di Barbara – Gennaio 2007.
07.01.07
Finalmente ci siamo! Ho vissuto la vigilia con un po’ d’apprensione perché non sapevo esattamente cosa aspettarmi soprattutto dal punto di vista dei servizi e delle sistemazioni. Ho cercato informazioni e racconti di viaggio in internet, ma il Mali non è una meta turistica e le informazioni raccolte erano davvero poche.
Tutto quello che sapevo è che il Mali é un territorio molto vasto ricco di tante bellezze naturali date dalla diversità del suo territorio: la falesia, le pianure, la zona del Sahel, il deserto vero e proprio e il delta interno del Niger e dotato di grande ricchezza culturale grazie alle moltissime etnie presenti ognuna con le proprie tradizioni e usanze.
Nel paese esistono ben 4 siti dichiarati dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità: Tombouctou, Djenné, i Paesi Dogon e le Tombe Askias a Gao.
Ora siamo in partenza e ci ritroviamo all’aeroporto di Malpensa con i nostri compagni di viaggio che sono: Anna, Lucia, Catia, Aurora, Mario e Ornella oltre a me e a mio marito Paolo.
Alle 12,35 partiamo con Air France destinazione Parigi da dove alle 16.40 ci imbarcheremo alla volta di Bamako, capitale del Mali. Noto, con sorpresa, che il volo è al completo.
Arriviamo con circa un’ora di ritardo intorno alle 23.00. La fila per il controllo passaporti è lunga e procede molto a rilento. La zona del ritiro bagaglio è a dir poco caotica: un unico nastro scarica quantità incredibili di zaini, valigie, scatoloni e materiali vari che uniti a trolley, facchini, guide e familiari invadono la piccola sala. Troviamo Dolo, che sarà la nostra guida per tutto il tour, che ci accompagna fuori dall’Aeroporto. Saliamo sulle nostre Toyota Land Cruise ed arriviamo in circa venti minuti all’Hotel Mandé. Le camere sono con servizi e pulite.
08.01.07 – BAMAKO / SEGOU Km.240 ca.
Ieri sera per il buio e la stanchezza non ho notato molto, ma questa mattina scopro che l’Hotel è molto carino, ha una bella piscina, prati ben tenuti e una terrazza panoramica che si affaccia sul fiume Niger dove vengono servite le colazioni e i pranzi,.
Dopo un’abbondante colazione con splendide brioches e il cambio della valuta partiamo per il mercato artigianale. Tutte le attività si svolgono all’aperto per cui troviamo intagliatori di legno, orafi, incisori e tintori lavorare accanto a meccanici e fabbri. Qui non si getta nulla: vediamo cataste di balestre da auto, pneumatici tagliati e bidoni che vengono trasformati in oggetto di uso quotidiano come ciabatte infradito, secchi per il pozzo, utensili, etc.
Le persone sono sorridenti e disponibili, ma non bisogna dimenticare di chieder loro il permesso prima di scattare una fotografia. Ci trasferiamo poi al mercato dei generi alimentari e qui la situazione diventa più “difficile”. Sia i venditori che i compratori sono quasi esclusivamente donne che, appena impugni la macchina fotografica per fare una panoramica del luogo, cominciano a gridare ed inveire. Mille odori si sovrappongono e, soprattutto quello proveniente dalla zona pesce unito agli oltre 30° di temperatura e alla polvere, mette a dura prova il nostro olfatto.
Rientriamo in Hotel per il pranzo consumato in terrazza, ci fa da sottofondo un bravo chitarrista che esegue brani blues. Del resto, come sottolinea Martin Scorsese nel film “The Blues-Dal Mali al Mississippi”, le radici di questo genere sono proprio in Mali e “l’acqua del Niger ha portato il suono del blues fino al delta del Mississippi”.
Dopo pranzo partiamo per Segou dove arriviamo verso le 17, sistemazione all’Hotel Auberge: camere con servizi, televisore e addirittura frigobar. Il lunedì è giorno di mercato e, anche se siamo al termine della giornata, troviamo commercianti che cercano di fare gli ultimi affari, altri che stanno ripartendo su carretti trainati da asini e donne intente a friggere pesce.
Io, Anna e Lucia facciamo una passeggiata per le stradine fino alle rive del fiume Niger ed entriamo in un bar/ristorante che ha una terrazza dalla quale assistiamo al tramonto. Quando andiamo a pagare scopriamo che il posto è gestito da un italiano di Udine che ha un locale anche a Bamako (Pizzeria da Guido).
Chiediamo dove è possibile ascoltare musica e ci indica Le Golfe.
Torniamo in Hotel per l’ottima e abbondante cena a base di pesce che consumiamo in un bellissimo giardino.
