Viaggio in Botswana e Sudafrica

di Claudia e Paolo Marzi –

Come ampiamente previsto siamo ancora alle prese con un viaggio nel continente africano.

Dopo aver visitato il Sudafrica tre anni fa e la Namibia nel 2001, questa volta ci siamo indirizzati verso il Botswana, il Kalahari e la parte a sud del Kruger dove abbiamo intenzione di fermarci in una delle zone a più alta concentrazione di felini (la zona del Sabie Sand).

Le maggiori difficoltà che abbiamo incontrato nella progettazione e programmazione di questo viaggio sono state le poche informazioni relative a viaggi in Botswana, per cui nel nostro racconto cercheremo di dare il maggior numero di indicazioni possibili in modo tale che chi leggerà queste poche righe possa trarre suggerimenti utili.

Per prima cosa un consiglio che ci teniamo a dare immediatamente è quello relativo alla profilassi antimalarica: purtroppo sentiamo troppo spesso persone che, per sentito dire o per ignoranza in materia, si vantano del fatto che siano andati in questi posti senza eseguire alcun tipo di profilassi e che, per fortuna loro, ne siano tornati comunque sani e salvi.

La malaria è una patologia di cui non si parla troppo (probabilmente perché interessa parti del pianeta molto povere e quindi di scarso interesse per i “grandi della terra”), ma che provoca un numero di morti/anno impressionante.

Il nostro consiglio è quello di informarvi adeguatamente prima della partenza consultando o il vostro Medico di Medicina Generale o l’ ufficio di Igiene della vostra ASL oppure il sito dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) facilmente rintracciabile nel WEB.

Solo queste figure potranno darvi di volta in volta le indicazioni e i suggerimenti corretti per la salvaguardia della vostra salute.

Il secondo consiglio è quello di non affidarvi a tour organizzati dall’ Italia per tre motivi:

1)      I costi sono veramente eccessivi.

2)      Spesso questi grossi tour operator vi alloggeranno in grandi alberghi facendovi perdere il clima ospitale che solo nei piccoli bed and breakfast potrete trovare

3)      Per quanto riguarda il Botswana i viaggi organizzati spesso non prevedono il Moremi e il Savuti perché in questi parchi possono entrare solo coloro che hanno una prenotazione presso i campeggi situati all’ interno del parco (solo al Moremi abbiamo visto un lodge). I megalodge che potrete vedere negli opuscoli che vi verranno consegnati nelle agenzie sono localizzati prevalentemente nella parte occidentale del delta e nella zona del Chobe.

23/04/2003: Sono le ore 20,00 quando il nostro volo per Jo’burg parte da Milano Malpensa: anche questa volta ci affidiamo alla South African Airways visto che il costo è decisamente inferiore rispetto alla Swiss e visto che non avremo scali intermedi : dobbiamo ringraziare il titolare della agenzia di viaggi a cui ci rivolgiamo perché anche questa volta ci ha trovato un biglietto ad un prezzo incredibile.

Il volo è ottimo, il cibo servito a bordo è discreto, l’ aeromobile è nuovo e molto comodo (abbiamo la possibilità di vedere due film in italiano direttamente nel visore posto sullo schienale di fronte).

Partenza e arrivo avvengono in perfetto orario e durante il volo abbiamo dormicchiato a sufficienza.

24/04/2003: Arrivati a Jo’burg abbiamo solo il tempo di fare una microtelefonata a casa che i bagagli sono già a disposizione, per cui ci affrettiamo verso il banco della Botswana Airways.

In pochissimo tempo abbiamo completato le operazioni e siamo pronti per il nuovo tragitto aereo che ci porterà a Maun.

I biglietti per questa tratta ce li ha procurati direttamente Simon a Maun ottenendo un notevole sconto rispetto allo stesso acquistato in Italia (ci sentiamo di consigliare vivamente il “Maun Rest Camp” di Simon Paul & Joyce Bestelink P.O. box 250 Maun Botswana, tel. / fax : 267 663 472, Email: simonjoyce@info.bw).

Dopo un volo confortevole arriviamo all’ aeroporto di Maun dove troviamo ad attenderci Simon e dove facciamo conoscenza con due dei nostri compagni di viaggio (Marion e Lutz).

Ci rendiamo subito conto che Simon è un tipo simpatico e molto, molto “wild” ……. cominciamo a pensare che anche questa sarà una vacanza indimenticabile.

Dopo aver scaricato Marion e il marito in un albergo dove trascorreranno la prima notte, ci dirigiamo verso il Maun Rest Camp : infatti abbiamo deciso di accettare l’ ospitalità di Simon e Joyce per cui dormiremo presso il loro campeggio.

