per un attimo tutto viene cancellato. Rimane la gioia di essere riuscito nel suo intento, far attraversare la Spagna ad un gruppo di ragazzi con il proponimento che venissero notati affinché la gente incuriosita parlando con loro, venisse coinvolta per aiutarli a superare quegli enormi ostacoli che la vita ogni giorno oppone davanti a loro.

All’arrivo a Santiago, nella piazza tra la cattedrale e il palazzo comunale ben presto si forma una piccola folla incuriosita. Ormai tutti sanno chi sono. La gente comune che ha seguito le cronache li chiama: los minus invalidos italianos. I giornali locali e le televisioni fanno a gara per contendersi una dichiarazione di questi ragazzi.

Il sindaco di Santiago, e personalità politiche spagnole accolgono Giuliano e i suoi ragazzi con tutti gli onori.
La presentazione alle massime autorità cittadine viene fatta dal prof. Paolo Caucci von Saucken, Presidente del Centro Italiano Studi Compostelliani di Perugia curatore della parte logistica in Spagna, che grazie al suo fattivo interessamento ha reso possibile il successo della manifestazione.

Più tardi a conferma che il messaggio degli atleti, volto anche all’abbattimento delle barriere architettoniche nei luoghi di culto è stato recepito, il gruppo potrà assistere alla cerimonia entrando con le proprie carrozzine da un apposito passaggio.

La Cattedrale è gremita di persone mentre molte sono rimaste fuori impossibilitate ad entrare. Dopo aver reso omaggio alla tomba del Santo nella cripta sotto l’altare, ritorniamo in superficie per assistere alla messa. Durante la funzione religiosa, il ringraziamento degli atleti a S. Giacomo e l’ammirazione dell’alto prelato per l’impresa, risuoneranno nella cattedrale.

Dopo la foto ricordo sul sagrato della Cattedrale, si caricano le carrozzine. Oltre 2000 chilometri li attendono ora, incollati ai sedili della vettura lungo la via del ritorno.
Ma mentre si sfogliano i giornali, Giuliano e i suoi ragazzi sono consapevoli che questa ulteriore fatica verrà superata dall’orgoglio e la convinzione di aver scritto una nuova pagina nella storia dei portatori di handicap.

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