Dopo cena andiamo a Le Golfe che si trova a 2 passi dall’Hotel dove, praticamente tutte le sere, si fa musica dal vivo con gli strumenti tipici che sono la kora, il balaphon e lo djembe.
E’ un piccolo baretto con pochi tavoli all’interno e ancora meno all’esterno, ma l’atmosfera è bella e animata. La musica è coinvolgente e tutti si muovono al suo ritmo, anche noi veniamo contagiati e ci lanciamo nelle danze.
Purtroppo domani mattina dobbiamo partire presto e quindi rientriamo in Hotel.
09.01.07 – SEGOU / MOPTI Km.405
Dopo l’abbondante colazione (bevo anche dell’ottimo succo d’arancia spremuto di fresco) partiamo per San. Lungo la strada vediamo moltissimi alberi di karité e baobab che sono senza foglie perché ci troviamo nella stagione secca. Il paesaggio è abbastanza monotono e la temperatura piuttosto alta.
A San vediamo l’animato mercato e la moschea (in quasi tutte è proibito entrare) costruita nel tipico stile sudanese utilizzando fango e paglia.
Pranziamo al ristorante “Teriya” che è una sosta obbligata per tutti quelli che transitano da San all’ora di pranzo.
Ripartiamo e ci fermiamo presso il villaggio di Somo dove, come sempre, veniamo accolti da bambini festanti che chiedono un cadeau. Siamo profondamente toccati dalle condizioni di vita estremamente povere, molti bimbi hanno problemi agli occhi e ferite infette, vorremmo fare qualcosa ma purtroppo non è possibile.
Attorno alle 16,30 arriviamo a Mopti e ci sistemiamo all’Hotel Kanaga. Si tratta di un albergo veramente splendido con piscina e camere nuovissime dotate di ogni comfort compreso il box doccia. Sono veramente stupita perché onestamente non mi aspettavo uno standard ricettivo di così alto livello considerato che il Mali non è propriamente una destinazione turistica.
Lasciate le valigie, noi ragazze accompagnate da Paolo, ci dirigiamo verso il porto. Mopti si trova sulle rive del Bani, uno degli affluenti del Niger, e ha un’importanza fondamentale per il Mali in quanto dal suo porto le pinasse collegano via fiume regioni e villaggi che altrimenti sarebbero quasi irraggiungibili per buona parte dell’anno. Considerato che quasi tutte le più importanti città maliane sorgono sulle rive del fiume esistono veri e propri collegamenti “di linea” che servono le varie città.
Il porto é animatissimo da qui partono e arrivano pinasse stracariche di persone e cose, l’atmosfera è frenetica, pulsante di odori e rumori.
Raggiungiamo il bar/ristorante Bozo dove dalla terrazza ammiriamo il tramonto e il viavai di persone che si accalcano sotto di noi.
Rientriamo in Hotel per la cena dopo la quale ci sistemiamo in veranda per acquistare delle bellissime collane proposte da un venditore locale.
10.01.07 – MOPTI / TOMBOUCTOU Km.400
Partiamo verso le 7 perché oggi ci aspetta un lungo trasferimento di ca.400 Km.di cui la metà sono su pista.
La strada è buona fino a Douentza poi comincia la pista che comunque, a parte alcuni brevi tratti, é
battuta e molto ben tenuta.
Dobbiamo cercare di arrivare prima possibile all’imbarco del traghetto che attraversa il Niger perché ci sono molti equipaggi in viaggio per raggiungere il Festival au Desert di Essakane e il traghetto, che porta una decina di mezzi per volta, impiega circa un’ora e mezza fra andata e ritorno.
In effetti all’imbarco la fila é piuttosto lunga. Ne approfittiamo per un pranzo a pic-nic composto da tonno, formaggini La Vache qui rit e pane. Ci sistemiamo su una stuoia tra le tende dei residenti e veniamo subito avvicinati da ragazzini con i quali improvvisiamo qualche gioco.
Finalmente ci imbarchiamo e, nonostante la fila indiana indichi l’arrivo dei mezzi c’é qualche piccolo tensione su chi deve salire prima.
Raggiungiamo l’altra sponda del Niger a Korioumé e ripartiamo per Tombouctou che dista ca.20 Km.
Tombouctou la misterieuse…… Questo luogo, che tutti hanno sentito nominare ma quasi nessuno sa dov’è, ha sempre affascinato e scatenato la fantasia dei viaggiatori.
In realtà il villaggio ha perso il fascino di un tempo quando, grazie alla sua posizione e al transito di spezie, cuoio, avorio, sale, oro, etc., si era espanso ed era diventato uno dei centri commerciali e religiosi più importanti dell’Africa settentrionale.
Lasciamo gli zaini in un hotel spettacolare. Si tratta di “La Maison” gestito da una signora francese e ricavato da un’antica abitazione maliana, le camere sono splendide e arredate con molto gusto.