La tenda che ci viene offerta per la prima notte è molto ampia e al suo interno trovano posto due comode brande con un vero materasso e lenzuola: altro che sacco a pelo!

Purtroppo la temperatura all’ interno è troppo elevata per cui portiamo fuori le brande e ci stendiamo per un breve riposino sotto le fronde di alcune acacie africane.

Nel tardo pomeriggio conosciamo anche gli altri compagni di viaggio : Yvonne & Steve …… sono un mito perché arrivano con 3 settimane alle spalle in tenda e in fuoristrada attraverso le piste a nord della Namibia e Steve ha …… ottantatre (dicasi ottantatre) anni.

Ci rendiamo immediatamente conto che saranno degli ottimi e interessanti compagni di viaggio.

Prima di prepararci per la cena decidiamo di ridurre il nostro bagaglio in modo da portare nel safari solo il minimo indispensabile (lasceremo il grosso in deposito a Joyce che provvederà a imbarcarcelo sul volo di rientro) utilizzando una piccola borsa pieghevole.

La sera festeggiamo il nostro 5° anniversario di nozze al “The Sports Restaurant” con Yvonne, Steve e la loro guida sudafricana.

25/04/2003: La sveglia è all’ alba, le macchine con l’ attrezzatura sono già pronte per cui, dopo una breve colazione, si parte verso la “Moremi Game Reserve”.

Il tragitto per raggiungere il nostro primo campo è lungo e faticoso ma, se non si lamenta Steve, allora nessuno può proprio dire niente.

Dopo aver superato il cancello della riserva, Simon si ferma e ci prepara una megacolazione con tutto quello che una persona può immaginare: dalle uova sode all’ affettato, dal caffè alle bibite di qualsiasi tipo.

Quando arriviamo al camp (alle 15,30) troviamo le tende già montate (grazie e Joyce e all’ instancabile Cobie), il fuoco acceso con l’ acqua per il tè o il caffè,  il camino del bagno (che è necessario utilizzare per avere l’ acqua calda nella doccia) già acceso per cui possiamo toglierci di dosso la polvere accumulata nella mattinata.

Dopo un breve lunch si riparte per il game drive pomeridiano con l’ armamentario appeso al collo (macchine fotografiche, telecamere e binocoli).
Purtroppo il pomeriggio è avaro di avvistamenti ma fortunatamente per noi Simon è un mago del bird-watching e ci intrattiene segnalandoci alcuni uccelli appartenenti a specie rare (diverse di queste in via d’ estinzione) come ad esempio il wattled crane.

La sera ci si ritrova tutti attorno al fuoco e, mentre Simon e Cobie preparano la cena, si trascorre il tempo chiacchierando con gli altri compagni di viaggio e con Joyce.

Ad un certo punto, mentre erano tutti presi ad ascoltare uno dei mitici racconti di Simon, mi accorgo che un pachiderma ha deciso di aggirarsi fra le tende per provare le foglioline delle piante del camp.

E’ la prima volta che mi capita di fare campeggio nel bush senza alcuna barriera e la sensazione che ho avuto è stata di sorpresa e di eccitazione, ma non ero per niente preoccupata (ovviamente in queste occasioni occorre seguire alla lettera le indicazioni avute dalla guida in precedenza) e non lo sono stata neanche nelle serate successive in cui oltre all’ elefante, abbiamo avuto la visita di una iena.

Durante l’ intera notte abbiamo avuto visite di diversi animaletti che hanno curiosato attorno alle nostre tende senza trovare nulla di interessante (al mattino abbiamo trovato impronte di elefanti, ippopotami e iene).

Le cose da fare in queste circostanze sono poche ma bisogna metterle in pratica assolutamente (quattro anni fa un giovane turista americano è stato sbranato da una iena perché aveva presumibilmente aperto la tenda durante la notte, forse per fare una foto), per cui ricordatevi di:

1)      chiudere sempre la tenda e di non aprirla durante la notte per nessun motivo.

2)      non tenere frutta fresca all’ interno della vostra tenda.

3)      dormire sempre con la testa dalla parte opposta rispetto all’ ingresso.

4)      non fare movimenti bruschi ogni qual volta avvistiate un mammifero (in particolar modo se non siete a bordo della vostra auto).

5)      non correre mai nel caso in cui avvistiate dei felini, potrebbero scambiarvi per una preda.

6)      non mettervi mai fra un ippopotamo e un corso d’ acqua.

7)      dare sempre ascolto alla guida o a persone esperte che incontrerete durante il vostro safari.

Un altro piccolo consiglio pratico è quello di portare con voi un farmaco che possa aiutarvi a prendere sonno ….. potrebbe essere utile nei primi giorni.

