Il Myanmar e la sua sofferenza

di Magda –
Di ritorno da un viaggio particolare in Birmania mi sento in dovere di parlarne e di scriverne per dar voce al popolo birmano che in questa stagione, la stagione delle piogge, più che mai sta cercando di sopravvivere alla fame, alla disoccupazione, alle malattie e all’oblio a cui il mondo sembra averli condannati. viaggio in myanmarE’ il mio terzo rientro in Birmania e questa volta non da turista. Ho la fortuna di essere introdotta come gradita ospite nelle case della gente, di parlare con loro e toccare con mano la situazione di pura sopravvivenza in cui vivono giovani, padri di famiglia, vecchi e donne sole che hanno figli da crescere: aspettano che le piogge monsoniche se ne vadano, che ritorni l’alta stagione, che ricominci a girare quel poco che può girare l’economia di questo paese, mantenuto sotto un giogo feroce da una giunta militare che mangia tutte le loro ricchezze, impedendo la libera circolazione delle merci e un naturale sviluppo dell’economia locale.

Le terre, appena lasciato Yangon dirigendomi verso Pathein e il delta dell’Irrawady, sono tutte allagate; le case a palafitta immerse nell’acqua. La gente va e viene tramite ponticelli di bambù o barchette cariche di merci. I bambini, nudi sotto la pioggia

scrosciante che giocano nel fango, hanno lo stesso colore della terra. La mia compagna di viaggio, un medico di Yangon, seduta accanto a me sullo sgangheratissimo autobus che fa’ acqua da tutte le parti, mi spiega che le risaie in questo periodo sono infestate dai serpenti e che per i contadini che ci lavorano costituiscono un vero flagello poiche’ vengono morsicati e troppo spesso, non avendo soldi per rivolgersi ad un dottore, muoiono. Però, aggiunge, per lo meno la gente può pescare del pesce direttamente dalle risaie, mentre durante la stagione secca, non resta loro che cibarsi di rane e…topi.

Durante l’ultima settimana di giugno in Pathein, 250.000 abitanti circa, sono morti 110 bambini di malaria e dengue. In questo periodo si moltiplicano i furti in città, proprio perché la gente non ha nemmeno garantito un pasto al giorno. Il turismo, unica fonte di guadagno, in questa stagione è scarso, soprattutto verso il Golfo del Bengala, dove le spiagge, lunghe e selvagge hanno il tipico aspetto del mare d’inverno.



Chaung Tha, un villaggio di pescatori, è contornato da hotels, villaggi turistici e bungalows che si affacciano sulla immensa spiaggia oceanica; vive la sua sonnolenta vita dove non c’è assolutamente nulla da fare per recuperare del denaro. Gli insediamenti turistici sono chiusi, qualche lavoro di manutenzione e grandi partite di pallone sulla spiaggia deserta, la sera, verso l’ora del tramonto.

Chi Ko Ko, 7 anni, 15 chili di bambino ha la febbre, il ventre gonfio e dolente e oggi non ce la fa’ proprio a giocare con le conchiglie che la marea lascia sulla sabbia. Non frequenta la scuola,non ha giochi, non ha compagni di gioco: suo padre non ha nemmeno i soldi per portarlo dal dottore, oggi che ha un febbrone da cavallo! Spera che prima o poi il problema si risolva da solo: non puo’ fare altrimenti.

Mi offro di portare il bambino dal dottore. In fondo al paese c’è una struttura fatiscente che chiamano ospedale, dove in effetti c’è un dottorino giovane, gentile, vestito con una divisa militare, che risolve i problemi di Chi Ko Ko per l’astronomica cifra di 2600 Kyats: 2 $ e 10 cents.

Un signore anziano che indossa un anacronistico giubbino in pelle scamosciata – evidente ragalo di qualche turista – mi chiede se conosco Aung San Suu Kyi, la leader del partito democratico vincitore delle libere elezioni del 1989 e agli arresti domiciliari da allora; furtivamente mi mostra un libro in inglese scritto da lei “Free from fear” con una toccante dedica, forse dello stesso turista che gli ha regalato il giubbino di pelle. Mi fa’ notare che se scoprono questo libro lui rischia 5 anni i prigione e, con un sorriso, mi prega di tornare al mio paese e di raccontare quale è la situazione del popolo birmano, di far conoscere al mondo le loro condizioni di vita, la loro sofferenza.

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