Incontriamo Abdullah detto Ablò, la nostra guida locale, che ci accompagna a visitare il centro storico di Tombouctou dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’Umanità. Vediamo le 3 moschee Djingareiber, Sankoré et Sidi Yahya e le abitazioni dei 3 esploratori che per primi arrivarono in paese, Laing inglese, Caillé francese e Barth tedesco. Ci dirigiamo poi verso la biblioteca del Centro Ahmed Baba dove sono ospitati più di 15000 manoscritti, alcuni molto preziosi, come gli antichi corani miniati in oro o i trattati di medicina, fisica e ottica.
Rientriamo in Hotel e la proprietaria, dispiaciuta, ci avverte che manca l’elettricità, ma non è un problema anzi diventa un piacere. Ceniamo sulla terrazza alla luce di lampade a petrolio, il cielo è pieno di stelle e l’atmosfera è davvero bella.
11.01.07 – TOMBOUCTOU / ESSAKANE Km.70
Questa mattina ci alziamo con relativa calma, l’inaugurazione del Festival au Desert, nostra prossima tappa, è prevista per le 17 ca. e quindi possiamo prendercela comoda.
Facciamo colazione sulla bella terrazza, c’è il sole ma l’aria è piuttosto fredda e siamo costretti ad indossare felpe e pile.
Incontriamo nuovamente Ablò per fare un giro al mercato artigianale, qui tutte le botteghe si sviluppano sotto i portici che circondano un cortile interno.
Gli oggetti in vendita sono più o meno gli stessi: manufatti in cuoio e pelle, collane e monili, tessuti, oggetti in legno, etc.
Ci spostiamo poi al mercato alimentare, coloratissimo e pieno di odori, e facciamo un giro per il paese dove incontriamo molti equipaggi che sono in partenza per il Festival au Desert. Soffia un gran vento e le strade sabbiose di Tombouctou costringono quasi tutto il gruppo ad acquistare il velo tuareg.
Pranziamo all’Hotel Boctou che ha una bellissima vista sulle dune sabbiose che circondano Tombouctou. Per tutte la mattina e anche per buona parte di ieri pomeriggio mi ha accompagnato un ragazzino che mi ha raccontato un po’ della sua famiglia e della sua vita. Sulla terrazza del Boctou ho persino conosciuto il padre dal quale ho “dovuto” comprare due bei tagliacarte con custodia in cuoio.
Partiamo!! 70 Km.di pista sabbiosa ci separano da Essakane, provincia solitaria che per 4 giorni l’anno diventa un luogo d’incontro mondiale.
Giunti quasi a destinazione la nostra jeep si ferma improvvisamente e non dà più segni di vita.
L’altra jeep, che ci precedeva, ha proseguito la sua corsa e siamo quindi soli. L’autista tenta di capire il motivo, prova a cambiare un fusibile, ma nulla da fare. E’ quasi certo che si tratti di un problema elettrico o comunque legato alla batteria perché nulla dà più segni di vita (frecce, luci, cruscotto, etc.). Finalmente Paolo scopre che si è staccato il filo che dalla batteria va alla scatola dei fusibili ed effettua la riparazione riattaccandolo con dello skotch che, non si sa come e perché, ha nello zainetto. Mentre stiamo per ripartire ricompare l’altra jeep con a bordo Dolo che nel frattempo aveva raggiunto Essakane, ma preoccupato del fatto che non ci vedeva arrivare, aveva “scaricato” i nostri compagni ed era tornato indietro a cercarci.
Montiamo le tende igloo e cominciamo a familiarizzare con l’ambiente.
In questa zona, crocevia di scambi, si sono sempre svolti dei raduni durante i quali, le etnie locali, combinavano matrimoni, scambiavano merci e discutevano problemi.
Purtroppo negli ultimi decenni queste aree sono state scontro di guerre civili che, unite alla carestia che spesso colpisce vaste zone dell’Africa, hanno rischiato di distruggere la tradizione del raduno. Per questo motivo è nato il Festival au Desert che, con gli anni, ha assunto un ruolo sempre più importante, ospitando musicisti provenienti da ogni parte del mondo.
Il festival non ha comunque perso il suo ruolo originario e quindi moltissime tribù arrivano, montano le loro tende e svolgono tipiche attività quotidiane.
Ad esempio ci è capitato di veder sgozzare e macellare una pecora o trovare tartarughe legate vicino agli accampamenti utilizzate, come richiede la tradizione, per assaggiare il cibo prima del capofamiglia per verificare che non sia avvelenato.
E’ pieno di dromedari con paramenti colorati e preziosi e i loro cammellieri indossano abiti tipici e velo tuareg.