26/04/2003: Cobie riesce a rendere piacevole anche una levataccia come quella odierna svegliandoti con la sua voce delicata e facendoti trovare acqua tiepida e pulita nelle bacinelle poste all’ ingresso della tenda.

La colazione è piuttosto minimalista, ma si tratta solo di un assaggio di quella che faremo più tardi all’ interno del bush.

Siamo tra i primi a lasciare il campo, nonostante la sosta al WC in attesa di Marion, e questo sembra infastidire Simon che voleva a tutti i costi essere il primo in assoluto.

La mattinata trascorre in modo piuttosto anonimo, attraverso paesaggi stupendi, ma senza avvistamenti degni di nota a parte un gruppo di elefanti imbizzarriti incontrati all’ interno di una folta foresta (il loro nervosismo era dovuto al fatto che il branco raggruppava parecchi cuccioli da difendere).

Decidiamo di rientrare al campo per il pranzo (sempre con panini, verdure e bibite in quantità) e per una rinfrescata.

Finalmente possiamo guardarci attorno e ci accorgiamo che il camp site è posto sul bordo della laguna di Xakanaxa Lediba e che è piuttosto frequentato (anche se la distanza fra le piazzole rende quasi impossibile scorgere i vicini).

Nel pomeriggio decidiamo di far riposare Simon per cui accettiamo con piacere la proposta di fare una escursione in barca sulla laguna sicuri che in questa occasione la nostra guida potrà mettere in luce le sue conoscenze nel campo dei volatili del delta dell’ Okavango.

Simon non delude le nostre aspettative e ci delizia con alcuni avvistamenti notevoli e con la sua simpatica e attenta descrizione di ogni più piccolo dettaglio.

Ripensando a quei giorni e alle nostre precedenti esperienze in Sudafrica e Namibia dobbiamo riconoscere che anche i momenti apparentemente meno interessanti trascorsi in questa parte di mondo, sono in realtà ricchi di fascino, basta non finalizzare la propria attenzione solo ai grandi felini, ma cercare di mantenere vivo l’ interesse anche per altre specie animali e per la vegetazione.

La sera giunge piuttosto rapidamente e il tramonto ci coglie mentre stiamo rientrando verso l’ approdo: lo spettacolo che la natura ci offre è degno della fama che circonda questi posti, siamo senza parole e gli unici rumori che udiamo sono il fruscio dell’ acqua sullo scafo del battello e gli scatti delle fotocamere.

Giunti al camp site troviamo Cobie che ha già preparato tutto per l’ aperitivo e per la cena che seguirà di li a poco.

Seduti attorno al fuoco con un buon aperitivo e un soffitto di stelle …… non riesco ad immaginare niente di più rilassante per cui, quando a un certo punto viene a trovarci un’ enorme esemplare di iena, non provo alcuna sensazione di allarme, ma mi sembra normale che in questo posto, dove siamo noi gli intrusi, gli animali vengano a curiosare nel nostro camp.

Simon ci prepara una cena squisita accompagnata da un eccellente vino sudafricano.

Al termine Paolo apre la sua botticella con ottimo Highland Park e lo divide con i nostri compagni di viaggio offrendo loro anche un sigaro …. sento che ci dispiacerà lasciare questi simpatici amici e mi rattristo al pensiero che questo avverrà fra pochi giorni.



Ma poi ripensando a tutte le amicizie fatte durante i nostri viaggi mi rallegro e penso che uno dei motivi per cui ci piace così tanto lasciare il nostro guscio è forse anche questo e cioè conoscere altre persone con esperienze e vissuti così diversi dal nostro e da quelli che potrei riconoscere nei nostri conterranei.

Buona notte cari amici e arrivederci a domani.

27/04/2003: Questa mattina, dopo aver smontato il campo, si parte alla volta del Savuti.

La strada è una pista di sabbia che corre fra foreste solo sfiorate dalla mano dell’ uomo, per cui è assolutamente necessaria un’ auto con 4 ruote motrici, una discreta esperienza di guida su fondo sabbioso, una scorta di gasolio, acqua, cibo e un GPS (le piste sono poche, ma spesso si incrociano senza che ci siano indicazioni).

Il Savuti fa parte del Chobe e la sua particolarità è rappresentata da un bellissimo PAN (pianura che nei mesi umidi si copre di uno strato di acqua, questa grossa distesa di acqua evapora completamente nei mesi secchi lasciando un sottile strato di sale).

Finalmente, dopo la sosta per il pranzo, riusciamo a vedere due stupendi esemplari di leoni maschi stesi all’ombra di una arbusto dopo aver pasteggiato probabilmente con un cucciolo di elefante, visto che a poca distanza troviamo la carcassa di questa povera bestia già aggredita dagli avvoltoi.