Ci incamminiamo verso la zona del palco. Si tratta di un grande palco con riflettori e fari colorati, come ce ne sono in moltissimi concerti. Qui però l’atmosfera è diversa: si trova nel deserto del Sahara e non esistono poltrone o tribune, ma solo le dune di sabbia. Ci accomodiamo su una duna in posizione centrale rispetto al palco e, proprio a fianco a noi, c’è la tribuna d’onore che ospita il Ministro della cultura, il Sindaco di Essakane e tutte le autorità locali che inaugureranno il Festival. Per la cronaca la tribuna d’onore si differenzia perché sulla duna è stata stesa una sorta di passatoia blu!
Ascoltiamo tutti i discorsi di rito e finalmente ha inizio la musica. Al tramonto vengono accesi fuochi che, oltre a creare una bella atmosfera, ci scaldano perché nel frattempo si è fatto freddino. Ceniamo con spiedini di carne e patate dolci sotto una tenda attrezzata alla meglio.
Sono molto stanca e decido, nonostante lo spettacolo sia solo all’inizio di andare a dormire.
12.01.07 – FESTIVAL AU DESERT
Questa notte c’è stata una tempesta di sabbia e anche questa mattina soffia l’harmattan, il fastidioso vento del deserto. Ci copriamo il viso e la testa con il velo tuareg per ripararci dalla sabbia che si infila dappertutto. Persino il cielo è grigio, non perché sia brutto tempo, ma per la sabbia in sospensione.
Il secondo problema da affrontare è la ricerca di un posto dove fare pipì. Già ieri sera si era presentato il problema, ma con il favore delle tenebre la cosa si era risolta abbastanza agevolmente. Camminiamo per un bel po’ prima di trovare una duna abbastanza alta e al riparo da occhi indiscreti che ci permetta di soddisfare i nostri bisogni fisiologici.
In realtà esistono bagni sparpagliati all’interno del perimetro del festival, ma sono assolutamente inavvicinabili !
Dopo colazione andiamo alla bancarella che vende i gadget ufficiali del festival dove acquistiamo maglietta e manifesto, facciamo un giro al mercatino artigianale e assistiamo ad uno spettacolo improvvisato che, al suono di tamburi e flauto, coinvolge tutti i presenti in frenetiche danze.
C’è persino un banchetto che raccoglie le firme per far inserire Tombouctou nel nuovo elenco delle “7 meraviglie del mondo”.
Per chi non lo sapesse, l’organizzazione svizzera “New Seven Wonders Foundation” – fondazione culturale che raccoglie fondi per il restauro di monumenti in tutto il mondo – ha lanciato un sondaggio popolare, per scegliere i 7 nuovi monumenti che andranno a formare la lista.
La scelta finale sarà tra 21 luoghi celebri a livello mondiale, selezionati da una commissione di esperti tra quasi 80 creazioni dell’uomo completate entro il 2000 che ancora oggi presentano un buono stato di conservazione. Tra le 21 finaliste c’è Tombouctou che giustamente fa il possibile per essere inserita nel nuovo elenco.
Pranzo a base di riso condito con un’ottima salsa sotto la stessa tenda della sera precedente seguito da un po’ di relax nei pressi del nostro piccolo campo. Verso le 16 torniamo a sederci sulle dune per assistere alle corse dei cammelli.
C’è lo speaker che al microfono fa la cronaca della corsa e, anche se non capiamo una parola, è comunque divertente fare il tifo e partecipare.
Dopo cena ci riposizioniamo sulle dune in attesa del grande evento. Stasera infatti è prevista una grande serata per rendere omaggio a Ali Farka Touré, scomparso nel marzo scorso, durante la quale suoneranno i più grandi nomi della musica maliana: Toumani Diabaté, Oumou Sangaré, Baba Salah, Bassekou Kouyaté e altri.
Le ore passano, il freddo avanza, ma dei famosi musicisti neanche l’ombra. Domani mattina dobbiamo smontare le tende e ripartire e la sveglia è prevista per le 6,00
Alle 23 stanchi e infreddoliti torniamo alle nostre tende. Il mattino dopo qualcuno ci dirà che i “grandi” si sono esibiti alle 03,00. Non sapremo mai se ciò corrisponde a verità…………..
13.01.07 ESSAKANE / DOUENTZA Km.270 tutti su pista
Smontiamo le tende, carichiamo le jeep e ripartiamo per Tombouctou. Sostiamo all’Hotel Colombe dove usiamo finalmente i bagni sia per lavarci, anche se grossolanamente ma sono 2 giorni che usiamo salviette umidificate, che per fare altro. Ne approfittiamo anche per comprare e spedire le cartoline visto che al pianoterra vendono anche i francobolli.