La giornata ci riserverà altri avvistamenti molto interessanti fra cui un gruppo di leonesse con i cuccioli impegnate a divorare una zebra, un gruppo di elefanti ad una pozza e un branco di wild dogs.

Forse le immagini potranno descrivere meglio quanto abbiamo avuto la fortuna di vedere (mi spiace solo per i wild dogs visti all’ imbrunire per cui non abbiamo alcuna immagine fotografica, ma solo uno spezzone video).

Alla sera ottima cena come sempre e nuovo spassosissimo racconto di Simon (un inseguimento durato 12 ore nel Kalahari alla caccia di un leone dalla criniera nera) il tutto inframmezzato dalla ormai solita visita da parte di una curiosissima iena.
In questo camp site la nostra piazzola si trova a notevole distanza dal bagno, per cui la cosa divertente è andarci tutti assieme con il fuoristrada in una specie di gita igienico – sanitaria.

Questa sera festeggiamo il primo avvistamento di un leone da parte di Lutz e Marion che, nonostante siano già stati diverse volte in Africa, non avevano ancora avuto l’ occasione di vederne uno.

28/04/2003: La giornata odierna è dedicata completamente al Savuti, per cui usciamo molto presto per cercare qualche felino ai bordi del PAN (infatti normalmente le prime ore dell’ alba sono quelle preferite dai grossi predatori per cacciare e, in genere, questa pianura è un buon territorio).

Purtroppo ci va male, sin dall’ inizio non avvistiamo avvoltoi e questo è un brutto segno, ma nonostante tutto siamo continuamente stimolati da Simon che riesce a scovare sempre qualche essere animato degno di interesse anche nel nulla apparente.

Dopo una breve sosta per la colazione, ci rimettiamo in moto e raggiungiamo una pozza molto frequentata da elefanti.

A poca distanza da questa riserva d’ acqua artificiale notiamo un gruppo di gnu stranamente eccitati; la circostanza non sfugge a Simon che, dopo qualche minuto, si dirige verso quella mandria.

A questo punto notiamo volteggiare a bassa quota diversi avvoltoi che ci indirizzano rapidamente su di una preda da poco spolpata e sul responsabile di questo banchetto: uno stupendo leone maschio si sta riposando all’ ombra di un piccolo cespuglio proprio a ridosso della carcassa di quello che era un blu wildebeest.

Scrutando con attenzione i dintorni riusciamo a scorgere anche una coppia di leonesse stese sotto una acacia a circa 300 metri da noi e un’ altra femmina a pochi metri dal maschio, ma molto ben nascosta dalla vegetazione.

Rimaniamo in silenzio per diversi minuti ad ammirare questi splendidi animali e gli sciacalli che, con gli avvoltoi, aspettano rispettosamente il loro turno ad una distanza di sicurezza.

Torniamo al campo soddisfatti, ma le sorprese per oggi non sono ancora terminate, infatti stiamo sorseggiando il caffè quando uno splendido elefante maschio solitario (piuttosto anziano e presumibilmente messo fuori dal branco) viene a farci compagnia e a mangiucchiare qualche fogliolina delle piante sotto cui abbiamo piantato le nostre tende.

Anche questa volta tutto avviene nella massima tranquillità e senza alcun segnale di pericolo.

Nel pomeriggio completiamo la visita del Savuti con una interruzione per vedere alcune pitture rupestri attribuite ai boscimani e una piccola pausa ai piedi di un imponente baobab.

29/04/2003: Iniziano i saluti.

E’ l’ alba quando salutiamo Joyce e Cobie e ci incamminiamo verso il Chobe (l’ ultima notte pernotteremo infatti al “Chobe Safari Lodge” e quindi non avremo bisogno dell’ attrezzatura per il camping).

Lungo la strada che ci porta a questo ultimo parco incontriamo dei villaggi estremamente caratteristici e, come spesso accade, durante la sosta veniamo circondati da un esercito di bambini in cerca di qualche caramella, dolcetto o altro.

Arrivati all’ ingresso del Chobe ci rendiamo subito conto della differenza rispetto al Moremi e al Savuti: quella del Chobe è infatti una delle zone più turistiche del Botswana ed è facilmente raggiungibile da Maun o dalle cascate Vittoria.

In questa zona sono localizzati numerosi lodge che organizzano safari in giornata all’ interno del parco stesso.

Il fatto che sia turistico non toglie comunque nulla alla bellezza di questo territorio attraversato dal Chobe River che separa il Botswana dalla Namibia.