Verso le 11 pranziamo con un ottimo couscous. Dobbiamo riprendere il traghetto per Douentza e così subito dopo pranzo ci muoviamo. Per fortuna non c’è la fila dell’andata, evidentemente molti equipaggi si trattengono al festival fino alle fine prevista per domani.
Superato il Niger e ripresa la pista, dopo ca.200 Km, verso le 18, arriviamo a Douentza.
Il pernottamento è previsto nel campo tendato “Chez Jerome” dove ci assegnano una tenda all’interno della quale sono sistemati, su un pavimento di cemento, 8 materassini coperti da 8 zanzariere. Mario è sorpreso dal fatto che dobbiamo dormire tutti insieme, ma superato l’imbarazzo iniziale si fa una risata e sceglie il proprio posto.
I bagni sono puliti, l’unica difficoltà è rappresentata dalle docce che sono all’aperto. Infatti, comincia ad essere freschino, l’acqua non é proprio caldissima e in più c’é, come l’ha definita Aurora, la festa della zanzara.
Ci facciamo coraggio e affrontiamo il problema: sono 3 giorni che non ci laviamo e tutti abbiamo assolutamente bisogno di una doccia.
La cena è ottima a base di spiedini cotti a puntino e patate fritte.
Andiamo a letto molto presto, siamo davvero stanchi.
14.01.07 DOUENTZA / KONNA / MOPTI Km.120
Dopo colazione partiamo per Konna che si trova a ca.120 Km. da Douentza. Alle 9 dobbiamo imbarcarci sulla pinassa per l’escursione sul fiume Niger.
L’imbarco è accompagnato dai soliti bimbi festanti che si avvicinano per avere un dolce o un po’ di sapone.
La nostra pinassa è molto confortevole, tutti i sedili sono rivestiti da cuscini blu ed è portata da 3 ragazzi giovanissimi, uno è poco più di un bambino.
Da Konna si procede lentamente lungo un canale interno, con l’aiuto di un lungo bastone simile a quello usato dai gondolieri, poi, una volta raggiunto il Niger, viene acceso il motore e l’andatura diventa più sostenuta.
Facciamo la prima tappa in un villaggio di pescatori Bozo dove si vive di pesca e di agricoltura e veniamo subito accolti dai bambini che ci accompagneranno lungo tutto il tragitto.
Visitiamo la moschea (è l’unica che siamo riusciti a vedere anche all’interno) e passeggiamo tra le strettissime e tortuose stradine del villaggio dove incontriamo donne intente a vendere e comprare generi alimentari e artigiani al lavoro.
Dopo aver scattato le foto di rito torniamo alla pinassa e ripartiamo verso Mopti. Nel frattempo i “nostri” ragazzi hanno cominciato a preparare il pranzo: pesce del Niger, riso e cavolo. Qualcuno fa presente che il pesce è stato lavato e sciacquato con l’acqua del Niger e forse non sarebbe tanto saggio mangiarlo, ma Mario, che ha osservato con attenzione, rincuora tutti dicendo che lo stanno facendo bollire a fuoco vivo da più di un’ora. In effetti nonostante il fornelletto di fortuna tipo “campeggio” la fiamma è viva e l’odorino molto invitante.
Il sapore è all’altezza dell’odore e mangiamo tutti di gusto !!
Durante il percorso incontriamo pinasse “di linea” stracariche di gente e cose, ma ci sono anche molte barche più piccole, spesso condotte da ragazzini, che gettano le reti con un movimento ben preciso per pescare il famoso pesce capitain. Sono tutti sorridenti e sia dalle barche, che dalle rive ci salutano cordialmente.
Nel pomeriggio sostiamo in un altro villaggio, più piccolo del primo, dove facciamo un breve giretto fino alla moschea, qui le donne, probabilmente perché è domenica, sono molto ben vestite e indossano bei gioielli.
Verso le 17 arriviamo a Mopti e questa volta l’ingresso in città avviene via fiume. Vediamo così il porto e tutte le attività che vi si svolgono da un’altra angolazione rispetto alla nostra prima visita. Cena e pernottamento al bellissimo Hotel Kanaga.
15.01.07 MOPTI / DJENNE / SANGHA Km.380
Questa mattina partiamo alle 7 perché abbiamo chiesto a Dolo di fare un giro per il centro storico di Mopti prima della partenza. Vediamo la città che si sveglia: i venditori che cucinano le frittelle in appositi stampi simili a quelli che si usano per i muffin, donne intente nelle attività quotidiane e bimbi che vendono il latte in sacchettini di plastica. Facciamo un giro intorno alla Moschea e riprendiamo le auto. La nostra prossima tappa é Djenne che dista ca.130 Km. Djenne si trova nel cuore del delta interno tra i fiumi Niger e Bani e, per raggiungerla, è necessario prendere il traghetto che con un breve tragitto porta mezzi e persone da una parte all’altra del fiume. Durante la stagione delle piogge la città diventa una vera e propria isola con l’acqua che lambisce le mura della città.