Riusciamo ad avvistare una coppia di leoni e una mandria di bufali.

Siamo ormai cotti dal sole quando Simon arresta la macchina e ci segnala la presenza di un Puku: si tratta di una antilope molto rara che vive esclusivamente in questo parco.

Arrivati al lodge abbiamo solo il tempo per una doccia che la barca ci aspetta per un safari fluviale.

Anche oggi, dopo alcuni giorni trascorsi in perfetta solitudine, il fatto di trovarci su di un battello con numerose altre persone ci pare strano, ma anche in questo caso devo dire che questa piccola “crociera fluviale” è stata molto interessante e ci ha permesso di vedere da vicino ippopotami (relativamente da vicino poiché gli ippopotami sono particolarmente pericolosi quando sono in acqua), coccodrilli e numerosi uccelli acquatici.

La cena non è stata certo all’ altezza del posto e molto più scadente di quelle preparate dal nostro mitico Simon.

Arriva il momento di salutare i nostri compagni e la nostra guida, speriamo di rimanere in contatto e di poter

paese.

30/04/2003: La mattinata è a nostra disposizione per cui decidiamo di visitare il centro di Kasane dove incontriamo Steve e Yvonne arzilli come due ragazzini, in cerca di un locale consigliato da Simon.

Decidiamo di accodarci e ci sediamo nel giardino di un locale chiamato “The Old House”.

A questo punto è arrivato il momento di congedarci da questa incredibile coppia di “vecchietti” di cui invidieremo lo spirito di avventura e la capacità di adattamento alle situazioni più strane (durante i giorni trascorsi in Namibia hanno dovuto adattarsi a bere acqua di fiume trattata con un prodotto a funzione sterilizzante, ma ci hanno assicurato che aveva un sapore pessimo, hanno percorso sentieri militari non proprio confortevoli per la loro età, Yvonne ha dovuto convivere con un ulcera alla gamba sinistra procurata da un trauma subito nei primi giorni di viaggio …..).

Nel pomeriggio prendiamo il nostro volo per Jo’burg non sapendo che si tratta di un “locale”: durante gli scali a Maun e Gaborone abbiamo dovuto scendere ogni volta e rifare il ceck-in. Durante lo scalo a Maun abbiamo ritrovato, puntuale come uno svizzero, il nostro Simon con il grosso dei nostri bagagli e con il sacchetto dei nostri cioccolati (la scorta !!).

01/05/2003:  Dopo aver pernottato all’ Holiday Inn nelle immediate vicinanze dell’ aeroporto, al mattino ci dirigiamo agli sportelli dell’ Europcar ( Ashtons Explore Africa, Email: ashton2@kapstad.de ) dove abbiamo prenotato la nostra auto: utilizzeremo un’ auto simile a quella presa durante il viaggio in Namibia e cioè un combi (Toyota Condor) in modo tale da essere in posizione un po’ rialzata rispetto al terreno con due ruote motrici visto che il nostro percorso non prevede sterrati estremi e quindi facilmente percorribile anche senza una 4 x 4.

Oggi abbiamo in programma un trasferimento piuttosto semplice e cioè da Jo’burg a Kimberley di circa 450 Km per cui ce la prendiamo comoda e ci fermiamo a pranzare a metà strada.

Arriviamo a Kimberley alle 15,30 circa, telefoniamo al B & B prenotato e ci rendiamo conto che (probabilmente per una svista nostra o forse per un errore nella scheda di Portfolio) non si trova in questa località ma in quella che avremmo dovuto raggiungere il giorno successivo.

Dopo aver considerato quali altre possibilità ci rimanevano, decidiamo di fare il pieno e di ripartire a freccia verso Upington.

Abbiamo davanti altri 450 Km e sappiamo che il sole tramonterà verso le 18,00, per cui dovremo viaggiare per circa due ore al buio totale su strade paragonabili alle nostre provinciali.

Fortunatamente riusciamo a mantenere una velocità piuttosto sostenuta e non troviamo intoppi lungo la strada per cui raggiungiamo il nostro alloggio (“Le Must Guest Manor”) verso le 20,30 in modo tale che alle 21,00 circa siamo seduti ad un tavolo del ristorante di proprietà degli stessi ragazzi (“Le Must Restaurant”).

Paolo è sfatto ma nonostante tutto ci godiamo una stupenda cena e passiamo una notte tranquilla e riposante.

02/05/2003: La colazione in questo B & B è qualche cosa di incredibile, sia per quello che viene proposto sia per la veranda sul fiume Orange in cui viene servita.

Facciamo conoscenza con due italiani in viaggio di nozze

già intravisti la sera prima al ristorante.

Oggi abbiamo in programma la visita delle “Augrabies Falls”.

Le cascate sono piuttosto a secco ma la visita vale sicuramente la pena se non altro per il paesaggio e per le rocce erose dall’ acqua che circondano la zona delle cascate.

Il parco è molto bello e permette di fare diverse fotografie alla vallata scavata dal fiume Orange nel corso dei secoli.

Cena allo stesso ristorante della sera precedente.

03/05/2003: Oggi abbiamo in programma il trasferimento fino al K.T.N.P. dove, per la prima notte, abbiamo prenotato al camp più vicino all’ ingresso e cioè al “Twee Rivieren”.

Il K.T.N.P., per chi non lo sapesse, è il primo parco transnazionale ed è stato costituito per facilitare le trasmigrazioni degli animali: è in parte in territorio sudafricano e in parte nel territorio del Botswana.

Noi abbiamo deciso di visitare la parte sudafricana perché è la più accessibile e perché dotata di camp sites con chalet e bungalow (in questo modo non abbiamo avuto la necessità di affittare un’ auto totalmente equipaggiata e quindi abbiamo potuto ridurre i costi).

Arriviamo verso mezzogiorno, la temperatura è molto alta, per cui ci sistemiamo nel nostro chalet e mettiamo qualche cosa sotto i denti aspettando che trascorrano le prime ore del pomeriggio.

Uscendo per il nostro game drive ci imbattiamo in un black cobra che se ne stava appoggiato alla parete esterna della nostra camera e che, appena ci ha visto, ha pensato di scomparire fra le fronde della pianta posta giusto davanti all’ ingresso della nostra abitazione.

Lasciando il camp per il nostro game drive abbiamo riferito l’ accaduto alla reception suscitando una certa apprensione negli addetti.

Il paesaggio del KTNP è molto particolare: vi troverete a percorrere il letto di due fiumi in secca sul cui percorso sono stati ricavati dei pozzi artificiali.

Di tanto in tanto è possibile passare da un fiume all’ altro grazie a delle piste che attraversano l’ altipiano.

Il clima secco, l’ alta temperatura e il paesaggio particolarmente brullo rendono molto difficoltoso l’ avvistamento di qualche grosso mammifero soprattutto in queste ore pomeridiane, ma nonostante tutto ci rifacciamo con alcune giraffe e diverse aquile.

In questo camp c’è un ristorante, ma abbiamo deciso di cenare per conto nostro utilizzando il barbecue del nostro chalet e cucinando delle costine d’ agnello comprate al negozio del camp.

Esperienza che vi raccomandiamo.

Provate ad accendere il legno di mopane senza l’ aiuto di una specie di diavolina del posto ….. dopo diversi tentativi e dopo aver bruciato quasi tutte le riserve di carta a disposizione, Paolo riesce a formare una brace da invidia e a cucinare le striminzite costine trovate al negozio.

Un buon sigaro e un sorso di Highland Park ci fanno dimenticare la cena approssimativa e ci preparano per il giorno successivo.

Prima di andare a dormire dobbiamo ingaggiare una specie di battaglia chimica contro le zanzare che avevano colonizzato questo chalet.

04/05/2003: Siamo i primi a lasciare il camp dopo aver regolarizzato tutte le formalità (permesso, timbro ….).

Oggi siamo diretti al campo di Mata Mata e decidiamo di

percorrere il letto del fiume Auob.

Nonostante la levataccia non avvistiamo nulla di particolare tranne i soliti spingbok, gemsbok, blue wildebeest, giraffe, red hartebeest e diversi african wild cats: il parco è sede di un programma per il ripopolamento di questa specie animale, per cui vi capiterà spesso di vedere questi gattoni (molto simili ai nostri gatti comuni) riposare all’ ombra di qualche cespuglio.

Il campo di Mata Mata è molto più carino di Twee Rivieren, non c’è ristorante, ma al negozio troviamo delle costate di manzo che hanno un aspetto decisamente migliore delle costine di agnello della sera precedente.

Purtroppo ci viene la tentazione e compriamo anche dei wurstel in scatola che si riveleranno immangiabili (avete presente “io ai miei cani ci do PAL” ….  penso che i wurstel in questione fossero decisamente peggio del cibo in scatola per cani !!).

Nel pomeriggio usciamo per il solito game drive senza grossi risultati.

Alla sera grigliatona con cena nella veranda del nostro chalet.

05/05/2003: Quando la sveglia suona fuori è ancora buio pesto, Paolo è sempre il primo ad alzarsi e a preparare la colazione (latte a lunga conservazione, nescafè, biscotti e yogurt).