La fortuna di questo luogo comincia verso il 1480 e si sviluppa ulteriormente per i successivi 3 secoli. La città diventa un importante centro commerciale trovandosi sulle sponde del fiume Bani collegato direttamente a Tombouctou, e sulla strada verso il Nord Africa dove si trovano importanti miniere di sale e oro.
Oltre ad una grande importanza commerciale, Djenné divenne un importante centro islamico visitato da molti pellegrini provenienti da tutta l’Africa occidentale. Ancora oggi la città ospita moltissime scuole coraniche ed è normale incontrare ragazzi con le tavole in pietra.
Nel corso degli anni Djenné non è cambiata: assomiglia molto a quella vista da René Caillé in occasione della sua prima visita nel 1828 che, a sua volta, somigliava a quella del medioevo. Ciò é dovuto al fatto che la città é protetta sia dalle acque dei fiumi che dalle alte mura e questo l’ha messa al riparo da saccheggi, incendi ed invasioni.
Oggi è lunedì, giorno di mercato e all’imbarco del traghetto sono in attesa decine di carretti trainati da cavalli e somari e sono presenti molte etnie che riconosciamo per il diverso colore della pelle, per i gioielli e i copricapo che indossano.
Il mercato si tiene nella piazza principale ai piedi della grande moschea costruita nel 1907. La nostra guida ci spiega che tutti gli anni, dopo la stagione delle piogge, viene proclamato un giorno di festa in modo che tutta la città partecipi al restauro della moschea danneggiata dalle abbondanti precipitazioni.
Entriamo in un’abitazione privata che si trova proprio a fianco della Moschea e dalla terrazza possiamo ammirare il mercato e la moschea da una posizione privilegiata.
Gironzoliamo tra le bancarelle, come sempre gestite dalle donne, e respiriamo profumi e odori prodotti dai tanti articoli in vendita.
Ci fermiamo in una bottega a comprare penne e quaderni che domani vorremo lasciare nei paesi Dogon.
Pranziamo con pollo e patate sotto un bel pergolato al centro di Djenne.
Riprendiamo il traghetto, ma l’attesa è piuttosto lunga in quanto, su quello che sta partendo, c’è posto per una sola auto. Una delle nostre jeep sale, ma noi siamo costretti ad attendere che il traghetto arrivi dall’altra parte, scarichi, ricarichi e torni indietro. Tra l’altro, data l’acqua piuttosto bassa, si è incagliato e non riesce a partire. Gli addetti intervengono con dei bastoni per aiutare i motori che spingono al massimo, anche chi è sulla riva dà una mano e spinge il traghetto verso il largo e finalmente raggiungiamo anche noi l’altra riva.
Dobbiamo tornare verso Mopti per poi prendere la strada per Bandiagara, in totale sono ca.200 Km.
Il tratto Mopti/Bandiagara è nuovissimo: la strada è larga, ben asfaltata e dotata di segnaletica orizzontale, non sembra proprio di essere in Africa.
Al contrario da Bandiagara a Sangha abbiamo ca.45 Km. di strada non asfaltata che mette a dura prova sia i mezzi che gli autisti. E’ una strada stretta, in salita, con un fondo roccioso pieno di buche e dislivelli. Il paesaggio però è spettacolare: siamo circondati da rocce e terra rosse, da campi di cipolle di un verde che sembra finto e da piccoli fiumi che attraversano o corrono paralleli alla strada. Le coltivazioni di cipolle sono terrazzate e divise da piccole dighe in pietra e muretti in fango per contenere l’acqua, indispensabile per l’irrigazione.
Al tramonto arriviamo a Sangha, il cielo è lilla e la luce rosa illumina tutto il villaggio, non sono “licenze poetiche” usate per enfatizzare, le fotografie dimostrano che è tutto vero !!
Ceniamo e pernottiamo a “La Guina” in camere molto semplici, ma confortevoli. Anche perché sia stasera che domani avremmo dovuto dormire in tenda, ma grazie a Dolo, siamo riusciti a dormire in un letto e ad avere il bagno in camera.
16.01.07 – PAESI DOGON
Questa mattina partiamo per un breve trekking nei paesi Dogon. Questa piccola etnia conta poco più di 250.000 persone. Per la sua importanza naturale e culturale la zona è stata dichiarata dall’UNESCO “patrimonio dell’umanità”. I Dogon, originari del Mandé, si stabilirono in questa zona impervia intorno all’anno 1000, probabilmente per salvare la loro identità culturale e religiosa. I villaggi sono arroccati sui fianchi della falesia, edificati tra blocchi di arenaria e cavità naturali. Al di sopra dei villaggi si trovano le abitazioni dei Tellem, un popolo pigmeo che ha vissuto qui prima dei Dogon, che oggi vengono usate come grotte sepolcrali issando i morti con le corde. La falesia ha preservato i Dogon dalle invasioni dei popoli nemici e dei colonizzatori francesi. Sono stati “scoperti” etnologicamente nel 1931 da Marcel Griaule e sono diventati famosi in tutto il mondo attraverso il libro “Dio d’acqua”. I Dogon sono animisti convinti e vedono il mondo come una cosa unica dove vivono in armonia il mondo delle cose, degli animali e degli uomini, dove l’uomo non è il padrone assoluto ma un elemento che come gli altri partecipa al mondo. Nella cultura Dogon ogni singolo oggetto, ogni attività quotidiana e ogni azione, anche la più banale, ha un significato sacro e un valore simbolico.
Soffia un vento molto forte e fa freddo. La prima tappa é nei pressi del villaggio di Sangha dove incontriamo un indovino che dà i responsi interpretando le tracce lasciate nella notte dalle volpi. Dopo un primo tratto che si sviluppa su una zona aperta, ventosa e abbastanza pianeggiante, una specie di grande plateau, il sentiero diventa un po’ più impegnativo. Ci sono continui saliscendi e, in un paio di punti, ci sediamo e ci lasciamo scivolare lungo le rocce piatte. Nel complesso il sentiero è più che fattibile, nella parte da noi percorsa sono stati solo 2 i punti “difficili”: il primo in corrispondenza di una scala a pioli da percorrere in discesa, il secondo in corrispondenza di un sentiero piuttosto stretto lungo un costone a strapiombo sulla vallata. Per tutto il tempo ci hanno accompagnato 4/5 ragazzi per portare lo zaino o aiutare chi si trovava in difficoltà.
Il primo villaggio che visitiamo è Ireli.
I villaggi sono costruiti secondo un significato simbolico e quindi i vari elementi che lo compongono (case, granai, togu-nà, altare, etc.) non sono posizionati a caso.
All’ingresso, a protezione del villaggio, c’è il luogo destinato ai sacrifici: ci sono feticci, ossa di animale e tracce di sangue che stanno a significare sacrifici recenti.
Al centro del villaggio si trova il togu-nà la casa della parola dove si riuniscono gli anziani per le decisioni più importanti. Volutamente il soffitto della costruzione è molto basso a ricordare che la conversazione deve avere un tono pacato.
Le case sono costruite con argilla e fango e i granai hanno il tetto di paglia appuntito. Esistono poi le case per le donne mestruate che sono situate lontane dal villaggio per evitare che la comunità abbia contatti con loro, perché considerate “impure”.
Nei cortili delle case e negli spazi comuni si svolge gran parte della vita familiare. Tutti hanno compiti ben precisi: le donne curano i figli e svolgono le attività legate alla famiglia come pestare il miglio, prendere l’acqua e sgusciare le arachidi; gli uomini si occupano dell’allevamento e dell’artigianato.
E’ molto difficile fare fotografie. Le donne non vogliono assolutamente che le si inquadri e risulta difficile anche prendere un panorama perché, non appena si accenna un’inquadratura, i bimbi cominciano a urlare “photo, photo” chiedendo qualcosa in cambio. Purtroppo abbiamo esaurito tutte le riserve di saponi, dolci e biscotti e non abbiamo quasi nulla da lasciare.
Il villaggio successivo è Tireli che raggiungiamo con l’auto.
Dopo una breve passeggiata nel villaggio visitiamo la scuola. Ci sono 2 classi: una di bimbi più piccoli gestiti da una maestra e una di ragazzi più grandi gestiti dal direttore della scuola.
La classe è composta da ca.60 ragazzi, 40 maschi e 20 femmine. Lasciamo le penne e i quaderni che abbiamo portato e il direttore chiede ai ragazzi un applauso.
A quel punto mi prende un groppo in gola e comincio a piangere. Non è assolutamente giusto che i ragazzi debbano applaudire perché ricevono dei quaderni. Siamo noi che dobbiamo applaudirli ed ammirarli perché, per andare a scuola, percorrono 16 Km.a piedi. Partono da casa alle 4 per essere a scuola alle 7,45 e il pomeriggio devono fare altrettanto rientrando a casa alle 21. Il pasto è costituito da una pappa di miglio che conservano in bottiglie di plastica recuperate chissà dove.
Esco dalla classe accompagnata da Lucia e cerco di riprendermi. Quando rientriamo siamo determinate a fare qualcosa per questo villaggio e chiediamo al maestro il suo indirizzo.