Anche oggi siamo i primi a lasciare il camp e finalmente questa costanza viene premiata: infatti sul tragitto verso Nossob, ad una deviazione, incrociamo un ghepardo (cheetah): sono le 07,45. Nonostante Paolo abbia immediatamente spento l’ auto e si sia proceduto a motore spento, il gattone, dopo averci fissato per qualche secondo, decide di raggiungere la sommità della vallata per sparire dalla nostra vista in modo definitivo.

Dopo giorni e giorni di levatacce infruttuose, questo avvistamento ci ripaga di tutto e ci spinge a ritentare nei giorni successivi.

Anche questa sera carne alla griglia e patate bollite!

06/05/2003: Oggi abbiamo in programma il rientro verso Twee Rivieren, si tratta di un tragitto piuttosto lungo e noioso (nessun avvistamento degno di nota).

Ci siamo inoltrati fino al punto più a Nord raggiungile con un auto a 2 ruote motrici, ma non abbiamo avuto incontri particolari.

Ottima la cena presso il ristorante del camp e discreto lo chalet (molto meglio di quello della prima sera).

07/05/2003: Questa è l’ ultima levataccia all’ interno del KTNP, questa sera ceneremo al “Le Must Restaurant” e solo l’ idea ci conforta. Decidiamo di fare comunque un game drive ridotto sfidando per l’ ultima volta la sorte e infatti al rientro, arrivati quasi a Twee Rivieren, vediamo un auto ferma con gli occupanti interessati a scrutare qualche cosa sulla cima della collina.

Chiediamo loro cosa li attraesse e ci dicono che giusto qualche istante prima è passata una cheetah che ha attraversato la strada si è dileguata verso la cime di quella collina.

A Paolo viene in mente di aver notato, qualche centinaio di metri prima dell’ incontro, un sentiero di servizio che portava giustappunto verso la sommità del colle.

Invertiamo la marcia e raggiungiamo l’ inizio del sentiero: arrivati in cima riusciamo (con il binocolo) a vedere il nostro ghepardo che, voltandosi spesso a controllare le nostre intenzioni, se ne cammina tranquillamente sull’ altipiano.

A dire il vero prima di quest’ incontro abbiamo avvistato un animale prettamente notturno che viene considerato piuttosto raro e cioè un honey badger.

Arrivati ad Upington i proprietari del “Le Must Guest Manor” ci informano che, per questa notte, ci hanno riservato la miglior camera del paese nel loro residence.

Questa seconda residenza si trova sempre sulla riva del fiume Orange, a poche decine di metri dal B & B, si tratta di una villa d’ epoca con ampi saloni e con un giardino da favola.

La camera che ci hanno riservato è una piazza d’ armi, con mobili in stile e riviste d’ architettura sparse ovunque …… davvero una sciccheria dopo le nottate trascorse negli chalet statali.

Il pomeriggio lo trascorriamo bighellonando per le vie di Upington e facendo acquisti presso Pick’n Pay (una catena di supermarket fornitissima).

08/05/2003: Oggi ci si sveglia con comodo e finalmente si fa una colazione decente, anzi decisamente superlativa.

Abbiamo giusto il tempo di fare il pieno di benzina che si riparte alla volta di Lictenburg (tappa intermedia verso la zona del Kruger Park).

La giornata trascorre in modo anonimo, ci si ferma per pranzo in un locale della catena “Saddle” a Vryburg.

09/05/2003: Torniamo per la seconda volta in un B & B ad Haziew (Idle and Wild) che ci ha entusiasmato durante il nostro precedente viaggio in Sud Africa.

Il tragitto è piuttosto noioso ma finalmente arriviamo a Dullstrom giusto in tempo per il pranzo.

Ci rendiamo subito conto che questo angolo di continente africano caro ai pescatori di trote è cambiato moltissimo rispetto ai nostri ricordi: in pochi anni il numero di ristoranti e di locali è decisamente aumentato, per cui facciamo una certa fatica a ritrovare “Die Tonteldoos “ .

Terminato il pranzo ripartiamo subito con destinazione Sabie, attraverso il Long Tom Pass, e successiva deviazione verso Haziview.

All’ arrivo veniamo accolti da Rolo e Temie i due cagnolini della proprietaria.

Finalmente un po’ di relax in attesa della cena al ristorante “Ant and the elefant” che non tradisce i nostri ricordi (la fonduta di cioccolato è superlativa).

10/05/2003: Siamo ormai agli sgoccioli della nostra vacanza, oggi dobbiamo raggiungere la zona del Sabie Sand per gli ultimi game drive in una riserva privata la “Inyati game reserve”.

Haziview ci dà la stessa sensazione avuta a Dullstrom e cioè di una cittadina che in quattro anni ha avuto una crescita incredibile: la dove c’ era solo un mercato di bancarelle di legno, oggi è stato costruito un enorme centro commerciale ben fornito e affollato da persone di colore.

Anche per quanto riguarda la popolazione la sensazione che

Ci è capitato spesso di vedere come, al posto delle vecchie township, siano state costruite abitazioni in mattoni con tutte le infrastrutture del caso (strade, illuminazione …..).

Sicuramente siamo ancora all’ inizio di un processo di sviluppo che richiederà ancora parecchio tempo ma fa piacere notare anche queste piccole differenze.

Al nostro arrivo alla riserva veniamo accolti, lungo la pista di ingresso, da una coppia di ghepardi (mamma e figlia) in caccia.

Arrivati al camp, dopo aver sbrigato le formalità, ci immergiamo in piscina per cercare un po’ di refrigerio.

Devo dire che è stato veramente bello poter ammirare un gruppo di elefanti attraversare la nostra linea dell’ orizzonte, immersi nella fresca acqua della piscina del lodge.

Nel tardo pomeriggio facciamo conoscenza con la nostra guida e con Philip e la moglie.

Siamo stati fortunati perché Philip è un fotografo ed è tornato per l’ ennesima volta in questa riserva con l’ obiettivo di riprendere alcuni leopardi di cui sta seguendo la crescita (Philip Perry wildlife photographer – Web site: www.pperrywildlifephotos.org.sz) .

In questi due giorni trascorsi all’ Inyati Game Reserve vedremo prevalentemente grossi felini e avremo la possibilità di riprendere immagini indimenticabili.

11 & 12/05/2003: Trascorriamo due giorni tra game drive e momenti di relax in un ambiente incantevole.

Purtroppo, devo ammetterlo, l’ unico neo di questa riserva è il cuoco: un perfetto incapace per cui godiamo quando una sera, suo turno di riposo, la cena ci viene preparata dalla sua aiutante.

Le levatacce vengono in genere ricompensate da avvistamenti notevoli, per cui è con stupore che ascoltiamo il racconto di una coppia di italiani in viaggio di nozze che riferiscono di non aver visto altro che “daini” !!

Dopo l’ ultimo game drive salutiamo Yolandi (la nostra guida) e facciamo ritorno da Idle & Wild.

13/05/2003: Sono ormai le ultime ore di questo viaggio e, durante il rientro verso Jo’burg, inizio a ripensare ai giorni trascorsi in questa parte di continente africano.

Inizia a farsi strada un’ idea che potrebbe prendere piede nei prossimi anni e cioè quella di attraversare la parte a nord della Namibia, entrare quindi in Botswana e fare più giorni di campeggio nel Moremi e nel Savuti, con una visita anche alla Central Kalahari Game Reserve.

Ma questo sarà motivo di studio e mi permetterà di fantasticare a lungo nei prossimi mesi trascorsi nella sempre più stretta pianura padana.

A presto.

Considerazioni conclusive: Non è possibile per me ripensare all’ Africa senza accusare un po’ di malinconia.

Per cui, cercando di essere razionale, e premettendo che rifarei sicuramente tutte le esperienze trascorse, mi sento di poter dire che il safari in tenda in un posto così selvaggio come il Botswana sia unico e irripetibile.

A parte questo, anche l’ esperienza nel K.T.N.P. mi ha colpito sia per la spettacolarità del paesaggio che per la particolarità di una fauna decisamente selvaggia e poco avvezza alla presenza dell’ uomo.

Una cosa che abbiamo evitato e che vi consigliamo di tralasciare è la visita dei villaggi boscimani.

A differenza del popolo Himba, ancora vero e quindi degno di interesse, i boscimani sono ormai dispersi per cui i villaggi sono assolutamente falsi ed esclusivamente ad uso turistico.

E’ molto più interessante riconoscere i tratti san nelle persone che incontrerete nei villaggi a nord del Sudafrica, in Botswana e in Namibia.

Per quanto riguarda la riserva privata in cui ci siamo fermati, facendo un confronto con quella visitata quattro anni or sono (Thornibush), devo ammettere che il livello delle strutture e la qualità del servizio non è stata all’ altezza delle nostre aspettative, ma la quantità di felini che abbiamo visto ci ha ripagato degnamente.

Fonti consultate:

www.markos.it

– Guida del Botswana Lonely Planet edizione 2002

– Guida del Sud Africa Fodor’s edizione 1998

Signs of the wild di Clive Walzer edizioni Struik

Birds of Southern Africa di Ian Sinclair e coll. edizione Struik

Di Claudia & Paolo Marzi

Email: dollydog@tin.it

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