Pranziamo a “Le grand Castor Dogon” e a tavola discutiamo, insieme a Dolo, su quanto abbiamo visto e su cosa sia meglio fare per i villaggi. La conclusione è che la priorità va data alla costruzione di un pozzo. Ognuno si impegna a fare qualcosa al suo rientro in Italia, vedremo……spero che l’emozione dell’immediato non si interrompa una volta tornati alle attività quotidiane.
Nel pomeriggio Dolo ha organizzato per noi “la danza delle maschere”. Preferisco non andare e rimanere sotto il togu-nà sistemato nel cortile del nostro hotel. Ne approfitto per scrivere, pensare e riordinare le idee.
Prima di cena ci ritroviamo tutti sotto il togu-nà e riprendiamo il discorso interrotto a pranzo. Ognuno lancia idee e proposte, siamo tutti molto determinati e spero davvero che l’entusiasmo non cali.
17.01.07 SANGHA / SEGOU Km.530
Solita levataccia, alle 7 partiamo da Sanghà per ritornare a Bandiagara da dove, con una breve deviazione su pista, raggiungiamo Songo. Come sempre veniamo accolti dai bimbi che ci accompagneranno per tutta la visita del villaggio. Saliamo fino alla grotta dove, ogni 3 anni, viene organizzata la cerimonia della circoncisione. A fianco della grotta ci sono gli strumenti musicali utilizzati esclusivamente per la cerimonia. E’ proibito usarli in altri periodi perché le donne incinte perderebbero il bambino.
All’ingresso del villaggio vediamo il cartello “Progetto Villaggi Dogon – Associazione Sicomoro Onlus Milano” che ha organizzato un servizio di assistenza sanitaria e decidiamo di contattarli una volta rientrati in Italia.
Ci aspettano ca.480 Km. per raggiungere Segou dove, questa sera, dormiremo. Arriviamo a San e ci fermiamo allo stesso ristorante di una settimana fa dove mangiamo pesce con piselli. Oggi non è giorno di mercato e le strade sono molto meno affollate.
Quasi all’ora di cena raggiungiamo Segou. Siamo tutti molto stanchi, ma dopo una bella doccia abbiamo ancora la forza di fare due passi lungo il Niger per assistere ai preparativi per il Festival del Niger che inizierà il 1° febbraio. Torniamo a goderci il tramonto al caffè gestito dal nostro compatriota.
Dopo la buona cena all’Auberge decidiamo di tornare a Le Golfe.anche perché Catia e Aurora, che non sono venute con noi una settimana fa, non conoscono il posto.
Sarà la stanchezza, sarà che stasera ci siamo solo noi oltre ad un altro tavolo, l’atmosfera mi sembra meno bella rispetto alla volta precedente. Come sempre però i ragazzi del posto cercano di coinvolgerci e di farci divertire.
18.01.07 SEGOU / BAMAKO Km.240
Oggi è il nostro ultimo giorno in Mali. Ci aspettano 240 Km.per raggiungere Bamako dove arriviamo verso mezzogiorno.
Ci dirigiamo subito al terminal Air France del centro città dove facciamo il check-in e imbarchiamo i bagagli.
Chiediamo poi a Dolo come raggiungere il Museo Nazionale e lui, molto gentilmente, ci mette a disposizione una jeep con l’autista che ci accompagna al Museo. Con l’altra jeep Mario e Ornella vanno all’Hotel Mandé per riposare ai bordi della piscina.
Lo spazio riservato al Museo è ampio: ci sono il negozio di souvenir, il caffè ristoro, le toilettes e bei giardini ben tenuti. Le sale invece non sono molte, ci sono 3 sezioni: la prima ripercorre la storia del Mali, la seconda conserva belle sculture in legno e la terza di recente apertura ripercorre la storia del tessuto, dai famosi cotoni bogolan dai tipici disegni, alle lane.
Dopo la visita al Museo rientriamo in Hotel e oziamo vicino alla piscina fino alle 19 quando Dolo ci viene a prendere per portarci in un ristorante tipico molto carino dove, oltre le appetitose pietanze, assaggiamo ottimi succhi di frutta con tamarindo, zenzero, menta e altre spezie e piante aromatiche.
Una mezz’ora di macchina ci separa dall’aeroporto. Dolo ci accompagna fin oltre il controllo passaporti, nella zona franca, e qui ci salutiamo. Abbiamo passato giorni bellissimi e conosciuto un popolo straordinario cordiale ed ospitale, spero si tratti solo di un arrivederci…..
19.01.07 PARIGI / MILANO
Ieri sera l’aereo è partito puntualissimo ma a Parigi rischiamo di perdere la coincidenza per i molti controlli e la poca organizzazione. Arrivati a Milano ci salutiamo con un filo di commozione, ma ci facciamo una doppia promessa: quella di ritrovarci presto per vedere insieme le fotografie e quella, più importante, di portare avanti un progetto che possa aiutare qualcuna delle persone incontrate.